tag:blogger.com,1999:blog-20972222408857152282023-11-15T05:33:30.809-08:00AL TARUSCH da BrisinAL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.comBlogger23125tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-69281570029976638002011-03-26T14:19:00.000-07:002011-03-26T14:21:24.147-07:00BRISINO ED IL SUO TARÙSC. Ieri ed oggiPREFAZIONE<br />ARGOMENTI<br />I CAPITOLO<br />Brisino ed il suo Tarùsc<br />Brisino ed il suo Tarùsc. Cosa è rimasto del nostro mondo contadino. <br />II CAPITOLO<br />Le norme.<br />III CAPITOLO<br />Il Dizionario Tarùsc, Italiano, Francese e Italiano Tarùsc e Tedesco. Alcune frasi in Tarùsc. Lettera di un prigioniero di guerra del 1943.<br />IV CAPITOLO<br />Curiosità.<br />Un idioma, una lingua e la sua scomparsa. Un pò di storia. Perché i Mapuche.(*)<br />V CAPITOLO<br />Pesi, misure e monete nel tempo. <br />VI CAPITOLO<br />Meteorologia.<br />VII CAPITOLO<br />Brisino ieri.<br />VII CAPITOLO<br />Brisino ieri.<br />IX CAPITOLO<br />Le feste, tra il sacro ed il profano.<br />X CAPITOLO<br />I sopranomi.<br />XI CAPITOLO<br />I segreti, le erbe delle nonne.<br />XII CAPITOLO<br />La cucina nei giorni di festa dal 1790 al 1990.<br />XIII CAPITOLO<br />Le ricette di “Mamma Gin”.<br />XIV CAPITOLO<br />Favole e Filastrocche.<br />Favole Dall’ A alla Z. e le Filastrocche.<br />Conclusioni.<br />Ringraziamenti.<br />Bibliografia<br /><br />Nota per i navigatori: vi ringrazio per un vostro eventuale commento, sono gradite sull’argomento osservazioni ed eventuali aggiornamenti, se conforme allo spirito della raccolta dei documenti. Grazie<br />I primi appunti risalgono al 1950. Gli ultimi aggiornamenti sono del maggio 2010. Il lavoro si divide in:<br />Documenti di ricerca sul Tarùsc,<br />La comunità Brisinese,<br />I costumi, nei passati tre secoli della comunità .<br />Gli appunti, della mia bisnonna, delle mie nonne e di mia madre, quattro generazioni e due secoli.<br />Raccolta, sulle erbe, medicamenti, le favole e le filastrocche.<br />Troverete la storia di Brisino, il gergo, le feste, il tempo, le misure, gli usi, i costumi, la cucina, le erbe, le cure mediche, le fiabe e le filastrocche. Da dove ho incominciato, dalle storie di un vecchio lusciat e raccogliendo notizie e materiale. <br />Vedi bibliografia, utilizzando tutto Il materiale inerente alla ricerca sul dialetto. Breve elenco di sintesi di lavori già effettuati in passato potete consultarli in archivio. <br />Come trovare i testi e gli argomenti trattati, andare nel sito www.mimmoerta.it nella pagina dell’archivio troverete l’indice per argomenti in ordine alfabetico, “archivio1.htm” e poi sul numero che vi interessa<br /><br />AL TURÙSC,<br />trattasi di un idioma, di una lingua storica, dell'alto vergante tra la provincia di Verbania e Novara, un idioma scomparso parlato fino al 1960, l'ho imparato da Giunin e da Leon intorno al 1950. Un idioma, una lingua, codificata scritta con tanto di vocabolario proprio di alcuni paesi dell'alto vergante, in particolare la fascia che va da Stresa, Levo, Gignese, Vezzo, Nocco, L'Alpino, Brisino, Magognino, Stroppino, Carpugnino, Graglia, Brovello, Massino ( dove esiste un monumento all’ombrellaio), Nebbiuno, Colazza, ecc., chiamata TARUSCH , una lingua speciale messa insieme in 400 anni dagli ombrellai che da li si muovevano per tutta l'Europa fino alla Russia ed in Sud America (alcuni anni fa mi è capitato di parlarlo con un antiquario di origine dell’alto vergante, al mercato di Sant'Elmo a Buenos Aires) è un misto di una di lingue e con l'italiano non ha niente o poco da spartire io purtroppo quando la mia ultima zia ci ha lasciato non lo parlo più, uso ancora poche parole con mia moglie quando sono estremamente allegro, non credo sia più vivente, nessuno che utilizza il Tarùsc comunemente è un vero peccato..AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-88803982516503332312011-03-26T13:29:00.000-07:002011-03-26T14:18:45.011-07:00BRISIN ed il suo Tarùsch<br /> .<br />1790 - 1990<br />Idioma dell’alto vergante parlato sino al 2000. Ancora oggi qualcuno se lo ricorda, storia di una comunità che è scomparsa, emigrazione verso le città; Torino, Genova, Milano, Napoli ed in giro per il mondo in particolare in Nord Europa, Sud e Centro America. Il tutto si intreccia con la storia della mia famiglia, usi e costumi di un epoca che non c’è più.AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-23119474892733678982011-03-26T13:27:00.000-07:002011-03-26T13:29:14.314-07:00PREFAZIONE - BRISIN ED IL SUO TARUSCHPrefazione<br /><br />Argomenti <br /><br />I Capitolo<br />Brisino ed il suo Tarùsch o Tarùsc<br />Brisino ed il suo Tarùsc. Cosa è rimasto del nostro mondo contadino. (*) 1950<br /><br />II Capitolo<br />Le norme.<br />Origine dei vocaboli e frasi idiomatiche. Pronomi ed aggettivi possessivi. La terminologia dei numeri. Vocaboli d’uso comune. La corretta pronuncia del Tarùsc. Particolarità ed Aggiornamenti. Glossario. Emigranti. Il dizionario etimologico. La famiglia. La Crugia, la casa. Zapin, utensili ed arredo. Gli animali, la loro casa e la cascina. Gli alimenti. L’arcumenta, l’abbigliamento. Il corpo umano. Autorità e paesi. Artusc, mestieri. L’ombrellaio. Strumenti dell’ombrellaio e del mulita. Gergo dei venditori ambulanti nei mercati. Tempo, misure e monete. Numeri. Al taruscin alla patafièta, (all’osteria). Mager e magera. Verbu e part, avverbi, particelle. Ausiliari e preposizioni. Verbi. La coniugazione dei verbi. 1958<br /><br />III Capitolo<br />Il Dizionario<br />Tarùsc, Italiano, Francese e Italiano Tarùsc e Tedesco. Alcune frasi in Tarùsc. Lettera di un prigioniero di guerra del 1943. (*) 1960<br /><br />IV Capitolo<br />Curiosità.<br />Un idioma, una lingua e la sua scomparsa. Un pò di storia. Perché i Mapuche.(*) 2000<br /><br />V Capitolo<br />Pesi, misure e monete nel tempo. (*) 1968<br /><br />VI Capitolo<br />Meteorologia (*) 1978<br /><br />VII Capitolo<br />Brisino ieri.<br />Brisino e la sua storia. Brisino ieri. Precisazioni. La preistoria con un po’ di pazienza. La storia quasi vera. I documenti. La popolazione del vergante. I pastori nella comunità. Anagrafe dal 1799 al maggio 2006. Cronistoria. Statuto e storia della Pro Loco. Una storia semiseria. 1940. 1970<br /><br />VIII Capitolo<br />Brisino oggi.<br />Brisino oggi, poggio sul lago Maggiore. Brisino. L’isola dei pescatori. Isola Bella. Isola Madre. Santa Caterina del Sasso. Villa Pallavicini. Mottarone. Villa Taranto. Museo dell’ombrello. Rocca D’Angera. Lago D’Orta. Macugnaga. Dal giardino dell’Alpinia. Stresa. 1990<br /><br />IX Capitolo<br />Le feste, tra il sacro ed il profano.<br />Le feste tradizionali, un po’ di storia. Le feste tra il sacro ed il profano. Il 17 Gennaio. 2 e 3 Febbraio. 13 Giugno. Per golosi e neo-pagani. Il Carnevale. La quaresima. Periodo Pasquale. La vera festa del paese. San Sebastiano. 29 Giugno. La festa del paese 15 agosto. San Martino. Ogni santi ed morti. Natale. Curiosità. (*) 2000<br />X Capitolo<br />I sopranomi.<br />Introduzione. Paese. Famiglie. Taruscin. Luoghi di lavoro. (*) 1958<br /><br />XI Capitolo<br />I segreti, le erbe delle nonne.<br />Il mondo contadino. Le erbe delle nonne, i segreti e l’utilizzo in cucina. Oltre il confino. Curiosità su curiosità. Come conservare le erbe aromatiche. Le erbe. Calendario per la raccolta. Classificazioni 1958<br /><br />XII Capitolo<br />La cucina nei giorni di festa dal 1790 al 1990.<br />Ricette della mia bisnonna, della nonna, di mia madre e delle mie zie Santina e Domenica. La cucina. Introduzione. Il pane. L’aglio, il porro, lo scalogno la cipolla, nella cucina di mia madre. Gli antipasti. I primi piatti. Il riso. La pasta. I gnocchi. Turnela o polenta. Burro e salse. I secondi. Uova. Le frittelle. Fritti. Vegetali, cereali e legumi. Le insalate. Le verdure sotto vetro. Tuberi, funghi e verdure essiccate. Dolci, Caffè, liquori e tisane. Piccolo dizionario. 1972<br /><br />XIII Capitolo<br />Le ricette di “Mamma Gin”.<br />Introduzione. I rjmedii. Proemio. Avvertimento. Rjmedii principali. 1°Parte. (*) 2°Parte.(*). Calendari per la raccolta delle erbe. I rimedi di Campagna. I rimedi per gli animali. (*) 1958<br /><br />XIV Capitolo<br />Favole e Filastrocche.<br />Favole Dall’ A alla Z. e le Filastrocche (*) 1948<br /><br />Conclusioni (*) 2007<br /><br />Ringraziamenti (*) 2007<br /><br />Bibliografia 2000<br />(*) da terminare, ° inserito<br />Nota per i navigatori: vi ringrazio per un vostro eventuale commento, sono gradite sull’argomento osservazioni ed eventuali aggiornamenti, se conforme allo spirito della raccolta dei documenti. Grazie<br />I primi appunti risalgono al 1950. Gli ultimi aggiornamenti sono del maggio 2010. Il lavoro si divide in:<br />- Documenti di ricerca sul Tarùsc,<br />- La comunità Brisinese,<br />- I costumi, nei passati tre secoli della comunità .<br />- Gli appunti, della mia bisnonna, delle mie nonne e di mia madre, quattro generazioni e due secoli.<br />- Raccolta, sulle erbe, medicamenti, le favole e le filastrocche.<br />Troverete la storia di Brisino, il gergo, le feste, il tempo, le misure, gli usi, i costumi, la cucina, le erbe, le cure mediche, le fiabe e le filastrocche. Da dove ho incominciato, dalle storie di un vecchio lusciat e raccogliendo notizie e materiale. Vedi bibliografia, utilizzando tutto Il materiale inerente alla ricerca sul dialetto. Breve elenco di sintesi di lavori già effettuati in passato potete consultarli in archivio. <br />Come trovare i testi e gli argomenti trattati, andare nel sito nella pagina dell’archivio troverete l’indice per argomenti in ordine alfabetico, “archivio1.htm” e poi sul numero che vi interessa<br /><br /><br /> * inseriti Questi argomenti sono trattati in sintesi e potete consultarli sotto la voce archivio.htm <br />Introduzione 1.I dialetti. 2.Dialetto: nome e concetti. 3.I dialetti dall’unità ad oggi. 4.I dialettalismi . 5.L’italiano popolare e i dialetti e le loro origini. archivio157.htm<br />1. I dialetti e le loro origini. 2. Le origine remote dei dialetti. 3. Le lingue dell’Italia pre-romana. 4. Strutture e varietà del latino. 5. Innovazione del latino volgare archivio158.htm<br />1.L’Italiano regionale. 2. Il concetto di Italiano regionale. 3.L’Italiano regionale negli studi scientifici. 4. Le principali varietà regionali I livelli di analisi archivio159.htm<br />1. Diettologia sociologica. 2. Problemi di definizione. 3. Modelli della diettologia sociologica. 4. Costrutti della diettologia sociologica. 5. L’interfaccia tra sociologia e storia. 6. La correlazione tra fatti linguistici e storici. 7. Il rapporto tra diatopia, distratia e diafasia nello studio della variazione. archivio160.htm<br />1. Come si fa un indagine dialettale sul territorio. 2. Modalità di raccolta delle informazioni. 3. L’Osservazione. 4. L’Intervista. archivio161.htm<br />1. L’antoponimia. 2. I Prenomi. 3. I Cognomi. 4.Il dialetto nei cognomi Italiani. 5. I sopranomi. 6. I sopranomi di famiglia archivio162.htm<br />1. Il Piemonte. 2. L’assetto linguistico nella regione. 3. La grafia piemontese. 4. Gli sviluppi diacronici. 5. Morfologia . 6. Cenni di sintassi. Elementi del lessico. 7. Cenni su antroponimia e toponomastica. 8. Cenni sulle varietà locali. 9. Testi antichi. 10. La letteratura in piemontese. 11. Le traduzioni, le pubblicazioni periodiche, i concorsi letterari e i corsi di piemontese. archivio163.htm<br />1. La svizzera italiana. 2. Profilo regionale. 3. Il quadro sociolinguistico archivio164.htm<br />1. Dialetti e scuola. 2. La ricerca di un metodo 3. L’imbratto del vernacolo e lo zelo degli insegnanti: il dialetto nei programmi ministeriali. 4. La riforma gentile: la tradizione folklorica e la traduzione. 5. La questione dell’insegnamento della lingua: dialetti tra alienazione e giacobinismo linguistico. archivio165.htm<br />1. Dialetto e gergo. 2. Il gergo: generalità. 3. Rapporti tra gergo e dialetti. 4. Gergalismi nella lingua. 5. Scrivere in gergo. archivio166.htm<br />1. I dialetti italiani nel Mondo. 2. Caratteri. 3. I dialetti italiani negli USA. 4. I dialetti italiani in America Latina. 5. Un episodio messicano: la colonia Chipilo. archivio167.htm<br />(*) in via di stesura. Prima correzione dicembre 2007. Riprendo il lavoro dopo 7 anni dalla pubblicazione delle bozze non corrette. La verità, speravo in un aiuto Fate sempre in tempo. La prossima correzione al termine dell’inserimento del resto degli appunti. Cliccare sul capitolo per la rapida visione.<br />Buona lettura.<br /><br /><br /><br /> <br /><br />1790* - 1990**.<br /><br /> <br /><br />"Al prumm dal lungon a Carpignin, a truà l'Casér senza an bergnin", "Il primo dell'anno a Carpugnino, a cercar padrone, senza un soldino".<br />Questa scritta è posta nella piazza della chiesa di Carpugnino il paese d’origine della mia bisnonna “Mamma Gin a pochi chilometri da Brisino”<br />(*1790 la nascita della mamma di mia bisnonna, **1990 la scomparsa di mia madre)<br />A mia moglie Rita<br />per l’infinita pazienza.<br /><br />Ascoltami, ho una storia affascinante da raccontarti. C’era una volta un idioma per noi una lingua “il Tarùsc”, parlata dai miei vecchi. Molte delle parole che troverai le ho apprese, da mio padre, da mia madre, dalle mie zie Domenica e Santina, dagli anziani del paese, dal Tunin un vecchio saggio amico di mio bisnonno, “che non ho conosciuto”, ma che ne ho sentito parlare per le sue imprese di giovane garibaldino; giorno dopo giorno ascoltando le loro storie, nelle calde giornate estive alla fine degli anni 40 e dal cugino Mario che, oltre conoscere il Tarusc aveva una grande curiosità e conoscenza della lingue europee. Non troverai tutto, ma un piccolo vocabolario con molte particolarità, delle frasi idiomatiche ed una piccola grammatica. Il resto è la storia di Brisino, di ieri e di oggi con l'aggiunta via via i dati raccolti negli ultimi anni. I dati sono stati tratti dagli archivi della Parrocchia, dalla Biblioteca Comunale, dal museo dell’ombrello e dai molti autori che hanno scritto sulle tradizioni e sui mestieri del vergante. Il ricettario delle erbe della nonna, “oltre il confine”, perché oltre al confine, nel girovagare per l’Europa e per il mondo ho apprezzato le vecchie buone cose delle nostre tradizioni. Le ricette della nonna e la ricetta come fare il formaggio di capra. Le ricette di mia madre. La cucina nei giorni di festa. Le ricette di “Mamma Gin” la mia bisnonna, ricettario “rimedji”, per sanare con pochissima spesa tutte sorte d’infirmita Interne ed esterne, invecchiate e passate sino al presente per incurabili, in pratica come si curavano nel ’700 con le erbe, con l’aglio e la cipolla. Intanto che cos'è il “Tarùsc”. Un idioma, dei vecchi dell'alto vergante, forse sarebbe meglio dire, la lingua della sponda occidentale del lago Maggiore che va da Meina a Baveno, passando da Brisino, Gigniese, Massino, fatta rivivere ed arricchita “non solo” dagli ombrellai, in cerca di fortuna per l'Italia e nel mondo; forse solo un modo come riconoscersi, per distinguersi oppure quello che io penso il resto di una lingua/dialetto/vernacolo, scomparsa. Nel 1965 a Buenos Aires al mercato delle cose vecchie di Sant Elmo ho avuto il piacere di incontrare un anziano signore e di ascoltare il nostro idioma e l’ultima volta nel 2006 sempre a Beuonos Aires, il figlio dell’Alfredo, che aveva ereditato dal padre, la passione del Tarùsc e delle buone vecchie cose <br />del vergante.<br /><br />NOTA <br />“ Si sente ripetere che una società non possa esistere senza una memoria di quanto è avvenuto nel passato: la selezione degli elementi di questo da conservare serve a trasmettere da una generazione all'altra una storia «dotata di senso», ed in quanto tale, rileva Yosef Hayim Yerushalmi, sostiene “quel complesso di riti e di valori che costituisce per un popolo il senso della propria identità e del proprio destino”. Diventeranno oggetto di trasmissione solo quei momenti tratti dal passato che vengano sentiti come educativi ed esemplari per la hallakhah di un popolo, così come è vissuta in quel momento; il resto della "storia" cade, si può dire quasi letteralmente, fuori dal sentiero» (hallakhah è parola ebraica che indica il sentiero su cui si cammina, la strada). In tal modo l'esercizio della memoria (come e cosa ricordare) è strettamente connesso a quello dell'oblio, come sottolineava Nietzsche in un brano molto noto: “è del tutto impossibile vivere in generale senza dimenticare [...] La serenità, la buona coscienza, l'allegra attività, la fiducia nell'avvenire, tutto ciò dipende, nell'individuo come nel popolo [...] dal fatto di sapere tanto bene dimenticare al momento giusto, quanto bene ricordare al momento giusto; dipende dal sapere sentire con istinto potente quando sia necessario sentire storicamente e quando non storicamente [...] L'antistorico e lo storico sono ugualmente necessari per la sanità di un individuo, di un popolo o di una civiltà”. <br />E qualche anno dopo Ernest Renan, nella sua famosa conferenza tenuta alla Sorbona l'11 marzo 1882 su Che cos'è una nazione?, ricordava che «l'oblio, e dirò persino l'errore storico, costituiscono un fattore essenziale nella creazione di una nazione, ed è per questo motivo che il progresso degli studi storici rappresenta un pericolo per le nazionalità”.<br /><br />Le battaglie del presente.<br /><br />Ovviamente non si tratta di un'operazione indolore: “La memoria e l'oblio - ha scritto Remo Bodei - non rappresentano [...] terreni neutrali, ma veri e propri campi di battaglia, in cui si decide, si sagoma e si legittima l'identità, specie quella collettiva. Attraverso una serie ininterrotta di lotte, i contendenti si appropriano della loro quota d'eredità simbolica del passato, ne ostracizzano o ne sottolineano alcuni tratti a spese di altri, componendo un chiaroscuro relativamente adeguato alle più sentite esigenze del momento”. Inoltre, se la memoria serve a fondare una comunità dotandola di unità di passato e di comunità di intenti, questa operazione può anche compiersi con un'ossessiva ripetizione di fratture e torti che spesso affondano le radici in un tempo remoto, individuando un nemico presunto, da combattere ed espellere dal corpo sano, e identitariamente omogeneo, della nazione.<br /><br />Questa lunga introduzione al numero 10/2004 di Novecento, serve a mostrare l'opportunità della scelta di dedicare un numero monografico a Fare memoria, costruire identità: rispetto al dilagare del termine e degli inviti alla memoria, ricorda il direttore Luca Baldissara nell'introduzione, la rivista ha deciso di «contribuire ad illuminare criticamente alcuni snodi concettuali e metodologici del ricorso alla memoria (sia come fonte che come oggetto dell'indagine), e di riflettere sugli usi pubblici e sulle manipolazioni politiche cui è sottoposta nell'arena del dibattito politico-culturale”.<br /><br />Scelta quanto mai necessaria, quella di restituire complessità e spessore critico al termine, al di fuori di ogni ingenua od entusiastica sua proposizione. La memoria è sì un discorso del passato, ma che interagisce sempre con il presente, con l'attualità nella quale vive il testimone (sia esso un soggetto individuale, una comunità nazionale, una nazione, o anche un insieme di popoli che si tende a legare in un'identità sopranazionale, come nel caso dell'Europa): un'osservazione espressa con grande efficacia da Ascanio Celestini, nella bella intervista rilasciata a Luca Baldissara e Andrea Rapini sui rapporti fra il suo teatro, la storia e la memoria: “A me interessa molto di più il peso che ha oggi la memoria per le persone. A me interessa quello che succede oggi. E' chiaro che chi intervisto mi spiega il presente attraverso il passato, ma è del presente che parla! [...] Il passato sta lì perché altrimenti non riuscirebbe a gestire le immagini che ha oggi nel presente, ma è del presente che parla». E anche Enzo Traverso, nel suo saggio su Storia e memoria. Gli usi politici del passato (che insieme a quelli di Fabio Dei su Antropologia e memoria e di Emanuela Fronza su Diritto e memoria compone la prima parte, di metodo, del numero), ricorda che «la memoria, sia individuale che collettiva, è una visione del passato sempre mediata dal presente”.<br /><br />Del resto già da tempo gli storici hanno iniziato a parlare di un «eccesso di memoria» (Charles Maier), di un «boom della memoria” (Jay Winter), di un'«era del testimone» (Annette Wieviorka); alcuni, come Pierre Nora, curatore della monumentale opera su Les lieux de mémoire, hanno strettamente contrapposto la memoria e la storia, in quanto la prima «è un assoluto», mentre “la storia conosce soltanto il relativo”.<br /><br />Una contrapposizione questa che peraltro non condivide Enzo Traverso: egli è ben consapevole che «la memoria singolarizza la storia. La sua percezione del passato è irriducibilmente singolare. Là dove lo storico vede una tappa di un processo, un particolare di un quadro complesso e mobile, il testimone può cogliere un avvenimento cruciale, lo stravolgimento di una vita». E tuttavia Traverso non solo ritiene che si sottovalutino i rischi di manipolazione e «sacralizzazione» che appartengono anche alla scrittura della storia, ma recupera l'utilità di un serio confronto degli storici con la memoria - individuale o collettiva che sia - purché questa venga ricondotta al suo «contesto più generale[...], inscrive [ndo] questa singolarità dell'esperienza vissuta in un contesto storico globale, tentando di illuminarne le cause, le condizioni, le strutture, la dinamica d'insieme».<br /><br />La memoria infatti ha una sua specifica «temporalità», che lo storico può utilmente ricostruire andando a chiedersi per quali motivi, in quali circostanze, sotto quali influssi determinate memorie si impongano come egemoni ed altre vengano invece emarginate, se non definitivamente cancellate. Si riprenda ad esempio la stessa memoria della Shoah, che si è ormai imposta come elemento centrale di riflessioni sul Novecento (tanto da suscitare perentorie affermazioni sull'unicità di quell'evento che per lo storico o sono scontate, in quanto ogni evento è unico e particolare, o sono devianti, in quanto bloccano i meccanismi di comparazione così importanti per la narrazioni storica in quanto consentono di smontare gli avvenimenti, cercare connessioni non immediatamente percettibili e scontate, ricostruire genealogie): ebbene, fino agli anni Sessanta la consapevolezza di quell'evento era ben debole nella coscienza mondiale, tant'è che un lavoro fondamentale come quello di Hilberg su La distruzione degli ebrei d'Europa, uscito nella sua prima versione nel 1960, solo con gli anni Ottanta diventò opera di riferimento (in Italia è stato pubblicato, da Einaudi, solo nel 1995).<br /><br />Storicizzare la memoria apre perciò importanti campi d'indagini per lo storico, certamente a patto che questo eviti di diventare “un semplice avvocato della memoria” e di perdere di vista il contesto generale, ma dando comunque per scontato che, “ a meno di riproporre una visione obsoleta (e illusoria) della storia come scienza positiva”, "assiologicamente neutra", si è ben costretti a riconoscere che tutto il lavoro storico veicola anche, implicitamente, un giudizio sul passato». Verso la stessa conclusione, in una singolare coincidenza d'analisi e di sensibilità, si muove anche Fabio Dei per quanto riguarda gli antropologi: al termine di un denso saggio, egli rileva che “ partecipare alle pratiche di costruzione della memoria pubblica e del patrimonio culturale, restando consapevoli dei complessi meccanismi che li costituiscono retoricamente e politicamente nel presente, è il difficile compito che accomuna oggi, a me pare, storici e antropologi”.<br /><br />Traverso conclude il suo saggio ricordando che “ l'intrecciarsi della storia, della memoria e della giustizia è al centro della vita collettiva”, e che “ al punto di intersezione tra storia e memoria, c'è la politica “. Ma questa osservazione, che condivido, complica ulteriormente il quadro, perché la politica è una grande manipolatrice della memoria, la utilizza per raggiungere i propri fini, definisce i criteri di selezione tra le varie memorie che si confrontano in uno spazio ed in un tempo definito, stabilisce, a volte anche con leggi, l'obbligo a ricordare, incoraggia una memoria del passato che rafforzi le identità necessarie a sostenere i progetti del presente.<br /><br />Come ricorda Emanuela Fronza nel suo saggio su Diritto e memoria. Un dialogo difficile, «tra le modalità di intervento giuridico che generano un'intersezione con la memoria, in particolare dei fatti che hanno caratterizzato la seconda guerra mondiale, possono individuarsi due tipologie principali: da un lato, l'adozione di legislazioni sul piano nazionale che istituiscono giornate per invitare le popolazioni a ricordare; dall'altro, delle normative adottate sul piano sopranazionale e nazionale, che puniscono la negazione, la minimizzazione o la giustificazione della Shoah». Sulla seconda operazioni l'autrice solleva giustamente seri dubbi, in quanto con essa si promuove «a ufficiale una e un'unica di quelle infinite interpretazioni» sempre possibili sui fatti storici.<br /><br />Costruzioni identitarie.<br />Ma anche la scelta di un invito dall'alto alla memoria, a mio avviso, non è esente da rischi: se nessuno contesta, almeno apertamente, la scelta della Shoah come elemento da commemorare il 27 gennaio (e si tratterebbe comunque di capire quali specifiche conoscenze e interpretazioni della Shoah inducono le innumerevoli iniziative intraprese da enti pubblici e scuole in occasione di quella scadenza), una volta intrapresa la strada di stabilire per legge cosa è opportuno ricordare si aprono comunque delicati problemi, ad esempio quando si decide di estendere quell'invito ad avvenimenti più controversi o legati a specifiche situazioni di storia nazionale (si pensi ad esempio alla legge italiana 30 marzo 2004, n. 92, che istituisce un "giorno del ricordo" in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale”). In ogni caso i rischi di manipolazione istituzionale della storia - e di ritualizzazione e svuotamento di significato della memoria - sono elevatissimi, e dovrebbero spingere a giudicare con grande prudenza l'istituzione di giornate della memoria, quale che sia il contenuto del ricordo che si vuole imporre per legge.<br /><br />La costruzione identitaria è del resto sempre un'operazione complessa e necessariamente manipolatoria: lo dimostrano i saggi sull'Europa e sull'utilizzazione del discorso storico nel definire lo spazio europeo di Luca Scuccimarra, Stefano Petrungaro e Patrick Hyder Patterson o, su un altro versante, quello di Raya Cohen sul discorso pubblico israeliano, nel quale si sottolinea la cancellazione del passato europeo dalla storia ebraica insegnata in Israele, a tutto vantaggio del discorso sionistico e dell'esperienza della Shoah, lo evidenzia infine l'intervento fortemente polemico di Hans - Ulrich Wehler contro l'adesione della Turchia all'Europa: tra le varie argomentazioni che l'insigne storico tedesco porta a favore della sua tesi, quelle di carattere economico, sociale, politico si mescolano ad una forte valutazione del differente passato storico, per cui “ per circa 450 anni il musulmano Impero ottomano ha quasi ininterrottamente condotto guerre contro l'Europa cristiana portando addirittura il suo esercito alle porte di Vienna»: un esempio di come la memoria di un passato remoto possa orientare gli individui anche davanti a scelte strategiche relative all'oggi. “...<br /><br /><br />Stesura incompleta<br />Ultimo aggiornamento dicembre 2010AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-1975719236214455022011-03-26T13:24:00.000-07:002011-03-26T13:27:11.337-07:001. BRISINO ED IL SUO TARUSCH. COSA E' RIMASTO DEL NOSTRO MONDO CONTADINO E DEI VECCHI MESTIERII Capitolo.<br />Brisino ed Il suo Tarùsch. Cosa è rimasto del nostro mondo contadino.<br /><br /> Tarùsc, questo termine ormai sta per una lingua scomparsa (idioma, vernacolo, dialetto) tenterò di farlo rivivere attraverso la pubblicazione di tutte le parole che mi ricordo, ed attingendo dalle pubblicazioni che ho consultato (troverete un’ampia bibliografia alla fine del lavoro): opportuno, quindi, cercare di chiarirne l'origine ed il significato. La lingua, l'idioma si regionalizza con i primi pionieri gli "ombrellai", i "lùsciat" che avevano adottato, per scambiarsi tra loro notizie ed informazioni, un linguaggio del tutto particolare delle genti dell'alto vergante, diventa dalla fine del 700’ e fino all'inizio del 900' quel che si definisce un gergo (parlato a Brisino da poche persone, fino la fine degli anni ’80). Il Tarùsc: “Gergo è parola di probabile origine provenzale, con la quale si designano genericamente le lingue speciali parlate da specifici gruppi sociali, che non intendono farsi comprendere da altri; vincolo ideale per gruppi corporativi artigiani, tecnici, ecc. ”. L'intento principale era quello di sottrarsi al controllo altrui, stabilendo un tipo di comunicazione decifrabile soltanto da chi ne possegga il codice, non avere una sua unità precisa, ma confonde ed amalgama parlate di gruppi diversi tra loro». Il Ferrero rileva “l'importante capitolo dei gerghi degli artigiani, di particolare importanza a cavallo tra il 700 e nel 800 e nei primi decenni del '900, e poi in via d’estinzione con l'estinzione stessa di tanti mestieri (ombrellai, ecc.) “. Non sono del tutto convinto di quello che dice il Ferrero, anche perché queste parole e le frasi idiomatiche le ho ascoltate dai vecchi del mio paese e molti di loro non hanno mai avuto nessun rapporto con il lavoro degli ombrellai, sono invece quasi certo che questa categoria ha assunto la parlata dell'alto vergante, come lingua di distinzione della propria corporazione, tanto che questo gergo è parlato ancora dai pochi vecchi rimasti. La lingua scompare, e questo è vero, dal momento in cui scompare una generazione poco scolarizzata, dove s’incomincia a studiare in maniera sistematica la lingua italiana dopo l'Unità d'Italia. Rif. La nuova Italia. Dizionario dei Comuni del regno Ed. Vallardi 1899. Alcune parole si possono ritrovare nel Dizionario Piemontese - Italiano del “Michela Ponza”, anno 1847, quarta edizione Carlo Schiepatti - Torino. In questa definizione sono precisate le ragioni che furono all'origine del nostro tarùsc, la sua funzione ed anche il perché del suo declino; e non mi sembra inutile rileva¬re l'esplicito riferimento, tra gli altri, proprio agli ombrellai ed alla generazione che sono trapassate. E' questa una ragione che mi permette di concorda¬re in parte, con il Prini che considerò “un esemplare raro di lingua furbesca e chissà un po' da furfanti di buon conio”, anche se “meriterebbe” di esser recuperato, - il primo - vedeva l'influsso delle occupazioni succedute nei secoli scorsi. Sul suo territorio passava la vecchia strada del Sempione. Il lago era una via di comunicazione tra la Svizzera, la Lombardia e il Piemonte, dove per la popolazione locale era l'unica salvezza per mantenere una propria identità e libertà di fronte ai continui soprusi, il popolo serviva un tempo come d’altronde oggi, solo come carne da macello per le varie guerre. Nel museo dell’Isola Bella è conservata una piroga di 7000 anni fa, sta a significare che già allora le popolazioni si muovevano, non erano stanziali, tanto più che il legno della piroga sembra di origine africana. Non è del tutto vero per chi sostiene che le origini siano celtiche, con riferimento alla piroga si potrebbe sostenere il contrario che gli antichi abitanti potrebbero discendere da un popolo mediterreaneo. E' che i ritrovamenti, altro non sono che, i resti di navigatori mediterranei del nord africa. Una lingua che purtroppo, per la scomparsa delle generazioni che ci hanno preceduto, il Tarùsc è divenuto un ricordo lontano, una sorta di "cimelio di famiglia", sino ad esser del tutto dimenticato. Non ha lasciato che scarse e poche tracce, anche in quei meritori tentativi di tramandare, un ricordo delle vicende e delle opere di questi figli del Vergante. Al Tarùsc si accenna di sfuggita soltanto in qualche pubblicazione più vicina al mondo corporativo dei mestieri ed in particolar modo degli ombrellai. Un ricordo più preciso s’incontra nel Museo di Gignese: infatti, in un dépliant illustrativo non datato a cura della Piccinino è riportato un piccolo Dizionarietto Tarùsc Italiano. Nella recente Guida (del 1989) ve n’è soltanto un cenno, senza citazioni di parole o motti. Non si trova nulla o quasi nelle opere, anche recenti, peraltro meritorie, che si sono occupate della storia del Vergante. Unica eccezione, e pubblicazioni di padre Manni, nel 1968 e nel 1973 diede alle stampe due volumetti: nel primo si occupò del suo paese e degli abitanti (Massino e i suoi lusciát) e dopo aver pazientemente ricostruite le genealogie di vari gruppi familiari, si soffermò diffusamente sul Tarùsc. A questo dedicò la sua seconda opera Il Tarùsc, la parlata degli ombrellai. Dizionarietto etimologico); un agile manuale, davvero prezioso, raccoglie tutti o quasi i vocaboli gergali, le frasi più tipiche e caratteristiche e la loro costruzione grammaticale, ma tenta anche di risalire all’etimologia dei vari vocaboli, cercando di individuare gli influssi d’altri dialetti o lingue che avrebbero potuto contribuire a modificare una preesistente parola dialettale locale o a crearne una nuova. Purtroppo questi due libri sono oggi molto difficilmente reperibili. Consiglio la lettura. Partendo da queste due pubblicazioni cercherò di ricostruire un pezzo della storia dei nostri antenati. In definitiva, si ritiene che l'origine di queste parole gergali vada ricercata nei dialetti locali (un misto di lombardo alto piemontese, anche con influssi liguri) ed aggiungo anche l’influsso ladino ed alcuni vocaboli forse siano importati probabilmente dai primi ombrellai, venuti a contatto con gli abitanti di regioni o zone vicine, che spesso parlavano dialetti simili al loro. A differenza di molti autorevoli autori e ricercatori penso che, con il miglioramento delle comunicazioni altri vocaboli siano aggiunti, adattandoli nella pronuncia, oppure modificandone talora il significato abituale, fors'anche creandone dei nuovi per assonanza od imitazione. Non va dimenticato che, sino ad oltre la metà del secolo scorso, gran parte della popolazione usava preferibilmente, se non soltanto, il dialetto e, quindi, non può sorprendere che l'influsso della lingua italiana sia stato minimo, talora nullo. Cosa che invece, si verificò per le lingue straniere, in quel tempo ancora usate dal popolo con deformazioni dialettali. Da non trascurare i rapporti ed i contatti con elementi provenienti dalla Savoia e dai Cantoni Svizzeri (lingua ladina)che, avvenivano per la comune frequentazione di fiere e mercati. Sono anche da ricordare le parlate walzer (ancora oggi usate) d’alcune vicine vallate alpine, come Alagna, Macugnaga, Formazza. Solo con il traforo del Sempione, l’attuale provincia di Verbania e parte dell'alto Novarese trovava uno sbocco internazionale che si aggiungeva alla regionalizazione in corso. Per tutti i secoli passati non esistevano le scuole e l'istruzione, per pochi e molto spesso legata alla chiesa. Mi è sembrato doveroso e necessario dedicare una riflessione a questa parlata gergale, ríproponendone i vocaboli e, talora, cercando di risalire alle etimologie, avvalendomi (oltre che, naturalmente, delle opere del Manni, della Piccinino e dell'Ambrosini del Prini e dell'Aghina) anche della recente pubblicazione del Cortelazzo e del Marcato, nella quale, purtroppo, si possono trovare soltanto richiami indiretti da termini dialettali delle vicine province, più volte ricordate: Lúsciàt e Tarùsc. Il primo ha un suo preciso riferimento alla parola che, nel dialetto locale, indica la pioggia ed anche l'acqua: Lúscià, talora si trova scritta slùscià, con i relativi verbi lúscíà o slùscià per piovere (ed anche, per traslato, orinare). In seguito il termine passò ad indicare l'arnese che ripara dalla pioggia, l'ombrello o parapioggia, e, di conseguenza ne derivò anche lúsciàt, cioè l'ombrellaio. Il Ferrero ricorda la parola lúsa con il significato appunto d’acqua, propria dei gerghi artigianali delle vallate alpine. E' necessario, dapprima, cercare di interpretare la parola Tarùsc. Particolare ed intricata è l'etimologia di Tarùsc: nell’originario dialetto con questo termine, s’indicava «quel residuo che si raccoglieva assieme al terreno, là dove era stato depositato un cumulo di letame o di fogliame». Tarùsc sta per “Risigusc” che significa la segatura del legno, del lavoro del falegname, smusc per angolo, spigolo ecc. ), ecco perché è troppo semplice la teoria di un unico mestiere, mi ricordo che nella falegnameria che ho avuto l’opportunità di lavorare nelle vacanze del1952, molti degli operai parlavano sul lavoro con quest’idioma. Come si poteva giustificare il suo uso per indicare una particolare parlata gergale? Un ricercatore cercò di individuarne la derivazione da una lingua straniera, dal tedesco, e in altre parole da Tarnung = mascheramento, o da tarnen = mascherare, camuffarsi. Se ne potrebbe, quindi, dedurre che i primi lúsciàt trovarono foneticamente collegabili queste parole germaniche (tra l'altro anche mal pronunziate) con un vocabolo familiare, attribuendogli un significato ben diverso, ma consono alle loro esigenze. Una considerazione nei paesi dell'alto vergante ci sono stati vari insediamenti della popolazione germanica, inoltre come molti nostri connazionali, siamo un popolo d’emigrazione, è probabile che al rientro ogni emigrato abbia riportato un pò del modo dove ha vissuto. Troviamo dei Brisinesi o dell'alto vergante oltre che in molte città Italiane, Torino, Genova, Milano, Roma, Napoli e province limitrofe. Incontriamo dei discendenti che, più delle volte non parlano italiano ma il dialetto, anche in Francia, Svizzera, Germania, Brasile nel MatoGrosso, Argentina, Venezuela, Stati Uniti, Australia e Africa meridionale. A Buenos Aires nel 1965 al mercato dell’antiquariato di Sant’Elmo ho trattato l’acquisto di libri, (la storia dei comuni italiani ed. 1880), con un signore molto anziano che parlava il Tarùsc. Era partito per l’Argentina, dal lago, con i genitori nel 1890. Dal canto suo il Ferrero cita il termine Taròn che indicava “un gergo parlato da mestieranti girovaghi delle vallate alpine” e che, in alcune località, diventava Tarùc ed anche Tarùsc senza peraltro addentrarsi in questioni etimologiche. Oggi la parola “taròn” impropriamente è usata in senso dispregiativo. Da citare, soltanto per curiosità, si vuole far risalire ai Taurisci, popolazione che precedette i Leponzi in questo territorio; il che naturalmente non regge nemmeno per ipotesi. Per molti vocaboli troviamo derivazioni da lingue straniere.<br /> <br />Da molti anni, infatti, la moda del folclore, del mondo contadino, dei mestieri, della genuinità dei cibi o stile di vita delle comunità minori emarginate; investe i consumi alimentari, le fogge dell’abbigliamento, la produzione di mobili, l’industria del tempo libero. Nel rivedere questa ricerca, mi sono trovato improvvisamente impegnato ad affrontare, in termini nuovi, le ragioni stesse del lavoro per renderne più esplicite le motivazioni e gli scopi e per distinguere la posizione dai facili entusiasti. Una ricerca necessaria iniziata nell’estate del 1948, non già per una boriosa difesa della propria “originalità” di ricerca, ma proseguire serenamente nella curiosità, a beneficio di chi continuerà a guardare con interesse al “mondo popolare”. L’improvviso accendersi dell’interesse per il folclore nel nostro Paese segue analoghi entusiasmi che, già da tempo, si erano manifestati in altre società industriali avanzate: si può dire, anzi, che il fenomeno in sé, è, per certi versi, il sintomo di un benessere economico che inizia a diffondersi in tutti gli strati sociali. Nasce il desiderio di superare gli aspetti più consumistici di una società industrialmente avanzata che, induce una massa sempre più larga d’abitanti dei centri urbani a guardare, con nuovo interesse, le piccole comunità o i luoghi ancora “incontaminati” della vita popolare cittadina come, per esempio, il mercato o l’osteria. L’esplorazione dei luoghi e condizioni di vita delle classi subalterne non è nuova. Si può dire, anzi, che mai ha cessato, già da tempi lontani, di stimolare l’attenzione e l’interesse di una ristretta élite intellettuale, sollecitata dal desiderio di scoprire fatti, situazioni e valori estranei all’alta cultura. Gli appunti di viaggio di scrittori famosi sono ricchi d’annotazioni e spunti sulla vita popolare urbana e agro-pastorale, dalla descrizione della festa dei friggitori di frittelle vista da Goethe a Napoli nel giorno di s. Giuseppe alle impressioni di Lawrence durante un soggiorno in Sardegna. Accanto alle spigolature curiose, vi è una vasta letteratura antropologica che dopo le lontane e solitarie, ma straordinariamente precorritrici, meditazioni di Montaigne, trova solidi presupposti negli illuministi francesi, in Spencer, in Taylor, in Morgan, in Marx e, recentemente, in Gramsci e De Martino. Nel solco tracciato da questi “maestri del pensiero” si sono sviluppate le indagini di folcloristi e di etnografi. Certo non sarà per me facile questo lavoro, non voglio paragonare a nessuno degli illustri nomi citati, continuerò raccogliere i dati così come iniziato dal lontano 1948 per poi assemblarli e far parlare al testo un'unica idioma “Il Tarùsc”. Una “guida” al Tarùsc, potrebbe limitarsi all’elenco e alla descrizione di lavoro, mestieri, feste, riti, cerimonie, canti, balli, di sistemi d’abbigliamento che, sappiamo appagare la curiosità del nuovo e del diverso. Nasce il bisogno di consumare spettacoli e di evadere dai ritmi della vita cittadina. Certamente in questo testo non mancheranno le informazioni sui momenti più originali e sugli aspetti meno noti della vita tradizionale dei pastori, dei contadini, dei pescatori, degli ombrellai e degli artigiani dell’alto vergante ed in particolare di Brisino. Diventa interessante assistere alle varie manifestazioni, ancora carichi di suggestione, nonostante gli interventi delle Pro Loco e d’altre organizzazioni che disciplinano i protagonisti per incrementare l’affluenza turistica. Sarà interessante notare che, in questi casi, gli stessi protagonisti entrano nel ruolo di portatori di folclore e si rappresentano come autentici esponenti della cultura locale per appagare la curiosità dei forestieri. Il folclorista mette in conto senza scandalo questo distacco dalla cerimonialità tradizionale perché sa che, in un Carnevale, in una processione, in un rito di maggio o di Capodanno, vi è vita segreta, più interna, entro la quale indagare per cogliere le ragioni vere e i tratti culturali decisivi che inducono un gruppo sociale, rispettando ricorrenze fisse, ad abbigliarsi in modo eccentrico e a dar luogo a comportamenti festosi che, di là dai mutamenti, degli aggiornamenti e delle regie, perpetuano rituali antichi con significati che talvolta restano oscuri. Proprio il Carnevale, con la sua esplosione di spettacolarità ubbidisce a bisogni insopprimibili. Un “mondo alla rovescia” che occorre collocare nei meccanismi compensativi elaborati dalla comunità. Un rovesciamento dei dati di fatto che nella vita quotidiana agiscono senza alternative. Del resto il rovesciamento è già implicito nella gratuità delle cerimonie e dei comportamenti, nel protagonismo esasperato, nel travestimento sontuoso: tutto l’opposto, insomma, di quanto le condizioni di vita e di lavoro impongono nel corso dell’anno. I rischi più gravi si corrono se l’invito dell’etnografo ad avviare un confronto segreto col “mondo popolare” si traduce in safari folcloristici dove non si sa più se i personaggi pittoreschi da osservare sono i contadini e i pastori o le frotte dei turisti. Il giovane che si pone il problema, di conoscere meglio il nostro Paese dovrebbe recarsi presso comunità minori, venire a contatto con i coetanei, prendere coscienza di condizioni di vita e di lavoro che in molte comunità alpine, appenniniche, meridionali e insulari si ri-propongono secondo modalità “arcaiche”. Scoprirà allora che, in molti casi, la tecnologia più tradizionale (basata sull’energia delle braccia, o degli animali, o del vento o dell’acqua) resta immutata perché è l’unica praticabile; e che antiche modalità di coltivazione e d’allevamento degli animali ubbidiscono alla primaria necessità di nutrirsi e di costruire un riparo. Lo stretto rapporto tra tecnologia, in pratica attrezzi di lavoro o macchine elementari, e risorse ambientali è uno dei pochi tratti culturali che unificano contadini, pastori, pescatori e artigiani di regioni diverse; mentre l’analisi dei prodotti culturali, non materiali, come il canto, la danza, l’espressione linguistica, la vita cerimoniale, svela normalmente forti differenziazioni. Le ricerche fin qui condotte spiegano, solo in parte, i dati accumulati in anni di rilevazioni. Parliamo di responsabilità politiche nuove che, si sono poste agli studiosi d’etnografia e folclore, dall'ultimo dopo guerra, intende riferirsi all’atteggiamento da assumere di fronte a quelle condizioni d’arretratezza, e talvolta di miseria, che fa da supporto ai fenomeni oggetto di studio, tramandati con un costo sociale molto elevato; se, insomma, si propugna una società più moderna, più giusta è difficile non augurarsi che le comunità minori superino quei ritardi soprattutto economici, di fatto, le emarginano nei processi di trasformazione in atto. Le cose non sono così semplici. In primo luogo, chi cerca, che è uomo di passaggio, anche se prolunga per anni il suo soggiorno di studio, non può correttamente sollecitare processi di cambiamento se poi non è in grado di parteciparvi attivamente; in secondo luogo, non tutti i tratti culturali e le comunità minori, sono da considerare residua sopravvivenza di condizioni di vita e di lavoro da rimuovere. Beni alimentari e manufatti artigianali s’inseriscono felicemente nel mercato locale e in quello urbano e garantiscono, a diverse piccole comunità, un reddito stabile e sicuro; e non è detto che, per inserirsi efficacemente nei ritmi di una società moderna, si debbano necessariamente rimuovere feste, canti, balli, tradizioni, luoghi di lavoro, abitazioni. Una volta superata il pregiudizio che relegava la cultura popolare in una sfera naturalistica, si parlò a lungo, per le società primitive, di popoli di natura, si è acquisita coscienza della storicità dei fatti etnografici. Non basta più osservare che certi riti “si perdono nella notte dei tempi”, che l’abbigliamento tradizionale, lo stile di costruzione delle case o un repertorio di canti esistono da tempi immemorabili.<br />C i troviamo un compito d’enorme difficoltà che ha prodotto risultati non sempre soddisfacenti ma che è necessario per superare stucchevoli genericità e per coinvolgere utilmente, da protagonisti attivi, quegli uomini che i folcloristi ottocenteschi chiamavano “portatori” e che oggi non possiamo più limitarci a considerare soltanto “informatori”. L’aiuto concreto che il ricercatore può dare sta nella capacità di compiere il suo lavoro apertamente, confrontando i risultati e i problemi con quegli stessi soggetti che hanno offerto collaborazione e aiuto. I fatti che l’etnografia offre alla nostra attenzione sono stratificazioni d’avvenimenti passati, assunti in forma frammentaria, secondo i bisogni e le relative risposte che una comunità, nel suo insieme, elabora. Acquisita la consapevolezza della “storicità” dei tratti culturali si fa più acuto il problema della loro rimozione. Modi drammaticamente anacronistici di affrontare crisi esistenziali scatenate dalla malattia e dalla morte, si pensi al lamento funebre, o a pratiche terapeutiche crudeli, inefficaci o del tutto superstiziose, sono in estinzione e, quando vengono rilevate come oggetto di studio, difficilmente un etnografo, desideroso di appartenere degnamente a una comunità di ricercatori che si qualificano “scienziati dell’uomo”, si sottrae alla speranza che tali fenomeni non debbano più potersi indagare “dal vivo” ma soltanto attraverso il resoconto di vecchie testimonianze. Accanto ai tratti culturali da rimuovere e superare ve ne sono altri che vorremmo largamente diffusi e che appartengono a quella condizione ideale di un’umanità nuova, “redenta” dagli effetti perversi del consumisrno; tratti culturali che, in molti casi, proprio i giovani delle città, tentano di costruire inventando modi di vita e di svago nuovi e alternativi. Pensiamo alle musiche, ai balli, alle feste, alle particolari modalità di aggregazione che, in nome del progresso, dell’aspirazione ad assumere moduli di vita urbana, vengono dalle piccole comunità in trasformazione eliminati per sempre. La bettola diventa un bar chiassoso con musica registrata e giochi elettronici mentre i luoghi destinati al ballo restano deserti si popolano le discoteche. Nel frattempo i giovani delle città si affannano a cercare vecchie osterie per bere il vino e giocare a carte o si riversano nelle piazze per suonare e ballare. In certi casi pare di assistere alla gara di due mondi che rischiano, in nome della modernità, di inseguirsi senza mai raggiungersi proprio, quando le differenze città-campagna sembra annullarsi. Grazie ad amministrazioni comunali dinamiche e attente, grazie alle sollecitazioni di studiosi locali o alla sensibilità nuova diffusasi in larghi strati della popolazione, capiterà di imbattersi in piccoli musei etnografici, es. il museo di Gignese, i mulini riattivati in case, piazze, cascine restaurate e “restituite” alla comunità. A volte la motivazione è l’orgoglio municipalistico di rendere vivibile, per se stessi il proprio paese; in altri casi, con la riesumazione, talvolta improbabile, di antiche feste, di canti di balli andati in disuso, si creano attrazioni turistiche da associare alla salubrità alla bellezza naturale dei luoghi. <br />Inserire foto la Patafjeta.<br /><br />Come si vede, anche una sommaria valutazione di ciò che un viaggiatore non distratto può osservare aggirandosi nelle comunità minori, sfugge a rilevanti e definitive classificazioni: e, infatti, lo studio dell’etnografia si basa più sulle distinzioni, che sulle categoriche affermazioni. Non a caso i contributi più seri si avvalgono degli strumenti concettuali più ricercati che la cultura produce. Quel che appare certo è che la cultura popolare è essenzialmente orale. L’oralità non è soltanto da intendersi come un dispositivo per tramandare canti e testi verbali formalizzati, in versi o in prosa, ma anche come trasmissione di tecniche per costruire gli attrezzi di lavoro o una casa, per allevare gli animali e coltivare i campi, per riconoscere le piante e le erbe adatte all’alimentazione e alla cura della salute. Oralmente sono tramandati anche i nomi dei luoghi, il racconto talvolta realistico e talvolta leggendario, di fatti ed esperienze vissute nel passato. Apparirà evidente la presenza, nella vita tradizionale, di residui consistenti delle esperienze storiche e culturali lasciate in eredità dalle classi dominanti. Evidente che tali eredità erano più consistenti in un contadino piemontese o toscano piuttosto che in un bracciante alpino, lucano o in un pastore sardo. Nel primo caso, tra “mondo popolare” ed élite intellettuale, vi erano contatti e persino scambi, negli altri casi, al contrario, probabilmente, erano più sporadici o quasi inesistenti. La montagna ha da sempre diviso la società. Nella sedimentazione d’arcaicità e di singole esperienze culturali del passato si fa notare il percorso storico di una comunità e la costruzione di una visione complessiva del mondo, accanto alla capacità di interrogarlo e di darsi risposte. Si sposta l’attenzione, dalla comunità nel suo insieme, al singolo caso umano che, in modo esemplare, può sottoporre a verifica il punto di vista del ricercatore, il problema si pone con contorni più definiti. Un uomo è un erede e un produttore di cultura che “legge” la realtà, vi si adatta e, quando può, la trasforma. A questi fini eredita ed elabora tecniche adatte a soddisfare i bisogni materiali. Produce o rielabora comportamenti festosi per appagare le esigenze di socializzazione, assimila o reinventa spiegazioni per capire secondo criteri naturali, soprannaturali, magici e scientifici gli eventi dell’ambiente fisico e umano entro il quale agisce. Nel riconoscergli l’integrità d’uomo pensante possiamo notare il più spregiudicato accostamento di tratti residuali dell’élite sociale accanto ad altri, del tutto originali, elaborati autonomamente entro il gruppo di appartenenza. La capacità di individuare questi due diversi aspetti del mondo popolare si potrebbe forse proporre come spunto appassionante per il viaggiare con questo testo nel passato della comunità del vergante, in particolare nella società Brisinese e nell’idioma scomparso del “Tarùsc”. <br />Era la lingua di casa mia, dei miei antenati(*) che, ho sempre cercato di non dimenticare insieme a tante altre cose dei miei genitori. Al rientro dal collegio, si sforzavano di usare l’italiano, io scivolavo con piacere, per aiutarli, nel dialetto nel Tarùsc. I dialetti entrano anche a raccontare una vicenda sociale: l’emigrazione, ma non quella remota, quella più nuova, Oggi, quando la scelta non è tra fame nera e partire, ma nell’emigrare c’entra la voglia di avere «più soldi - e c’entra anche il bisogno più evoluto di guardare il mondo. Dietro il tema dell’emigrazione e del ritorno, fa intravedere la dialettica ormai non più lineare fra Tradizione e Progresso: il progresso oggi dove si annida. Dove è la vera qualità della vita, in città o nei paesi? Quello che si può già pensare, è che l’italiano d’oggi va riducendosi a gran velocità alle duemila, forse duecento parole usate in televisione. Più quel po’ di inglese d’uso citato perfino dall’altero Devoto-Oli che ingloba nella sua ultima edizione. I dialetti sono pertanto dei forzieri: pronti, lì, per ridare alla lingua di chi narra originalità, sapori forti e regalare parole per esprimere sentimenti altrimenti fuori uso.<br />(*) L’atto notarile di divisione del 1750, il mestiere del mio trisavolo Cesare Battista, era l’ombrellaio e della mia trisavola MariaTeresa.<br /><br />Inserire foto Gioco della Morra. <br />Stesura incompleta<br />1a correzione dicembre 2010AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-24149941200913576152011-03-26T13:23:00.000-07:002011-03-26T13:24:25.894-07:002. LE NORMEII Capitolo.<br />Le norme.<br /><br />Origine dei vocaboli e frasi idiomatiche. Pronomi ed aggettivi possessivi. La terminologia dei numeri. Vocaboli d’uso comune. La corretta pronuncia del Tarùsc. Particolarità ed Aggiornamenti. Glossario. Emigranti. Il dizionario etimologico. La famiglia. La Crugia, la casa. Zapin, utensili ed arredo. Gli animali, la loro casa e la cascina. Gli alimenti. L’arcumenta, l’abbigliamento. Il corpo umano. Autorità e paesi. Artusc, mestieri. L’ombrellaio. Strumenti dell’ombrellaio e del mulita. Gergo dei venditori ambulanti nei mercati. Tempo, misure e monete. Numeri. Al taruscin alla patafièta, (all’osteria). Mager e magera. Verbu e part, avverbi, particelle. Ausiliari e preposizioni. Verb. La coniugazione dei verbi.<br /><br /> Manca l’introduzione. (*)<br /><br />A = arabo, C = luoghi, E = ebraico, Et = etimologie, F = Francese, I = Inglese, S = significato simbolico, O = tipici termini per indicare lo straniero, P = portoghese, Pi = Piemontese,T = tedesco, Ta = Tarùsc Z = altre locuzioni.<br /> Tarùsc Italiano Descrizione<br />T bergna denaro Da bergen, mettere al sicuro, celare, quindi anche cose da nascondere, come appunto il denaro.<br /> bull paese <br /> bulla città Da Burg.<br /> buscàu cesso Da Busch, cespuglio, boschetto, dove cioè l'ambulante poteva nascondersi per soddisfare i propri bisogni corporali.<br /> casèr capo Padrone (da Kaiser)<br /> gnùfèl bambino Ragazzino, da Gnufel, piccolo, debole.<br /> guzà piacere Da gut, buono, bene;<br /> músa minestra Da Mus, pappa, passata<br /> cartòfel patata Da Kartoffel, appunto patata<br /> scabià bere <br /> scabi bevanda Da Schank, osteria, mescita<br /> smèssar coltello Da Messer, coltello<br /> tràmpul salame Più difficile è collegare<br /> Trampel sciocco Con, persona goffa, sciocco (nell’attuale dialetto si dice “salam”<br />F colúbìn caffè Forse da coulant, che gocciola, cola, fluido.<br /> gèrb pane Da gerbe, covone di grano<br /> múss gatto Da se musser, nascondersi<br /> patin letto Da patin, tavolaccio di caserma<br /> tapà parlare Da tapage, schiamazzo<br /> turnèla polenta Da tourner, girare, con il mestolo.<br />I bèf sedere Natiche - da beef manzo, carne e, per traslato, il richiamo anatomico è abbastanza ovvio.<br /> milk latte Non richiede di spiegazione<br /> mùss gatto A mause, una stranezza si chiama gatto con il nome del topo.<br />A <br />E tàréf Infetto bacato, tarlato, impuro agg. dall’ebraico tàrèph, sbranato dilaniato, poi cibo vietato, carne non macellata secondo il rito ebraico <br />S <br /> Molti vocaboli traggono origine da assonanze o da similitudini; ad altri è attribuito un significato quasi simbolico: così, ad es.<br /> mànja moglie Donna, da maniglia o anche manégía - palo di sostegno cioè qualcuno di cui potersi fidare, con cui potersi aprire, da cui esser sostenuto e trovare o dare protezione e sicurezza.<br /> pastón risotto Come il pastone per gli animali.<br /> feriò mantello Mantello da ferraíolo.<br /> piulàt ubriacone Un frequenttore d’osterie.<br /> vasciàga sgualdrina Da vascíàg – maiale.<br /> batagìn orologio Che batte le ore. Da batach, <br /> t’zùrla prete Per il Manni forse da un cardinal Zurla, nel '800 vicario di stato (per inciso ricordo che lo Stendhal nella Certosa di Parma cita, tra gli altri, un conte Zurla.<br /> Caratteristici i termini per indicare alcune attività: es. medico e macellaio- l'uno squarta, rompe, gli uomini, l'altro i vitelli ecc.);<br /> <br /> sbrúgnabacàgn medico Così il medico è lo sbrúgnabacàgn.<br /> macellaio sbrúgnamajòl Macellaio come il è lo sbrúgnamajòl.<br /> strozzabacàgn l'avvocato E non necessita di spiegazione.<br /> zúfabacàgn carabiniere Da zúfà, prendere.<br /> lo scarabucín lo scrivano <br />O Tipici anche i termini usati per indicare gli stranieri:<br /> i brùcbèja i francesi Così sono i in altre parole i barbuti, i francesi rif. ai Galli.<br /> i scíuchítón i tedeschi Che è cocciuto, testardo.<br /> i bragkìna gli svizzeri Dai tipici calzoni o braghe dei montanari.<br /> il pùriàn<br />taròn meridionali Di più difficile interpretazione è il pùriàn per indicare i napoletani ed i meridionali in genere, dal Pò in giù.<br /> rascòn veneti Il nord-est dell’Italia.<br />Z Altre locuzioni caratteristiche:<br /> il casèr del rundèl Dio Il capo, il padrone del mondo, in altre parole Dio.<br /> il casèr di casèr Re Il capo dei capi, il re, l’imperatore.<br /> il casèr di zúrla il Papa Il capo dei preti, il Papa<br /> il casèr di bull il sindaco Il capo della città, il sindaco<br /> casèr di mànji il sindaco Fino alla fine del 700’, è però davvero strano come si trova talora tradotto come "sindaco", il che è spiegabile soltanto con il fatto che, essendo emigrati per lavoro tutti gli uomini, nel paese erano rimaste solo le donne e quindi il sindaco aveva autorità solo su di esse.<br /> il casèr di raspànt Il gallo Il capo delle galline, il gallo<br /> casèr di mànji il lenone Sino al più complicato casèr di mànji il capo o padrone delle donne, cioè il lenone, il mezzano.<br /> E’ però davvero strano come lo trovi talora tradotto come "sindaco, il che è spiegabile soltanto con il fatto che, essendo emigrati per lavoro tutti gli uomini, nel paese erano rimaste solo le donne e quindi il sindaco aveva autorità solo su di esse.<br />C Ed ecco i nomi di alcune città<br /> Carscíàn Milano Non si trovano le origini oggi Carsciàn è una piccola frazione di Stresa.<br /> carscianes Milanese per lombardo.<br />Pi <br />P <br /> bulla del zúrla Roma Roma è la bulla del zúrla (la città del prete),<br /> bulla del tor Torino Torino è la città del toro - bulla del tor<br /> A proposito di etimologie può essere interessante ricordare come il Ferrero ritenga che:<br />Et lofi e lofio cioè brutto e cattivo deriverebbe da «loffa, suono imitativo per scoraggia non rumorosa», il che troverebbe riscontro anche in gerghi non italiani, ad esempio nell'argot francese, nel quale “loffe" significa semplice, di poche pretese. Cortelazzo e Marcato, invece, lo riferiscono ad una «probabile origine imitativa, da loffa - vento.<br /> tartì defecare Possiamo riferirci ad una derivazione da - tortire, in altre parole torcere, in quanto chi si sgrava piega il corpo - (Ferrero).<br /> * ) un cenno veloce e poi ci ritornerò.<br />Nei pronomi e negli aggettivi Possessivi vi è un riferimento poco spiegabile <br />Poco spiegabile Ad un “Tona “o Toni. <br />al mè tóna <br />io <br /> al tò tóna tu <br /> Ecc. al so tòna<br />al vos tòna <br />e così di seguito<br /> del mè tóna è per mio e così via<br /> (*) da terminare.<br /> <br /><br /> <br /><br />zero nient venti russìn Significa anche marengo<br />uno spuntòn Forse per il dito che "spunta"<br />dal pugno per indicarlo; ventuno Russinspunton <br />due silvèster Non si capisce il perché, salvo che<br />non trovi origine in una moneta d'argento. trenta <br />tre trént Che significa anche forchetta, f<br />orse da tridente quaranta <br />quattro pala Mano chiusa cinquanta <br />cinque sgrifia In pratica tutta la mano sessanta <br />sei dó trént Due volte tre settanta <br />sette pala e trént Quattro più tre, talora è detto<br />anche furchitón. ottanta <br />otto dó pall Due volte quattro. novanta <br />nove pala e sgrífia Quattro più cinque cento <br />dieci mina russìn La metà di venti duecento <br />undici trecento <br />dodici quattrocento <br />tredici cinquecento <br />quattordici seicento <br />quindici settecento <br />sedici ottocento <br />diciassette novecento <br />diciotto <br />diciannove mille <br />venti russìn Significa anche marengo diecimila <br /> <br />ecc. e così di seguito (più avanti riprenderemo l’analisi dei numeri<br /><br /> (*) a e b, manca l’introduzione.<br />E' da rilevare che alcuni vocaboli indicano cose molto diverse tra loro e non facilmente collegabili. L'esempio più tipico è tinajn (tenajn) che starebbe ad indicare il rosario per la preghiera e/o piccola tenaglia, ma che talora s’incontra citato come "il grappino". Così anche cotizà-sistemare, ma anche defraudare; grià - aggiustare, ma anche imbrogliare, ecc. Come sarà apparso evidente, le etimologie in genere non sono facilmente individuabili e con una certa probabilità si dovrebbe cercarle in locuzioni dialettali delle zone viciniori. Sarebbe molto auspicabile che qualche studioso di dialettologia o di linguistica ne tentasse uno studio sistematico. Mi è sembrato, invece, utile far seguire a questo lavoro un piccolo dizionarietto, (certamente incompleto e sarà aggiornato ogni qualvolta arriveranno nuovi vocaboli), mutuandolo sia dal Manni sia dal dépliant curato dalla Piccinino e dall'Aghina: tra le tre versioni esistono alcune differenze d’ortografia e di fonetica. <br />Non va dimenticato, a tal proposito, che di questo gergo esiste e/o sono reperibili attendibili documentazioni scritte e, quindi, la trascrizione del linguaggio parlato non è semplice e si presta inevitabilmente a dissonanze ed errori. Infatti, il Manni fa un esplicito riferimento alla parlata massinese, la Piccinino a quella di Gignese e dintorni, si sono aggiunte naturalmente tutte le parole che ho sentito la prima volta da mia madre e dall’anziano amico "il Tunin" Brisinese ( Urckin) che hanno avuto la capacità di appassionarmi e trasmettermi la loro conoscenza el Tarùsc. Mi è sembrato in genere preferibile seguire quest'ultima, che coincide anche con lontani miei ricordi. Alcuni, forse anche molti dei vocaboli elencati nel dizionarietto, probabilmente non sono tipicamente Tarùsc, ma piuttosto del nuovo dialetto locale non mi è sembrato opportuno farne una distinzione, in quanto ho preferito evidenziare un quadro, il più possibile completo, del modo di esprimersi, di comunicare di questi emigranti che, ovviamente, usavano indifferentemente sia il proprio dialetto natio sia il gergo che si andava formando, contraddizioni. Non troverete tutto, ma un piccolo vocabolario con molte particolarità, la storia delle origini della lingua ed i possibili riferimenti. Il resto del documento, la storia di Brisino. Intanto che cos'è il Tarùsch. Una lingua dei nostri vecchi “si dice “ fatta rivivere dagli ombrellai dei paesi collocati sulle colline dell'alto vergante, in cerca di fortuna per l'Italia e nel mondo; un modo come riconoscersi e per non soccombere, mi sembra poco, voglio pensare ad una parlata locale che è stata cannibalizzata dal progresso, oggi chiamiamo globalizzazione.<br /><br /> <br />(*)<br /> Un esempio di vocaboli di uso corrente che talvolta si differenziano tra paese e paese o anche nello stesso comune. In fatti la parlata di Brisino è diversa da Magognino, di Stresa e di Massino il paese di mia madre.<br /><br />biròn zotico contadino<br />bacán Il non lusciát. Tutti quelli che non facevano gli ombrellai.<br />buzur Nel tardo 800’ era chiamato chi faceva il manovale.<br />agúzìn<br />gùzin l’usuraio Non c’è bisogno di commentare<br />rìbas no Un no irrevocabile<br />mager bello e buono Sembra quasi un complimento verso belle persone, bella magera, una bella donna<br />catúfíá prigione Si usa ancora oggi<br />minìn bacio Quasi una carezza non è mai un bacio appassionato ma dato tra parenti. <br />stafèl formaggio Dal tedesco<br />lúscà vedere <br />balmèla guardare Non riesco trovare un collegamento<br />barsèla negozio Tipica borsa a tracolla dei primi lusciát, con gli arnesi del mestiere.<br />bernarda serva Cameriera al servizio del padrone del paese un po’ come la perpetua del prete, t’zurla, <br /> Introdotta come un fatto tipico maschilista verso una donna disponibile.<br />tèfía gravida E qua non c’e nessuna differenza tra una persona e gli animali<br />marisca fidanzata <br />pisèla Scudo, Questa non fa riferimento a nessun dialetto dei dintorni <br />Carlin<br />schavatin Lira<br />calzolaio <br /> <br /><br />Norme per la corretta pronuncia del Tarùsc. ( da terminare)<br /><br />a, e, <br />con l’apostrofo a‘,e’ Viene inserita al posto della dieresi a,e, cambiata si confondono in una medesima pronuncia la¬biale che sta fra la a, é la e.<br />- u, <br />con l’apostrofo ù al posto della u con la dieresi, richiede una pronuncia labiale stretta come nella u dei lombardi. Manca nella mia tastiera la dieresi per la “u”<br />eu Come nell’eguale dittongo il dittongo francese, <br />- ^ accento Prolungato su di una vocale o, un dittongo. ^<br /> <br /><br />Es. Altri esempi<br /> t’s ed il t’z <br />1 Singolarità del parlare alto vergane è il t's <br />ed il t'z in principio di parola ad esempio, t'zuca (zucca).<br />2 Barsèla è la pronuncia taruscína Mentre Barsella rappresenta la corrispondente stesura italianizzata.<br />3 la terminazione del singolare Es. lusciát anziché del plurale del tarùsc.<br /> <br />Nota Abbiamo adottato la terminazione del singolare, lusciát anziché del plurale del tarùsc, luscièt per la ragione che, sulla bocca dei profani al tarùsc, è meglio compreso al singolare.<br /><br /> <br />Molti dei segni elencati non sono presenti sulla tastiera del mio computer.<br /><br /> Primo aggiornamento 1970.<br />Pronuncia e<br />grafica Le grafie delle diverse fonti utilizzate generalmente sono state semplificate ed uniformate. È stato usato in tutti i casi possibili il sistema ortografico italiano, integrato da alcuni segni diacritici per mantenere le varianti notevoli di pronuncia tra i diversi dialetti.<br /> L'accento (quando non indicato, in parole plurisíllabe, s’intende parossitono) è segnato grave (‘) sulle vocali, ma per e ed o si distingue tra accento grave (è/ò) ed acuto (é / ó) per differenziare an che il timbro, rispettivamente aperto (o intermedio) e chiuso.<br />e ( - ). a, o, ú Il trattino orizzontale sulla vocale segnala la vocale lunga (es.: a). La vocale nasalízzata è contrassegnata dalla tilde ( - ). a, o, ú, indicano vocale turbata; e; vocale evanescente; ì vocale dieresizzata, è la semívocale.<br /> Per le consonanti sono stati utilizzati i seguenti simboli fonetici:<br />- c' c dell'Italiano cena in posizione finale.<br />- c c dell'italiano cane in posizione finale<br />- g' g dell'Italiano gente in posizione finale<br />- g g dell'italiano gatto in posizione finale<br />- z z sorda<br />- z’ z sonora<br />- s s sorda<br />- s' s sonora (non si tien conto dei nessi automatici del tipo sb, sg, sv<br />- s^ corrisponde allo sc della grafia italiana<br />- z^ rende un suono simile a quello del francese j dí jòur<br />- t., d. Cacuminali.<br />- zh, dh Interdentali, rispettivamente sorda (come nell'inglese thing) e sonora (come nell'inglese that).<br />(es. s-c), (*) Altri simboli. Il trattino tra due lettere indica suoni separati (es. s-c). L'asterísco (*) precede forme etimologiche ricostruite, non attestate. Le traslitterazioni del greco, dell'arabo e di altri alfabeti non latini seguono le norme consuete.<br />Ordinamento alfabetico.<br /> I lemmi sono ordinati in sequenza alfabetica stretta. In particolare, quelli composti di e più termini sono considerati, ai fini dell'ordine alfabetico, come se costituissero una parola sola. I segni diacritici non incidono sull'ordinamento, per il quale, inoltre, la l'i la j sono considerate equivalenti.<br />Abbreviazioni.<br /> agg. = aggettivo; art. = articolo; avv. = avverbio; avverb. = avverbiale; escl. = esclamazione; fig. = figurato; imper. = imperativo; indef. = indefinito; inter. = interiezione; locuz. = locuzione; n. pr. = nome proprio; part. pass. = participio passato; plur. = plurale; prep. = preposizione; pron. pronome; scherz. = scherzoso; sett. = settentrionale; sf. = sostantivo femminile; sing. = singolare; sm. sostantivo maschile; sn. = sostantivo neutro; sostant. sostantivato; s.v., ss.vv. = sotto voce, voci; v. = verbo; var. = variante; verb. = verbale.<br /><br /> da aggiornare. (*)<br />Afèresi. Caduta di uno o più suoni all'inizio della parola.<br />Africata. Consonante che deriva dall'unione di una --- > occlusiva e di una--> costrittiva.<br />AggIutinazione Fusione di un elemento grammaticale (articolo, preposizione ecc.) nel vocabolo che segue.<br />Analogia Influenza esercitata da una parola sulla fori-nazione di un'altra.<br />Anaptíssí. Inserimento in un gruppo consonantico di una vocale.<br />Anomalia. Irregolarità delle forme dei nomi e dei verbi.<br />Arnifrasi. Figura retorica che consiste nell'usare una parola o un'espressione di senso contrario a ciò che si vuole dire realmente.<br />Antonomasia. Figura retorica che consiste nell'adoperare un nome comune in un'accezione particolare e universalmente nota, o un nome proprio famoso, per designare persone o cose che ne ripetano le caratteristiche.<br />Aplologia. Fenomeno linguistico per cui, in una sequenza di gruppi sillabici identici, uno risulta soppresso.<br />Assimilazione Fenomeno fonetico per cui si verifica l'adattamento di un suono a un altro che lo segue o lo precede.<br />Base. Forma linguistica che si ritiene originaria rispetto ad altre che la continuano.<br />Calco. Fenomeno linguistico per cui modelli lessicali e sintattici propri di una lingua sono limitati da un'altra.<br />Coronimo Nome di regione.<br />Costrittiva. Consonante la cui articolazione presuppone il restringimento del canale espiratorio e determina un soffio prolungato, più o meno vibrante.<br />Deglutinazione. Separazione di un suono originario all'inizio di una parola, avvertito come elemento grammaticale ( articolo preposizione eccetera, protonico.<br />Denominale. Verbo che deriva da un nome.<br />Dentale. Consonante articolata appoggiando la punta della lingua contro i denti.<br />Deverbale. Nome che deriva da un Verbo<br />Dissimilazione. Fenomeno fonetico per cui fra due suoni simili o identici di una determinata sequenza si verifica la tendenza a differenziarsi. <br />Enantiosernia. Evoluzione semantica per cui un vocabolo assume un significato opposto a quello etimologico<br />Epèntesi. Inserzione di un elemento non etimologico (suono o sillaba) all'interno di una parola.<br />Epitesi. Aggiunta di un elemento non etimologico (suono o sillaba) in fine vocabolo.<br />Interdentale. Consonante che si articola con l'apice della lingua fra gli incisivi superiori e inferiori.<br />Labiale. Suono che si articola per mezzo delle labbra.<br />Metaplasmo. Fenomeno per cui nel passaggio da una lingua a un'altra una parola cambia declinazione, coniugazione o, anche, numero o genere.<br />Metàtesi Mutamento all'interno di una parola dell'ordine di successione di uno o più suoni.<br />Morfema, Unità linguistica elementare fornita di significato, anche grammaticale.<br />Nasale. Consonante la cui articolazione avviene attraverso l'emissione di aria dalle fosse nasali.<br />Occlusiva. Consonante articolata con chiusura totale del canale fonatorio, cessata la quale segue un'esplosione dovuta all'improvviso espandersi dell'aria espirata.<br />Onomasiologia. Settore della linguistica che studia quali significanti o denominazioni indichino uno stesso significato.<br />Onomatopeico Relativo a un'espressione o a una parola che richiama in modo immediato un oggetto o un'azione imitandone il suono.<br />Palatale Consonante articolata facendo battere contro il palato duro il dorso della lingua.<br />Paretimologia. Etimologia apparente niente corretta, ma arbitraria in quanto priva di fondamento storico o scientifico.<br />Prefisso. Morfema (per lo più di origine Preposizionale o avverbiale) che si pone davanti a una radice o a un terna nominale o verbale, cori la funzione di precisarne o rafforzarne o, talora, anche capovolgerne il significato.<br />Pròstesi. Aggiunta di un elemento non etimologico. (suono o sillaba) all’inizio della parola.<br />Protònico. Relativo alla sillaba che precede quella accentata.<br />Retroformazione Formazione di una parola ottenuta da un'altra, a cui è stata soppressa una parte, per lo più il suffisso.<br />Sibilante Consonante nella cui articolazione l'aria espirata produce una sorta di sibilo o fruscio.<br />Sintagma. Raggruppamento minimo di elementi significativi che formano l'unità base e sintatticamente autonoma di una frase.<br />Sonora. Consonante la cui articolazione determina la vibrazione delle corde vocali.<br />Sorda. Consonante la cui articolazione non richiede la vibrazione delle corde vocali.<br />Suffisso Morfema che aggiunto a una radice serve a formare una nuova parola, coli significato specializzato.<br />Toponimo Nome di luogo,<br />Velare Consonante articolata toccando coli il dorso della lingua il velo palatino.<br /><br /> perché…<br />Peregrinando un po’ in tutte le direzioni, non solo i nostri lusciát riportavano ciascuno il proprio contributo all'accumulo del materiale greggio, ed in solidarietà, pur senza pianificazioni e pretese, collaboravano al formarsi del gergo proprio. Dico gergo, perché un fragile costrutto, per la sua artificiosità ed elastica convenzionalità, non può appropriarsi del titolo ono¬rifico di vera lingua. E' tuttavia sempre elemento di lingua viva l'ap¬porto che altre lingue, anche se in edizione vernacola, fanno confluire nell’eclettico nostro tarùsc. Come non mettere un pizzico di vanto anche in questo settore di lavoro ed attività vergatina. Anch'essa positiva non solo come aggan¬cio e come spinta reclamistica, ma significativo di una popolazione capace di rigenerarsi, inventando e creando nuovi mestieri. Un plauso al paese del rilancio o meglio agli or¬ganizzatori della reclame, a mezzo stampa, Musei e Convegni. A loro si deve se l'argomento è balzato in primo piano. L’inaugurazione del Monumento all’Ombrellaio d'Italia, in Massino Vi-sconti (sett. 1972), ha richiamato una piccola rappresentanza di vecchi Luscíàt ed ha fatto un pò di rilancio del Tarùsc come vernacolo di una categoria non del tutto tramontata.<br /><br /> Le parole si trovano raggruppate, secondo gli argomenti.<br /><br />Per i pronomi e gli aggettivi possessivi diventò d'uso il nome di Tona (ossia Tonio) prescelto fra tanti altri nomi correnti nell'uso comune vergantino.<br />1. Pronomi 2. Aggettivi possessivi<br />io el me tona (oppure brigàl) mio del me tona (oppure brigàl)<br />tu el teu tona tuo del teu tona <br />egli, ella el seu tona suo del seu tona <br />noi el neust tona nostro del neust tona <br />voi el veust tona vostro del veust tona <br />loro el seu tona loro del seu tona <br /> <br /> (*) <br /> <br />Bardasc e bardascia Figlio e figlia Questo vocabolo si trova anche in alcuni dialetti abruzzesi.<br />bernarda serva<br />(anche vagina) Si usava tal nome proprio, femminile, come già, specie nel milanese, si metteva in campo quello di perpetua.<br />cieusp o deèrbi vecchio padre Vecchio in genere, saggio<br />ciospa o deèrbia vecchia madre Vecchia in genere, saggia.<br />minu uomo (in genere), Suppone una certa reminiscenza dal latino homines (pl.) ed anche dello spagnolo hombre il quale pure significa uomo.<br />virlòn uomo-alquanto spregiativo La radice ci rimanda al latino vir (uomo) e la parola intera ci fa accostare allo spagnolo varòn (uomo). In it. diremmo: un pezzo d'uomo. Il tarùsc, che voleva evitare le cortesie, dava del " virlòn " ai contadini, comunemente detti, bacàn.<br />mazucà uomo sposato La parola potrebbe essere specificata la stesura riferita all'uomo che “l'ha metù su cà”, ha messo su casa.<br />l'ha metù su cà L’ha metù al sciucheta a partì (ha messo la testa al posto) Ma si può accettare il significato del ted. metze, " donna " cui uno si lega<br />mazucamént matrimonio <br />manija moglie (o donna in genere) Se il marito è la chiave per la porta di casa, la moglie però e la maniglia senza il cui ausilio la porta non si apre.<br />manìja téfia donna incinta L'aggettivo aggiunto fa delicato accenno al processo della maternità in corso, per il quale l’etimo fondamentale di teca e di tegia fa riconoscere un accostamento plausibile di " custodia " in grembo.<br /> Nel biellese si usa cieusp e specialmente cieuspa nel senso di spregio, applicato alle persone anziane della casa.<br />marasà bagnato Inzuppato <br />gjuméll <br />e <br />gjumèla figlio <br />e <br />figlia I figli non erano unici ordinariamente, e perciò ognuno nei confronti dell'altro poteva essere detto gemello o gemella, non per il giorno della nascita, ma per il vincolo dello stesso sangue e dello stesso grembo.<br />gnufèl ragazzo Il termine in genere, fu preso di sana pianta dal gergo piemontese.<br />gnufèla ragazza Ragazza da maritare<br />gnazi servo - uomo di fatica L'appellativo ha significato d’uomo che deve stare sottomesso ad altri perché non è in grado di districarsi nei lavori.<br /> <br />marish fidanzato Come nel nostro dialetto la parola ha deposto l'a iniziale dandoci gli aggettivi muros e muròsa, così è avvenuto per i suddetti due termini taruscini, i quali stilizzano per qualche dialetto d'arca teutonica<br />marisha fidanzata <br />ormòna elemosina Cercata dai mendicanti e/o accattoni<br />bèrgna<br />sold denaro E' termine molto in uso in Alta Italia, ma suppone un etimo ted. Quale in berechnen, (calcolare).<br />brisòld ricco Il suffisso sold è ben esplicativo. Penso che la h iniziale fosse in partenza una t, facendo leggere trisold: e nel nostro dialetto dire che uno aveva tri-sold, significava definirlo un riccone Tenendo presente il ted. Brieftasche (portafogli) ci si sente pure instradati.<br />trisold ricccone <br />schèj (pl.) soldi<br /> E' termine veneto che i lombardi hanno mutato in ghèj. Il tedesco chiama schein o scheck un biglietto (assegno) di banca.<br />pisèla lira Nel nostro dialetto il termine significa taccola (di piselli) d'uso corrispondente a quello delle cornette dei fagioli. El teu tona gh'a pisell<br />ruff fuoco E' del puro gergo pedemontano. Il lat. rufus, significa rosseggiante (come la fiamma).<br />tánajìn preghiera o rosario <br />le " tanaje " mandibole<br />tenaglie Sono le mandibole: e pregando si mettono in azione a mo - di tanaja e tanajin<br />squadràs confessarsi Alla buona confessione è connesso un buon esame di coscienza che è come uno squa¬drarsi o inquadrarsi.<br /><br /> <br />crugia e/o crogia casa (o paese nativo) Fa pensare subito alla culla. Altrove si dice la, e questo aiuta meglio a capire che si accenna al sito più ritirato della casa, dove sta la culla, entro la quale si crugia (nell’alto vergante) l'ultimo nato. Per antonomasia si intende tutta la casa, anzi tutto il paese. Non siamo neppure lontani dal ted. kushee (letto, cuccia). Alla crugia correvano i pensieri più teneri e nostalgici dell’emigrante (dell'ombrellaio ) lontano.<br />crugìn casetta La casa dove abita tutta la famiglia, patriarcale.<br />magiurénk (ed. la crugia)….., Capo della casa. Il termine è di sapore latino (major) e di consonanza tedesca<br />patin letto Permette di fare riferimento al ted. patte (risvolto) oppure può essere riferito al Fr. patin (tavolato) col senso che ha nel gergo militaresco.<br />buscàu cesso Il tedesco busch significa " cespuglio " e ricorda il nostro dialettale buscòn, che, per l'ambulante, era il più naturale facile nascondiglio per la bisogna. Passò ad essere chiamato così anche il piccolo recesso della casa.<br />cubià dormire Siamo sulla scia del latino che ha il verbo cubare (dormire) e cubiculum (camera da letto).<br />el cubi posto da dormire Letto, fatto di fieno, in cascina<br />ghèna sghèusa fame Il franc, ghène accenna al vuoto (qui ci si riferisce a quello dello stomaco).<br />morchì mangiare Con lo stesso senso è parola corrente del gergo piemontese come quella di morsiè ossia morsicchiare del pane.<br />picinà mangiare Picinà nel senso di divorare in fretta e fino in fondo quello che i ha, si trova anche nel nostro gergo. Nello spagn picàr significa " beccare "<br />taréf bacato, tarlato, impuro agg. dall’ebraico tàrèph, sbranato dilaniato, poi cibo vietato, carne non macellata secondo il rito, o di animale infetto<br />traùna chiave Anche in senso metaforico, risoluzione, sesso<br />sbarlì morire Forse la parola fu mutuata dal dialetto piemontese e sembra che possa ricordare verbo italiano sbarcare sternità sulla sponda dell'eternità.<br />sbalugià rovesciare gli occhi Comunque il nostro gergo ha il termine sbalugià che significa " rovesciare gli occhi. Dal canto suo il ted. ha il termine sterben (mo-rire)<br /> Questi richiami valgono anche per la parola seguente.<br />sbarliosa <br />sbartiosa morte Avvertimento<br /> Interesse<br />lì lì per sbarlì agonizzante Avvertimento di morte, usato ancora oggi nel nuovo dialetto.<br /><br /> (*) Da aggiornare.<br />Mancono e saranno inseriti, quelli del contadino, del falegname, del carpentiere, del muratore, del insaccatore, del macellaio e di alcuni mestieri del 700 e ‘800 ecc..<br />bals setaccio Ha dato origine alla denominatone di balsè applicata all'ombrellaio, il quale vendeva e riparava anche i setacci. Etimologicamente Può riferirsi all'italiano sobbalzare balzellare come fa la farina quando viene setacciata<br />maga pentola In Valsusa un pentolino è la mària In ted. magd è la sguattera e magen significa " stomaco " al cui servizio è diretta la pentola.<br />smèssar coltello Ripetono bene il ted. messar (coltello).<br />smessarinn coltellino <br />rémul cucchiaio Grazioso il riferimento al remo, la lunga pala che viene azionata dal barcaiolo.<br />trént forchetta Oggi la forca per girare il fieno e/o il letame.<br />ràta<br />cuol Legna<br />carbone Rata per i vergantini è il rododendro, quindi ogni ramaglia per il focolare. <br /> Da aggiornare<br /><br />cafana cascina fienile L'italiano, capanna spiega la dicitura taruscina. Ma per l'ombrellaio la parola vuol precisare che gli interessa solo il fienile, dove potrà tuffarsi per i suoi riposi. Lo spagnolo. ha chapuzar (tuffare) ed il ted. kafìg (gabbia).<br />majulèra stalla <br />majoòla mucca Il dialetto vergantino offriva già al tarùsc il termine manzòla (giovenca).<br />légar<br />rigorda fieno<br />terzo fieno E' difficile orientarsi per una etimologia che soddisfi a meno di pensare all'ultima parola d'una frase che il lusciát doveva pronunciare spesso, quasi padroneggiandosi davanti al sacrificio di dover dormire entro una tana nel fieno: " Ghè be" da" sta lègar ". Un poco persuade anche il ted. legen (mettersi giù a dormire).<br />frisa paglia La paglia schiacciata può ben essere asso, migliata alla frisa (nastro). E' da ricordare anche l'it. frisare ed il fr. frise (fascia).<br />sgarbanta gallina Le abitudini della gallina, specie se essa gira in libertà, è quella di raspare continuamente in terra.<br />raspánta <br />kasér di sgarbant gallo <br />sgarbantin pulcino Talvolta su usava anche per i bambini<br />sgarbantusc pollaio <br />tabù o tabù cane Sembra un’abbreviazione d'una forma dialettale: Un tè ca buja "un cane che ab¬baia.<br />krúgia del tabu cuccia del cane Tabu sta per cane.<br />muss gatto E' la cosa più strana del tarusc, che il gatto i sia chiamato col nome della sua più ghiotta preda, il topo. Infatti, mus in lat. Significa proprio " topo " A buona giustificazione si può pensare al francese arcaico se musser (nascondersi), oppure a muser (oziare).<br />elusa capra Altra stranezza in campo zoologico. Verro in italiano è nome assegnato al porchetto; però l'it. arcaico dava a verro il significato generale di " maschio " applicabile anche al capretto.<br />verr capretto <br />burùcc agnello Agnellino, agnello.<br />burùcia pecora Pensiamo alla variazione avvenuta su bérruccia.<br />bèruccia da bèra beura Nel dialetto moderno beura è precisa¬mente la pecora.<br />beck caprone È comune a molti dialetti.<br />vasciagh maiale Oh, ci voleva anche la quarta stranezza! Eccola! Da váche (la vacca in francese) è venuto fuori il maiale. L'italiano. ci accosterebbe solo al “ vaccaro " che solitamente custodiva non solo vacche, ma anche maiali.<br />jébul cavallo <br />karren carretto Un richiamo ad una probabile etimologia ce lo offre il tedesco schecke (cavallo).<br />karren cum jébul carro e cavallo Oppure cavallo con carrozza.<br />árbigh asino <br />arbigon mulo <br />mursèll (pl.) pidocchi Il povero lusciát ben ne conosceva il " mor¬so ".<br />sautaréj (pl.) pulci Inafferrabili per la loro abilità nel saltel¬lare. Ricordare i dialetti sautà e sautaréll.<br /> <br />culubijn caffè Nel dialetto locale culòbia è l'insieme dei co¬laticci di cucina destinata al truogolo del maiale.<br />culubijn cum milk <br />o lacch caffè e latte Potrebbe derivare da Colombo scopritore delle Americhe. Il lusciat si esprime in senso spre¬giativo verso il caffè, certo riservando le sue preferenze al vino. Nel patois francese si¬gnifica cosa liquida che cola. (Coualant come liquida)<br />élban uovo Sembra di provenienza tedesca, attraverso a qualche forma dialettale: infatti, il ted. hellen significa "guarire ": ed heizen " scal¬dare " E poi hiezen ball. non potrebbe avvicinarsi al senso di " palla scaldata "?, che sarebbe proprio l'uovo scaldato. I vecchi lusciát mi ricordano la mania dei garzoni di rubare uova, nei pollai e sui fienili, e, si sa il rubare in ted. si dice anche heisben. Accetti in ogni modo chi vuole.<br />élban cum lorgnu zabaione Frullata d'uovo con vino<br />gèrb pane, Facile il raffronto con il francese gèrbe (covone di grano).<br />gèrb cum milk pane e latte <br />milk latte E' pure termine inglese.<br />milkessa o milkana quagliata Il nome stesso dice che si tratta d'un succedaneo <br />del latte.<br />molina o mulina farina Si pensa naturalmente al mulinare della mola nel metodo antico dei mugnai.<br />turnèla polenta Ouest'altro grazioso termine ci fa rivedere le massaie d'un tempo che ogni giorno giravano, ossia tornellavano col mestolo di legno, la profumatissima polenta che andava. -cocendo nell'apposito paiolo di rame. E’ bene rammentare il Fr. tourner (girare). <br />mosa minestra Oltre che minestra doveva Indicare qualunque cosa preparata per il pranzo o la cena, come in linguaggio militaresco si dice " supa " o " rancio " la distribuzione del giorno, sia brodo che minestra, ecc. La parola è di conio taruscino, però con reminiscenza nordica; infatti il ted. mus significa purea o marmellata.<br />jénk riso <br />pastòn risotto Chiara la significazione di riso asciutto che (passi il paragone), un poco si assomiglia al pastone delle galline.<br />sapeta michetta Pensiamo al piccolo, lusciát in erba che, come, già in famiglia, sminuzza la sua michetta e coi pezzetti tra pollice ed indice, zappetta o zaffetta anche lui, a gara col suo padrone, nel tegamino, dove è stato cucinato qualcosa per " tramlúra " (pietanza).<br />tramlúra pietanza Ci darci il significato di spezzatino, di " carne tramlàa ", ossia spezzettata.<br />varna o varnera carne <br />in genere O c'è stato qui un ricamo sul termine verro (porchetto) con una flessione in varnera e, oppure c'è qualche reminiscenza dialettale tedesca.<br />varna cum cartòful carne con patate Stufato con patate<br />tràmpul salame Nelle zone agricole i maiali venivano allevati in tutte le famiglie e macellati per il loro uso e consumo. I salami freschi per un poco di tempo venivano appesi a delle stanghe di legno, onde, se toccati, dondolavano: di qui il senso di “trampolar”, ossia " barcollare "vasciágh - maiale o carne di maiale. Se non fu desunto da un nomignolo interessante i Vacciaghesi, non saprei dove aggrapparmi per una etimologia<br />cartòful pl. patate Dal tedesco kartoffeln<br />buréj o burlagh pl. fagioli Vi è una varietà di fagioli dialettalmente noti proprio sotto il nome di burlot o barlágh. La radice richiama alla proprietà del burlà (rotolare).<br />stafél formaggio E' termine del dialetto biellese e valsesiano per indicare un formaggio scadente, tipo il " vaciarin " Pensare al ted. steifan (= indurire).<br />nusucc olio di noce (od olio in genere)C'è nel dialetto vergantino la stessa parola per indicare il residuato, pressato in pannelli, dopo compiuta la pressione della massa dei gherigli delle noci, sotto il torchio<br />vuncin burro o qualunque condimento grasso, oppure sporchino<br />tàfiòla castagna .<br />garbia uva .<br />risìva insalata Mi sembra logico pensare la rizziva, dall'it." indivia " e " rizza “ delle insalate<br />gravisna sigaro E’ detto gravisòn il torsolo del granoturco: chiara è la sua rassomiglianza coi primitivi sigari del Piemonte. Si può pensare anche ad un surrogato del tabacco, che per i poveri lusciát poteva essere trovato nei cosiddetti barba del granoturco.<br /> <br />arcunimenta vestito Il tarùsc suppone della fantasia, quale ha messo qui, ad esempio, per modulare con una finale di stile spagnolesco, l'it. arca (cosa che racchiude o che archivia).<br />arcunimenta cum lusnéj abito con buchi Si usa ancora oggi per gli abiti del prete.<br />slandrina camicia L'it. palandrana (vestaglia), se al diminu¬tivo, offre una buona indicazione, mentre il dia. slandra ha significato spregiativo per la donna.<br />cravatisna cravatta <br />macareu e macarrulinn fazzoletto <br />sciarbetul pl. scarpe La parola non è ostica per l'Alta Italia, per¬ché essa stilizza con molti dialetti, presso i quali c'è (plur.) <br />sciavàtul e scavàtt borsellino o portafoglio<br />stranscètt (pl.) calze <br />batagìn orologio Allora d'orologi v'era solo quello da tasca assicurato con una catenella, per cui se sfug¬giva dalla tasca penzolava come un piccolo <br />bátàcch batacchio quello della campana, ma anche tontolone.<br />la brìa catena la catena dell'orologio<br />batènt ora Pochissimi possedevano un orologio: perciò a regolare le ore era il bastone della campana più grossa. Es. " Sgrifia batént " ore 5).<br />rabatìn rivoltella Qualcuno forse teneva seco anche questo capo di corredo. <br />rabatin bimbo Rabatin in Tarùsc è anche un bimbo, piccolo di statura, ma vivace: arzillo e sicuro di sé, era l'ombrellaio che era munito, di quell'oggetto (fuori legge), ma è pure logico agganciarsi al franc. rabattre …. spianare o umiliare... un assalitore).<br />rabatìn Il malessere Le conseguenze di una forte bevuta, del giorno dopo.<br />pata e patin L’apertura dei pantaloni <br /> Uno degli argomenti molto difficili degli ultimi due secoli.<br /><br />sciuchèta testa Forse c'è sempre stato nel linguaggio uma¬no un accostamento tra testa e zucca.<br />chèja barba Sembra di fabbrica lusciatica,<br />mòcul naso Ci tiene in argomento l'it. muco nasale, op¬pure il comunissimo moccolo, ossia un piccolo rimasuglio. d'una candela gocciolante. Nel nostro gergo si dice, " candela " il muco colante dai nasi... infantili<br />smorfia bocca <br />grinta<br />ghigna faccia Smorfiosa - si trova anche nel dial. piemontese: è bene pure ricordare il franc. grimace (smorfia).<br />svéntul pl.. orecchie <br />Lusnéj pl occhi Il dialetto lús (luce) ha imposto il nome proprio agli organi della vista, ed ha messo in uso il verbo lusnà (guardare).<br />gárgánta gola C'è proprio la stessa parola nello spagnolo.<br />lézar capelli Della testa - E' evidente la sua derivazione da un termine francese, un po' antiquato come senso, un po’ antiquato come senso, lézardes pl., che significa peli.<br />lézardes pl peli Che significano i peli del corpo.<br />grapèll al sing, grapèla aggrapparsi grappare Anche i pupi sanno mostrare per quale servizio il Creatore ci ha dato le mani.<br />payarinn seni Bizzarri al il termine, di gergo, ricorda le rotonde pajarine, cataste di paglia, che, lar¬ghe alla base, si restringono verso l'alto: anche il palo che fuoriesce in cima completa quella forma che vorrebbe costituire una certa rassomiglianza con i sopraccennati ele¬menti fisici della donna, i capezzoli.<br />scatell pl ormoni Dal tedesco schachtel, scatola. Testicoli.<br />bèf natiche- sedere Si è andati assai lontano, in Inghilterra, per trovare un termine che velasse l'accenno un po' volgare della parte più carnosa del corpo umano Beef in inglese significa appunto. " carne ".<br />salvarégia gobba Nel nostro dialetto régia vorrebbe essere il cerchio di ferro che tiene insieme le doghe della botte, la quale fa gobba esterna nel mezzo. Sembra così, di poter rassomigliare la schiena d'una persona gobba alla botte e sembra pure che sia una regia, che salvi la gobba da uno sfasciamento<br />sciarabòch cieco Non vede un buco<br />slusciá o sluscinà urinare Da pioggia.<br />lirba o vaina sterco Di animali<br />tarir marchio Marca di fabbrica: Made in Taruscionia Però, senza saperlo ci si è trovati in linea col verbo francese tarir (venir meno, illanguidire).<br />tarèf ferita o malore <br />caudignenza gran caldo Afoso ed umido, gran caldo estivo.<br />brédul freddo e freddoloso E' una variazione di frédul, parola dialettale, forse del Piemonte. In Valsesia si dice bréviu (infreddolito).<br />intrucà infettato Uomo rimasto intrugliato, infetto di malattia venerea.<br /> <br />in fund del pian (agg.) fiacco, sfinito Malinconico, di ma¬lumore, depresso<br />bià bùsc senza forze Anche nato stanco.<br />biosma<br /> febbre o malessere Senza precisare da che provenisse: influenza bronchiale, polmonite, reumatismo, renella, ecc.<br />sbrugnàs farsi male <br />patì la china patire la fame <br />lòfia Rabbia brutta Da non poterla vedere.<br />balènk (agg.) mattoide Una persona inaffidabile<br />stanscià magér essere allegri star bene<br />bàta l'armòna fare l'accattone Barbone, senza casa <br />luzòn poltrone Nessuna voglia di lavorare, mantenuto.<br />ramelàa su la scluchéta legnata in testa <br />smèssaràa coltellata <br />tafón pugno schiaffo Schiaffo che fa rumore.<br />sciarbàtulàa pedata Nel sedere<br />squita paura Da squittire, che fa anche stridere i denti.<br /> <br /> <br /><br />Kasér del rundél Dio Il Padrone del mondo<br />Gran Kasér di t'zurla Il Papa Il capo della chiesa<br />Cardinalisna Cardinale <br />Kasér di t'zurla Vescovo <br />t'zurla<br /> <br />t’zurlon prete parroco <br /><br />un grande prete Questo strano termine, quasi certamente fu assunto in zona degli Stati Pontifici (compresa la Romagna), dove al principio del secolo scorso era Vicario (di Stato) il Cardinale Zurla, il cui nome certo correva sulla becca dì tutti gli amministrati, forse in senso irrispettoso.<br />kasér padrone Si faceva leva sul ted. Kaiser (imperatore).<br />casàca gran capo <br />casaachìtt sudditi d'un re <br />kasér di kasér re <br />kasér di majurenk prefetto <br />maijurénk di stringon autorità Maresciallo dei carabinieri, Massima autorità sul territorio.<br />strigòn o ligùscla carabiniere <br />propost guardia di finanza O raccoglitore delle imposte, un tempo la gabella.<br />aba capo Dal piemontese.<br />kasér èd la bòla sindaco Massima autorità eletta dal popolo.<br />bulon città <br />buia o bòla paese <br />bòla di t’zurla Roma Città del papa<br />bòla del Tor Torino Capoluogo di regione<br />Carscianese Cittadini milanese<br />Càrsciàn Milano Non si comprende l’utilizzo per una grande citta il nome di una frazione di Stresa.<br />Màrgùzzeu zona del<br />Mottarone Mergozzolo è termine geograficamente ormai caduto dall'uso corrente; significava la zona volta a mezzogiorno che abbraccia tutte e pendici del Mottarone, dalle varie cime fino alle rive del Lago Maggiore, da Feriolo fino a Meina. L'antico nome potrebbe essere stato: Mergozzolo: e questo, a sua volta, da un più chiaro Meridio zolum col significato di "suolo esposto a mezzogiorno”.<br />lavagion Lago Maggiore In altri luoghi d’Italia il termine è entrato in gergo per significare un fiume, che nelle piene (alluvioni) certo “lava bene” le proprie sponde. Più raramente è usato per acque ferme o di lentissimo corso come quelle che lentamente scorrono nel lago, battezzato in linguaggio taruscino proprio con quel termine.<br />vergaànt vergante Ha una portata di estensione inferiore al Mergozzolo. Derivò dai participi latini vergens, vergans o virgens. Proponendo per primo ,vergens ossia che si svolge, esprime la sua reale estensione di declivi vertenti a mezzogiorno ossia esposti al sole d’ogni stagione.<br />ul balabiutt ballare nudo dice "fà mìa ül bälabiütt" non ballare nudo, non fare il matto.<br /><br /> Da inserire il commento. Va abbinato con il resto dei lavori allora conosciuti.<br />artùsc mestiere Dice una variazione di arte e artigiano.<br />biijèta soldato E' preso di pianta dal dialetto piemontese.<br />barusciàt berrettaio,<br />cappellaio. <br />blachèja barbiere Poichè blà vuol dire « fare» e cheia vuol dire «barba»resta ben definita l'opera del barbiere<br />biasìna sarto <br />brusapignàt cuoco Il mestiere, con una sola parola, è magnificamente inquadrato.<br />blàsciarbétul ciabattino “blá” (fare) e sciarbótul (scarpe).<br />mulità Arrotino<br />bùsé oste<br /> Il nome è legato al locale dove si esercita il mestiere. Infatti, l'osteria è la buséra, che trae la radice dal franc. bussard (barile da liquori). A meno che si voglia pensare al dial. bús o búsa, ossia « taverna ».<br />blàscjubls Maniscalco Chi ferra i cavalli <br />blàscfer Fabbro Chi tratta il ferro <br />el ruger Stagnaro Riparava le pentole<br />garbúsa<br />garbusàt garbùse Cestaio, cestaio di vimini Da radice it. gerba, ossia « giunco», la materia prima del cestaio, detta meglio vimini o salici.<br />sbrùgna, sajócul piccapietre Da sbriigná (spaccare) e sajócul (sassi).<br />kasér dí majóì pastore, vaccaro Dal tedesco<br />lìgnamè falegname a.v.<br />pilusàt pescatore Da pilùsa. (pesca) e, questo dal verbo franc. pillier, che significa «gettarsi addosso a qualche cosa, fare a chi può prenderne di pìù: questo è il mestiere del pescare.<br />denciòn o sbagin avvocato Uno che mangia, <br />sbrugnabácán medico Medico<br />sbrugnaniaffl macellaio <br />scárabucìn scrivano Da scarabocchiare su carta e registri.<br />murselàt pidocchioso (accattone) Derivazione da mursèll (pidocchi).<br />munell ladro Significato dell'it. monello è stato perciò ben ridimensionato e ricaricato dal lusciat.<br />lignamèe falegname Uni che lavora il legno<br />tulee lattoniere Anche idraulico<br /><br /> Il centro di tutto il discorso, genti migranti per secoli si sono inventati i lavoro per sopravvivere al completo disinteresse delle stato centrale, in questo caso delle case regnati di turno.<br />L'apprendista, un ragazzino di sette, otto anni, il giorno di Capodanno, sulla piazza di Carpugnino, veniva affidato dai genitori agli artigiani ambulanti, sperando che avrebbe imparato un mestiere. "Al prumm dal lungon a Carpignin, a truà l' Casér senza an bergnin". "Il primo dell'anno a Carpugnino, a cercar padrone, senza un soldino" recita l'epigrafe posta nella piazza di Carpugnino. Molti fecero fortuna e molti vissero una vita fatta separazione dalla famiglia, di notte nei fienili, di freddo e fame. Il padrone provvedeva in tutto all'apprendista che al grido di "Ombrele!.. Ombrelé!" imparava a riparare e a costruire un ombrello. Al ritorno a casa, a Natale, come compenso, se il ragazzo era stato volenteroso e si era dimostrato abile, un paio di scarpe e un ombrello di seta Gloria e poi di nuovo in giro.<br /><br />Umbrelé<br />od umbrilàt da ombrello e ombrello dal lat. umbracuIum, cosa architettata per far ombra: non aveva riferimento alla pioggia); balsé, o da « bals », che è il setaccio (articolo, pure curato dall'ombrellaio) oppure da barselé (l'uomo dalla barsella), abbreviato in balsè.<br />umbrelé ombrellaio così nel Milanese e nel Veneto.<br />umbrilàt o balsè “ così nell’alto Vergante<br />lusciàt così nel Tarùsc o gergo della categoria<br />bacàn manovale lavoratore di paese<br />bacagn Mano d‘opera,<br />contadini Tutti i forestieri, non brisold, cioè non ricchi, per il lusciat erano da considerare bacagn, specialmente i contadini.<br />sciuchitòn tedesco (testone) Quanto a testa (sciuchéta) il tedesco era ben duro, quindi sciuchitòn.<br /> braghìna svizzero<br /> La foggia delle brache, dava ragione a tale nomignolo.<br />brùchèja francese Se cheja è la barba, i francesi sono i brutti barbosi.<br />Puriàn<br />taròn meridionale napoletano, o tutti quelli che abitano dal Po in giù. Penso che la vera denominazione, intenzionalmente voleva essere quella di puritani, che aveva il senso di « eretici », come dire « non cristiani ».<br />carscianes milanese <br />sbagìn ebreo La parola ha significato ben ironico: infatti, sbagià nel nostro dialetto vuol dire « sbadigliare »... per la fame. Eterni sbadiglioni, bramosi di denaro, gli ebrei... e tutti gli avari<br />sciuvéra gerla Barsella ( borsona, portata dietro le spalle) dei primi tempi<br />bersèla o crica barsella La qualifica di “cricca” è dovuta al barcollare continuo del carico sulle spalle dell’ombrellaio in marcia. E « sciuvéra » fu il gerlo usato dai primi ombrellai per portarsi intorno il loro carico d'ombrelli e arnesi. Era simile a quella gerla usata dai garzoni dei fornai, per portare il pane a domicilio.<br />òn ornbrello rotto Lo spagn. ha l'agg. rajà (spaccato) ed il franc. il verbo rallier (motteggiare). Qui sarebbe l'ombrello rotto che attira i motteggi.<br />balmèla negozio<br /> Nei dialetti delle valli alpine balna è un incavo sotto la roccia sporgente, quasi un riparo a tetto. L'aver posto il piede fermo in un negozio proprio (balmèla), segnava per il lusciat un principio di fortuna<br />balósegna giornata Ha senso piuttosto euforico: Ho fatto una buona giornata; ho lavorato bene.<br />chèifàn accorto, capace Era una delle qualità connesse col mestiere Il tarùsc ha attinto dal ted. cheifen il significato di « buon strillone ». La qualità principale dell'ombrellaio che batteva i mercati era infatti quella di saper « incantare » la sua merce, dapprima strillando forte<br />tirchis furbo (in senso di tirchio) Il termine, all'apparenza, sembrerebbe friulano<br /> Da triminare.<br /><br />sápitt (pl.) i ferri del mestiere Oltre alla barsèla il nostro lusciat aveva a tracolla la borsa di sapitt, che consistevano nei ferri del mestiere.<br />Iusúra (sing.) forbici <br />martilinànza martelletto <br />sbùsignànza punteruolo <br />ràmin filo di ferro Un tempo veniva utilizzato il rame<br />tulina latta <br />tulat lattoniere <br />flignànza refè refè di seta o di cotone<br />tacugnànza pezze pezze (avvolte a rotolo)<br />tàcòn pezza ritagliata a cerchio di circa 15 cm. di diametro, forata al centro e poi infilata in cima al bastone cucita e trattenuta da la<br />caplèta cappelletto cappelletto metallico (da fissare con un chiodino) <br /> Quando si doveva fare tale riparazione al vecchio ombrello si diceva che bisognava,<br />fágh el bàrùsc ossia metterci quel cappellino <br />ragozz bacchette dì ferro <br />ramél bastone di legno dell'ombrello<br />ruchèt manopola <br />apréntis molla a scatto Fu introdotto un po' tardi questo congegno di pronta apertura: per la chiusura ve ne era un altro detto..<br />Vélox scatto di gancio molletta<br />Rítúse ombrello di seta <br />lùsela in fùnd del pian ombrello molto rotto A toccato il fondo<br />lùseia sbrugnàa ombrello con strappi <br />lùscia cu <br />lusnéj ombrello con buchi <br />cusisnà ricucire, rattappare <br />shidulà lavare <br />grià aggiustare in genere <br />la bálzána fine stagione Questa era cominciata magari assai bene,era proseguita con la speranza d'un buon incalmòn (guadagno), con una certa abbondanza.<br />bazéfla abbondanza Si può ricordare l'it. « a bizzeffe ».<br />in fúnd del pian fallimento<br /> Questo poteva succedere per una malattia, ovvero per un tradimento o per un furto, o per contestazioni ingiuste. Ne nasceva facilmente una lite che magari faceva entrare in campo i denciógn (gli avvocati).<br />maréta lite (guerra) Al dissesto, alle volte, contribuiva l'andamento della stagione, secca in doppio senso, con siccità nell'atmosfera e nelle... tasche. <br /><br />caudignenza ossia del gran caldo... La colpa non era tutta del sole perchè nei mesi della... si poteva rifarsi con un altro articolo, succedaneo<br />lúscìn parasole<br /> Oppure si poteva fare qualcosa anche in un'altra partita, per esempio quella del....<br />crispin ventaglio o del <br />bals setaccio <br />montris sole Il bel tempo, caso mai, favoriva i lavori ed i raccolti lassù sui pendii del Vergante. Montris potrebbe essere una delle parole sfornate dalla zecca taruscina, non avendo essa riscontro con alcuna etimologia estranea alla parlata dei lusciat.<br />lusènta luna Risplendente, aiutava i viandanti.<br />luséntin (pl.) le stelle <br />sciavàt portafoglío Siccome era fatto di cuoio, non gli disdiceva il brutto nome di ciabatta. Restava sempre la cassaforte del lusciat.<br />ràta roba(merce) In magazzino <br />lràtùsc <br /> seta Se non era di buona qualità la seta s'arricciava e diventava rituscìàa.<br />ruvina bícicletta Ha modificato il trasporto, non più a piedi.<br />ruìánt carretto Il trasporto tradizionale nelle campagne<br />rulanta auto Sconvolge la vita delle campagne<br /><br /> per sopravvivere ai balzelli, tasse ed ai ricatti.<br />luscì<br /> piangere E' il primo verbo che il ragazzo, lasciando la casa e la mamma ha imparato a coniugare. Da la pioggia (lùscia) è facile il passaggio alla pioggia di... lacrime.<br />t'zùfàj prendere le botte Anche questa brutta esperienza ha accompagnato per anni ed anni l'apprendistato del duro mestiere. Può aver preso il senso da azzuffare. I nostri dialetti dicono suonarle. L'etimologia ci riporta alla lingua ted. ed avverbi fassen e zùfasser (prendere).<br />t'zùfà prendere botte<br />varlér o farlér Busse, <br />Incalmì capire o incassare La derivazione non la conosce neppure un vero lusciat. Ma per il senso di incassare è chiara la provenienza da (in) colmare la borsa.<br />incalmòn guadagno Incasso<br />caramíà o <br />caramelà discutere o <br />cantare Se vogliamo incomodare il greco, troviamo melos canto, oppure pescare nello spagn. caranúllo zuffolo. Nel nostro dialetto c'è caragnà, piagnucolare con cantilena.<br />ficà da lovigh marinare da andare, scappare, il senso di scappare è quello che piaceva ai piccoli garzoni, per andare a giocare, con i nuovi amici, oppure lo scappare via da un padrone duro e cattivo.<br />spafinà giocare Il giovane si divertiva a suo modo ed il lusciat, arrivato alla sua forma, volentieri Spatinava a buribim, a bocce. L'etimologia ci assicura una parentela col verbo ted. spassen, burlarsi, divertirsi.<br />carucìn fante otto<br />manija donna nel gioco a carte, pilòzz<br />màgutt manovale uno che non sarà mai operaio.<br />kasér re Padrone assoluto<br />grià fregare Il doppio senso è evidente, fregare per lucidare gli oggetti, è fregare per imbrogliare i clienti. L'operazione del lucidare produce il verso dei grilli (grìj): quella ai danni dei clienti è espressa bene dal verbo franc. griller (arrostire, ai ferri) o fors'anche dal sost. ted. griff (colpo mancino).<br />cotizà defraudare Da cotizár (spagn.), come dire defraudare di una certa quota<br />ruseà o rùscà lavorare forte la parola è comune nel gergo piemontese, ma fa supporre una provenienza da area tedesca. Infatti ruschen significa «schiena», la più impegnata nei lavori faticosi e prolungati.<br />rùsch lavoro rude <br />ruscadór gran lavoratore <br />carpì rubare Il termine è dialettale ed italiano insieme: carpire.<br />schijà pagare siamo in dialogo coi veneti, per i quali sappiamo cosa siano gli schéj.<br />el metona làsa stanscià io lascio andare l'affare Perdere un provento<br />smena o smina perderci E' un leziosismo lombardo<br />sgurà vendere Dar via, riuscire comunque a vendere a dispetto del mercato<br />bulàIa vendere vendere un primo capo Il termine è nel dialetto nostrano.<br />tramlà o tramià affettate Una certa parentela deve esserci stata con l'it, tramischIare e il franc. antremèler, tutti con senso di fare una mescolanza dopo aver tagliato e sminuzzato. Vale per la cucina soprattutto, dove tramlura vuol dire «pietanza». In gergo taruscino aveva il senso di ritagliare pezzetti di stoffa o di latta.<br />stanscià stare Con leggera variazione di senso sull'it. stanza e stanziato (dimora stabile).<br />stanscià da <br />lovigh Trovarsi lontano Per almeno un anno<br />ravaità Girare, per il mestiere Su sfondo dialettale piemontese, la parola era usata come definizione del mestiere stesso dell'ambulante: « el lusciàt cà ravàita ». La radice rav suppone moto in discesa e quindi crescente<br />luscà Vedere Come fu detto degli occhi, anche questo verbo ha la sua radice etimologica nel latino lux.<br />blá fare Fabbricare<br />disbalà dire Annunciare<br />disbalua chiacchierata Va bene qui ricordare(sballare), ossia dare il Fr. deballer ad una notizia. Ma la radice è delle lingue neolatine: ricordare il discorso.<br />tapà<br /> parlare con vigore L'etimo l'abbiamo nel francese tapage (schiamazzo : l'estensione di significato è da attribuire ai nostri taruscianti.<br />tapà rIbas non parlare (tacere)<br />tarunà o strilà parlar forte Sembra di sentire qualche eco del tuonare<br />Infatti il dialettale trunà, passa per l’inserimento di una a “tarunà”<br />traunà chiudere si può far richiamo all'it. intravare, infatti molte porte un tempo si chiudevano dal di dentro con un travicello trasversale. Un supposto travunà, perdendo la v, è diventato un traunà<br />sluscià piovere o orinare Se lùscia è la pioggia, significa piovere. Non ha il merito pieno dell'inventiva il lusciat vergantino perchè il termine era già sulle bocche di tutti nelle valli Piemontesi. In Alta Valsesia slórcia è l'acqua. Facile anche il Passaggio alla bisogna del mingere.<br />scabià bere Nel gergo piemontese vino si dice anche scàbbiu: da esso si è dedotto il verbo scabià<br />(bere a sazietà). Come radice può essere<br />ricordato il ted. schank (mescita).<br />fumisnà fumare a pipa <br />gravisnà fumare sigari <br />bàgul fondo di pipa <br />Flcà o tuvajà andarsene Per il primo si è attinto al gergo piemontese. Anche per il secondo bisogna ammettere una scelta ben facile fatta dai primi lusciat nelle parlate dell'Alta Italia che avevano già il verbo tuvajà (andarsene in fretta).<br />firmisina firma <br />firmísnà firmare (un contratto)<br />s'cíunà appioppare E' usato solo nel senso di assestare ad alcuno un pugno, una sberla, ecc. Con fonetíca varia la parola era già nel gergo di varie zone lombardo-piemontesi. Nell'espressione par dí sentire lo schiocco della sberla.<br />guzà piacere (gustare) Per bocca degli ombrellai la parola era passata nel gergo massinese. Ma dove il tarùsc l’aveva colta?... Certo entro l'arco alpino, perchè l'etimo di essa è nell'it. gusto. Vi collima anche l'etimo ted. gut. (bene, buone).<br />fa créna far credito C'è una reminiscenza nel francese crépin (credito).<br />stramà fare un prestito Anche preparare il giaciglio per le bestie<br />Stramà bùse negare un prestito Sembra un linguaggio da pastori e da vaccari: mettere stramatico per il letto delle bestie.<br />stancià in fund del pian malridotto Capitava anche questa evenìenza, a qualcuno dei più sfortunati,... di trovarsi a terra, In fondo al piano, per gli affari o per la salute.<br />farlér busse Quelle toccavano al povero gnufél e proprio dalle mani o dalle scarpe del Kasér o Casèr (padrone). A consolazione dei poverini però arrivava loro magari all'insaputa del padrone, una qualche...<br />grapèla Buonamano<br />mancia Mancia. Infatti grapèla è la mano, detta pure sgrinfia.<br /> <br /> <br />da terminare.<br />TEMPO STAGIONI <br /> <br />el Prumm del Lungós il Primo dell'anno O il primo di un<br /> lungo anno, freddo, <br />lavoro Primavera <br />Iungós anno Estate <br />tréntin mese Autunno <br />mezzin quindicina Inverno lungo anno, freddo, lavoro<br />Lusneu alba <br />Lususa mattina NUMERI Da terminare. (*)<br />Inbruna sera (e notte) <br />MISURE <br />Tirantòn litro o boccale spuntòn uno <br />mina tirantòn mezzo litro silvester due <br />scuvròla o butrisa bottiglia trent tre <br />mina butrisa mezza bottiglia pala quattro <br />scuvreu bicchiere sgrifia cinque <br />scivrulin bicchierino du trent sei <br />MONETA pala e trent o furchitòn sette <br />burél soldo, denaro do pall (o lustra) otto <br />pisèla lira pala e sgrifia nove <br />russin marengo mina russìn dieci <br />mina russìn mezzo marengo ½ marengo10 lire <br />sgrifia éd russìtt 100 lire <br />sciavatòn scudo <br />disbalura dozzina <br />mina disbalura mezza dozzina <br /> <br /><br /> <br />Taruscin<br />taruscina Uomo<br />donna Abitante dell’alto vergante<br />patafijetà hosteria Osteria,<br />patafìjéta Insegna dell'osteria dall'it. pataffio e dal dialettale pataffia<br />Buseron albergo Buseron busure, locanda con cucina<br />lorgna vino Anche bevanda alcolica<br />sbuja mangiare <br />murchì rosicchiare qualcosa da mangiare<br />el sbuj(atto) il mangiare <br />scabià bere Senza accento è malattia<br />patinà giocare <br />schijà pagare <br />ripusà i s'ciòzz riposare le gambe allungarsi<br />el cubi l'atto del dormire <br />cubià dormire Questi i principali motivi per cui i nostri lusciat e/o taruscin si dirigevano con piacere verso le patafijetà notissime ed invitanti bettole, lungo le poche agevoli strade... d'un camminare senza fine.<br />búsé e busina oste e ostessa Loro amici gli osti e loro delizia il buon vino<br />buséra hosteria Infatti, un tempo, quei locali di richiamo per i devoti di Bacco, erano dei veri bar o tavernette.<br /> <br />búséròn<br />piola albergo<br />taverna Più delle volte era un’osteria con camere.<br />Normalmente un a dispensa di pane e vino.<br />gèrb e stafél pane e formaggio Questo doveva essere il classico spuntino, stuzzicante ed esigente delle buone associazioni liquide.<br />piulàt l'ubbriacone <br />piulàt o in ciarina sbornia Questi termini antipaticamente odoranti di vino mal digerito, ricordano precisamente la piola, spinetta, che a volontà di chi la toglie, lascia spillare dalla botte il tesoro contenuto. Chi fa lavorare troppo la piola è di conseguenza un piolàt. Il traditore non era il busé che portava in tavola quanto comandato, ma l'elemento colato prima dalla vite e poi... nelle gole<br />lòrgnu vino rosso Così si esprime il gergo biellese, come altri dialetti piemontesi, per indicare il vino, mentre in Valsusa indica un recipiente dì terra, tipo olla, per mettervi il vino od altri liquidi. Il termine lorgnu apparteneva anche alla classe degli stagnini.<br />ràcàgna grappa <br />ràcagnin grappino Anche la prima bevanda del giorno dopo una grande bevuta<br />karamlà magér cantare bene e forte <br />pilòzz carte da gioco Una partita a scopa, a brìscola od a tarocchi poteva consumare lentamente una parte di serata, inpreparazione al sonno.<br />ghirighèla gioco della «morra» Deve avere attinto a qualche gergo dialettale da un termine significante «groviglio od intreccio disordinato » tale è in risultanza tale strana forma di gioco.<br /> Di quando in quando bisognava pure che anche il nostro lusciat concedesse una parte del suo tempo ai diritti dell'affetto, dialogando a distanza con i suoi cari. Ed allora prendeva in mano finalmente anche la « piuma » e, chino sopra un foglio bianco, si ingegnava a scrivere qualche cosa, dì sue notizie<br />pilozza carta (da lettera) sulla quale le parole scendevano a stento e sgrammaticate, a frasi disordinate, a servizio d'un pensiero che veniva a singhiozzi. Perchè la carta aveva ricevuto come riconoscimento il nome di pilozza?... Il processo di fabbricazione comprendeva il macero entro grandi pile, nelle quali la materia prima, legna e stracci veniva pestata: di qui anche il verbo franc. pilIer, pestare. D'altronde, i massinesi ben sapevano che presso le cartiere di Villa Lesa e di Meina, dalle macchine uscivano poi le lunghe fogliate di bella carta.<br />scàràbucín segretarío questo benevolo aiutante se lo dovevano prendere a servizio gratuito i nostri bravi antenati intelligenti sì, ma analfabeti o tornati quasi tali<br />minìn bacio un bacio ai gnuféj ed alle gnufèle.. e poi vi sottoponevano la loro sghembata... firmisina firma.<br />Ma in la busèra poteva succedere che il vino facesse montare i fumi alla testa, la schiuchéta e che, di parola in parola, si arrivasse ad una lite...<br />maréta lite Ed allora si passava agli scambi di parole poco gentili od anche molto cattive (cheifán). E poteva arrivare ad inquadrarsi alla porta un'ombra nera e corporuta, ossia quella del<br />ligùscia carabiniere<br /> E se la comparsa non fosse stata sufficiente, i due altercanti, barcollando sulle gambe malferme, dovevano andare a dormire sul tavolazzo, in...<br />catùfia prigione Ed al paese poi, ci pensavano i compatrioti a far sapere a tutti che il tale era diventato un...<br />Catufiàt(in catufia) ossia ospite della prigione ossia ospite della prigione Accennando a questa part'ta di « busèra » e « catùfa » non ho voluto né disonorare la classe né il paese, ho voluto solo, a modo mio, far completo il dizionario del tarusc.<br /><br /> Termini pregiativi e spregiativi.<br /> <br /> <br />taruscino<br />taruscina ag Persona dell’alto<br />vergante L'aggettivo taruscino è applicato sia alle cose che alle persone (anche in senso morale).<br />tamégn, tamégna M<br />f sano, forte <br />Mager e magèra ag bello, buono Sta bene a capolista, perchè è usatissimo e dice un po' tutto, per qualità, bontà, grandezza, utilità, ecc. Ad esempio: bola magéra sarebbe una città “grande e bella”. Butrisa magéra, è senz'altro una “ buona bottiglia “. E' presumibile una derivazione dal tedesco o meglio da una corruzione dialettale ted., avente per radice max (il massimo). L'aggettivo taruscino è applicato sia alle cose che alle persone (anche in senso morale).<br />mager avv bene E' anche avverbio e perciò stanscià magir vuol dire - stare bene -.<br />lústár nuovo Era già di possesso dei nostri dialetti vergantini nel senso di “lucente “; fu assunto dal tarusc nel senso di « nuovo » Ad es. lùscia lùstra (ombrello nuovo). Più comunemente anche per questo significato si faceva ricorso a magér.<br />virlòn robusto<br />grossolano Per il senso di - alto e grasso - possiamo riferirci allo spagn. birlo (birillo) ed al dialettale lomb. pirlòn (alto).<br />chèifàn maligno(in gamba)<br />furbo Certo la parola è stata confezionata su materia prima tedesca. Di là dalle Alpi si usano parole simili, ossia kaufen (mercanteggiare), kenen (conoscere... il mestiere) e cheifen (strillare). Di lì le qualità tutte del buon lusciàt , accorto, furbo, buon strillone nelle fiere<br />brisold ag ricco, danaroso Siamo ancora in linea coi tedeschi quanto alle due radicali, brief, che accenna alla “ carta “ e sold che la fa diventare, carta monetata. <br />barzòla spr diavolo E passando agli spregiativi, cominciamo dal nome stesso del “ diavolo “, applicato sia all'uomo maligno, carico di tutte le cattiverie, come anche ad un “ povero diavolo “.<br />tamàcul <br />o tartìful spr stupido, tonto,<br />facilone Il primo termine avrebbe una consonanza più tedesca che nostrana, mentre il secondo si accosta ai dialetti piemontesi che chiamano tartiful le patate, e perciò va a collimare con la espressione dialettale: stùpId cumè na tartifula o cumè na bija<br />mínàja capace a metà<br />andicappato Minà appartiene al tarùsc in servizio di prefisso ad altra parola col significato di Meno, ovvero a metà. Il termine è stato mendicato nel; mantovano-ferrarese. La finale richiederebbe una sillaba lasciata cadere per brevità d'espressione. Crederei dì ricostruire così: mina-bija = colui che fa per metà.<br />biròn zoticone<br />maldestro L'it. birro = lo sbirro delle imposte, non rende bene come il sostantivo spagn. birria (antipatia).<br />paìnàcc trasandato (nel vestito), La più verosimile delle parentele di questo aggettivo sembra sia quella che intercorre tra painàcc e pagliàsc, pagliaccio, trattandosi d'una qualifica del modo di vestire. Comunque sembra un termine a sfondo veneto.<br />luzòn fannullone<br />perdi tempo Dall'ít. lusco ovvero losco forse ne è venuto l'accrescitivo dialettale luzòn. Sembra pure ovvio considerarlo un'abbreviazione di lazaròn.<br />lòfi brutto,cattivo Fu già prima in dotazione del dialetto biellese e d'altri dialetti del Piemonte. Il luscíat diceva: El misté del neust tona l'è propi un místé lofi.<br />aguzin usuraio Strozzino , <br />ül bälabiütt Ballare nudo Dice "fà mìa ül bälabiütt" non ballare nudo, gli antichi guerrieri usavano ballare nudi<br />kasér dí manij donnaiolo Facile a comprendersi l'espressione velativa del gergo taruscico, se si tiene presente il significato di kasér (padrone), e di manij (donne). Ma il tarusc tiene in serbo anche appellativi per le donne... di cattiva nomea: mèula, ranza, vasciága, tacrìna, ecc.<br /> Da terminare.<br /> <br />dalovich lontano Guardare lontano, oppure venire da lontano<br />sfi qui Sfi,sfo,sfa – qui, quo, qua,<br />vol sì dial. ted. jawol che significa: Sì, verissimo!<br />bùsc niente <br />ribas no Per nulla. <br />magér bene <br />mina metà Come sopra <br />sténcia tanto <br /> Da terminare<br /> <br />Congiunzioni <br />ed articoli A legare fra loro i termini e le frasi, a specificare il tempo dei verbi, ecc., il tarusc si serviva dei mezzi e dei modi offerti dai vari dialetti, specialmente da quello imparato, dalla mamma, al paese nativo. E così per i vergantini ci fu subito una base comune, una piattaforma di facile intesa e di avvio al dialogo.<br /><br /> Da terminare.<br />Congiunzione dei verbi. Alcuni esempi. <br />Poichè il soggetto è quasi sempre al <br />singolare il tarùsc si dispensa dalle variazioni <br />per le sei diverse persone <br /> Es El me toná él fica an la bola del Tor, á Turin<br /> El veust tona él fica an la bola el Tor , à Turin<br />Quando però è costretto a usare un soggetto plurale si conforma ai nostri usi dialettali, e crea anche la terza persona plurale <br /> Es. L’ Urchit a fican vuléntérá Vers Carscian Milano <br /> I Mássinòit a fican vuléntérá vers Bíèlá<br /> ecc., <br />Quando poi i vari tempi richiedono l'ausiliare <br />(essere od avere) sarà questo a determinare il tempo. <br />. Es El me tona l'è ficà a Piasensà <br /> El veust tona léva rúscà magér <br /><br />Stesura incompleta<br />1a correzione dicembre 2010AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-13836085374646272222011-03-26T13:21:00.000-07:002011-03-26T13:22:56.623-07:003. IL DIZIONARIOIII Capitolo<br />Il dizionario. DA RISCRIVERE<br /><br />DIZIONARIETTO - A Brisino il Tarùsc non è più parlato da oltre 30 anni, ed il lessico è stato ricostruito attingendo alla tradizione orale dalle/dai Brisinese/i anziani la compilazione è incom-pleta, la pronuncia è stata qui indicata solo in via presuntiva e con i segni consueti, sulla base dell'analogia col dialetto locale, inoltre mancano alcuni segni come l’accento circonflesso ^ e la dieresi su quasi tutte le u, vedi il capitolo sulle norme. Ultimo aggiornamento Dicembre 1980. Dal Tarùsc all’italiano al francese e dall’italiano al Taruse al tedesco. (manca per il momento il corrispondente in piemontese In fase di stesura .<br /><br /> Tarùsc Italiano Francese Italiano Tarusc Tedesco <br />A A <br /> agúzìn usuraio usurier abbondante bazèf reichlich<br /> al mè tóna io moi abbondanza bazèfia uberfluss<br /> al nòst tóna noi nous abito arconiménta kleid,<br /> al sò tóna egli, il,lui, ils, anzug<br /> (essi, loro ) eux accattone armonàt bettler<br /> al tò tóna tu toi acccatonaggio murselat bettelei<br /> al vòst tóna voi vous accontentare talentà befriedigen<br /> arbig asino àne aceto forzósa essig<br /> arbigón mulo mulet acqua lùscià wasser<br /> arbiguna mula mule guardare slúscia seen<br /> arconiménta abito, vestito habit, aggiustare grià ausgleichung<br /> vètement agnello burúc lamm<br /> armóna carità charitè alba lúsnèra morgendammerung<br /> armonàt accattone albergo búserón hotel<br /> artùsc mestiere amoreggiare mariscà liebenschaft<br /> arbul albero andare fica lovi gehen<br /> andarsene scargà, weggehen<br /> scappare ficà da lóvi, <br /> appestato tuvajà <br /> anno lúngón jahr<br /> intrúcà pestkrancken<br /> appioppare s’ciunà auflehenen<br /> asino arbìg esel<br /> auto rulanta wagen<br /> dentista dención, furspprecherin<br /> avvocato strozzabacàgn <br />B B <br /> bacàn non ombrellaio bacchetta ragòz takstock<br /> bajèta soldato bacio mínìn kuss<br /> balabiut persona poca bambino murfèl kind<br /> affidabile barba chèja bart<br /> barbiere biachejà schnurrbart<br /> balénc matto <br /> balmèla negozio bastone ramúl, <br /> baloségna giornata minù <br /> bals setaccio rochìn, <br /> balzàna fine stagione bello magèr, <br /> barnasc sofietto per il bene tamegn <br /> fuoco bere scabià <br /> barsèla borsone <br />dell’ombrellaio, berrettaio baruscat <br /> anche dei venditori <br />ambulanti berretto barúsc <br /> bariisc cappello berretto bevanda scàbi <br /> barúsciàt cappellaio bicicletta ruvinà <br /> barzòla diavolo bicchiere sciúvrò <br /> batagin orologio biglietto patafit <br /> battént ora birbone grisalba <br /> bazèf abbondante bocca smorfia <br /> bazèfia abbondanza bocce burlin <br /> baziful diavolo persona rotonda <br /> bèf natiche, sedere bagnato marasà <br /> bèrgna denaro borsone da barsèla <br /> bernarda serva, cameriera ombrellaio negozio amb <br /> bjà fare mezza mina butrisa <br /> bjà chèja sbarbare bottiglia <br /> biasina sarto bottiglia lústrina, <br /> biòsma fiera, mercato pinagia, <br /> birlón robusto sciùvròla, <br /> birlu stupido butrisa <br /> biron zotico brutto lòfí <br /> bourdugn rape busse farlèr <br /> blèuma vacca buono magèr, <br /> braghìna svizzero tamègn <br /> brèdul freddo burro vuncìn <br /> brisòld ricco <br /> brúchèja francese <br /> brùmòsa sera D dare cugià <br /> brùásapignàt cuoco defecare tarti <br /> bul pease defraudare cotizà <br /> bulla città denaro bèrgna <br /> burèg fagioli diavolo barzòla, <br /> burèl soldi bazìful <br /> burlin bocce dieci mina russìn <br /> burùc agnello dio casèr del <br /> burúcìa pecora rundel <br /> buscàu cesso dire disbalà <br /> búsch no discorso disbalúra <br /> buscin vitellino disbala <br /> búsè oste discutere caramlà <br /> bùsèra osteria donnaiolo kaser di <br /> búserón albergo manij <br /> but germoglio donna mànja <br /> dormire cúbià. <br /> el cubi <br />C cafàna fienile,cascina dozzina quater trent <br /> caramlà cantare,discutere dodici dodas <br /> spifferare spuntón, <br /> caravaità girovago,zingaro disbalúra <br /> carl quint firma due silvèster o <br /> firma da re doispuntogn <br /> carpì prendere, rubare <br /> carràn carretto <br /> E <br /> cartòfel patata egli al sò tóna <br /> casachìt sudditi, cittadini elemosina ormóna <br /> cascin peto ebreo sbagìn <br /> casèr capo, padrone <br /> casèr del dio F <br /> rundèl faccia grinta ghignol <br /> casèr di bull sindaco smorfia ghigna <br /> casèr dicasèr re, imperatore fagioli burèg <br /> casèr di manij lenone, mezzano fame ghèna, <br /> casèr di gallo sgaiúsa, <br /> raspànt sghèusa <br /> casèr di zùrla papa fannullone lúzón <br /> catùfia prigione fare bjà <br /> caudignènza afa estiva farmacia puciàca <br /> chèja barba faemacista paciuchin <br /> chèjfan capace, furbo farina molina <br /> ciósma febbre, malato fazzoletto mucaró <br /> ciòsp padre o vecchio febbre ciósma <br /> ciòspa madre o vecchia feci lirba <br /> ciurla prendere in giro fidanzato marìsc <br /> ciurlin stupidino <br /> ciùsa cappa, mantello, fidanzata marisca <br /> tabarro fienile cafàna <br /> claris vino bianco fieno lègar <br /> colùbìn caffè fiera biòsma <br /> cotizà sistemare, figlio murfèl <br /> defraudare finanziere prepòst <br /> ardesia per finestagione balzana <br /> coud affilare firma carl quint, <br /> cravisma sigaro firmisìna <br /> crèna credito firmare firmisnà <br /> crispìn ventaglio forbici lusúra <br /> crùgia casa forchetta trént <br /> crugin casino bordello formaggio stafèl <br /> cúbi letto, giacilio, francese brúchèja <br /> pagliericcio fratello giumèl <br /> cùbià dormire freddo brèdul <br /> cugià dare furbo chèifan, <br /> cùsisnà cucire stanscia in <br /> cusnà cucunare furbignanza <br /> fuoco fèjer, rúff <br />D del mè tóna mio fumare cravisnà <br /> del nòst tóna nostro sigari gravisina <br /> del sò tóna suo, loro fumare fumisnà <br /> del tò tóna tuo la pipa <br /> del vòst tóna vostro fregare grià o cotizà <br /> dención avvocato fondo bàgul <br /> denc dente della pipa <br /> dinsè prezzo fallimento in fund <br /> disbalà dire dal pian <br /> disbalúra discorso, fieno terzo rigorda <br /> dozzina fulmine saetà <br /> dódas spuntón dozzina <br /> dó pall otto G gallina raspànta <br /> dó trént sei gallo casèr <br /> dujò litro di raspànt <br /> gamba sciòz <br />E èlban uovo garzone galúp, gnúfèl <br /> gatto múss <br />F gerla sciúvéra <br /> farlèr ceffone, busse germolio but <br /> botte giacca ghinèla, <br /> fèjer fuoco marlùzza <br /> feriò mantello giocare spatinà <br /> da lavoro giornata baloségna <br /> ficà da lóvi andarsene girare ravaità <br /> filfèr grappa girovago caravàita <br /> firmisìna firma gola gargànta <br /> firmisnà firmare gobbo, gobba salvarégia <br /> forzósa aceto grappa filfèr, <br /> frisa paglia racàgna <br /> furchitón sette grappino racagnin, <br /> tinajn <br />G guadagno incalmón <br /> gaión uomo, grano malgon <br /> omaccione <br /> gàijòn zappa H <br /> galúp garzone <br /> garbìa uva <br /> garbúsàt cestaio I <br /> garbúsc cesto imbrogliare grià <br /> gargànta gola incapace minàja <br /> gébul cavallo insalata risiva <br /> gèrb pane insegna patafit <br /> incinta tèfía <br /> gervasà rubare infetto tarèf <br /> ghèna fame io al mè tóna <br /> ghinèla giacca incasso incalmón <br /> ghiringhèla morra,la conta <br /> gioco con L ladro munèl <br /> le mani lago maggiore lavagión <br /> gialdin marengo latte milk , lech <br /> giumèl fratello lavare sbidulà <br /> gnufèla sorella lavorare rúscà <br /> gnàta tasca lavoro rùsc <br /> gnàzi servo, sciocco, legna ràta <br /> gnúfèl ragazzo, garzone legno rondin <br /> gnúfèla ragazza lenone casèr di manij <br /> grapèla mano, mancia letto patin, cobi, <br /> grià aggiustare, cùbi <br /> imbrogliare levatrice scarpania <br /> grinta faccia lingua lapa <br /> grisa morte <br /> grisalba birbone lira pisèla <br /> guazz padrino <br /> guazza madrina <br /> guzà piacere lite marèta <br /> lippa gioco <br />H litro duiò <br /> lontano lòvigh <br /> loro al sò tóna <br />I lui al sò tóna <br /> inbrunà notte lupanare crùgin, <br /> incalmì capire burdel <br /> incalmòn guadagno luna lusentam <br /> incasso <br /> in fund al pian scadente M <br /> intrùcà infetto, macellaio sbriignamajòl <br /> ien cattiva/o <br /> malato,venerea madre ciòspa <br />L maiale vasciàg <br /> làfa merce malato tarèf <br /> làpa lingua, bocca malore tarèf <br /> lapà mangiare male sbrugnàs <br /> lapin cucchiaio mancia grapel <br /> lavadénc schiaffo mangiare lapà, <br /> lavagión lago maggiore morchi, <br /> lègar fieno sbújà, <br /> lèzar capelli picinà <br /> ligúscía carabiniere mano mau <br /> lirba feci mantello grapèla <br /> lignamee falegname feríò <br /> /o carpentiere marengo rusin, <br /> lòfì brutto, cattivo gialdin <br /> lòfia cattiveria martello martilinanza <br /> lorgna vino matrimonio mazùcamént <br /> mattina lusura <br /> lòvig lontano mattino lusùsa <br /> lùcì piangere matto balénc <br /> lúfa paura medico sbriignabacàgn <br /> lúnghin mese membro gnàzi <br /> lúngón anno maschile <br /> lùscià piovere, orinare mercato biòsm a <br /> lùscià acqua, ombrello merce làfa <br /> lúscà vedere mese lunghin, <br /> lúsciàt ombrellaio trenein <br /> lùscin ombrellino mestiere artùsc <br /> lúsènta luna metà mina <br /> lúsnèi occhi mergozzolo marguzeu <br /> lúsnèra alba mezzo mina russin <br /> lústar nuovo mezzano casèr di manij <br /> lústrina bottiglia minestra musa, mosa <br /> lùsùra forbici mio del mè tóna <br /> lùsùsa mattino moglie mànja <br /> lúzón fannullone mondo rundel <br /> morire sbarti <br />M morosa marisca <br /> maga pentola moroso marisc <br /> magèr buono, bello, morra ghiringhèla <br /> bene morte grísa, <br /> magiòla mucca, vacca sbarliósa <br /> magutt muratore mucca magiòla <br /> malgon grano duro manzola <br /> manzola vitella grossa mulo arbigòn <br /> manzin vitellino milano carscian <br /> maiurin vitello milanese carscanes <br /> magioléra stalla muratore magutt <br /> magiurént capo di casa <br /> manégia palo di sostegno <br /> mànja moglie, donna N naso mòcul <br /> marèta lite natiche bef <br /> marìsc fidanzato, negozio balmèla <br /> moroso no biisch, ribas <br /> marisca fidanzata, noi al nòst tóna <br /> morosa non <br /> mariscà amoreggiare ombrellaio bacàn <br /> marasà bagnato notte imbrùna <br /> marlùzza giacca, marsina nove pala e sgrifia <br /> mazuca sposato nuovo lústar <br /> mazùcamént matrimonio <br /> menacua pesce O <br /> mèula sgualdrina occhi lúsnèi <br /> milk latte odore munscénder <br /> mina metà usma <br /> mina russin dieci odorare usmar <br /> minàja incapace olio nusùc <br /> mínin bacio omaccione virlón, gaión <br /> minù uomo, bastone ombrellaio lúsciàt <br /> mòcul naso ombrellino lúscìn <br /> molina farina ombrello lúscia <br /> morchi mangiare ombrello <br /> morselàt accattone di seta ritúsc <br /> mucaró fazzoletto ombrello rotto rajón <br /> munèl ladro ora battént <br /> munscénder odore <br /> muntris sole orecchio svéntul <br /> murfèl bambino, figlio orinare slúscià, lùscià <br /> murigìn topo orologio batagin <br /> mursèl pidocchio oste búsè <br /> musa minestra osteria búsèra <br /> múss gatto otto dó pall <br />N P <br /> nusùc Olio di noci padre ciòsp <br /> padrone casèr <br />O ormòna elemosina paese bull <br /> pagare schià <br /> paglia frisa <br />P pajerìn seni pagnotta sapèta <br /> pajà pentola polente palo di <br /> painàc trasandato sostegno manégia <br /> pala quattro pane gèrb <br /> pala e sgrifia nove papa casèr di zúrla <br /> pala e trént sette parlare tapà <br /> pata, patin aper. pantalone parlar forte tarunà <br /> pelosa patata cartòfel <br /> persick pesca paura lúfa,slòfia, <br /> paston risotto, sqùita <br /> patafit insegna, biglietto pecora bùrucia, <br /> patin letto beura <br /> picinà mangiare pedata sciarbàtula <br /> pilósa,persik pesca pentola maga <br /> pilòz carta da gioco perdere scacià <br /> pilòza carta da scrivere pesca pilósa <br /> pinàgia bottiglia persick <br /> panera bretella del gerlo pesce menacùa <br /> piòla Sbornia, bar peto cascìn <br /> pisèla lira piacere guzà, talentà <br /> piulàt ubriacone piangere lùcì <br /> prepòst guardia di finanza pidocchio mursèl <br /> puccia immergere <br /> pucc salsa <br /> puciàca farmacia pietanza tramlúra <br /> pioggia lúscia, slúscia <br />Q quater trent dodici, dozzina piovere lúscià, slúscià <br /> polenta turnèla <br />R pollaio raspantùsc <br /> rabatìn rivoltella ragazzo portafoglio sciavàt <br /> racàgna grappa preghiera tinajn <br /> racagnin grappino pendere carpi, zúfàr <br /> ragòz bacchetta per prete t’zurla <br /> ombrello prezzo dinsè <br /> rajón ombrello rotto prigione catùfia <br /> ramúl bastone pulce sautarèj <br /> ranza sgualdrina pulcino raspantin <br /> raspànta gallina pugno talón <br /> raspantin pulcino prendere in giro ciurla <br /> bambino <br /> raspantùsc pollaio Q <br /> risigusc segatura quattro pala <br /> raspan rata legna qui sfi <br /> ravalta girare quo sfo <br /> rèmul cucchiaio qua sfa <br /> rigorda ultimo fieno R <br /> ribas no ragazza gnufela, <br /> risìva insalata bardascia <br /> rítùsc seta, ragazzo gnufel, <br /> ombrello di seta bardasc <br /> ribattin Il primo bicchiere del giorno dopo <br /> rochìn bastone ragazzino bardascing <br /> rondin legno re kaser de <br /> rùff fuoco kaser,casaca <br /> rundèl mondo ricco brisold <br /> rùsc lavoro ricchissimo trisold <br /> rúscà lavorare rimetterdi slinà <br /> rùssìn venti, marengo risotto paston <br /> risigusc segatura ivoltella ribatin <br /> rulanta macchina robussto birlon <br /> rompere sbrugnà <br />S rosario tinajn <br /> scagn sgabello rubare carpi, gervasà,zufà <br /> sajòcul sasso roma la bola de’ kaser d’ t’zurla <br /> salvaregia gobbo, gobba riso jénk <br /> santòsa chiesa <br /> sapèta pagnottina S <br /> sapit utensile, salame trampul <br /> strumento salumiere sbrugnavasciàg <br /> sarazin fuocod’artificio sano tamègn <br /> sautarèj pulce sarto biasìna <br /> sbagin ebreo sasso sajòcul <br /> sbarlì morte sbarbare bjà chèja <br /> sbarliosa morte sborgna piòla <br /> sbidulà lavare scadente in fund al pian <br /> sbrugnà rompere scarpa sciarabòtul <br /> sbrugnabacàgn medico sciocco tamàcul, <br /> sbrugnamaiòl macellaio tartiful <br /> sbrugnavasciàg salumiere schiaffo lavadénc, <br /> sbujà mangiare talón <br /> sburgà guardare <br /> scalfit calzetta scrivano scarabucin <br /> scalfin calzino scudo sciavatón <br /> scàbi bevanda segatur risigush <br /> scabià bere sedere bef <br /> sciorla sasso per gioco sei dó trént <br /> scacià perdere seni pajerin <br /> scarabucìn scrivano sera brùmósa <br /> schiscet portavivande serva bernarda <br /> scesa siepe servo gnàzi <br /> sgalabrin Fantasma/mino <br /> scargà andarsene seta ritùsc <br /> scarpaniàj levatrice setaccio bals <br /> scàtell testicoli sette pala e trent, <br /> scarsela borsa furchitón <br /> scigul cipolla sfinito in fund al <br /> schià pagare pian <br /> sciarabàtula pedata sgualdrina mèula, rànza, <br /> sciarabòtul scarpa vasciàga <br /> sciavàt portafoglio si vòl <br /> sciavatòn scudo sigaro cravisna <br /> scioz gamba sindaco casèr di bull <br /> sciùchèta testa sistemare cotizà <br /> sciùchetón testone, sistemato <br /> tedesco bene tapa magér <br /> sciurtògn soprabito sistemato <br /> sciuvrò bicchiere male tapa lòfi <br /> gerlo soldato bajèta <br /> sciuvròla bottiglia soldo murèl, burel <br /> gerla soldi burej,o schéj <br /> schioz gamba sole muntris <br /> sciuvera, gerla, soprabito sciùrtògn <br /> scuvron grande gerla soffietto barnasc <br /> sfi qui sorella giumèla <br /> sfo quo sposalizio mazùcarnènt <br /> sfa qua sposato mazuca <br /> sgaiúsa fame stalla magioléra <br /> sghèusa fame stare stanscià <br /> sgrifia cinque sterco vana, lirba <br /> sgrifia al russìn cento strumento sapìt <br /> sgrifia min cinquanta tamàcul, <br /> russin stupido tartiful <br /> sgrinfia signorina sudditi casachit <br /> sgùrà vendere suo del sò tóna <br /> sguscià scappare svizzero braghìna <br /> silvèster due <br /> slandrina camicia T <br /> slinà rimetterci tampa latrina <br /> slòfia paura tacere tapà ribas <br /> slùscia pioggia, acqua tagliare trarnjà <br /> slúscià piovere, orinare tasca gnata <br /> smèssar coltello tedesco sciúchítón <br /> smorfia faccia, bocca testa sciùchèta <br /> spatinà giocare testicoli scàtell <br /> spuntón uno temporale trunà <br /> squadràs confessarsi testone sciúchitòn <br /> sqùita paura topo murigìn <br /> stafèl formaggio tre trént <br /> stanscià stare trasandato painàc <br /> stortina chiave tuono tòn <br /> strauscét calze tu al tò tóna o <br /> strauscùgn calzoni al teu tona <br /> stringón carabiniere tuo del tò tóna <br /> strozzabacàgn avvocato tirchio aguzin o <br /> svéntul orecchio tìrchis <br /> stroliga strega U <br /> ubriacone piulàt <br />T tabu cane ubriaco piola <br /> tàfiola castagna uno spuntón <br /> talentà piacere uomo gaión, minù <br /> accontentare uovo èlban <br /> talon schiaffo urlare tarunà <br /> tamacul stupido, usuraio aguzin <br /> sciocco utensile sapít <br /> tartìful sciocco, uva garbìa <br /> stupido urinare luscià <br /> talian italiano italien <br /> tamègn sano, bello, V vacca magiòla blèuma, <br /> buono vecchia ciòspa <br /> tapà parlare vecchio ciòsp <br /> tapà ribas tacere vedere lùscià <br /> tarèf malato, malore, vendere sgúrà <br /> infetto vendere bùlala <br /> tartì defecare incominciare a crispìn <br /> tartunà urlare, ventaglio <br /> parlar forte venti rùssìn <br /> tefia incinta vestito arconimènta <br /> tinajn rosario, grappino vino lòrgna <br /> tenajn tenaglia vino bianco claris <br /> tirantón chilogrammo vitellino buscin majulin <br /> tramjà tagliare voi al vòst tóna, <br /> traamlúra pietanza vostro del vòst tóna <br /> tràmpul salame <br /> traúna chiave <br /> traúnà chiudere U <br /> travúnà chiudere a chiave <br /> trént tre, <br /> forchetta <br /> trentin mese Z zappetta sapin <br /> tarnèla polenta zoticone birón <br /> tuvajà andarsene zappa gàijòn <br /> truvajà lavorare <br /> tuvaja vai via <br /> trunà temporale W <br /> al truna arriva il <br /> temporale <br /> toulèe idraulico <br /> toulat lattoniere <br />U <br /> usmar odorare <br /> usma odore <br />V <br /> vana sterco <br /> varnera carne <br /> vasciàg maiale <br /> vasciàga sgualdrina <br /> vèrt capretto <br /> virlón omaccione <br /> vòl sì oui <br /> vuncin burro <br /> vùncin sporco <br />Z <br /> zúfà prendere, rubare <br /> zúfabacàgn carabiniere, <br /> poliziotto <br /> zúrla prete <br /> <br />W <br /> <br /><br /> In barba alla censura. Stralcio della lettera in Tarusc di un prigioniero di guerra1940/45.<br /> <br />“ a stansci catufia de mareta dal sciucaton e pensi che el seu tona al ficarà a la biosma ad la soa bula par al prim dal lungos ” Sono prigioniero di guerra dei tedeschi e penso che lei andrà alla festa del suo paese per il primo dell’anno, riferito alla fidanzata.<br /> <br />“In la bula del me tona am saluda baziful, el me ciosp, la me ciospa, la me manija a al disabla che a stansci mager a par adess ad la sghéuscia a sbarliss ribas..” Al paese mio saluta baziful, mio padre, mia madre, mia moglie e dica che sto bene e per adesso di fame non muoio affatto.<br /> <br />Il Manni la dedica ai garzoni degl’ombrellai , a me piace dedicarla a mia madre che a Massino era nata ed aveva vissuto i suoi primi 20 anni. C’e dentro tutta la saudage, la struggente nostalgia del proprio paese, del mio metà paese a Massino ho fatto la prima elementare e ricordo con piacere il primo giorno di scuola, con un grande buco al centro sulle scale era appena finita la 2 guerra mondiale (foto 1946)<br /> <br />Tancí lungógn via', ndré <br />as disbalàva su e giù <br />per i bóli del Lavagion <br />che la bola del nèùst Másìnn <br />l'èra la " sciòta di Lusciàt”<br /><br />Semper, al prum del lungòn <br />el majurenk ed al crùgia <br />el ficàva a Carpugnìn:<br />dré del sèù tona tuvaiàva,<br />pìn ed brédul e 'nca 'm po’, 'd squìta,<br />el sèù juméll prùnt pel misté,<br />da íngagià da bon gnuféll <br />Sot 'um quaj kasér lòfi rìbas.<br /><br />E peuj, vers i prum del lunghìn <br />d'april, cul gugnìn da dés lungógn, <br />cum ghignéll e sciarbátul lustar, <br />dopu l'ultim minìn d'la mama, <br />dré del ciéusp,... un pò' lusciánd <br />e 'n po’ murchiánd <br />um tok sapéta,<br />el ficàva ingiiù vers Lésa.<br /><br />Da dént la carocia a cavàj, <br />cb'la ravaitàva da vers Stresa, <br />cui kasér l'éva già luscà:... <br />graplàva su stéù póvar mat, <br />e via vers Rona e vers Carsciàn. <br />Pruma 'd sira, el néùst Salvadór <br />dasi, dasi, spariva dai lusnéj... <br />ma rìbas... dal picul cbéùr.<br />La vita di prum Lusciàt?... <br />L'éra bégn lofia, sénsa guzz. <br />Ravaità, ruscà, ruscà bégn fórt, <br />per la smòrfia e per la crùgia. <br />E 'l murchì?... Turnèla e taféll <br />e m sciuvrulìn, a la busèra, <br />pruma da slungà 'i ‘j s’ciozz<br />in tel légar o 'n la frisa, <br />al rípár dal vént e la lùscia, <br />in la cafàna, cumè 'l Bámbìn.<br /><br /><br />E 'tánt che rivàss el cùbiu, l<br />a sciucbéta... cuntàva skèj?... <br />Rìbas!... La tuvajàva vers la bóla, <br />a la crugia del sèú' tona, <br />la pusè bèla del rundéll, <br />ai seu cíèusp, a la manija, <br />ai juméj, al ninìn in cuna.<br />Na quáj festa, graplànd el criòn <br />cum piloza, in su la crica:<br /><br />« Car i me ciéùsp! - el scriveva- <br />el me tona stànscia magér. <br />Rùsca tanta!... Bèrgna poca! <br />Salùdí tucc,... per prum el zurla, <br />Av racumandi 'l tanajìn,<br /> per el me tona, in la santósa. <br />Um minìn ai juméj. A Natal! Tanti, tanti anni addietro, <br />correva un detto qui attorno <br />lungo le verbanesi sponde, <br />che questo paesello nostro <br />era “ degl'ombrellai la scorta “.<br /><br />Era d'uso, per Capodanno, <br />che, tra i capi-casa, alcuno <br />si portasse a Carpugnino: <br />dietro ai suoi passi, a stento, <br />seguiva, pieno di freddo e d'un po' di tremarella,<br />il figlio ormai da mestiere <br />da ingaggiar qual garzone <br />ad un padron, il men esoso.<br /><br />Poi, verso i primi d'aprile, <br />quel minuscolo decenne (10), <br />con giacchetta e scarpe nuove, <br />dopo il bacio della mamma, <br />a passo col padre, attratto,<br />un pò mordendo il suo, pane <br />un po' anche singhiozzando, <br />giù calava verso Lesa.<br /><br />Da dentro alla carrozza, <br />proveniente su da Stresa, <br />quel padron stava guardando: ... <br />s'abbrancava il nostro piccolo,<br />e via s'el portava, fatto suo, verso Arona e poi Milano. Lentamente, all'imbrunire, San Salvator gli spariva, dagl'occhi, sì... non dal cuore.<br /><br />La vita dei Lusciàt, qual'era? <br />Ben dura, senza « comfort »: <br />girar per strade e sentieri, <br />per villaggi e per città, <br />lavorando sempre sodo,<br /> per il pane e per la casa.<br />Il mangiare?... Polenta e cacio <br />ed un goccio, all'osteria, <br />e poi giù affondar le gambe <br />nella paglia o nel fieno <br />al riparo da venti ed acque, <br />entro stalle .. come Gesù.<br />In attesa poi del sonno, <br />forse lui.... contava soldi? <br />No! ... Il pensiero correva al nido, <br />il più caldo della terra, <br />quel dei vecchi, della sposa, <br />dei bimbi, del nino in culla.<br /><br />Qualche volta, il dì di festa, <br />impugnava la matita, <br />fatto appoggio sul borsone: <br />"Miei cari vecchi - scriveva <br />io, qui, invern, sto molto bene: <br />sgobbo tanto... intasco poco. <br />Saluti!.. dapprima al prete. <br />Vi raccomando, pregate,<br />per me, la sera, in chiesa, <br />Un bacione ai cari bimbi. Ci rivedremo a Natale<br /><br />EL LUSCIAT cumè ‘I stansciava. Di Don CUZZI<br /><br />L’ha saludò la ciospa, la crugia e la santusa<br />e l’è ficà da lovi per incalmì la musa. <br />Beh pinin e lofi, l’ha tocc su la barsela, <br />tre lusc, zufà a crena e gnianca na pisela. <br />L’è nacc in vers Carscian, l’ha cumincià a ruscà:<br />al cubi in su la frisa e ger da rusuià. <br />L’ha zufà na pisela, un silvestar, un trent... <br />povar gnufel, la ciospa da cà at vech e at sent. <br />E ghè anca na gnufèla, a cà, di cui tamegn <br />e quand ti se nacc via ti ghe lasacc al segn. <br />Dopo baieta, al zurla l’ha benedì l’union <br />e par al prumrn battesim luscia dal lavagion. <br />Par ben ad la famiglia, l’ha facc tutt al so rnej <br />e han curunò l’opra do matt e tn gnufej.<br />L’ha mugiò su un po’ bergna, ad lorgna un quai sciauvreu<br />e in ment e in cor, ma semper, al brug dal Marguzzeu.<br />L’ha ruscò tutt la vita, la cuscenza tamegna, <br />e quand l’è sunà l’ura, l’ha tirò dent l’insegna. <br /><br />Stesura incompletaAL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-36238218346946122312011-03-26T13:19:00.000-07:002011-03-26T13:21:12.962-07:004 CURIOSITA. UN IDIOMA, UNA LINGUA E LA SUA SCOMPARSAIV Capitolo <br />CURIOSITÀ. <br />Un idioma, una lingua e la sua scomparsa.<br /> Un idioma, un lingua che scompare, è per tutti la perdita della propria identità e della di storia e delle proprie origini. Sulla terra si parlano circa 6.000 lingue. Ogni due settimane ne muore una. Tra un secolo la metà di esse saranno scomparse. Nel 1992 in Turchia è morto Tefvik Esenc: con lui è morta anche la lingua Ubykh, una volta parlata nel nordovest del Caucaso. L'Ubykh non è l'unico idioma che non si sentirà più parlare nel terzo millenio, perché il numero delle lingue che entro il 2100 saranno estinte è calcolato tra 5.000 e 6.700, mentre il 60% di tutte le lingue è a rischio (per la maggior parte dei linguisti una lingua è in pericolo quando il numero dei suoi parlanti sono meno di 100.000 (e/o quando è limitata ad alcune funzioni comunicative, come nell’otttocento il caso del Tarùsc per l’alto vergante) e tutto questo continuerà ad accadere a nostra insaputa..” Così come lo era 2,3 secoli fa nel nostro paese, dopo il medio evo fino nell’era dei comuni, partendo dal fatto che le aree geografiche che presentavano la maggiore diversità biologica erono anche i luoghi con la maggiore diversità linguistica e culturale. Le lingue, gli idiomi, i dialetti, incominciarono a consumarsi nel momento che le vie di comunicazione crescevano ed in maniera marcata dalla prima guerra mondiale, in Italia inizia in maniera definitiva la omologazione dalla prima guerra di indipendenza. L’Italiano, ha iniziato a colonizzare la penisola, ha fatto quello che hanno fatto gl’inglesi nel modo, eliminando in maniera naturale la barriera degli idiomi. Basti pensare al fatto che in Europa si parlano soltanto il 3% delle lingue del mondo, mentre la maggior parte di esse sono parlate nei paesi tropicali, e cioè nella zona che va dalla costa dell'Africa del sud est, attraverso il bacino del Congo, arriva all'Africa orientale, e nella zona che va dall'India meridionale e dalle penisole del Sudest asiatico fino alle isole dell'Indonesia, della Nuova Guinea e del Pacifico. Queste due aree racchiudono il 60% di tutte le lingue, ma soltanto il 27% della popolazione mondiale e il 9% del territorio mondiale. Se qualche catastrofe spazzasse via tutte le lingue dell'Europa occidentale perderemmo relativamente poco della diversità linguistica del mondo, anche perché la maggior parte delle grandi lingue europee hanno somiglianze strutturali, dovute alle loro relazioni storiche. Se dovessero scomparire invece le lingue della Nuova Guinea, la perdita sarebbe ben più grave, perché lì la divergenza tra le lingue è molto più profonda. Ma la loro perdita significherebbe la simultanea scomparsa di intere culture e di tutto il prezioso sapere sul mondo, da loro accumulato. Il fenomeno come parte del più ampio collasso dell'ecosistema su scala planetaria. Ad essere colpite sono dunque in primo luogo le zone in cui purtroppo assistiamo alla scomparsa della biodiversità (piante, animali l’uomo soccomberà più tardi dopo che gli stessi avranno, sfruttando la terra, desertificato intere zone del pianeta.), e cioè l'Asia, l'Africa centrale e, infine, anche se in modo leggermente minore, il mondo latino americano. Noi, possiamo imparare molto anche sulla situazione che si è venuta a creare in Europa ed in Italia, che, non significa l’azione degenerativa che stanno attuando alcune forze politiche in Itaia, ma introducendo nell spazio scuola – sperimentazione ( una specie di etica linguistica) in tutte le regioni, le diferenti parlate del nostro paese e riscoprire le radici sono parte della nostra soppravivenza. Il particolare sta infatti proprio nella prospettiva da cui si guarda la storia umana, cioè quella del suo sviluppo linguistico. Questo equilibrio si è alterato a causa di due ondate di cambiamento: <br />LA PRIMA, l'ondata biologica . Incominciò circa 10.000 anni fa e coincide con lo sviluppo dell'agricoltura, che ha portato alla diffusione delle lingue nei centri agricoli, diffusione bloccata soltanto laddove l'ecologia diventava scarsamente adatta per un particolare tipo di coltivazione e laddove si frapponevano barriere naturali. Questo è il motivo per cui ai margini delle odierne grandi famiglie linguistiche, per esempio in remote regioni montuose e boscose, ci imbattiamo in piccole società linguistiche (come nel Caucaso), la cui presenza rimanda a quella diversità ormai perduta. <br />LA SECONDA, l’ondata del cambiamento. Invece è recente, ma ugualmente disastrosa per le lingue. Si tratta di una trasformazione dovuta all'attività economica, alla colonizzazione, alle guerre di conquista degli ultimi due secoli che ha portato a un mutamento linguistico difficile da osservare, ma altrettanto potente e così troviamo (come sulle nostre Alpi, sulle nostre regioni del Sud, in seguito a forte emigrazioni, dall’est all’ovest e dal sud al nord del mondo, e/o per persecuzioni religiose o razziali , i valdesi,gli albanesi, gli arabi ecc. ). Durante questa seconda ondata si è prodotta la differenza tra le lingue metropolitane e le lingue periferiche, cioè fra quelle che danno o non danno accesso simbolico alla sfera dell'economia sviluppata. Le lingue metropolitane sono quindi associate a una classe economica e sociale dominante, come per esempio l'inglese nella Gran Bretagna dell'industrializzazione o in un qualsiasi paese in via di sviluppo. Le lingue periferiche, al contrario, sono confinate in regioni meno sviluppate e danno quindi accesso a una gamma più ristretta di funzioni e ruoli economici. E' ovvio che ciò che determina il ruolo periferico di una lingua non risiede minimamente nella lingua stessa (nella sua struttura, per esempio), ma è un fattore che va rintracciato nella differenza tra le economie e le società delle persone che la parlano. A questo punto è quasi superfluo ricordare che da quando alcune lingue (soprattutto l'inglese,il francese e lo spagnolo) sono diventate lingue globali dominanti, la minaccia di estinzione per quelle meno prestigiose ha subito una accelerazione senza precedenti. Questo sviluppo ha avuto delle conseguenze che tuttora possiamo avvertire anche in Europa, perché nel vecchio continente, a causa dell'identificazione tra identità nazionale e integrità linguistica, la diversità linguistica ha finito per essere limitata alle zone di confine; a ciò si aggiunga anche che nell'opera di definizione dei confini nazionali alcuni gruppi si sono ritrovati dalla parte "sbagliata" del confine o si sono ritrovati dispersi in svariati stati-nazione (lascio alla vostra fantasia indovinare quali). In Europa, malgrado ben 25 dei 36 stati-nazione moderni siano ufficialmente monolingui, tuttavia ospitano comunque delle minoranze, indigene e non, le cui lingue non hanno lo stesso status delle lingue ufficiali. Questo fenomeno viene giustamente considerato come una forma di colonialismo interno, che fa spesso sentire a coloro che vivono alla periferia il loro bi o plurilinguismo come un peso (per converso, bisogna anche sottolineare che non si può imporre un bi o plurilinguismo con la forza). Come iniziativa, prendiamo in considerazione tutta una serie di misure, atte a inglobare la salvaguardia delle lingue nel più generale attivismo in difesa dell'ambiente inoltre il desiderio di invertire la direzione, e cioè di fermare l'estinzione di una lingua, è stato il desiderio delle persone stesse, in particolare nella comunicazione intergenerazionale all'interno delle famiglie, tra madre e figlia, di trasmettere un sapere sul mondo. Senza queste pratiche di salvaguardia, basate sullo scambio vitale, tutti i progetti che poggiano unicamente su legislazione a tutela di una lingua non avranno successo. E qui si chiude il cerchio: è quindi necessario sensibilizzare il maggior numero possibile di persone per sviluppare pratiche volte al mantenimento delle lingue, salvaguardando contemporaneamente le culture e l'habitat in cui si sono sviluppate. Ecco che si parla di estinzione e suicidio delle lingue, addirittura dell'inglese come "lingua killer", il che mi sembra un segno di un certo senso di colpa . Finora siamo stati indifferenti a questo tema a chiediamoci se la migliore politica può essere davvero quella di continuare a non fare niente, anche perché siamo continuamente invitati a ripensare le nostre pratiche linguistiche quotidiane. Convivere, giustamente, a un mondo in cui tutti sono plurilingui (c'è la lingua materna in senso stretto) e cioè una lingua relazionale e regionale, non necessariamente identica a quella nazionale. C'è infine una terza lingua per trarre tutti i vantaggi dalla comunicazione globale - molto probabilmente l'inglese -, questo dal punto di vista pratico porterebbe le nazioni in grado di ospitare un pluralismo sia linguistico sia culturale, una contaminazione dei saperi per la nostra soppravivenza -anche se soltanto uno dei gruppi coesistenti vede riconosciuta la sua supremazia Effettivamente ci possono essere dei problemi in questa contaminazione linguistica, ma proprio in questa dimensione sta una risorsa simbolica per l'espressione di esperienze e saperi che altrimenti rimarebbero nascosti. Senz'altro non è facile far tornare in vita un idioma, una lingua estinta o seriamente minacciata dall'estinzione; ma il tentativo può riuscire quando dalla maggioranza dei parlanti è considerato decisivo per la loro stessa vita, come insegna il caso dell'Ivrit (ebraico moderno). Non sarà mai il caso del Tarùsc. Bisogna però considerare che se si sceglie la strada della conservazione pura, che serve soltanto per distinguersi, allora la restaurazione servirà solo ai linguisti che studiano la diversità dei sistemi linguistici. Da dove veniamo…. Taurisc..Leponzi e/o Voconzi..i ed il Tarùsc… penso che non possa essere solo un idioma corporativo potrebbe essere anche la rimanenza ( il resto di una parlata) di una lingua scomparsa. Il territorio va dal Merguzzolo ad Invorio/ Borgomanero ndr. “In particolare i laghi, di Mergozzo, Orta e la sponda piemontesse del lago Maggiore da Fondotoce ad Arona con al centro il Mottarone che fa da spartiacque delle varie parlate del Tarùsc.<br /> Un po’ di storia del territorio. (*) L’insediamento antico del nostro territorio è provato dai ritrovamenti archeologici che vanno da Brisino a Cireggio, dove in località San Bernardo si sono rinvenuti frammenti fittili e litici della tarda età del bronzo e del ferro, e del monte Zuoli, dove si è individuato un altare protostorico e un possibile scivolo rituale. Tra i primi popoli stanziatisi nel Verbano - Cusio fino a tutto il II millennio a.C. si annovera tradizionalmente quello degli Osci di origine iberica, dal cui dialetto sarebbe derivato (da umacia = lago) il toponimo Humana-Umenia Vemenia, che si leggerebbe nella copia dell’antica carta itineraria militare, disegnata forse nel V secolo d.C. sotto l’imperatore Teodosio (collezionista nel ‘500 dal tedesco k Peutinger). All’inizio del I millennio a.C. un altro popolo migratorio: i Liguri, approdati cinque secoli prima dal nord Africa (Libia?) in Gallia, alle foci del Rodano, e dilagatisi anche verso le vicine coste, montagne e pianure della nostra penisola, pervengono con la tribù dei Leponzi (Voconzi?), staccatisi dalla più grande dei Taurisci (= abitanti dei monti), nelle nostre zone, suddividendosi nelle tribù minori dei Siconii (lungo il Sesia), degli Aconii (lungo l’Agogna superiore, la sponda verbanese del Mottarone, l’Ossola), degli Usii (lungo la Valstrona, Cremosina e le sponde del nostro lago, cui deriva il nome: lacus Usisu = Cusius). Nel VI secolo a.C., valicando i passi alpini vicini e battendo gli Etruschi sul Ticino, i Celti invadono le pianure piemontesi e lombarde e la loro tribù degli Insubri fonda Mediolanum nel 400 a.C. I Romani li sottomettono alla fine del III secolo a.C. e, costruendo le strade per la nuova provincia (delle Alpi Attreziane?), attraversano la nostra zona sulla sponda orientale del lago con l’importante via Settiminia (da Settimio Severo), che da Genova per Tortona-Mortara-Novara-Omegna-Domodossola-Passo del Sempione conduce nei territori dei Franchi. Nel 390 d.C. giungono in Italia i due fratelli di Engina: i santi Giulio e Giuliano, autorizzati dall’imperatore Teodosio a diffondere il cristianesimo. Le invasioni barbariche dei nostri luoghi riprendono nel 437 con gli Alani unitisi ai Vandali di Genserico, che ci avrebbe accordato il privilegio di promulgare autonomamente le leggi (da qui, secondo la tradizione, il motto dialettale “la nigua la va in su e la leg la fuma nui”), e si susseguono nel 452 con gli Unni di Attila. Nel 488 il territorio non solo del vergante subì l’invasione dei Burgundi di Gundebaldo, che si ripresentano nel 539 con Teodeberto; nel 550 è la volta dei Franchi Alemanni e nel 569 dei Longobardi di re Alboino che, entrati in Italia da Cividale del Friuli, conquistano Milano, Roma e fanno di Pavia la loro sede regale, suddividendo i territori assoggettati in ducati, ad esempio Lomello, Pombia, Stazzone, Oxilla, Omula (Omegna, sede politica e l’isola di San Giulio sede militare). Nel 774 ritornano i Franchi di Carlo Magno, chiamati dal Papa per combattere Desiderio, l’ultimo re dei Longobardi. Fatto prigioniero quest’ultimo, s’impadroniscono del regno sino all’888. Durante le lotte intestine novaresi, la fazione ghibellina (pars rotunda) vincente i Tornielli effettua nel 1311 una spedizione armata contro quella guelfa (pars sanguigna) dei Brusati, rifugiatisi nella nostra zona,dopo la cacciata da Novara. L’anno dopo molte cittadine si costituiscono in comuni liberi con propri statuti, approvati solo nel 1384 da Gian Galeazzo Visconti. Nel 1361 i Visconti, si insediano a Massino, distruggono il castello sul poggio Mirasole di Omegna e le restanti opere difensive di Crusinallo, i cui nobili, già emigrati in parte nel precedente secolo, si disperdono o si imborghesiscono in loco. Scacciati dalla valle Anzasca, dove sfruttavano le miniere d’oro, si rifugiano a Chesio di Valstrona nel 1425 i Cani, parenti di Franco Cane, condottiero dei Visconti e padrone del novarese fino al 1412, anno in cui morì. Nel 1447, morto Filippo Maria Visconti, viene proclamata la Repubblica Ambrosiana che riconosce Omegna terra libera. Nel 1450 è però infeudata, come la Valstrona, ai Borromei, ai quali Ludovico il Moro la toglie nel 1494. Alla sua caduta, cinque anni dopo, viene ridata ai Borromei in cambio di una grossa cascina alle porte di Milano. Ludovico il Moro sollecitò nel 1490 ai podestà di Omegna e di Ornavasso la costruzione di un ponte sul torrente Strona (= ponte antico?), essendovi affogato uno dei suoi cavalieri durante un guado. Tra il 1514 e il 1598, domesi, svizzeri mercenari dei Borromei, soldataglie di Cesare Maggio e spagnoli a turno taglieggiano, saccheggiano, distruggono nel Verbano e nel Cusio (come non lo è stata negli anni della pestilenza: 1344, 1347, 1361, 1513, 1630, e della carestia: 1231, 1364). Con la cessione dell’Austria del ducato di Milano, che sul Verbano – Cusio vantavano diritti feudali ceduti dai Crusinallo a Novara (1221) e quindi, attraverso i Visconti e gli Sforza, a Milano, anche il vergante ne segue le sorti fin quando, con il trattato di Worms del 1743, passa ai Savoia. Nello stesso periodo il novarese fu percorso dalla ventata libertaria e repubblicana conseguente alla rivoluzione francese. Nel 1796 fallì un complotto del pallanzese Azari, che intendeva sollevare la regione per farne un dipartimento autonomo. Nel 1798 il generale francese Léotaud sbarcò a Pallanza con una schiera di armati, occupò Cannobbio e parte dell’Ossola; ma finì sbaragliato dalle truppe sabaude del marchese d’Oncieux tra Gravellona e Ornavasso. All’alba del 29 maggio venne fucilato ad Omegna il ventenne milanese Graziano Belloni, fatto prigioniero in quel frangente. All’esordio di Napoleone il Cusio fu occupato dai francesi, poi dagli austriaci. In seguito il Cusio- Verbano, sottoposto al V distretto con sede ad Arona, fece parte del dipartimento dell’Agogna nella Repubblica Cisalpina (1800); con il regno italico voluto da Bonaparte (1805) fu sottoposto alla vice prefettura aronese. Sconfitto Napoleone, nel 1815 il congresso di Vienna sancì la restaurazione dei Savoia; gli abitani del Cusio-Verbano conservatori per indole salutarono con gioia il ritorno di Vittorio Emanuele I. Nel 1817 fu definita la questione dei vescovi, esautorati e gratificati con il titolo puramente onorifico di principi. Nel 1836 il colera fece molte vittime. Lo Statuto Albertino del 1848 fu accolto con esultanza e luminarie. Seguirono le guerre d’indipendenza contro l’Austria: quella del 1848/49 con la disfatta sabauda a Novara; la successiva del 1859, vinta dai francopiemontesi. Proclamato il Regno d’Italia, anche il Cusio – Verbano entrò a farne parte. Dal 1864 al 1888 fu costruita la ferrovia Novara Gozzano-Omegna- Domodossola, di 89 km: una folla entusiasta salutò il passaggio del treno inaugurale. Da metà ‘800 vennero impiantate in paese importanti fabbriche, trasformando il verbano in un vivace centro industriale e tutistico , incrementandone la popolazione con mano d’opera immigrata. Nel 1918 la spagnola decimò la popolazione per la totale mancanza di assistenza sanitaria, difficile la ripresa dopo il primo conflitto mondiale, la zona occidentale del lago Magggiore e il Cusio-Verbano, fu per lunghi anni abbandonata dal potere centrale. Zona depressa molti concittadini dovettero abbandonare la propria casa ed emigrare chi nelle Americhe chi in nord Europa. La seconda guerra modiale termina con la presa di coscienza della popolazione e la disfatta del nazi-fascismo. La prima repubblica nasce da queste parti , “40 giorni di libertà”. Il resto è la storia dei nostri giorni…. ) <br /><br /> Immunitas e communitas. Si nasce, si cresce e si muore ovunque. Quello che non si capisce, da qualche tempo a questa parte, è come tutti vogliono raccogliere cose che nessuno ha piantato. <br />Si muore ovunque, ma la morte nei paesi è più visibile. La morte paesana non è solo un avvenimento privato che riguarda la famiglia del defunto e i suoi amici, è anche un evento sociale. I manifesti funebri restano per mesi sopra i muri, involontarie inserzioni pubblicitarie della nostra precarietà ed esercizio di ragioneria: stanno li a segnalarci che un altro se n’è andato e d’ora in poi bisogna andare avanti con uno in meno. Più il paese è piccolo e più il funerale è affollato, specialmente quando a morire è una di quelle persone che potremmo definire persone-paese, cioè persone che hanno vissuto come se la loro vita non fosse segnata dai confini del loro corpo, ma fosse un alito, un frammento della vita del paese. Una vita all’ aperto, tutta giocata nello spazio pubblico pur non avendo mai ricoperto alcun ruolo di rilievo. La vita di queste persone era caratterizzata da un’estrema apertura alla vita degli altri, quasi che fosse indistinguibile dal la propria. d è proprio questo elemento che rende la oro scomparsa particolarmente grave. Ormai anche nei paesi si tende ad adottare stili di vita che sono cattive imitazioni dello stile cittadino. Sembra prevalere la logica del farsi i fatti propri, del chiudersi in casa, come se lo spazio esterno fosse un luogo in cui niente si può prendere e niente si può dare. La vita «immunitaria» è quella che si chiude all’ interno dei propri confini, quella di chi disprezza le persone che non capisce. La vita ispirata all’immunitas si va facendo strada specialmente tra i giovani, cioè le persone che con la loro esuberanza biologica dovrebbero più di altre costruire «abusivamente», andare oltre i volumi ed i confini del proprio corpo. Molti ragazzi e ragazze sembrano immunizzati dal contatto con gli altri, come se la loro vita fosse una faccenda in cui nessuno può mettere il naso. Le persone-paese parlano di tutti, sanno la vita di tutti. In questo modo, senza volerlo e senza farci caso, tengono in piedi un’idea di civiltà che altrimenti sarebbe completamente smarrita. Ovviamente queste persone esistono anche nelle città, ma la città è un luogo in cui è difficile espletare il proprio senso della communitas. in Città ti conosce soltanto chi ha un qualche motivo per conoscerti. In città puoi anche essere conosciuto da molti, ma in quel caso sei nella sfera della fama. In paese sei sempre conosciuto da vicino. Non sei famoso, sei uno di cui gli altri credono di sapere tutto. Sei uno che crede di sapere tutto. Naturalmente si tratta di finzioni, ma sono finzioni in cui è utile credere, perché tengono invita un senso cerimoniale, perché ti fanno scendere in strada non perché devi andare a divertirti o a lavorare, ma semplicemente per stare con gli altri a condividere la strana avventura del tempo che passa. Cosa diversa per chi si ritiene insostituibile. A volte si ha l’impressione che certi problemi esistono fin quando ci sono persone che se ne occupano. Nei paesi più che nelle città ci sono persone che si ritengono indispensabili per risolvere i problemi della comunità. Presidiano la piazza o gli uffici comunali come se non potessero vivere senza le faccende di cui si occupano. Non fanno vacanze, non vanno al cinema, non leggono libri, Hanno sempre qualcosa da risolvere, come se il paese fosse un rebus e non un luogo del mondo che a volte va semplicemente lasciato in pace. Queste persone possono esser più o meno lodevoli, più o meno animate da sincera passione civile. Quello che non convince, in taluni casi, è la natura ossessiva del loro impegno. E questo diventa un problema: cosa fare quando il problema si risolve? Se ne può trovare un altro, ma così facendo si accede a una visione infermieristica della realtà, come se il mondo in cui ci è dato vivere fosse un eterno malato e noi dobbiamo stare sempre vigili al suo capezzale. Forse un buon modo di vivere l’impegno politico è quello di non essere prigionieri dei problemi di cui ci si occupa. La prigionia spesso comporta uno stato allucinatorio. Uno scarafaggio su un muro diventa un mostro che ci squarcia le costole. E così negli italici paesini se si va a parlare con un sindaco o un segretario di partito pare sempre che siano alle prese con problemi giganteschi. La chiusura nella propria comunità fa sempre questo brutto scherzo di renderci schiavi delle questioni di cui ci occupiamo. E lo schiavo tende sempre ad ingigantire il ruolo del suo padrone. Noi non dobbiamo essere gli schiavi dei problemi, ma esercitare su di loro una qualche padronanza, la padronanza che ci viene dal fatto che tutti i problemi di questo mondo, a parte la morte, sono relativi. Uno che si propone come salvatore della sua comunità rischia di diventate egli stesso un problema. Ci sono due movimenti per ovviare a questa situazione. Uno è la capacità svolgere un’azione centripeta, cioè concentrarsi pragmaticamente sul fuoco della questione e l’altro è spinta centrifuga. cioè la capacità di assumere la propria questione in un’ ottica più larga. Si realizza in questo modo una sorta andirivieni, come se il problema per essere risolto richiedesse una capacità di avvicinarsi adesso, ma anche di allontanarsene. Applicando questa cinetica dell’ impegno politico presto si vede qualche frutto. Uno che tiene la vigna alla fine deve fare il vino e poi stare attento a non ubriacarsi. Chi fa politica deve trasformarsi in un contadino e abitare le sue terre e farle fruttare per sé e per tutti. Quello che non si capisce, da qualche tempo a questa parte, è come tutti vogliono raccogliere cose che nessuno ha piantato. <br /><br /> Stesura incompleta<br />1a correzione giugno 2010.AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-62004823012661050502011-03-26T13:18:00.001-07:002011-03-26T13:19:43.316-07:005 PESI, MISURE E MONETE NEL TEMPOV Capitolo <br />Pesi, misure e monete nel tempo.<br /><br /> <br /><br /><br />(*) <br /><br />In fase di stesuraAL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-49731749068529973782011-03-26T13:18:00.000-07:002011-03-26T13:19:43.057-07:005 PESI, MISURE E MONETE NEL TEMPOV Capitolo <br />Pesi, misure e monete nel tempo.<br /><br /> <br /><br /><br />(*) <br /><br />In fase di stesuraAL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-9955471247143581932011-03-26T13:16:00.000-07:002011-03-26T13:18:18.596-07:006 METEROLOGIAVI Capitolo<br />Meteorologia.<br /><br /> Il sole, la luna e la meterologia hanno sempre stimolato la fantasia popolare. Oggi, sono ancora molti contadini che prima di fare qualche cosa nei campi guardano il cielo e poi decidono.<br /><br /><br /><br /><br />In fase di stesuraAL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-19179900314902573272011-03-26T13:15:00.000-07:002011-03-26T13:16:16.222-07:007 BRISINO IERIVII Capitolo<br />Brisino ieri <br /> Dal dizionario i comuni del regno d’Italia edizione 1885 e 1900. Ed. Vallardi. Milano, pagina 389 del primo libro.<br /><br /> 1885 Brisino, comune del Piemonte, formato dal capoluogo, e dalle frazioni di Passera, Vedasco, Binda e La Sacca; provincia, distretto militare, diocesi di Novara, circondario collegio di Pallanza, mandamento di Lesa, parrocchia di Brisino, dedicata alla SS.Trinità; popolazione (censimento 1900) 352 abitanti - E' posto in collina, presso il fiumicello Reale (Rià) Maggiore, a 450metri slm., a 52 km., da Novara, a 18 da Pallanza, a 8 da Lesa. Nell'autunno è assai frequentato dai villeggianti. Il territorio è lambito dal lago Maggiore, ha una superficie di 225 ettari, era coltivato a vite, alberi da frutta, castagneti, cereali, ortaggi, foraggio ecc. Vi si alleva numeroso bestiame. Il comune è attraversato dalla strada nazionale il Sempione. La strada dalla frazione Binda conduce a Stresa. L'ufficio postale, telegrafo, farmacia, alimentari e lo scalo sul lago più prossimo, è a Stresa a 4 km.; la stazione ferroviaria è ad Arona a 15 km. La popolazione è eminentemente agricola parla il Tarùsc e il dialetto del vergante, misto di voci lombarde - piemontese. Vi sono le scuole elementari comunali, di grado inferiore, l'Opera pia Leone, una congregazione di carità.. <br /> Chi leggerà questo testo nella speranza di conoscere la storia di Brisino, attraverso un’indagine, con la pazienza, che sappia collegare gli anelli sparsi nei documenti, in una visione metodica e complessiva, non resterà deluso. Troverà, le documentazioni che potrà, inanellare con la sua fantasia e potrà farsi così una personale storia di Brisino, (dall’insediamento dei suoi abitanti ai riferimenti con il passato ed il presente), gustare il fascino di una lingua-gergo scomparsa “Il Tarùsc” e vedere con i nostri occhi le bellezze di questo paese, che guarda il lago, con alle spalle le Alpi. E sarà la più bella. Sarà priva dei crismi ma ricca di sentimenti. Queste pagine vogliono essere dei ricordi ed un amore per il tempo trascorso, per un mondo scomparso. E così vanno lette. I ricordi, l’amore per questa terra, non sono argomento da tavole rotonde né si vivisezionano in laboratori anatomici. L'amore verso questa terra si accetta perché è vita, con tutte le bellezze e le debolezze degli uomini. Così deve essere accolto questo lavoro che vuole conservare e far conoscere quanto c’è rimasto in casa; perché le radici siano conservate; perché il vento della memoria non le spazzi via; perché la sedimentazione storica non le fossilizzi nell'oblio; perché coltivare le radici è promuovere la crescita integrale e sana della persona. <br /><br /> Le notizie documentate sui nuclei abitativi del nostro territorio risalgono ai secoli in cui la storia è già affermata da più di un millennio, credo di poter asserire che la nostra zona fu abitata o, per lo meno, frequentata dall’uomo fin dalla preistoria. La storia degli avvenimenti, incomincia, quando appare la scrittura e il ricordo rimane fissato da chi ne fu attore di persona o ne ha sentito parlare da chi li ha vissuti. Prima di queste testimonianze si ha la preistoria, che basa le sue ricostruzioni sui resti umani o sui resti archeologici delle prime abitazioni, delle tombe, delle armi primordiali. Nulla, quindi, può dirci del linguaggio, dei caratteri intellettuali o sociali, delle vicende di quelle popolazioni. Quelle remote civiltà si svilupparono prima e più rapi¬damente dove le popolazioni erano più intelligenti e più attive: soprattutto dove le condizioni geografiche, atmosferiche, ambientali erano più propizie. Le condizioni di clima e di suolo del nostro territorio presentavano l’optimum per i primi insediamenti. Gli studiosi di paleontologia e di paletnologia partono da un'indagine preliminare per la scelta del terreno di scavo, fondata sui dati della geologia e della geografia fisica e antropica che forniscono indicazioni significative sulle con¬ dizioni naturali di un insediamento, di un habitat. Questa ricerca, nei tempi moderni, fu facilitata dalla fotografia aerea per l'ingrandimento del campo visivo e per una percezione più sintetica di quella che si può avere al suolo. La fotografia aerea rivela ciò che l'occhio non può ve¬dere. Si può dire che l'aviatore sta all'archeologo come il radiologo sta al chirurgo. Tale metodo è stato ormai superato, ai nostri giorni, dalle apparecchiature elettroniche, come il georadar che, emettendo onde radio, consente di interpretare le stratificazioni fino a trenta metri sotto la superficie terrestre e di riprodurre un grafico con i profili delle eventuali cavità carsiche e il loro completo sviluppo sotterraneo. Con il geodar dell'evidenza, noi possiamo affermare che l'esposizione a levante del territorio ove sorge la Chiesa di S. Albino (costruita alla fine del primo millennio, il paese scompare per una calamità naturale, si dice che sia franato in seguito ad un terremoto intorno al 1200), la sua posizione arcuata, a riparo dagli agenti atmosferici, la sua struttura geologica, la friabilità del terreno con tendenza carsica, i suoi torrentelli, fornivano un habitat ideale per la gente primitiva. Il lago, poi, era sicura fonte di nutrimento e, perciò, presupposto di sviluppo. Come lo furono e lo sono le vie d'acqua. Soprattutto per le età remote vale il principio che la terra divide e l'acqua unisce. Le prime e le più grandi civiltà storiche sorgono e si affermano sui mari. Come ninfee. Il Mediterraneo fu la culla delle nostre civiltà. I primi insediamenti che si svilupparono furono quelli sorti sulle sponde di un fiume. Non c'è città importante senza fiume. Queste considerazioni, scientificamente valide anche per la nostra zona, furono suffragate negli anni cinquanta del secolo trascorso dal ritrovamento, in zona detta La Selva, di cavità e di reperti preistorici. Alcuni giovani nel 1959 , in una scorribanda ricreativa, perlustrarono una di quelle cavità e vi trovarono la mascella inferiore con denti di un animale ormai scomparso, altri denti molari sparsi e qualche scheggia di pietra. Non è il caso di risalire all'epoca del tyrannosaurus, dello stegosaurus e dell'apatosaurus che comunemente, ma erroneamente è chiamato brontosaurus. I giovani, freschi di studi, pensarono all'Ursus spleleaeus, spalancando le dighe della loro giovanile ed avventurosa immaginazione. Quei reperti furono inviati ad un gruppo, appena sorto, che, a Grignasco, si interessava di speleologia, stimolato dalla vicinanza del Monte Fenera. Ulteriore conferma c’è data dal rinvenimento e dallo studio su «Oscellana» n. 3 1977) di Alberto De Giuli, Vittorio Grassi, di numerose coppelle incise su roccia, alle quali finora non è stata data una precisa interpretazione ma che appartengono alla preistoria dell'arte. Affidiamoci, perciò, all'immaginazione contenuta nei binari di un’elementare conoscenza preistorica, per ricostruire lo svolgersi della vita primordiale su quelle parti delle nostre colline che ora chiamiamo Scaletta, Riccia, Campaccio, Pica, Aurunch, Rossea, Spelonca, La sacca, San Giovanni, Rondella, Tinella, Piano dei Ronchi, La Piana e La Selva, Pieu, Muntsant ecc.,. Non possiamo sapere se quell'insediamento avvenne già nell'età Paleolitica, della pietra grezza, o millenni più tardi, nell'età Neolitica, della pietra lavorata, circa seimila anni prima di Cristo. Accontentiamoci di seguirli nella dura e lenta evoluzione. Da cacciatori e pescatori diventarono contadini e pastori. Uscirono dalle caverne e si costruirono capanne. Scesero verso lago: sapevano ormai dominare, in parte, le forze degli animali e della natura. Conobbero il rame e i metalli: siamo già nell'età neolitica, nel quarto terzo millennio prima di Cristo. Furono in grado di affrontare e risolvere situazioni prima insormontabili. E si accorsero che il lago era bello. Si fermarono ad osservare i riflessi dell'acqua, al tramonto, liberi da paure ossessionanti. La lotta feroce per l'esistenza si era risolta in un’esistenza di lotta e di lavoro che permetteva ai sentimenti di affiorare e di innestarsi efficacemente sulla loro vita. Timidamente e faticosamente il progresso si avviò sicuro a scalare l'erta della civiltà anche sulle nostre colline.<br /> La civiltà si sviluppa con la comunicazione che, permettendo lo scambio d’idee, di conoscenze, di scoperte e d’invenzioni, diffonde e stimola il progresso. Dal gran ceppo etnico, che globalmente è denominato «Mediterraneo», derivarono le prime popolazioni del neolitico in Italia: quelle che furono chiamate “Siculi” al sud e “Liguri” al nord. Costoro occuparono la parte nord-occidentale dell'Italia e, quindi, si può presumere anche la nostra zona. Comparvero volti nuovi: incominciò una nuova vita. Il flusso migratorio fu reso possibile e facilitato anche dal dissodamento graduale dei boschi, delle foreste e dei territori prima intransitabili, si apri un'era nuova che operò una profonda trasformazione nelle condizioni sociali ed economiche dell'Italia. Sappiamo che una delle tre regioni della Gallia, la Celtica, crebbe talmente per la fertilità delle terre, per l'attività dei suoi abitanti e per l'abilità dei governanti che il re stesso Ambigato incaricò due suoi nipoti, Sigoveso e Belloveso, di andare alla ricerca di nuove terre, per alleggerire il regno dall'incremento demografico, parallelo sempre alla crescita economica. Essi riuscirono a passare le Alpi, vincere gli Etruschi non lontani dal Ticino, stabilirsi nella pianura e fondare Milano. Dopo di loro altri gruppi invasero la regione, tra i quali i Salluvi, che si sparsero e si fusero con l'antica popolazione dei “Taurisci” e di “Liguri Lesi – Leponzi”. I Taurisci lasciarono un pezzo della loro lingua. Impropriamente a mio avviso si attribuisce agli ombrellai la nascita del gergo del Tarùsc. Giunsero certamente fino a noi. Ecco la prova documentata. Nel luglio 1975, durante i lavori di scavo per una nuova costruzione, in località Le Piane, a fianco della strada che porta al Cimitero, furono rinvenute quattro lastre di pietra con iscrizioni risalenti a un secolo avanti Cristo, usate, poi, nel Medioevo a formare una cassa rettangolare, che fu trovata vuota. Si deve all'appassionato cultore di storia e collaboratore del Gruppo Archeologico di Mergozzo e Vittorio Grassi di Gignese, la segnalazione dell'importante rinvenimento all'esperto studioso Alberto De Giuli, il quale pubblicò uno studio dotto e preciso su il - Bollettino Storico per la Provincia di Novara - n. 1 del 1978 con il titolo: “La stele funerarie Brisino”. Sullo stesso numero fu riportato un primo linguistico di Maria Grazia Tibiletti Bruno: “Brisino e l'epigrafia epicorica del Lago Maggiore”. Una particolareggiata analisi linguistica e una precisa classificazione fu pubblicata dalla stessa esperta studiosa «Sibriurn» vol. XIV 1978/79 del Centro di Studi Preistoria e Archeologici di Varese. <br />Ora la stele è custodite all'Antiquarium di Mergozzo, sulla prima, quella che pare la più antica, l'iscrizione recita:<br /><br />Askonetio / Pianu In cui si ha un'inversione di elementi onomastici, personale segue il patronimico, perciò Pianu è il defunto figlio d’Askonetio. <br /> Nell’altra stele epicorica la grafia è destrorsa:<br />Kiketu / Retalos: In cui Kiketu è il personale (come Pianu, nella prima) e Retalos è il patronimico.<br /> Le iscrizioni delle altre due sono chiaramente di forma latina, anche se quella ritenuta più antica presenta alcune caratteristiche grafiche epicoriche:<br />Exobna/Diuconis, Etimologicamente Exobna significa “senza paura”.<br /> In questa seconda epigrafe, posteriore alla prima è più curata nella grafia.<br />Exobna (figlia) di Diuco. <br />Luto / Artonis <br /> Luto “figlio” d’Arto, la forma è già perfettamente latina, con il tipo analitico, in cui il nome del padre è messo dopo il nome personale, è al genitivo ed è sottinteso “figlio”. Come nel latino classico: Tulliola CiceronisTullio la figlia di Cicerone.<br /><br />000<br />Analoghe iscrizioni e forme grafiche e onomastiche sono state rinvenute non solo in zone a noi vicine come a Levo, nel Canton Ticino, a Gravellona, a Carcegna sul lago d'Orta anche in località lontane in Lomellina, a Voltino di Tremosine sul lago di Garda ci confermano tanti spostamenti di persone, i conseguenti scambi dì culture, di tradizioni e la lenta, talvolta sofferta, romanizzazione. A quei tempi, pur esistendo già nomi di luoghi (toponimi) dai quali sì indicavano popolazioni e persone (toponimici), la denominazione «Brisino» era dì là da venire. Donde venne e quando venne non c’è dato di sapere. Si parla di Bricíxíno e di Barzino su documenti del 1100 d. C. e seguenti. Su carte del 1600, custodite nel nostro Archivio parrocchiale e riportate nella seconda parte di questo libro, è scritto chiaramente Breysinum. Su documenti del primo Ottocento si è già trasformato in Brasino e Bresino. Per un breve periodo anche Brisino Borromeo. Ora è Brisino. La tendenza a semplificare e a facilitare la pronuncia ha sempre determinato queste riduzioni fonetiche in tutte le lingue e in tutti i tempi. Denominazioni più precise si ebbero con l'occupazione dei Romani. La dominazione e l'opera di colonizzazione dei nuovi conquistatori, che si affacciarono sulle sponde del lago e si sparsero in tutta la zona, incisero concretamente sulla vita delle genti Alpine che assimilarono costumi, usi e lingua. Monete, iscrizioni, vasi e suppellettili romane furono ritrovate a Lesa, ad Arona, a Baveno e nel vecchio Cimitero di Stroppino (1818). Carpugníno stesso deriva il suo nome dalla gente romana Calpurnia, come Vezzo dalla gente romana Vettia. Questo succedersi vorticoso di fotogrammi incompleti sono stati abbozzati unicamente per dare un filo direzionale: un filo di Arianna nel labirinto dei secoli. Ormai la nostra popolazione era romanizzata e, perciò, assai più civilizzata. Certamente fu coinvolta e, in qualche modo, partecipe di tutti gli eventi politici e sociali delle varie epoche. Il loro incontro, la loro convergenza condurranno l'uomo, ancora una volta, a varcare nuovi confini sull'onda dei flussi storici sia positivi che negativi. Infatti, dopo la caduta dell'Impero Romano, l'Italia fu invasa dalle popolazioni che i Romani chiamavano «Barbari». Costoro arrivarono anche nella nostra zona? E’ certo che, in seguito, fecero sentire la loro presenza i Longobardi, provenienti dalla Germania settentrionale. Essi divisero i territori in ducati, per meglio governare e ammini¬strare: il che significava per loro e a quei tempi... spogliare. Nell'isola di S. Giulio fu scoperta la tomba del duca Minulfo, morto nel 591 dopo Cristo. Tutti i territori occupati dai nuovi invasori furono chia¬mati Longobardia Lombardia. Il Vergante, che fece parte del ducato di Milano, e, quindi, anche la nostra zona, conobbero questi nuovi padroni che lasciarono un segno notevole negli usi e nei costumi delle nostre popolazioni. Quando Carlo Magno sconfisse i Longobardi nel 744, il Vergante e il nostro territorio passarono sotto l'Impero carolingio con regime feudale. Quale fosse, in quei tempi, l'estensione del Vergante non si sa di preciso: forse, inizialmente, si estendeva soltanto da Lesa a Baveno. E’ certo, però, che Brisino vi faceva parte. Verso il Mille, il Vergante fu governato da Capitani, istituiti da Ottone il Grande, imperatore di Germania, che discese in Italia a restaurare l'autorità imperiale e che conquistò la Lombardia (962). Impose l'ordinamento feudale energicamente a tutto il ducato di Milano e, quindi, anche al Vergante. In un documento dell'epoca si legge: "Istituì anche nelle valli dei Capitani che allora furono detti Vallesini e poi Valvassori". Costoro, secondo la gerarchia feudale, dipendevano politicamente e amministrativamente dall’Arcivescovo di Milano che vi esercitava, come sua diocesi, anche la giurisdizione spirituale. Uno storico cronista del 1600 scrisse che poco prima dell'anno mille si contavano nel Vergante quaranta località, corrispondenti ai paesi attuali, tra cui Brisino. Pur mantenendosi ancora la signoria politica e civile dell'Arcivescovo di Milano, sappiamo che nel 1133 il Vergante era già passato sotto la giurisdizione della diocesi di Novara. E’ pure nominata la pieve di Baveno con le sue cappellanie che erano le chiese dipendenti dalla pieve, nelle quali ancora non si poteva amministrare il Battesimo. In seguito fu concesso sia per l'aumento demografico, sia per ovviare a disagi delle popolazioni. Il primo registro dei Battesimi, conservato nell'Archivio parrocchiale di Magognino, parte dall'anno 1610 ed è comune ai due paesi che formavano un'unica comunità, di S. Albino. Così pure il Registro dei Matrimoni. Il Registro dei Morti, invece ha inizio nell'anno 1600 e accomuna i defunti dì «Bresino» e di “Magognino”. I parroci stilavano verbali, con grafia fitta e abbreviazioni usuali, specificando il nome del defunto, la paternità, il paese, l'età, il luogo del decesso e precisando che era morto in - Comunione di Santa Madre Chiesa - e che era stato sepolto nella «Chiesa» di S. Albino. Tale usanza si protrasse fino al 1628/29. Soltanto con il registro del 1630 risulta che i defunti venivano sepolti nel «Cimitero» di S. Albino. Prima di cedere la parola, la più sicura, ai documenti, si dovrebbe accennare, almeno, alla costruzione della Chiesa di S. Albino, ma purtroppo nessuna notizia ci sorregge. Inizialmente fu costruita una cappellina sull'area occupata dall'attuale navata destra: una porta con architrave e spallette in sasso, ora murata, suffraga quest’ipotesi. L'affresco portato alla luce nel 1963 è un'altra conferma dell'esistenza primitiva della cappella, perché la sua collocazione è completamente decentrata nei confronti della parete attuale: infatti, quando fu costruita la Chiesa, incorporandovi la cappellina si eliminò l'affresco troppo basso, coprendolo di intonaco, per collocare simmetricamente, in testa alla navata più alta, la pala del nuovo altare. L'affresco, che rappresenta la Madonna in trono una «Maestà» , fu visitato, dopo lo scoprimento, dalla prof.ssa Noemi Gabrielli, allora Soprintendente alle Gallerie ed alle Opere d'Arte del Piemonte, che lo giudicò opera del primo Trecento. Non è un affresco a muro: fu affrescato su un masso erratico, previa lisciatura e preparazione accurata del fondo. Il masso era già stato adattato edicola, in mezzo alla campagna, primo segno della pietà e centro di devozione religiosa. Quando la popolazione decise di costruire la prima capellina, il masso, contrassegnato da qualche simbolo religioso fu indiscutibilmente incorporato e collocato nel posto preminente, quasi pala d'altare, testimonianza certa e radicale della loro fede. Alla prima occasione lo fecero affrescare da maestro comacino di passaggio che, interpretando i desideri e la fede della popolazione, fervorosamente devota Madonna, la rappresentò in trono. Il bambino, in braccio alla Madre, tiene fra le dita rosolaccio: il fiore, comunemente detto papavero, accendeva i campi di segale che, a chiazze, indoravano il pendio e soprattutto Le Piane. Si ignora l'anno della costruzione della Chiesa. Siamo certi che si decise di ampliare la cappellina e dirittura di sostituirla, per l'aumento demografico, favorita dalle migliorate condizioni economiche, da immigrazioni e sempre più frequenti spostamenti di gruppi, alla necessità di da eventi politici o, più spesso, di zone fertili. E poi... a quei tempi, forse nessuno eludeva i doveri religiosi. E’ certo, comunque che tutti diedero il loro contributo di lavoro e di impegno, comprese le donne e i bambini. Questo avvenne dopo il Mille, alla metà del Trecento la Chiesa era già catalogata tra le chiese della zona, però la costruzione fu anteriore quasi certo che fu usata anche come lazzaretto. A ricordo rimane una cappella aggiunta a metà della navata destra e dedicata a S. Carlo, il Santo che, per la sua instancabile opera di misericordia fu chiamato «padre dei poveri». Là anche chiamato il Santo della peste per la personale dedizione durante la terribile peste del 1576. Altre notizie si potranno desumere dalla lettura dei documenti riportati nella seconda parte. <br /><br /> Lasciamo, finalmente, la parola ai documenti che ci porteranno dentro la vita passata della nostra comunità e sono lo scopo della ricerca. Per conservarli e renderli noti. Leggendoli, Vi sentirete immersi in quelle epoche, respirerete i sentimenti dei nostri predecessori, assaporerete la continuità della nostra piccola storia, ma non per questo la meno importante. La cronistoria va dal 1609 ai giorni nostri.<br /><br />Traduzione letterale, dei documenti rispolverati negli archivi e riportati fedelmente.<br /> <br />Documenti.<br /> Descrizione Anno<br /> Descrizione Anno<br />A Nascita della parrocchia 1609 N Visita vicario Foraneo 1800<br />B Lite con Magognino 1796 O Occupazione Francese 1805<br />C Progetto nuova chiesa 1796 P Costruzione della chiesa 1805<br />D Nuove vertenze 1797 Q Fondi per la costruzione 1805<br />E Transazione tra le due comunità 1797 R Petizione dei Brisinesi 1805<br />F<br /> Istituzione della nuova Vicaria 1798 S Acquisto Casa Parrochiale. 1805<br />G La dote del parroco 1798 T Brisino è Parrocchia 1805<br />H Appello al Vescovo 1798 U I Pastori della Comunità Brisinese 1789<br />I Risposta del Vescovo 1799 V Anagrafe dal 1789 al 2003 1789<br />L Divisione dei beni Z Riferimenti incrociati dei documenti 1900<br />M Nascita delle comunità 1799 <br /> <br /> Il documento più antico dell'Archivio parrocchiale di Brisino è composto di otto fogli di carta porosa e giallognola dell'epoca, vergata con una grafia quasi indecifrabile, inchiostro color seppia, su undici facciate. Presenta macchie e slabbrature varie che rendono più difficile la lettura. E scritto in latino e contiene l'accorata richiesta delle popolazioni di Brisino e di Magognino al Vescovo di Novara che risiedeva nel palazzo vescovile dell'Isola di S. Giulio, di staccarsi dalla Pieve matrice di Baveno e di poter erigersi a parrocchia, con un curato fisso e residente che tutti i Sacramenti e curasse le sacre funzioni e la salvezza delle anime. Come si addice ad un documento giuridico è precisato l'anno: 1609, il mese di settembre, il giorno del mese e della settimana, 12, sabato e l'anno di pontificato del Papa Paolo V l'indizione: settima. L'indizione era un sistema per contare gli anni, probabilmente inventato dagli Egiziani che lo usavano nei settori agricoli: fu adottato prima dall'imperatore romano Costantino, nel 313, per la ripartizione delle tasse da pagarsi quindici anni, poi entrò nell'uso ecclesiastico, soprattutto la datazione dei documenti.<br />Questa è la traduzione letterale del documento.<br />Nell'anno 1609, settima indizione, l’anno del Pontificato di Papa Paolo V, e precisamente sabato 12 settembre, nel Palazzo Vescovile dell'Isola di S. Giulio e di Orta: alla presenza dell'Ill. mo e rev. mo Carlo dalla Basilica di Pietro Vescovo di Novara e dell'accompagnatore ecc. ivi risedendo e approvando tutto quanto è sottoscritto e includendo il suo decreto ecc. Le località di Brisino e Magognino, facenti parte della popolazione del Vergante della Diocesi di Novara sono sotto la giurisdizione parrocchiale e prepositurale della Chiesa di Baveno di detta Diocesi di San Gervasio e Protasio. Il rev. Prevosto di detta Chiesa è tenuto a svolgere la cura delle anime di quelle località; tuttavia quelle località distano da Baveno 4 miglia collegate da una strada montuosa e difficoltosa, e più malagevole soprattutto durante l'inverno per le piogge e la neve e ancor più per il ghiaccio. Tutto ciò rende difficile sia al Prevosto recarvisi, sia agli abitanti di quelle località recarsi a Baveno dal Curato. Tutto questo comporta non pochi inconvenienti a questi stessi abitanti, sia per partecipare alle funzioni sacre, sia per ricevere i Sacramenti, anche se alle volte hanno un cappellano saltuario non residente, che viene ivi condotto dietro compenso stabilito, che alle volte celebra le Messe nella chiesa di S. Albino che è vicina a quelle località. Per questo motivo chiedono umilmente al Vescovo che per la salute delle anime di dette località, gli abitanti vengano separati e smembrati dalla Chiesa Matrice che venga dato a loro un curato titolare che di questa Chiesa Matrice sia dedotta qualcosa dei frutti che sono dati al predetto Prevosto come primizie secondo le consuetudini che per il resto saranno essi come offerenti a supplire per l'onesto sostentamento del curato stabilito che il Vescovo comandi che sia fatto veramente convocare a questo rev. Presbitero Antonio De Margaritis prevosto di detta Chiesa che circa la petizione uomini vogliano ascoltare la sua promessa sia a di questi uomini voce sia per iscritto e che vi sia il consenso di assecondare il desiderio di questa separazione. Per cui alla presenza del Vescovo vengono costituiti Stefano di fu Antonio Prinio, Paolo Zanoletti di fu Giovanni Maria, Giovannino Del Grande di fu Giacomo, tutti procuratori costituiti dai consoli degli uomini di dette località di Magognino e Brisino, come consta del loro mandato dall'istrumento pubblico fatto da Giovanni Carlo De Antonis vice accompagnatore da Vezio, pubblico notaio, come è scritto sotto. Il documento sottostante con l'abbreviazione fatta in questo modo si trova fra le scritture abbreviate degli istrumenti da me fatti. «Nell'anno 1609, settima indizione, domenica sei del mese di settembre. Nella località di Magognino, sulla pubblica piazza, di fronte all'Oratorio di S. Grato dove si sogliono ì queste cose e dove vengono convocati e radunati per i lo mandati i consoli delle comunità e gli uomini delle locali di Magognino e di Brisino, della diocesi di Novara, preme come al solito il suono della campana. nella e nella riunione erano presenti i sottoscritti, e cioè Primo Pastore di fu Bernardo vice credenziario, Stefano De Franciis pure vice credenziario, Giannòlo De La Grisa di fu Giovanni Antonio De La Grisa di fu Cristoforo, Giovanolo di fu Guglielmo, Giovanolo De Zanoletti con tutti gli abitanti delle località di Magognino e di Brisino che per verità sono la maggior parte, anzi più di due terzi di tutti abitanti di queste località sia che essi rappresentano tutto il popolo, sia a nome proprio e a nome degli assenti di predetto popolo, ratificarono, si obbligarono tutti unanimi e concordi ecc. e i loro nomi ecc. Davanti a loro fu detto ed esposto che le popolazioni di Magognino e di Brisino sottostanno nel settore spirituale Chiesa Prepositurale e Matrice dei S. S. Gervasio e Pro di Baveno; che da quella chiesa distano quasi 4 km, con un percorso difficile, montuoso e malagevole, come si può evidentemente constatare; che non senza grandi disagi uomini e gli abitanti di questi luoghi possono recarsi Chiesa Matrice per ascoltare la parola divina, per venerare i Santi della Chiesa, e per ricevere gli altri beni spirituali, soprattutto in tempo invernale durante il quale la strada massimamente rendesi più difficoltosa per le piogge, la neve e il ghiaccio: e ciò non solo agli stessi uomini, ma Prevosto di detta Chiesa dove ha la prebenda e a cui la cura delle anime, e anche a qualunque altro Baveno che vi si dovesse recare, per cui sono sorti non lievi per entrambi. tornerebbe a bene delle anime, vantaggioso alla salute delle anime se le località di Magognino e di Brisino fossero separate dalla Chiesa matrice, eretta in Chiesa parrocchiale, assegnata a loro, la Chiesa S. Albino vicina a queste località, in cui anche a f celebra la Messa e vengono sepolti i defunti; e fosse in un Curato titolare perpetuo che vi risiedesse, che cela le Messe e gli altri Uffici divini, che attendesse ai doveri parrocchiali e fossero assegnati sufficienti redditi alla Chiesa e al Curato per il suo sostentamento, dedotta una porzione dei frutti per il Prevosto di detta Matrice che esercitava in quelle località la cura delle anime, secondo il giudizio del Vescovo. A questa proposta e trattato sono consenzienti tutti quelli nominati sopra e vogliono a nome proprio e dei loro discendenti provvedere per la salute delle anime quanto si potrà fare col Signore. Spontaneamente ecc. e in ogni miglior modo ecc. nominarono e costituirono i loro Sindaci, e i Presidenti e quanto di meglio ecc. Stefano De Prino di fu Antonio, Paolo Zanoletti, Giovanolo De Roseto tutti della località di Magognino, Giovannino Del Grande di fu Giacomo, che sono presenti e che assumono su di loro l'onere del predetto incarico ecc. e per intero ecc. Specificatamente, nominativamente, ed espressamente ai (nomi) degli stessi uomini di Magognino e di Brisino si supplisce anche per essi col sindaco e col nome del procuratore ecc. Pertanto il Vescovo di Novara, informato delle cose dette prima con cura e alle scomodità descritte, si degni per la sua cura pastorale per la salute delle anime e per l'incremento del culto divino separare e smembrare le località di Magognino e di Brisino dalla Chiesa Matrice dei S.S. Gervasio e Protasio di Baveno, ed erigere per loro in Parrocchiale la predetta chiesa di S. Albino, e nominare per loro un curato titolare che conosca le sue pecore, che vi celebri le Messe e gli altri Uffici divini, che amministri i sacramenti della Chiesa e dia tutte quelle altre prestazioni spirituali che ogni buon Pastore è tenuto e deve dare nella sua Parrocchia; e a richiedere che sia detratto dai frutti della Chiesa matrice per l'utilità del nuovo curato e a sgravio di detti uomini quanto è ritenuto onesto e congruo al suo sostentamento di uomo reverendissimo. Per l'onesto sostentamento del Curato promettono di dare ogni anno in danaro e in frutti la somma di 100 libre, una brenta di vino ogni quattro famiglie, un moggio di mistura di segala e di miglio e anche un fascio di legna secca per ogni singola famiglia, e una casa decente per la sua abitazione con giardino annesso, oltre gli altri emolumenti che di consuetudine dine vengono dati ai Curati, a chiedere per la nuova Parrocchiale e per il Curato quelle granaglie nella quantità che detti uomini erano tenuti a dare nella festa dell'Ascensione, che è di un moggio per focolare da applicare come primizia; e a questo vengono vincolati i beni di detti uomini e di queste comunità e ad accettare qualunque altro decreto emesso e da emettere dal Vescovo su quanto è stato detto sopra, promettendo di osservare e di non omettere quanto riguarda la Chiesa di S. Albino. E in più tutto ciò che si ritiene opportuno e quanto viene sottoscritto con clausole e solenne giuramento. E per sostituire ecc. e quanti vogliono mitigare ecc. quanti quelli che promettono ecc. ecc. l'atto come sopra alla presenza dei testi Battista De Antonis Maria di fu Bartolomeo di Vezio, Bernardo De Severinis abitante di Vedasco, e Giovanni De Parachinis di fu Giovanni Antonio, abitante a Dagnente, noti e idonei ecc. Sottoscritto col solito sigillo del suo scrivano nel modo seguente: Io Giovanni Carlo, vice accompagnatore di A n ton io Maria, di fu Filippo abitante di Vezio, pubblico notaio per autorità imperiale e apostolica e di Novara, per procura di tutti gli Imperiali e del collegio dei sindaci ho tramandato tutte le richieste soprascritte e in fede mi sono sottoscritto apponendo il mio solito sigillo di scrivano. A nome del collegio dei Sindaci e del rappresentante del procuratore, per la salute delle anime di queste località e per i loro discendenti, e per l’incremento del culto divino e per ogni altro miglior modo ecc. Supplicarono e di nuovo m umilmente il Vescovo perché si degni con la sua autorità e altrimenti con l'autorità dei Sacri Canoni e tutto del Concilio Tridentino, che le località di Magognino, Brisino e gli uomini di queste località, data la distanza le scomodità sopraccennate, abbia a separarle e dalla Chiesa Matrice dei santi Gervasio e Protasio, e ad erigere in Parrocchiale la chiesa di S. Albino, e a preporvi un curato titolare che conosca le sue pecore ecc. A nome del collegio dei Sindaci promisero e promettono 100 libre imperiali in due rate ecc. come sopra. Il Vescovo presa visione della suddetta umile supplica di questi uomini e dei sindaci, e riconosciuta la necessità della separazione, informato della distanza e delle altre scomodità su accennate, dopo aver fatto un sopralluogo, per la salute delle anime e per l'incremento del culto divino e altrimenti i n ogni miglior modo ecc. Indipendentemente da ogni forma di solennità che interviene sia di diritto sia, di fatto, in simili richieste, dando l'assenso a questi uomini con la sua ordinaria autorità e con l'autorità dei Sacri Canoni e soprattutto del Concilio Tridentino, separò e smembrò le località di Magognino e di Brisino, che sono composte da circa 65 famiglie, dalla chiesa matrice di san Gervasio e Protasio dì Baveno, ed eresse la chiesa di S. Albino in chiesa parrocchiale di queste località, e la erige dando e concedendo a questi uomini la facoltà di erigere il campanile e le campane, in essa il cimitero e il fonte battesimale e le altre insegne parrocchiali, e quanto può indicare una chiesa parrocchiale; e di mantenerla una volta eretta. Accettò la dote assegnata e promessa da darsi al curato; e alla detta Chiesa uni e aggiunse, e unisce e aggiunge, insieme coi frutti crescenti di detta elargizione anche quanto si deve dedurre da quella parte di frutti o di danari della chiesa matrice. Per questa Chiesa Parrocchiale eretta deve essere eletto un curato titolare perpetuo dal Vescovo pro tempore di Novara, ossia nella persona di colui a cui spetterà per concorso la norma del Concilio Tridentino: un curato che ivi risieda, che celebri la Messa e gli altri Uffici divini, che annunci la parola di Dio, che svolga in questa Chiesa tutti i servizi parrocchiali che qualunque parroco è tenuto e deve prestare nella sua chiesa parrocchiale a cui (il Vescovo) l'ha assegnato e decreta che gli sia data la dote assicurata, (un curato) che al Sabato Santo e Pentecoste, insieme con gli altri parroci, sia tenuto ad andare a Baveno per la benedizione del fonte battesimale, così pure per la festa di san Gervasio e Protasio di Baveno, ed in questo giorno il popolo, come segno di riconoscimento della Chiesa Matrice, porti un cero di una libra a questa Chiesa matrice tramite il console o un'altra persona a suo nome: e se alle volte il Prevosto di questa chiesa matrice o uno dei canonici sarà chiamato alla chiesa di S. A Albino per funerali o per altri uffici divini, in quanto curato pro tempore di questa chiesa, questi sono riservati al Prevosto; ossia promettono di riservargli il posto più onorifico, e di onorarlo come persona più ragguardevole e più degna in modo che questo Prevosto o canonico sia anteposto al curato, e soprattutto nella festa di S. AIbino gli sia riservata la Messa cantata in quanto a lui riservata. E a questa Chiesa Matrice e al Prevosto pro tempore riservò e riserva tutte le solite e singole primizie e le altre consuete cose ragguardevoli e eccellenti, tuttavia queste e le primizie consistono in uno staio di segale e di panico (= miglio) per ogni singola famiglia di queste località. Il Vescovo, presente e consenziente Giovanni Antonio De Margaritis prevosto detrasse e detrae 40 libre imperiali che ogni anno devono essere date e che promise di dare e di pagare a nome dei suoi successori al Curato che deve essere stabilito in questa Chiesa eretta per il suo sufficiente sostentamento. Gli uomini di queste località oltre alla dote assegnata sono tenuti e devono dare al detto curato una casa idonea e decente per la sua abitazione con annesso giardino; devono provvedere alla Chiesa di S. Albino eretta in Parrocchiale e alle sue strutture, provvedere alla manutenzione degli edifici e al dovuto abbellimento, ai paramenti, alle sacre suppellettili, all'olio, alla cera per l'illuminazione del Santissimo e per la celebrazione dei divini Uffici e mantenere quanto si è provveduto; avere un chierico o un'altra persona idonea che serva al curato con veste conveniente quando lui celebra o svolga gli altri doveri parrocchiali; che suoni le campane; che pulisca e mondi la chiesa nel tempo debito e tale la conservi, a patto che questo chierico o un altro idoneo possa garantire tutto quanto è stato detto prima, se no aggiungerne un altro che supplisca; e osservare gli ordini e i decreti già emessi o da riguardanti la Chiesa di S. Albino. E quando capita che questa Parrocchia di S. Albino resta vacanti, questi uomini durante detta vacanza sono tenuti recarsi) alla Chiesa Matrice, o un'altra più vicina e più comoda, a giudizio della autorità vescovile, per ascoltare parola divina, per accostarsi a ricevere i Sacramenti e per gli altri uffici parrocchiali, e al curato di quella Chiesa sono tenuti per i servizi avuti a dare dal reddito di questa i vacante quel tanto che il Vescovo di Novara ritiene (opportuno doversi dare). Né questi uomini possono disporre dei redditi ossia della dote di questa nuova Chiesa Parrocchiale durante il periodo della vacanza, ma la loro disponibilità è a giudizio del Vescovo pro tempore di Novara dietro sua esortazione; infine il Vescovo (esorta) questi uomini perché a favore della Chiesa di S. Albino eretta in Parrocchiale e a favore del curato che devono ricevere durante il periodo della vacanza si mostrino così generosi da meritare di essere raccomandati al Signore per la loro liberalità e pietà; nello stesso tempo li ammonisce di ricordarsi di custodire la devozione verso la Chiesa di Pievana dei santi Gervasio e Protasio, e insegnino anche ai posteri a conservarla, e ammonisce di quanta ecc. E tutto quanto è stato detto precedentemente fu accettato a nome dei sindaci dal rappresentante dei sindaci, che a nome proprio e di questi uomini promisero di osservare ecc. obbligandosi ecc. i beni di questi uomini ecc. e giurarono ecc. Da ultimo il Vescovo vuole che i sindaci siano tenuti entro i prossimi due mesi a fare in modo che tutto quanto è stato detto sopra sia ratificato dai singoli uomini di queste località convocati in adunanza generale mediante pubblico documento con l'intervento dell’istrumenti deI presente tenore parola per parola, e che la copia autentica venga consegnata al cancelliere della Curia nell'archivio vescovile di Novara sotto pena di nullità deI presente istrumento se così è di gradimento al Vescovo, e non diversamente né in altro modo ecc. A tutto questo il Vescovo inserì e inserisce il decreto ingiungendo che quanto è stato detto ha valore ecc. e supplendo ogni difetto. Quindi alla presenza dei testimoni Bartolomeo Martello e Giulio Delfino entrambi canonici della Chiesa dell'Isola di S. Giulio, noti e idonei ecc. ed a molte altre persone ecc.<br />Io Michele Michaelis di fu Giacomo di Suna del Lago Maggiore, abitante all'isola di S. Giulio, pubblico apostolico Notaio per autorità imperiale (della zona) milanese e novarese, su loro richiesta ho steso questo pubblico documento ecc. ecc. <br />Il predetto istrumento fu rogato il 26 aprile dell'anno 1639. <br /> Gli abitanti di Magognino si rivolsero al Re perché nominasse un suo rappresentante a dirimere le questioni sorte, soprattutto con gli abitanti di Brisino, in seguito alla richiesta di trasportare le funzioni parrocchiali dalla Chiesa di S. Albino, al Cimitero, in quella costruita nell’abitato di Magognino. Il Re, in data 12 maggio 1796 cosi scrive al Prefetto di Pallanza:<br />Il Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme. <br />E' a noi ricorsa la Comunità di Magognino e nel rappre¬sentarci il grave incomodo che soffre quel Parroco, non meno che il popolo nel doversi recare per le funzioni parrocchiali all'antica Chiesa eretta sotto il titolo di S. Albino, distante un mezzo miglio circa dal luogo, ed il progetto che si sarebbe perciò fatto di trasportare le funzioni nella nuova Chiesa eretta nell'abitato dello stesso luogo ha umilmente supplicati di voler autorizzare quel soggetto che meglio avessimo stimato per trattare e risolvere le questioni che sull'esecuzione di tale progetto potessero sorgere tra particolari, massime di Brisino dipendenti dalla medesima parrocchia. Abbiamo prese in benigna considerazione queste rappresentanze in vista che dalle informazioni stateci rassegnate risulta che veramente la detta antica Chiesa trovasi in sito troppo discosto dall'abitato, male custodita ed esposta altresì ad essere spogliata massime di notte tempo del suppellettili ed arredi sacri, e vi diciamo, perciò, essere mente nostra, chiamati a Voi la Comunità di Ma e li Particolari di Brisino, e qualunque altro interessato nel l'affare di cui si tratta, in persona di legittimi Procuratore o Deputati, e sentiti li medesimi nelle loro rispettive pretesi e eccezioni, mediante quei capi di progetti che, anche il sentimento del Superiore Ecclesiastico. più conveniente, con farlo ove vengano dalle parti nel caso o, ridurre avanti di Voi in pubblico istrumento, nel caso poi non si riesca l'amichevole adeguamento, Ci informerete Vostro operato pel canale della Segreteria nostra di Stato per gli affari Interni per quelle ulteriori determinazioni che Ci piacerà di dare, e preghiamo il Signore che Vi conservi.<br />Venaria Reale 12 maggio 1796.<br />Firmato<br />Vittorio Amedeo.<br /> Il prefetto di Pallanza, in data 29 agosto 1796, propone “per un amichevole accomodamento nelle differenze vertenti tra Brisino e Magognino riguardanti la Parrocchia di S. Albino, in esecuzione dell'incombenza appoggiataci con Regio Biglietto dell’11 maggio 1796 ” il seguente:<br /> <br /> <br />1 Che si possa trasportare, mediante approvazione oppor¬tuna, la Parrocchia dalla Chiesa di S. Albino nella nuova Chiesa di Magognino<br />2 Che si possa erigere in Chiesa sacramentale, coll'appro¬vazione come sopra, la Chiesa di Brisino, ed ivi fondare una Vicaria perpetua d'elezione Vescovile e che il Vicario erigendo possa fare in detta Chiesa tutte le funzioni indipendentemente dal Parroco che sarà residente in Magognino.<br />3 Che sia facoltativo a quelli di Brisino di abilitarsi ad erigere la Vicaria in Parrocchia.<br />4 Che il Cimitero della Chiesa di S. Albino debba restare comune per ivi seppellire indistintamente i cadaveri tanto a Magognino che di Brisino.<br />5 Che tutti li fondi, redditi, suppellettili, sacri arredi ed ogni altra cosa di proprietà della Chiesa di S. Albino debbensì dividere in due parti uguali con assegnare una alla Chiesa di<br />Brisino, l'altra a quella di Magognino.<br />6 Che per formare la congrua al Vicario di Brisino si debba stralciare dalla congrua del Parroco di S. Albino quanto pagano quelli di Brisino cioè lire quarantaquattro e soldi di Piemonte che paga la Comunità, vino, grano e legna 41,77 si paga fuocolarmente, e per il compimento della dovrà stare a quanto verrà determinato da S.E. Rev. ma Mons. Vescovo.<br />7 Che quelli di Magognino debbano pagare, per una volta tanto, lire tremila di Piemonte a quelli di Brisino, le dovranno impiegarsi parte per accrescimento dì congrua parte nell'acquisto della casa per il Vicario si è come ordinato.<br />8 Che quelli di Magognino debbano supplire a loro spese per una equitativa integrazione della congrua ad arbitrio della prefata Eccellenza Rev. ma.<br />9 Che li legati pii lasciati nella Chiesa di S. Albino e che si soddisfano da quel parroco, debbano applicarsi li lasciati da quelli di Magognino, ed alla Chiesa di Brisino li lasciati da quelli di Brisino con assegnarsi a ciascuna Chiesa li fondi destinati per la soddisfazione dei medesimi legati.<br /> Pallanza li 29 agosto 1796<br /> Firmato<br />Bellino Prefetto Delegato.<br /> <br /> Il progetto, scandito in 10 articoli presentato dal Prefetto Delegato, non risolve le questioni: anzi i Brisinesi ricorrono. La questione viene demandata al Re, il quale, individuando la causa del rifiuto negli aggravi che i Brisinesi non vogliono accollarsi, si degna di provvedere egli stesso al conguaglio della congrua al Vicario di Brisino, a condizione però che tutte le altre questioni vengano amichevolmente risolte.<br />Eccovi la risposta del Governo al Prefetto Delegato, in data 20 maggio 1797:<br />Ill.mo Signore, Essendosi qui presa in disamina tutta la serie delle questioni vertenti tra la Comunità di Magognino e di Brisino in ordine al trasporto della Parrocchia di S. AIbino a V. S. Ill. ma ben note, e li capi di progetto da Lei in qualità di Delegato fatti per l'amichevole disimpegno di tali quistioni, si è dovuto osservare che probabilmente la ragione principale per cui la Comunità di Brisino con suo ordinato delli 16 settembre 1796 ha esposto le ivi divisate difficoltà all'accettazione dei preposti progetti, possa essere questa, che non vuole essa sentire verun aggravio dalla traslazione della Parrocchia, neppure per il mantenimento del proprio Vicario; e si è perciò rassegnato l'affare a Sua Maestà per le sovrane determinazioni su questo punto, da cui può dipendere la soluzione delle altre difficoltà. La Maestà Sua premurosa di troncare affatto il corso alle insorte vertenze, le quali possono dar luogo a gravi sconcerti, si è degnata di spiegarsi che rispetto alla Congrua del Vicario di Brisino si riserva la Maestà Sua di provvedere senza aggravio della Comunità e degli abitanti, purché però vengano definitivamente risolte in via amichevole tutte le altre opposizioni. quindi io debbo significare a V.S. Ill.ma essere intenzione di Sua Maestà che Ella partendo da questo dato della Congrua, procuri di sistemare amichevolmente le due Comunità di Magognino e di Brisino con far ridurre in pubblico Istrumento li capi di progetto che Le riuscirà di far accettare alle parti e di proporre quindi la somma cui dovrà fissarsi la Congrua al Vicario di Brisino per le ulteriori sovrane provvidenze. Si compiacerà di scrivere, poi, a S.E. Mons. Vescovo di Novara amministratore di questa Diocesi e Gran Limosiniere di Sua Maestà, per prendere seco lui glì opportuni correnti concerti a questo proposito: ed in attenzione che mi riscontri dell'esito del di Lei operato ho il vantaggio di protestarmi con perfetta osservanza. Di V. S. Ill.ma<br />Torino 20 maggio 1797<br />Firmato<br />Damiano<br /> Transazione tra la comunita di magognino e quella di Brisino.<br />L'anno del Signore millesettecentonovantasette ed al dì primo del mese di settembre in Pallanza e nella solita sala Prefettoriale giudizialmente avanti l’Ill.mo Signor Avv. D. Giovan Battista Bellino Prefetto per Sua Maestà di questo Regio Borgo e sua Provincia provvisto per Patenti trentun agosto 1790, firmata Vittorio Amedeo approvato per lettere senatorie nove successivo ottobre definitamente spedite, sigillate e ma¬nualmente sottoscritte Porri, registrate al Registro quarantuno foglio 53 in questa parte specialmente delegato dalla pregiata M. S. con biglietto delli dodici maggio 1795, come pure nanti me Regio Notaro Collegiato Baldassare Tachini Segretario di questa Regia Prefettura, ed alla presenza degli infrascrítti signori testimoni come infra sottoscritti. Viene la Parrocchia di S. Albino composta dalle due popolazioni delle Comunità di Magognino e di Brisino, costituite la prima di circa settanta famiglie, e la seconda di circa venti¬due altre. Trovasi l'antica Chiesa parrocchiale eretta sotto il ti¬tolo di S. Albino in mezzo alla selva, e distante tanto dal luogo di Magognino, che da quello di Brisino di circa mezzo miglio. Gli inconvenienti spirituali che temporali che per lo ad¬ dietro si sperimentarono in ispecie da quelli di Magognino coll'esercizio delle funzioni parrocchiali in detta antica Chiesa, e che addivengono sempre più insuperabili perché troppo discosta dall'abitato, malcustodita ed esposta ai furti, massime di notte, di suppellettili e sacri arredi; fece risolvere quelli di Magognino ad erigere recentemente coi massimi loro sforzi, e di spese e di fatiche una nuova Chiesa nello stesso luogo di Magognino, residenza immemorabile dei Parroci, atta decente in tutte le sue parti ad essere surrogata all'anzidetta antica parrocchia Chiesa, e sperava il popolo di Magognino che quelli di Brisino fossero per prestarsi di buon grado alla progettata traslazione delle parrocchiali funzioni nella Chiesa nuovamente ad un tal scopo e fine da essa fatta costruire nel¬ l'abitato, avvenga ché ben lungi di risentirne essi pregiudizio e riconoscimento non pochi anzi si presentavano in conseguenza i vantaggi sia pubblici che privati, che da sì fatta traslazione ben anche ad essi ne fossero per derivare. Ma siccome non corrispondono le determinazioni di quelli di Brisino alla speranza ed al narrato progetto dei terrieri di Magognino così questi si ritrovarono nella necessità di umiliare al Real Trono le in enti circostanze che con una supplevole rappresentanza, in cui sperando essi di avere addimostrati li gravi incomodi e pregiudizi che si risentono nella continuazione delle Parrocchiali funzioni nell'Antica Chiesa, e le reciproche convenienze che ad anche le popolazioni verrebbe a ritrarsi dalla memorata traslazione, supplicano umilmente la M. S. di Vittorio Amedeo di autorizzare quel soggetto, che fosse alla medesima beneviso, per trattare e risolvere le quistioni, che nell'esecuzione di tale progetto potessero eccitarsi dai Particolari di Brisino dipendenti dalla Parrocchia medesima, ed essendosi la prefata M. S. del Re Vittorio Amedeo di gloriosa memoria degnata di prendere in benigna considerazione la rappresentanza statale da quei di Magognino rassegnata si degnò pure con suo R. Viglietto del di 12 maggio 1795 di spiegare a questo Ill.mo Signor Prefetto Avv. Giovan. B. Bellino essere sua mente ed intenzione che chiamate a se la Comunità di Magognino e li particolari di Brisino, e qualunque altro interessato nel pre narrato affare in persona di legittimi procuratori o deputati per essere sentiti nelle rispettive loro pretese ed eccezioni, procurasse quindi di disporli a transigere ogni questione mediante quei capi di progetti, che, esplorato anche il sentimento del Superiore Ecclesiastico, avesse creduto li più convenienti, con far indurre li medesimi avanti di sè in pubblico Istrumento, ove venissero dalle parti accettate, e non riuscendo l'amichevole adeguamento di informare la S.S. R. M. per il canale della Segreteria di Stato per gli affari interni per quelle ulteriori determinazioni, che fosse alla medesima piaciuto di dire. Per esecuzione per tanto delle surriferite sovrane determinazioni si fecero bentosto chiamare dal mentovato Sig. R. Delegato avanti di sé le precitate Comunità di Magognino e di Brisino componenti l’intera Antica Parrocchia di S. Albino, e le medesime sentite in più congressi nelle rispettose Proposte, pretese ed eccezioni sul permesso soggetto, dietro delle medesime, non meno che in concorso del sentimento a tale proposito avuto da S.E. Rev. mo Monsignore Buronzo Delsignore già Vescovo di Novara, ed ora Arcivescovo della Metropolitana di Torino, si passò alla formazione di suoi progetti, che egli credette li più opportuni, convenienti ed adattati alle circostanze di casi. Questi progetti vennero bensì in ogni loro parte accettata dalla Comunità di Magognino con di lei atto delli 13 settembre ultimo scorso, e per l’opposto essenzialmente rifiutato da quelli di Brisino con di lei atto consolare delli sedici detto settembre, ambi ricevuti Bellino, avvengo ché le pretese e condizioni, che si scorgono a quest’allegato, sarebbero si vaste ed ardue, che distruggerebbero le più importanti capi di conciliazione ed adeguamenti preposti. In questo stato di cose, non avendo potuto avere effetto l'amichevole trattativa, né li progetti che la susseguirono, e per l'adempimento della seconda parte del narrato R. Viglietto il prefato Sig. R. Delegato stimò di suo dovere di informare come informò la preposta S.S.R.M. per il canale suddetto con lettera delli ventitrè ultimo scaduto Gennaio di ogni procedimento da lui tenutosi, e delle risultanze, e delle determinazioni prese sia dall'una che dall'altra suddivisate comunità questionanti, coll'accompagnamento di stessi progetti, e delli preferiti rispettivi Atti Consolari, che le riguardavano, ed essendosi della S.M. presa in disamina tutta la serie delle vertenti questioni, e li capi di progetto per l'amichevole disimpegno fatti, avrebbe rilevato che tutte le difficoltà eccitatesi dalla Comunità di Brisino potevano probabilmente dipendere dalla principale circostanza e ragione, cioè che la Comunità di Brisino non volesse sentire nessun aggravio perla traslazione della Parrocchia siccome neppure per mantenimento del proprio vicario: onde è che S.S.M.R. sempre intenta al pubblico, e massimo irrituale vantaggio per troncare affatto il corso ad ogni questione si sarebbe riserbata di provvedere senza aggravio della Comunità e degli abitanti purché vengano definitivamente risolte in via amichevole le altre opposizioni, come il tutto si può specificamente riscontrare dalla lettera della prefata Segreteria di Stato delli venti maggio ultimo scorso sottoscritto Damiano già Ministro e primo Segretario di Stato per gli affari interni, che si manda unire al citato R. Viglietto delli 12maggio 1795, colle quale sarebbe pure S.M.N degnato di far significare allo stesso Sig. Pretore Bellino essere sua intenzione che partendo da questo dato della congrua se ne procurasse l'amichevole sistemamento di tutte le eccitatesi differenze con far ridurre in pubblico Istrumento li capi di progetto, che fosse riuscito di far accettare alle parti, e di proporre quindi la somma, che fissar dovrebbesi per la congrua del Vicario di Brisino per le ulteriori provvidenze. Comunicate quindi siffatte nuove provvide sovrane deter¬minazioni ad ambedue le testé Comunità, che di nuovo in di loro obbedienza sì uniranno avanti il mentovato Sig. Prefetto B. Delegato in persona dai loro rispettivi legittimi Deputati, e le medesime penetrate dai più intimi sentimenti di ricono¬scenza e venerazione ai sovrani suggerimenti, e grazie insiemamente offerte per provvedere sovra la succitata congrua, lorché formava uno dei principali motivi di contestazione in quei di Brisino, le stesse Comunità hanno perciò unanimemente dichiarato come dichiarano di accettare in via di irrevocabile transazione li preferiti progetti già del detto Sig. R. Delegato formati sotto li ventinove agosto 1796, coll'aggiunta però che invece di fondare una Vicaria perpetua per quelli di Brisino, siccome vorrebbe portato col capo secondo e terzo dei narrati progetti debbasi dalla Comunità di Magognino e di Brisino a comune diligenza procurare l'erezione d'una Parrocchia in Brisino, e che a carico di questa siano le spese della Bolle Pon¬tificie, ove fossero necessarie, ed a carico di quelli di Mago¬gnino le spese della Curia Vescovile nel caso che non si potesse ottenere lo intento gratis, e senza costo di spesa per la notoria povertà d'ambedue le suddivisate Comunità. E non essendosi nel progetto fatta menzione dell'attuale fabbrico della Chiesa di S. Albino, e dell'uso che si debba della medesima fare, le due Comunità supplicano la prefata S.E. Reverendissima a volersi degnare di dare sul proposito le auto¬revoli sue determinazioni a scanso di ogni ulteriore questione. Essendo quindi comparse le dette Comunità in persona degli infrascritti Sig. Deputati disposte ad accettare in ogni loro parte li narrati progetti coll'avanti espressa aggiunta, né altro mancandovi che di divenire alla stipulazione dell'opportuno istrumento si sono perciò quivi personalmente costituiti giudizialmente davanti il prefato Ill.mo Sig. Prefetto Regio Delegato, me notaro e segretario ed alla presenza infrascritta per una parte la Comunità di Magognino, e per l'altra quella di Brisino in persona quanto alla prima delli Signori i Valentino Zanoletti fu Tomaso, Pietro Del Grande fu Giacomo, ed Ambrogio De Giovannini fu Carl'Antonio nativi tutti ed abitanti in Magognino, nella qualità di Deputati della me ima in vigore dell'atto consolare delli sedici dicembre 1795, e quanto alla seconda in persona delli signori Giacinto Leone del vivo Baldassare, Carlo Antonio Costa del fu Gio. Anto¬nio, Antonio Maria Rabaioli fu Andrea e Gio. Domenico Sala fu Gio. Battista, tutti natie residenti in Brisino nella qualità pure di deputati della medesima in vigore d'altro atto Consolare delli ventitrè scorso mese di agosto ambi rogati Bellini debitamente insinuati a questa Tappà li quali adimettendo in prima ed avanti ogni cosa per vera l'avanti scritta narrativa, ed essa in dispositiva riducendo per quanto loro spetta ed appartiene, e così a nome, conto e nella qualità di Deputati M4 loro Comunità liberamente e spontaneamente in ogni migliorando hanno accettato, come in vigore deI presente pubblico e giudiziale istrumento accettano in ogni lor parte tutti e sin¬goli li progetti come avanti formato sotto li 29 agosto 1796 dal prefato ill. mo Sig. Prefetto Regio Delegato in obbedienza al citato R. Viglietto delli 12 maggio 1796, li quali vogliono le parti che si abbiano quivi ripetuti di parola in parola come parte sostanziale del presente, che anzi si mandano a piè del presente originalmente inserire permettendone perciò le parti l'intiera ed inviolabile osservanza in ogni loro parte, e pure dell'aggiunta come avanti riportata, che si avrà quivi per ripetuta transigendo come transigono tutte le singole controversie. e questioni come avanti insorte a termine di detti pro getti, ed aggiunta in via di solenne ed irrevocabile con promessa pure di prontamente eseguire in ogni loro &,i per quanto alle parti spetta ed appartiene li narrati progetti ed aggiunta senza mai opporsi né contraddirvi per qualunque titolo e causa, sotto pena d'essere le parti tenute ad ogni danno, o spese che una delle medesime potesse patire in caso di contravvenzione sia in giudizio che fuori. Patto apposta fra le parti convenute, che ove il presente istrumento non venisse approvato, o non si desse alla medesima esecuzione, siano illese e riservate le ragioni a tutte due le parti senza alcun pregiudizio e pendente l'approvazione non sarà lecito ad alcuna delle parti di trasportare alcun mobile, né altro della Chiesa di S. Albino, ed ove alcuna d'esse n'avesse già trasportati sarà tenuta darne conto in esecuzione della divisione da seguire. Le quali cose tutte nel presente contenute dette parti dicendo vere in persona dei suddetti Deputati, hanno per quanto a caduna d'esse spetta ed appartiene promesso e promettono attendere ed inviolabilmente osservare sotto obbligo di rispettivi beni spettanti alle dette Comunità presenti e futuri, col costituito possessario d'essi in forma fiscale e camerale, dichiarando cancellate nella settima facciata del presente di consenso delle parti. Al quale istrumento come bene e legittimamente fatto il prefato Ill.mo Sig. Prefetto R. Delegato vi ha interposto ed interpone il suo, e dell'ufficio che regge autorevole e giudiziale decreto, mandando a me segretario di riceverlo, come l'ho ricevuto assieme del presente che ho letto e pubblicato a chiara intelligenza delle parti alla presenza delli Signori Avv. Carl’Antonio Bellino fu Sig. Gio. Matteo, nativo di Rivoli ed abitante in Torino, e notaio Agostino Viani del vivo Sig. Dott. Ottaviano nativo e residenze in questo Regio borgo qui chiamati e comparsi in testimoni, noti idonei, ed infra colle parti rispettivamente sottoscritti, e per l'insinuazione lire una, soldi diciassette e denari sei. <br />I sottoscritti all'originale minuta, Valentino Zanoletti , Pietro Del Grande, Ambrogio De Giovannini, Giacinto Leone, Gio. Domenico Sala, Antonio Maria Rabaioli, Carlo Antonio Costa, Avv. Carl'Antonio Bellino, testimonio , Notaio Agostino Viani testimonio Bellino Prefetto Regio Delegato;<br />Il premesso istrumento scritto di mio pugno contiene fogli sei facciate scritte numero diciotto colla presente e l'inserzione contiene altri fogli sei in facciate scritte numero sei in fede all'originale sottoscritto manualmente <br />Notaio Regio, collegiato e segretario. Firmato <br /> Baldassare Tachini <br /> <br /> In data 7 agosto 1798, il Re di Sardegna, Cipro, Gerusalemme, Carlo Emanuele approvava il trasporto della Parrocchia, comune ai due paesi, di S. Albino a Magognino. Siccome era già stata costruita dai Brisinesi una loro chiesa che, non essendo parrocchiale, era chiamata Oratorio, concedeva anche l'istituzione di una Vicaria a Brisino, dotandola il di una Congruo di L. 350. Il documento in nostro possesso è la copia notarile dell'originale deposto presso l'Ufficio del Regio Economato di Torino e dice:<br />Il Re di Sardegna, <br />di Cipro e di Gerusalemme.<br />Pel maggiore vantaggio spirituale degli abitanti di Magognino e di Brisino nell'alto Novarese, e per troncare a ben gravi dissensioni già da lungo tempo vertenti tra le due popolazioni, abbiamo approvato il trasporto nel Luogo di Magognino, come il più popolato, dell'antica comune loro Chiesa Parrocchiale sotto il titolo di S.Albino posta in luogo solitario, distante circa un mezzo miglio da ambedue i Luoghi, e l'erezione da impetrarsi dall'autorità ecclesiastica di una Vicaria perpetua nel Luogo di Brisino, coi patti e condizioni risultanti dai capi di progetto stipulati dalle parti coll'autorizzazione del Prefetto di Pallanza Regio Delegato, di cui vi facciamo rimettere copia. E volendo ora Noi provvedere di sufficiente Congruo il Vicario perpetuo di Brisino, che verrà come sovra stabilito, Ci siamo disposti a fargli l'assegnamento di Lire trecento cinquanta annue sulla Cassa dei Monasteri soppressi. Epperò vi diciamo essere mente nostra che facciate pagare al Vicario perpetuo di Brisino dal giorno che vi risulterà essere stato nominato, ed ai suoi successori in essa Vicaria, finché altrimenti venga ordinato, la succennata annualità di Lire trecento cinquanta a titolo di Congrua. <br />E preghiamo. 7 agosto 1798 <br /> Firmato Carlo Emanuele Controfirmato<br /> Bortolo Ceruti<br /> Con atto notarile, in data 21 ottobre 1798, gli abitanti di Brisino stabiliscono la dote per il loro parroco da nominarsi e ai suoi successori.<br />L'anno del Signore mille settecentonovantotto allì 21 di ottobre, ore ventiquattro, in Brisino, nella casa del sig. Giacinto Leone ed ivi davanti me Regio Notaio Giuseppe De Antonis ed alla presenza del sig. Chierico Carlo Maria De Antonis fu Not. Sig. Antonio Maria e Maiolo De Giovannini del sig. Simone, il primo nativo di Vezzo ed abitante, ed il secondo nativo e abitante in Brisino, testimoni, noti, cogniti, richiesti, astanti ed infra meco al piede del presente tutti Sottoscritti Sia noto essere interamente ultimate le quistioni insorte fra il popolo di Magognino con quello di Brisino avanti l'ill. mo sig. Giovanni Battista Bellino Prefetto per S.M. del Regio Borgo di Pallanza in tal parte specialmente Delegato con Viglietto R. con progetti dal medesimo fatti ed approvati dalle parti e indotti questi in pubblico Istromento rogato Tacchini sotto il 1°settembre dell'anno ultimo passato, ed avendo avuto un amichevole accomodamento, per fine principale la gloria di Dio ed il bene delle anime delle due popolazioni di Magognino e di Brisino si è convenuto d 'implorare dalla S.E. Rev. ma Mons. Vescovo di Novara di questa Diocesi, la traslazione del Beneficio Parrocchiale di S. Albino nel nuovo Oratorio di Magognino e dì erigere nell'Oratorio di Brisino dedicato alla SS. Trinità un nuovo Beneficio Parrocchiale. Non potendo li Particulari di Brisino assegnare sufficiente congrua per un onesto mantenimento del loro nuovo parroco eligendo e successori in perpetuo, la somma bontà e clemenza di S.M. Vittorio Amedeo di felice memoria si è degnato di fissare un'onesta Congrua al Parroco di Brisino, come, infatti, ne assegnò a questo con R. Viglietto. Consolati gli abitanti di Brisino dalle Regie beneficenze, previ di già alcuni avvisi dalle istruzioni parrocchiali per essere inofficiosa la loro nativa Parrocchia di S. Albino, e premurosi di avere il pascolo delle loro anime passarono con atto consolare nella deputazione dei loro signori Procuratori nella persona delli signori Giacinto Leone, Antonio Maria Rabaioli, Carl'Antonio Costa e Giovanni Domenico Sala, abilitandoli ad implorare da S.E. Rev. ma l'erezione della nuova casa Parrocchiale nell'Oratorio dedicato alla SS. Trinità, autorizzandoli come li hanno autorizzati di assegnare quella porzione di Congrua che credettero compatibile con le loro forze ed obbligarsi a tutto quanto si richiede per ottenere l'erezione della loro nuova Parrocchia, come il tutto da mandato di Procura sotto alli diecinove dell'andante, del ch volendo il tutto li Signori Deputati dar pronta spedizione alli obblighi e doveri da loro assunti con un tal mandato di Procura quindi asseverando vera l'avanti fatta narrativa li Signori Giacinto Leone del viv. Baldassare, Antonio Maria Rabaioli fu Andrea, Carl'Antonio Costa fu Giovanni Antonio, Giovanni Domenico Sala fu Giovanni Battista tutti nativi ed abitanti in questa terra di Brisino, in tal parte specialmente delegati dalla Comunità di Brisino con mandato di Procura delli diciannove andante rogato Bellini Segretario d'essa Comunità di Pallanza, ove resta posto al volume quarto ed a carta ottantanove come da ricevuta Tachini Insinuatore, li quali spontaneamente ed in ogni miglior modo e via di ragion possibile hanno assegnato, come per virtù del presente, assegnano per dote e congrua del Beneficio Parrocchiale da erigersi nell'Oratorio della SS. Trinità per alimentazione e sostentamento del loro nuovo sig. Parroco e successori, e per l'abitazione dei medesimi in perpetuo, mediante le lire tremila che devono pagare quelli di Magognino a quelli di Brisino a mente dell'Istromento di transizione come avanti seguito, si obbligano di costruire una Casa Parrocchiale nella terra di Brisino e questa decente ed atta ad abitarsi dal Parroco e successori: non essendo sufficiente una tal somma per costruire la medesima, si obbligano a quanto sarà necessario, come pure alla continuazione e successiva manutenzione per qualunque riparazione che potesse abbisognare in ogni tempo, ed in perpetuo si obbligano solidariamente per dote e congrua del nuovo Beneficio Parrocchiale per mantenimento del nuovo Parroco e successori di passare lire quarantaquattro e soldi nove di Piemonte, che la Comunità di Brisino pagava per l'addietro al sig. Curato di S. Albino, e questi si obbligano di questo pagare annualmente al nuovo Parroco eletto e suoi successori in perpetuo, incominciando il primo pagamento anticipato dal giorno in cui seguirà l'erezione del Beneficio Parrocchiale, e così pure era assegnato una brenta di vino ogni cinque famiglie misura del Vergante da raccogliersi annualmente e fuocolarmente dal sig. Parroco nuovo e successori in perpetuo, oltre a una prestazione di vino fuocolarmente coll'obbligo al sig. Parroco e successori di leggere il Passio in tutte le domeniche da una festa all'altra di S. Croce, secondo l'antica e pia consuetudine nella Chiesa di S, Albino. In contraccambio della brenta di vino ogni cinque famiglie come avanti si obbligano di pagare per togliere ogni quistioni, e con l'obbligo come avanti di pagare due secchi di vino misura del Vergante per ogni fuoco d'essa terra annualmente da raccogliersi dal sig. Parroco e successori. Inoltre si obbligano ogni famiglia di portare alla casa del Parroco e parroci successori un buon carico di legna non minore di libre cento stagionata ed atta a bruciare, più fuocolarmente una mina di grano metà biada e metà miglio, e siccome in Brisino esservi la pia consuetudine di distribuire fuocolarmente tre pani annuali in limosina, hanno determinato mediante l'approvazione di S.E. Rev.ma di accrescere in, cambio altra mezza mina di biada come sopra alli sigg. Parroci, e così abbia il diritto di raccogliere fuocolarmente da tutte e singole le famiglie di Brisino una mina di grano segale e metà miglio misura di Arona; le prestazioni di grano, vino, e legna dichiarano essere dovute anticipatamente all'erezione della Cura. Per ultimo, essendo stabilito nell'Istromento di transazione seguito tra quelli di Magognino con quelli di Brisino, che le sacre suppellettili, crediti, mobili e stabili ed ogni altro della Chiesa Parr. le di S. Albino si debba dividere e la metà sia della Chiesa di Magognino ed altra metà della Chiesa di Brisino coll'obbligazione che si assumano quelli di Brisino di mantenere il loro Oratorio, ed ora deve essere Chiesa Parrocchiale con quelle suppellettili, olio, cera, insomma tutto ciò e quanto si richiede ad una Chiesa Parrocchiale, non essendo sufficienti le suppellettili divise debbono surrogarne altrettanti quanto saranno necessari, del che e tutto quanto avanti dalli Sigg. Deputati promesso, hanno promesso e promettono di le medesime attendere ed osservare sott'obbligo, ipoteca e costituto possessorio dei beni della Comunità di Brisino presenti e futuri in forma fiscale, il tutto stipulante me Regio Notaio per il Sig. Parroco e Parroci pro tempore come persona pubblico ufficio fungente. Del che richiesto ne ho ricevuto il presente e mi sono sottoscritto e per l'insinuazione soldi trentasette e denari sei di Piemonte. <br />Sottoscritti: Giacinto Leone deputato Antonio Maria Rabaioli deputato Carl'Antonio Costa deputato Gio. Domenico Sala deputato Carlo Maria De Antonis testimonio Francesco Maiolo De Gìovannini (testimonio). <br /> L'avanti scritto contiene facciate sei scritturate di mio carattere sopra fogli tre di carta.<br />In fede <br /> Sottoscritto<br />Giuseppe De Antonis <br />Regio Notaio. <br /> La parrocchia è stata spostata da S. Albino a Magognino. Ma i Brisinesi non ci stanno e si appellano subito al Vescovo perché il loro Oratorio diventi Chiesa Parrocchiale con la seguente lettera:<br />Rev.mo Monsignore Arcivescovo, Vescovo di Novara. Leone e Antonio Maria Rabaioli, Procuratori degli uomini di Brisino come da Istromento del primo settembre 1797 rogato Tacchini, già dimesso negli Atti della Curia Vescovile avendo finalmente riunito tutti i documenti e disposto ogni cosa per la dismembrazione di Brisino dalla Parrocchia antica di S. Albino ed erezione di una nuova Parrocchia sotto il titolo e nell'Oratorio della SS. Trinità di Brisino supplicano divotamente l'amorosa paterna bontà di Monsignore vescovo Rev. mo, che si degni di esaudire i voti del Popolo di Bresino colla sollecita Canonico erezione che <br />implorano per venire presto provvisti d'un Parroco cotanto necessario al loro bene e comodo spirituale. <br />1 settembre 1797<br />Antonio Maria Rabaioli <br />Giacinto Leone <br />Procuratori <br /> La risposta del Vicario Generale all'accorata supplica dei Brisinesi non si fa attendere ma la Curia Vescovile vuole e deve procedere con le «dovute cautele» e ordina quanto segue: <br />Giuseppe Rabbaglietti dottore d'ambe le Leggi Canonico della Chiesa e della Diocesi Novarese Vicario Generale. Dalla Comunità di Brisino Ci viene fatta istanza perché a maggior comodo suo spirituale vogliamo erigere canonicamente in Chiesa Parrocchiale sotto il titolo della SS. Trinità l'Oratorio ivi sotto questo titolo esistente, previa la separazione e smembramento totale dalla Parrocchiale di S. Albino e di Magognino a norma dell'Istromento di transazione seguito tra le due Comunità nanti il Prefetto Bellini regio Delegato sotto il primo settembre 1797, rogato Tacchini e mediante l'assegno della congrua... E volendo Noi in ciò procedere colle dovute cautele, per tenore delle presenti, le quali vogliamo abbiano forza di pubblico Editto e vengano pubblicate in giorno di festa al maggior concorso di popolo nella Parrocchiale di Magognino e nell'Oratorio di Brisino e successivamente affisse alle porte maggiori di dette Chiese, rendiamo avvisata ogni e qualunque persona, acciò nel termine di giorni nove prossimi avvenire dopo la pubblicazione ed affissione delle stesse presenti, tre de' quali sì assegnano per li altri tre per il terzo, ultimo finale e perentorio termine, e per il primo, tre per il secondo e gli trina Canonica monizione, debba comparire avanti di Noi, e negli atti di questa Curia Vescovile a dire le cause, per le quali non si debba da Noi venire alla richiesta approvazione, così pure ad opporre tutto ciò che ognuno stimerà contro la detta erezione, altrimenti passato detto termine si procederà da Noi alla addimandataci erezione, secondo sarà di ragione, senz'altro avviso. E della pubblicazione ed affissione ecc... Novara dal Palazzo Vescovile li 24 ottobre 1799 <br />Quale congrua commessa assegnata per la nuova erigenda Parrocchia è la seguente, cioè.<br /> una casa da mantenersi sempre dalla Comunità pel Parroco <br /> due secchie annue di vino misura del Vergante per ogni famiglia da raccogliersi fuocolarmente dal Parroco, <br />- una emina di segale e mezza emina di miglio da raccogliersi ogni anno come sovra fuocolarmente: misura d'Arona. <br />- un fascio di legna ben stagionata non minore di libbre 100 che ogni fuocolare deve portare ogni anno alla Casa del Parroco, come più chiaramente dall'Istromento d'assegno delli 21 ottobre 1798, rogato De Antonis, al quale...<br />- più lire trecento cinquanta annue assegnate in perpetuo da Sua Real Maestà sulla Cassa dei Monasteri soppressi come da Regio Biglietto, delli 7 agosto 1798.<br />C. Rebaglietti Vicario Generale<br />Bettrami Cancelliere<br />Il Vicario Foraneo garanti che tutto si era svolto secondo le prescrizioni e che nessuno si era opposto con la seguente dichiarazione apposta in calce al decreto: «Dichiaro io sottoscritto essere stato il presente Editto pubblicato in giorno di Festa e nel maggior concorso del Popolo e successivamente affisso alla porta maggiore della Chiesa di Bresino a norma della di sopra espressa disposi¬zione, né mi è stata espressa cosa alcuna.<br />In fede <br /> Giovanni Battista De Antonis<br />Vicario Foraneo<br /> Finalmente si giunse alla divisione di tutti gli stabili, dei mobili e delle suppellettili in possesso della Chiesa di S. Albino e all'assegnazione dei Legati alle rispettive parrocchie, secondo la proposta fatta dal Vicario Generale della Diocesi, il 2 dicembre 1798. <br />Siccome nel solenne Istromento di, Transazione stipulato nanti il R. Delegato sotto il primo settembre 1797 fra le due popolazioni di Magognino e di Brisino si era riservata a S.E. Mons. Vescovo il determinare che uso si debba fare della Chiesa di S. Albino e così pure sorte alcune difficoltà nell'eseguimento del capo quinto e nono dei progetti in esso inseriti, ossia nella divisione dei mobili, arredi ed ogni altra cosa di proprietà di detta Chiesa di S. Albino, cioè quale regola si debba tenere nella divisione delle campane di S. Albino, dei beni della Confraternita eretta in detta Chiesa e di due Legati lasciati ai Parroci dì S. Albino da due Parroci antecessori,. nativi d'altri paesi, si è voluto deferire lo scioglimento ai superiori Ecclesiastici, al qual effetto essendosi a me presentati i rispettivi Deputati in Stresa per informarmi e riporartle opportune determinazioni, né avendo io stimato di profferire il mio sentimento senza prima riferire il tutto a *RA Mons. Vescovo e udire il suo parere: avuto perciò il memo ho dichiarato e dichiaro conforme allo stesso ed a mente di S.E. Mons. Vescovo:<br />1 Che le campane si debbano dividere fra le due parti per uguali porzioni a tenore del capo quinto della Transazione essendo desse senza dubbio di proprietà della Chiesa di S. Albino.<br />2 Che riguardo ai beni della Confraternita, degli stabili delle cose tuttora esistenti si debbano assegnare due piedi quei di Magognino, ed uno a quei di Brisino. Riguardo ai mobili e sacri arredi si debba fare la divisione per metà tra ambe le parti.<br />3 Dei due legati lasciati dai Parroci di S. Albino a successori, uno si debba assegnare al Parroco di Magognino e 1 'altro a quello che sarà in Brisino a giudizio del sig. Arci¬prete di Stresa Vicario Foraneo. Riservando ad altro tempo più opportuno il determinare riguardo alla fabbrica della Chiesa e del Campanile di S.Albino. E tale è il mio sentimento analogo a quello di S.E. Rev.mo Mons. Vescovo sulle proposte quistioni.<br />Novara li, 2 dicembre 1798<br />C. Rabbaglietti<br />Vicario Generale di mandato.<br /> La spartizione avviene, questa volta con animi sereni, alla presenza del Vicario Foraneo che, in data 26 febbraio 1799, trasmette il verbale al Vescovo di Novara. E’ curioso notare che l'Arciprete di Stresa nella stesura della data anteponga quella della Rivoluzione Francese a quella di Cristo.<br />Così scrisse:Li deputati di Magognino e Brisino, hanno divisi gli stabili, li mobili e li sacri arredi spettanti all'antica Chiesa di S. Albino in due porzioni eguali a norma dell'Istromento di Transazione suddetto, come pure coerentemente alle determinazioni Vescovili, hanno divise le campane e ciò che riguarda la Confraternita. Riguardo alli Legati lasciati dalli due Parroci di S. Al¬bino, Marchesoli ed Armenati, siccome fra le lascite deI primo: vi e una porzione di sito dentro il recinto della casa al Curato di Magognino ed un piccolo giardino sembrami equitattivo che quanto lasciò il Marchesoli, già parroco A S. Albino, I sia ed essere debba del Parroco di Magognino quanto ha lasciato il Parroco Armenati sia ed essere del Parroco di Brisino, se così a S.E. Rev.ma piacerà.<br />Data a Stresa alli 8 ventoso, anno settimo Repubblica. <br />(26 febbraio 1799)<br />Gio. Battista De Antonis<br />Vicario Foraneo Delegato<br /> Il Vescovo di Novara, per assicurarsi che le due chiese di Magognino e di Brisino fossero adatte e degne d’essere chiese parrocchiali, ordina un sopralluogo. Eccovi il verbale tradotto dal latino della visita fatta dal Vicario Foraneo, che fu anche cappellano della Chiesa della SS. Trinità dal 1799 al 1803: Visita della Chiesa di Brisino.<br />Delegato dall'Ill. mo e Rev. mo Giuseppe Rabbaglietti Canonico della Cattedrale di Novara, Vicario Generale dell'Ecc.mo e Rev.mo Arcivescovo, Vescovo di Novara, ho visitato le Chiese situate nelle località di Magognino e di Brisino. La prima dedicata alla Natività della B. V. Maria fu di recente costruita, dove ci sono altari laterali, il Presbiterio e tutto ciò che necessita per lo svolgimento delle sacre funzioni parrocchiali, (possiede) i redditi sufficienti per l'acquisto della cera e dell'olio. L'altra in località Brisino, dedicata alla SS. Trinità, sufficiente a contenere il popolo di Brisino, ha anch'essa il sacrario e il Battistero ivi costruito, un campanile con tre campane, né mancano decenti suppellettili per svolgere le sacre funzioni. Il reddito, con le offerte dei fedeli sono sufficienti per l'acquisto della cera e dell'olio. Pertanto tutto è in ordine perché si svolgano decorosamente le sacre funzioni.<br />Stresa, 28 gennaio 1800 <br />Giovanni Battista De Antonis<br />arciprete di Stresa<br />Vicario Foraneo <br />Delegato alla visita.<br /> Anche le vicende politiche contribuiscono ad allontanare il giorno dell'erezione a Parrocchia che i Brisinesi tanto desiderano. <br />Il Piemonte, per aver preso parte alla guerra della seconda coalizione al fianco delle potenze Europee contro la costituì era occupato da Napoleone Bonaparte che costava tra la fine del 1801 e il principio del 1802 la Repubblica Italiana e si faceva eleggere Presidente, lasciando la Vice presidenza a Melzi d'Eril, patrizio milanese molto popolare. Vittorio Emanuele 1 conservava il possesso della Sardegna. Passata la burrasca e costituitosi il nuovo Governo, i Brisinesi, tornati all'attacco, ottengono la conferma della pensione annua di lire duecentocinquanta di Piemonte con un Rescritto del Ministro per il Culto, del 17 aprile 1804, al N. 3782 e comunicato alla Curia di Novara il 23 dello stesso mese, del seguente tenore: Materia Ecclesiastica.<br /> n. 6772 Sez. seconda Novara 23 aprile 1805.<br />Il prefetto del Dipartimento dell'Agogna al Sig. Arcivescovo, Vescovo di Novara. Dietro il dispaccio del Ministro per il Culto delli diciassette corrente n. 3 782, Vi partecipo Signor Vescovo che il Governo sopra di Lei apporto, ha confermato in favore della Comune di Brisino, distretto di Intra, l'agevolezza concessa dal Re Carlo Emanuele di lire trecentocinquanta di Piemonte indotte però ora soltanto a lire duecentocinquanta parimenti di Piemonte sul fondo Nazionale per un Vicario da ivi risiedere per l'esercizio del Culto Cattolico. non che i terrieri di Magognino contribuiscano le offerte e convenute lire quattromilacinquecento per la casa del Vicario, ritenendosi che la superiorità locale Ecclesiastica consenta alla divisata erezione di detta Vicaria. Mi compiaccio significarvi la governativa determinazione, di cui vado a rendere intesi anche gli interessati, prevenendovi d'aver il prelodato Ministero già date le opportune disposizioni per il corso regolare del mentovato assegno annuo di lire duecentocinquanta di Piemonte. Gradite Sig. Vescovo che Vi riprotesti gli atti della mia distinta stima e considerazione. <br />Firmato <br />Sottosegretario Bazzoni<br />Sottosegretario Parravicini<br /> Una delle condizioni per ottenere l'erezione di una chiesa a Parrocchia era l'esistenza di una Casa parrocchiale efficiente. Quindi il popolo di Brisino si adoprò, con il solito tenace impegno, per provvedere il paese di una casa per il futuro parroco tanto invocato. Il 17 aprile del 1805, alle due di notte, a Brisino, in casa di Baldassare Leone, davanti al notaio Giuseppe De Antonis, aIla presenza del Sac. Giuseppe Maria De Stefanis e di Giuseppe Maria Bono nativi e abitanti a Vezzo come testi¬moni, fu acquistato lo stabile di Albino e Valentino Zanoletti, di Marianna Del Grande, di Rosalia Del Grande. Gli acquirenti, deputati dalla Comunità di Brisino furono Carlo Antonio Costa, Antonio Rabaioli e Giacinto Leone. Nel documento, è minuziosamente descritta la casa da acquistarsi al prezzo di 1.320 lire di Milano e la porzione della somma spettante a ciascuno dei venditori. .Seguono tutte le firme dei venditori, dei testimoni, dei deputati di Brisino e del notaio Giuseppe De Antonis. <br />Eccovi l'atto notarile:<br />Vendita fatta dalli Valentino Zanoletti, Albino Zanoletti Marianna del Grande e Rosalia del Grande a favore delli Signori Carlo Antonio Costa, Antonio Rabaioli e Giacinto Leone deputati della Comune di Brisino. L'anno del Signore mille ottocento cinque ed alli diciassette del mese di aprile in Brisino, alle due di notte, nella casa di Baldassarre Leone ed ivi avanti dì me Notaio Giuseppe De is ed alla presenza del sig. sacerdote Antonio De Stefanis e Gìuseppa Maria Bono nativi ed abitanti nel comune di Vezzo, testimoni noti, cogniti, richiesti, astanti ed infra meco sottoscritti colli venditori Albino e Valentino Zanoletti e Deputati e gli altri segnati con croce per essere illetterati Personalmente costituitili sigg. Valentino Zanoletti fu Tomaso nativo e abitante nella comune di Magognino, il quale promette per le sue figlie Francesca e MariaDominica di rato e di far ratificare il presente, Albino Zanoletti fu Francesco nativo e abitante in Magognino promettendo anche questo dirato e di far ratificare il presente dai suoi fratelli sig. sacerdote Orazio, e Giovanni MariaAnna Del Grande fu Bartolomeo, e Rosalia Del Grande fu Bartolomeo nativa di Brisino e abitante in Magognino sorella, le quali spontaneamente ed in ogni altro miglior modo per loro eredi e successori hanno dato, venduto e rimesso, come danno vendono e rimettono alli qui presenti Carlo Costa fu Giov. Antonio, e Giacinto Leone del viv. Baldassarre, ed Antonio Maria Rabaioli fu Andrea nativi ed abitanti in Brisino, quali Procuratori della Comunità di Brisino, costituiti per mandato di Procura del¬ l'anno, mese e giorno in esso contenuto, ricevuto Bellini, stipulanti ed accettanti per la Comune a monte del Biglietto Regio dell'estinto Governo e Re di Sardegna. Un corpo di casa indivisa con Lucrezia Del Grande moglie di Giacomo Giovanni consistente in stanze sei tra inferiori e superiori coperte a piode con corte davanti, pozzo comune con Pietro Del Grande, stalla dirupata, airale pure dirupato ed altra stal¬letta simile dirupata nella terra di Brisino poste, ignorando il numero di mappa, regione casa di Bartolomeo Del Grande coerenti strada, li eredi Gio. Battista Rognino e strada De Giovannini e Pietro Del Grande, colli suoi accessi, usi, vie, attinenze e pertinenze libere e franchi d'ogni peso, ipoteca e servitù, salvo delle pubbliche imposizioni, il tutto colle clau¬sole abdicative e transIative di dominio e possesso, ed atta del¬ l'amplissimo costituto possessorio con promessa dell'erezione, totale difesa e manutenzione con ristoro di danni e spese. E ciò per e mediante il prezzo e somma di lire mille tre centoventi dì Milano, delle quali lire hanno delegato e dele¬gano di pagare per la concorrente somma di lire settecentocinquanta di Milano di quelle pagare alla cittadini Lucrezia Del Grande per altrettante che si credono debitori e di dover riportare dalla medesima l'opportuna quietanza giustificante il seguito pagamento e le restanti lire simili di Milano, cinquecentosettanta di Milano, si obbligano li sud¬ detti Deputati di quelle pagare ad ogni richiesta delle parti senza corrispondere sopra essa veruna somma di interessi, per la quale somma pagata che sarà adesso per allora, ne hanno spedito e ne spediscono ampla finale e generale quie¬tanza, con promessa di più domandare, nemmeno permettere che per altri gli venga chiesta cosa alcuna alla riserva di essa somma. Dichiarando le parti aver narrato il pozzo comune con Pietro Del Grande non sanno bene verificare tale comunione giustificando la comunione del Pietro Del Grande, in difetto sarà libero. Del che tutto davanti le parti a me cognite, dicendo vero, hanno promesso e promettono di le medesime attendere ad osservare sott'obbligo dei loro beni presenti e futuri in, quanto alli venditori e deputati dei beni colla presente comune di Brisino presenti e futuri in forma fiscale e camerale e richiesto ne ho ricevuto il presente e mi sono sottoscritto e per l'insinuazione lire due e soldi cinque.<br />Firme: Valentino Zanoletti Albino Zanoletti (sottoscritti) Marianna Del Grande Rosalia Del Grande (segnate) Giacinto Leone Antonio Maria Rabaioli Carlo Antonio Costa, deputati (sottoscritti) Giovanni Antonio De Stefanis e Maria Giuseppa. Bono, testimoni (sottoscritti)<br />L'avanti scritto Istromento contiene facciate tre oltre il presente scritta di mio carattere sopra fogli uno di carta.<br /> In fede. sottoscritta<br /> Giuseppe De Antonis - Notaio<br /> I Brisinesi hanno fretta e insistono presso le Autorità ci vili, affinché si interpongano presso il Vescovo di Novara, ode accelerare i tempi. Infatti, in data 4 ottobre 1805, il Prefetto sollecita il Vescovo con la seguente lettera intestata protocollata al n. 16905:<br />Regno d’Italia<br />Novara li 4 ottobre<br /> Il Prefetto del Dipartimento dell'Agogna.<br />A Mons. Arcivescovo, Vescovo di Novara.<br />Con una nuova petizione ed allegati li deputati del Comune di Brisino implorarono da S.E. il Ministro per il Culto l'esecuzione delle Governative disposizioni enunciate nel Dispaccio deI pre lodato Sig. Ministro delli 17 p.p. n. 3782 comunicato a V. S. da questa Prefettura con foglio n. 6772 relativamente alla chiesta erezione di quella Vicaria in Parrocchia ed al cui effetto ho con mio Decreto delli 19 pp. agosto autorizzali i detti deputati a presentarsi a cotesta Curia Vescovile. Per corrispondere ora al Superiore incarico appoggiatomi col Preg. mo Ministeriale Devattergato alla petizione che le rassegno unitamente agli allegati, mi occorre, Monsignore, d'essere informato quali siano le disposizioni posteriormente onde da lei date per ciò che riguarda il pastorale suo istituto, che mi trovo nella circostanza d'interessare la sperimentata di Lei compiacenza a riferirmi in quale stato trovasi l'affare, ed i motivi che si frapposero all'adempimento delle governative prescrizioni, non disgiunti dal savio di Lei sentimento, che sollecitamente attenderò col ritorno delle carte. Ho l'onore di protestarle ì sensi dell'alta mia stima e considerazione. <br />Firmato<br />Torrielli – Sottosegretario<br />Bozzoni – Segr. Generale<br /> Ogni difficoltà e questione sono state ormai appianate. Il Prefetto del Dipartimento dell'Agogna sollecita il Vescovo ad erigere la nuova Parrocchia, con una lettera del 7 ottobre 1805, n. 17161:<br />Il Prefetto del Dipartimento d'Agogna <br />a Mons. Vescovo di Novara n. 17161 Materia Ecclesiastica <br />Div. I Regno d’Italia. Novara 7 ottobre 1805<br />Giacché la sola difficoltà, che si frapponeva all'esecu¬zione del Decreto del Ministro per il Culto delli 1 7 p.p. aprile n. 3782 in ordine all'erezione superiormente ordinata della Parrocchia di Brisino, fu tolta, stante l'acquisto duna casa fatto da quella Comunità coll'Istromento delli 17 detto mese, ro esecuzione delegato De Antonis, potrà Monsignore affrettare il del succitato Decreto; e così compiacere la Medesima Comune coll'erigere mediante le formalità prescritte dalle Veglianti leggi ecclesiastiche, ed a termine della Episcopale di lei ministero la suddetta Vicaria in Parrocchia, al cui effetto le ritorno le carte pel caso potessero servire nella celebrazione del relativo'. Istromento ad assicurare l'interesse della Parrocchia e dei suoi successori. Mentre in questi sensi riscontro il di Lei foglio liti do l'onore di protestarle, Monsignore, i sentimenti dell'alta mia stima e considerazione.<br />Sottosegretario - Torrielli <br />Segr. Generale - Bazzoni<br /> Tutto disposto e preparato, i Brisinesi, a cuore tranquillo, inoltrano al Vescovo di Novara l'ultima petizione che è ormai soltanto una formalità:<br />Rev.mo Mons. Arcivescovo, Vescovo di Novara.<br />Giacinto Leone ed Antonio Maria Rabaioli, Procuratori degli uomini di Brisino, come da Istromento del primo settembre 1797 rogato Tachini, già dimesso negli Atti della Curia Vescovile, avendo finalmente riuniti tutti i documenti e disposta ogni cosa per la dismembrazione di Brisino dalla Parrocchia antica di S. Albino e per l'erezione di una nuova Parrocchia sotto il titolo e nell'Oratorio della SS. Trinità di Brisino, supplicano divotamente l'amorosa paterna bontà di Mons. Vescovo Rev.mo che si degni di esaudire i voti del popolo di Brisino colla sollecita e canonica erezione, che implorano per venire presto provvisti d'un Parroco cotanto necessario a loro bene e comodo spirituale Della grazia.<br />Giacinto Leone Procuratore<br />Rabaioli Antonio Maria Procuratore<br /> (12 10 1805) - Brisino la sua parrocchia. Il frutto di tanto lavoro, di tanto determinato impegno, di numerose istanze ed insistenze viene raccolto il 12 ottobre 1805, otto giorni dopo la lettera prefettizia, quando il Vescovo di Novara S.E. Mons. Vittorio Filippo Melano di Portula decreta l'erezione della Parrocchia della SS. Trinità di Brisino. <br />Il documento, raccolto in Archivio Parrocchiale, consta di ben quarantuno pagine formato protocollo. Alcuni decreti sono in lingua italiana e sono riportati testualmente: quelli in lingua latina sono stati tradotti letteralmente. Vittorio Filippo Melano di Portula dell'Ordine dei dicatori, per divina misericordia e per grazia della Santa Sede Apostolica Arcivescovo, Vescovo della Santa Chiesa Novarese. Poiché già da molti anni fra gli abitanti delle località di Magognino e di Brisino di questa nostra Diocesi, costituenti 1711, un'unica parrocchia eretta nell'antica chiesa di S. Albino, situata in aperta campagna, isolata, distante circa 1 miglio da ambedue le Comunità, per il fatto che i Particolar di Magognino abbiano proposto e richiesto il del diritto di parrocchialità alla Chiesa costruita a tale nel loro paese ove fino ai nostri giorni abitarono i Parroci di S. Albino e per ìl fatto che i Particolari di Brisino si opposti con tutte le loro forze a quella proposta e a la ILI richiesta, per il disagio più grave che recherebbe loro a causa della maggiore distanza e siccome sorsero contese tanto aspre e tanto dannose al bene spirituale di tutto il popolo, che ogni tentativo di persuasione fatto con forza e con virilità dal Vescovo non riuscì mai a comporre, per efficace della Regia Potestà che il popolo di Magognino, a causa di questi gravi disordini materiali e morali, aveva invocato, fu concordato e stabilito che il diritto dell'antica Parrocchia venisse trasferito alla nuova Chiesa di Magognino e che dall'altra parte le anime degli abitanti di Brisino venissero staccate dall'antica giurisdizione della primitiva Parrocchia e che venisse eretta un 'altra Parrocchia nell'Oratorio della SS. Trinità di Brisino: come risulta dall'Istrumento della legale transazione e convenzione, alla presenza legale delle due parti, davanti a Giovanni Battista Bellini, allora Prefetto Regio della città di Pallanza, appositamente delegato a tale atto, rogato dal suo segretario Baldassarre Tacchini, avvenuto il 1° settembre 1797 come appresso riportato.<br /><br /> Una testimonianza di quale fosse la situazione del Vergante ci viene dai dati sugli abitanti al 31/12/1881 (pubblicati nel Dízionario dei Comuni del Regno del 1885 - 1901), oggi sono cambiati alcuni comuni,confrontando il numero degli abitanti si riesce capire anche l’evuluzione del paese, dove crescono gli abitanti si ritrovano gli insediamenti industriale, sparisce in questi ultimi 100 anni il lavoro nelle campagne , la pastorizia a beneficio delle aziende artigiane, poi industriali e dei sevizi. Oggi l’indotto, il turismo ed i sevizi fanno da padrone nella gestione dell’economica e delle persone del Vergante.<br /><br />*Comune, ()ex – comune, o Censimenti 1885 – 1901.<br /><br /> <br />Comuni e frazioni Abitanti Comuni e frazioni Abitanti<br /> Ieri<br />1881 Oggi<br />1999 Ieri 1881 Oggi 1999<br /> <br />Arona * 4182 14642 Belgírate * 709 555<br />Dagnente() 615 Meina * 1125 2271<br />Baveno * 2274 4605 Ghevio() 646 <br />Loita, Romanico, Ronco Silvera() <br />Gignese * 335 873 Solcio d Meina() <br />Alpino() Lesa * 1853 2366<br />Nocco() 224 Villa Lesa() <br />Vezzo() 244 Solcio di Lesa <br />Stresa* 1393 4833 Connago () 216 <br />Brisino () 342 Calogna () 272 <br />Vedasco (ex fr. di Brisino) 80 <br />Binda(ex fr Brisino) 71 Massino * 1084 1056<br />Passera (ex fr Brisino) 38 <br />Magogníno () 327 <br />Chignolo Verbano Carciano() 1189 <br />Levo (ex fr.Chignolo() 158 Nebbiuno * 355 1504<br />Someraro() 90 Tapiglíano() 303 <br />Campino() 65 Corciago () 291 <br />Isole Bella e Pescatori” 36 Fosseno () 337 <br />Brovello * 480 521 <br />Carpugnino* () 243 Pisano * 516 755<br />Graglía Piana () 166 Colazza * 502 408<br />Stropino () 145 <br />Intra*() 5745 Pallanza* () 4241 <br /><br />Le cittadine della sponda Nord Est Intra,Pallanza e Suna. Oggi con Suna formano un solo comune di Verbania ed anche il capoluogo della nuova provincia Verbano – Cusio. Il comune di Chignolo Verbano comprendeva le Isole, Carciano, Someraro, Campino, e Levo. Le due cittadine della sponda Nord Est Intra e Pallanza<br />Redatto 1969 - Ultimo Aggiornamento 1992. Il decremento della popolazione è dovuto principalmente ad una emigrazione costante ed il calo delle nascite ha fatto il resto. <br />Il ricercatore di queste pagine ha lasciato Brisino nel 1956.<br /> <br />Vedi documento E - Transazione tra la comunità di Magognino e quella di Brisino.<br />Sistemate così le cose con regolare Istromento il Re Carlo Emanuele, dietro relazione del Delegato Bellini, non solo approvò quanto contenuto in detto Istrumento e ordinò di eseguire quanto prescritto ma vista l'impossibilità degli abitanti di Brisino di costituire una congrua completa per la nuova Parrocchia da erigersi per sedare finalmente le gravi e inveterate controversie da lungo «effervescenti» fra le due popolazioni per il comune bene spirituale assegnò anche una pensione annua di L. 350 piemontesi come dotazione della Parrocchia da erigersi, prelevandole dagli interessi dei Monasteri soppressi. come da Biglietto Regio del 7 agosto 1798<br />Vedi documento F. Ricerca dei fondi per mantenere il parroco )<br />In seguito gli abitanti di Brisino procurarono, secondo le loro forze, una parte della dote ossia congrua da assegnarsi a favore del Beneficio Parr. le da erigersi nella Chiesa della SS. Trinità, come risulta dall'Istrumento del 21 ottobre 1798<br />Vedi documento G. rendita assegnata al parroco.<br />Assegnata la dote, fu proclamato a tutto il popolo l'Editto canonico, come da normale prassi, e affissa e pubblicata e si ricevette l'attestazione dell'avvenuta pubblicazione ed affissione<br />Vedi documento I. Divisione fra le parti.<br />Finalmente si giunse alla divisione tra le due Parti di tutti gli stabili e mobili che la vecchia Chiesa e Parrocchia di S. Albino possedevano e alla designazione dei Legati ai rispettivi parroci come stabilito dalla Curia in data 2 dicembre 1798, confermata dalla relazione del Vicario Foraneo del 29 febbraio 1799<br />Vedi documenti L e M. Visite del vicario.<br />E furono visitate dal Vicario Foraneo da Noi delegato le due Chiese della Natività della B. V. M. a Magognino e della SS. Trinità in Brisino, ed ambedue furono ritenute adatte a contenere i rispettivi fedeli e provviste di tutto quanto occorre per celebrare le sacre funzioni, come Ci risulta dalla relazione del Vicario Foraneo delegato.<br />Vedi documento N. Invasione Francese.<br />Ma per le ben note vicissitudini politiche, l'erezione della nuova Parrocchia di Brisino rimase sospesa. Ma, costituitosi felicemente il nuovo Governo, gli abitanti di Brisino ottennero la conferma dell'assegnazione della Pensione Regia annua di lire trecentocinquanta della moneta piemontese, che fu ridotta a lire duecentocinquanta piemontesi, con Biglietto del 17 aprile n. 3 del 1782<br />Vedi documento O. Casa parrocchiale<br />Mancava però in Brisino la casa del Parroco per il cui acquisto i Particolari di Magognino dovevano pagare lire quattromilacinquecento di Milano. Pertanto la casa per il Parroco nuovo e successori fu acquistata in Brisino, secondo l'Istrumento del 17 aprile ultimo scorso.<br />Vedi documento P . Nuova canonica.<br />Piò il Prefetto dello stesso Dipartimento, avendo a p¬erepurato che tutto era stato legalmente predisposto dichiarò che si poteva erigere la nuova Parrocchia di Brisino, secondo le vigenti leggi e disposizioni ecclesiastiche e ci esortò a procedere al più presto con lettera del 7 c.m. n. 1761.<br />Vedi documento R. Separazione dei beni delle due comunità.<br />Disposte e preparate così tutte le cose, i Signori Giacinto Leone e Antonio Maria Rabaioli, Procuratori degli uomini di Brisino Ci supplicarono, in forza dell'Istrumento io del 1 settembre 1797, di procedere alla separazione dalla Parrocchia di S. Albino e all'erezione canonica di una loro nuova Parrocchia sotto il titolo della SS. Trinità.<br />Vedi documento S. Elevazione da Oratorio a Chiesa.<br />Noi, dunque, spinti dalla sollecitudine del nostro ministero pastorale, accogliendo le domande e i voti del popolo di Brisino, in conformità ai Rescritti dell'Autorità Statale, in forza dell'Istrumento delle predette convenzioni, visti e considerati attentamente i singoli presentati documenti, con la Nostra Autorità, nel modo migliore e a maggior lode e gloria di Dio Onnipotente, per procurare il bene spirituale degli abitanti di Brisino, separiamo, dividiamo e stacchiamo le famiglie e tutte le anime di Brisino e il suo territorio dall'antica Chiesa parrocchiale di S. Albino e dalla giurisdizione spirituale del Parroco di Magognino e li affidiamo, così separati, divisi, staccati alla piena e unica giurisdizione spirituale del Parroco da nominarsi a Brisino, Ordiniamo, Decretiamo, Dichiariamo e siano assegnati a Lui e a Lui soggetti. E la Chiesa di Brisino che ci risulta con certezza essere sufficiente a contenere la popolazione e dotata di tutte le suppellettili e di tutte le altre cose richieste per lo svolgimento decoroso delle sacre funzioni eccetto il Cimitero e dotata pure di un congruo reddito per l'alimentazione della lampada (del SS. Sacramento) la erigiamo e la eleviamo a Chiesa Parrocchiale sotto il titolo della SS Trinità e vogliamo che sia eretto ed elevato. Inoltre dichiariamo anche che così e da ora sia chiamata la Chiesa della SS. Trinità di Brisino. Ma poiché il popolo di Brisino non ha un altro Cimitero nella sua nuova Parrocchia e siccome non sono ancora state stabilite le modalità per le quali il popolo di Magognino e di Brisino debbano usare dell'antica Chiesa Parrocchiale di S. Albino, per la nostra ordinaria autorità, diamo il diritto al popolo e al Parroco di Brisino di seppellire i loro morti nell'antico Cimitero di S. Albino e di usare la vecchia Chiesa secondo le Convenzioni e le Transazioni del settembre 1797 e secondo le prescrizioni del nostro Vicario Generale del 2 dicembre 1798. Come dote del nuovo Beneficio Parrocchiale dì Brisino approviamo stabiliamo e assegnamo la Regia Pensione annua di lire 250, come da Decreto del ministro per il Culto n. 3782; lire annue 400 piemontesi affirmate dagli uomini di Brisino come parte della congrua della loro nuova Prebenda Parrocchiale, oltre a tutte le altre prestazioni annue di vino, grano e legna, come stipulato nell'Istrumento di Transazione del 1 'sett. e dell'assegnazione della congrua il 21 ott. 1798. Inoltre assegnamo la Casa che, con Istrumento dei 17 aprile u.s., gli stessi uomini di Brisino comprarono come abitazione del loro Parroco e si impegnarono per la manutenzione sempre secondo l'Istrumento del 21 ottobre 1798; e ancora qualsiasi altra prestazione ed emolumento dei battesimi, dei matrimoni e dei funerali, ed anche qualsiasi altro incerto straordinario di consuetudine locale che in qualsiasi modo sogliono e debbono corrispondere al Parroco. In forza di questi atti di separazione e di erezione dichiariamo che la Chiesa Parr.le della SS. Trinità di Brisino sia staccata dalla primitiva Parrocchia e che si debba provvedere un Parroco, quando non ci sia per il futuro, mediante regolare concorso stabilito dal Concilio Tridentino, eccetto questo primo periodo in cui non c'è, per il quale Noi ci riserviamo espressamente di provvedere con concorso ed esame privato. E tutto ciò che abbiamo detto, disposto ed ordinato lo approviamo e lo confermiamo con la nostra ordinaria Autorità che sappiamo sicura, rata, e valida in ogni miglior modo.<br />Data dal Palazzo Episcopale di Novara il dodici ottobre 1805. <br />Firmato.<br />C.J. Rabbaglietti Vic. Gen. <br />Con speciale mandato Giovanni Velini - Cancelliere Vescovile<br /><br /> <br />Si sono alternati 21 (attualmente da alcuni anni ci sono reggenti) pastori dalla nascita della comunità Brisinese dopo la scissione di S.Albino 1780, che insieme al deputato prima, sindaco e podesta dopo hanno di fatto governato il paese.<br />La storia di una comunità si misura sui pastori, sui sindaci, sui marescialli, sui medici ed i farmacisti.<br />Dal Al 1° Quadro i Parroci<br />1799 1805 Furono cappellani i sacerdoti, De Antonis Giovanni Battista, De Stefanis Giovanni Antonio.<br />1805 1818 e precisamente il 12 ottobre la Chiesa della SS.Trinità fu eretta a Parrocchia. Primo parroco fu De Antonis Giovanni Antonio, fino al 1818.<br />1819 1825 fino al 1825 si ebbero come reggenti: Zanoletti Tommaso Nerini Carlo Zanoletti Giuseppe Battista Victor Ralli Zanoletti Tommaso.<br />1826 fu nominato parroco il Sac. Albino Costa.<br />1865 1870 ancora reggenti: Molinari Giacomo don Angelotti Costa Giacinto<br />1870 1881 fu parroco il Sac. Francesco Battioli. <br />1881 1902 Poi ancora la reggenza di don Angelotti Ferraris Giovanni Nicola.<br />1903 1906 fu parroco il Sac. Costa Pietro. Alla sua morte resse la Parrocchia ancora don Nicola Maiola<br />1907 1929 divenne parroco don Fiorenzo Garrione.<br />1930 1933 dopo la reggenza di don Carlo Romerio, si ebbe come parroco, il sac. Giuseppe Colli Vignarelli. <br />1934 1938 Il Sac. Carlo Romerio, parroco di Magognino, resse ancora la Parrocchia fino alla nomina di don Antonio Ubezio.<br />1939 1954 parroco don Antonio Ubezio. Dopo una reggenza di pochi mesi di don Walter Del Co te, fu immesso in Parrocchia da Mons. Ugo Poletti il sac. Antonio Guarneri, il 17 luglio 1955.<br />1955 1994 il sac. Antonio Guarneri, il 17 luglio 1955<br />1994 1999 Vari reggenti Don Virgilio di Gignese, Dpn Dario di Magognino, Don Alfonso Rosmini di Stresa, Don Angelo Zanetta di Stresa e di nuovo Don Alfonso Rosmini/Stresa.<br />2000 2006 Oggi viene retta dai parroci che si alternano dal vicino seminario Rosminiano di Stresa e/o preti, Don Alfonso. <br />1908 1987 Dobbiamo ricordare, a conclusione, una vocazione sacerdotale e missionaria. Padre Giovanni Rabaioli, nato a Brisino nel 1908, figlio di Giovanni Battista e di De Giovannini Marietta, è sacerdote nella Congregazione Missionari della Consolata di Torino e missionario in Kenya ove svolse il suo ardente si apostolico. Fu pure Vicario Generale del Vescovo di Marsabit Mori a Maralal il 15 novembre 1987. Il suo funerale, che avvenne a Maralal, presenti il Vescovo e 35 sacerdoti e di fedeli. Tutti, piangendo, parlavano entusiasti del grande lavoro quarantennale di Padre Giovanni e del immenso cuore missionario. Sepolto, per suo desiderio, nel cimitero di Maralal, sul suo campo di lavoro, vicino ancora e sempre alla sua gente. Brisino lo ricorda con una stele a fianco della Chiesa di S. Albino, come uno dei suoi figli più generosi. <br /><br />000<br />Dal Al 2° Quadro i rappresentanti dei regno, i Podestà, Sindaci, La Pro Loco sono quasi sempre mancati: il medico, i maresciallo, il farmacista o l’autorità. (*)<br />1799 1805 <br />1805 1818 <br />1819 1825 <br />1826 <br />1865 1870 <br />1870 1881 <br />1881 1902 <br />1903 1906 <br />1907 1929 <br />1930 1933 <br />1934 1938 <br />1939 1954 <br />1955 1994 <br />1994 1999 <br />2000 2006 <br /> <br /><br /><br /> Da aggiornare (*)<br />Il seguente elenco statistico dei Brisinesi che ricevettero il Sacramento della Maturità cristiana può darci una prospettiva demografica del nostro paese. I bambini e le bambine venivano ammessi a ricevere il Sacramento della Confermazione dall'età di cinque o sei anni ed in altre parrocchie, perché nel Settecento la nostra Chiesa non era ancora parrocchia e perché nel secolo scorso, i Vescovi avevano ancora difficoltà a raggiungere ogni singolo paese. Nei riferimenti storici come potrete notare ( nei tre secoli passati) i notri nonni e genitori hanno passato la loro vita tra una carestia o una guerra. Chi vi scrive ha oggi più di 60 anni.<br /><br />Anagrafe dal 1799 al 2006 (*)<br />Nascite Località Storia<br />Anno Giorno e Mese Parrocchia m f Riferimenti storici e Avvenimenti<br />1797 8 luglio Dopi i moti di Pallanza repressi con il sangue e la prigione Nasce la costituzione Cisalpina imposta da Bonaparte<br />1798 I Francesi ocupano Roma <br />1799 21 agosto Stresa 25 19 <br />1800 Campagna napoleonica in Italia annessione del regno di Sardegna<br />1804 07 giugno Isola Sup 8 10 <br />1805 5 maggio Muore napoleone<br />1812 19 settembre Stresa 17 14 <br />1814 15 settembre Viene riconosciuta la municipalità di Brisino<br />1817 10 giugno Stresa 04 07 <br />1821 05 giugno Brisino 12 19 <br />1831 31 luglio Stresa 20 21 <br />1840 27 giugno Stresa 5 07 <br />1851 28 settembre Brisino 21 21 <br />1853 5 giugno GragliaS. Pietro. 63 <br />1860 15 aprile Stresa 08 08 <br />1867 3 aprile Stresa 11 19 <br />1873 6 ottobre Stresa 10 6 <br />1879 9 ottobre Brisino 12 06 <br />1887 3 ottobre Brisino 11 13 <br />1892 3 ottobre Stresa 4 2 <br />1898 13 maggio Brisino 11 12 <br />1905 21 agosto Gignese 6 5 <br />1909 19 agosto Brisino 1 Nasce mio padre<br />1915 0 0 1° Guerra Modiale<br />1911 3 maggio Brisino 18 10 <br />1918 2 maggio Nasce mia madre<br />1918 Fine della Guerra - Epidemia della spagnola. Muore mia nonna Teodolinda<br />1920 21 giugno Brisino 8 15 <br />1921 Livorno Scissione della sinistra Italiana<br />1926 14 giugno Brisino 13 7 <br />1932 6 giugno Brisino 7 2 <br />1937 2 giugno Brisino 5 6 <br />1938 1938 - 1945 Inizia la persecuzione degli ebrei e poi l’olocausto<br />1939 2a Guerra mondiale. Invasione della polonia da parte dei nazisti<br />1940 29 settembre Brisino 1 0 L’Italia entra in guerra<br />1942 16 maggio Brisino 10 4 <br />1945 0 0 Fine della Guerra<br />1946 5 maggio Brisino 2 0 2 giugno. La repubblica.<br />1948 8 agosto Brisino 8 4 <br />1953 5 settembre Brisino 7 0 <br />1959 1 agosto Brisino 7 13 <br />1965 17 giugno Brisino 10 9 <br />1973 27 maggio Brisino 6 3 <br />1978 28 maggio Brisino 3 3 <br />1983 29 maggio Brisino 1 5 <br />1986 1 0 <br />1987 10 maggio Magognino 3 2 <br />1988 4 2 <br />1989 Brisino 0 1 Cade il muro di Berlino<br />1990 1 1 <br />1991 Brisino 0 1 <br />1992 0 0 <br />1993 Brisino 0 4 <br />1994 1 1 <br />1995 Brisino 0 0 <br />1996 0 1 La sinistra tradizionale al governo.<br />1997 Brisino 2 1 <br />1998 4 2 <br />1999 Brisino 0 0 <br />2000 1 0 <br />2001 Brisino 1 0 La destra riconquista il governo del paese<br />2002 Brisino 1 3 <br />2003 Brisino 20 marzo, USA, GB, SP, col sostegno di circa 30 paesi dichiarano guerra all’Irak, una nuova fase si apre nel modo<br />2004 Brisino <br />2005 Brisino <br />2006<br /> 10 aprile Brisino Il centro sinistra ritorna al governo del paese.<br />2007<br />2008<br /> Brisino <br />2009 19 agosto Brisino Centenario della nascita di mio padre.<br />2010 <br />2011 <br />2012 <br />2013 <br />2014 <br />2015 <br />2016 <br />2017 <br />2018 <br />2019 <br />2020 <br />2021 <br />2022 <br />2023 <br />2024 <br />2025 <br />2026 <br />2027 <br />2028 <br />2029 <br />2030 <br />2031 <br />2032 <br /> <br /><br />Note. Nel 1939 il 20 marzo Hitler invadeva la Polonia Nel mondo ci sono circa 70 guerre e tutte sostenute ed armate dal mondo occidentale. Vedi alla pagina argomenti. Cronistoria che va dal 1798 al 2003. Guerra USA, per quale democrazia. 12 Novembre. Strage in Irak. Muoiono 19 Carabinieri.<br /> <br />1814 - Viene riconosciuta la Municipalità di Brisino. Il verbale di Installazione della Municipalità di Brisino, su carta bollata di soldi 5, è steso con grafia molto simile ai geroglifici, quasi illeggibile. Siamo nell'anno 1814, il 15 del mese di settembre. L'atto con il quale si conferisce l'autorità municipale a Brisino è firmato, oltre che dall'Autorità delegata, da Vittorio Leone Sindaco e Giuseppe Sala Consigliere è segnato da Giacomo Minola Consigliere.<br />1828 - Il 24 luglio 1828, nella Sala Consigliare di Brisino fu stilato un Progetto di Separazione della Comunità di Brisino, composta da 4 borgate, composte in 2 aggregati. Rimaneva, però, sempre un nome solo e un solo Comune, retto da un solo Sindaco e da una sola Amministrazione Comunale. Il progetto fu letto sulla pubblica piazza, con la maggior affluenza di popolo, dato il segnale con le campane e rimase esposto all'Albo fino al tramonto. Causa: per togliere di mezzo le inveterate discordie che sorgevano nell'applicazione delle tasse. Perciò si proponeva la separazione delle attività e passività di ciascuna frazione per avere basi certe e dati invariabili che permettessero un'equa ripartizione fiscale. La divisione era facilitata dal fatto che esistevano ancora i «termini» o confini territoriali, altrimenti ogni smembrazione «sarebbe stata tenebrosa e impraticabile». E bene ricordare che prima del 1773 la Comunità di Brisino formava due corpi Amministrativi totalmente separati, con territori separati, propri registri e catasti, come risulta dall'Archivio comunale. <br />Erano: <br /> Sì proponeva, pertanto, di ritornare allo status quo an¬teriore, al 1773. n E in Pallanza, l'otto novembre 1828, davanti all'intendente Ronchi, si deliberò a pieni voti la divisione per “ la profonda saviezza del Presidente, considerate attentamente le proposte del Sindaco dopo seria e attenta meditazione esposte placidamente le rispettive ragioni “. ( questa frase sta a significare che l’atto arriva dopo che èra stata messa sottosopra l’intera comunità) Fu precisato a riguardo del Consiglio Comunale: a Brisino capoluogo risiederà il Sindaco, un Consigliere ordinario e un Consigliere aggiunto. A Vedasco: un Consigliere ordinario e due aggiunti A Binda e Passera: un Consigliere ordinario e un aggiunto alternativamente, per un triennio. Inoltre: quattro Consiglieri supplementari, uno per ogni, frazione. Per evitare ogni contrasto, le Spese Straordinarie sarebbero state cosi ripartite: a Brisino due terzi delle spese; a Passera un terzo; e cosi pure a Vedasco due terzi delle spese; a Binda un terzo. «Campane e campanile sono in comune ai due Aggregati e perciò le spese di manutenzione e riparazioni saranno a carico di Brisino e Passera per due terzi della somma e per un terzo a Vedasco e Binda. Campane e campanile rimangono dì «ragione privativa» di Brisino: le altre frazioni non hanno alcun diritto. Siccome, poi, Passera, Vedasco e Binda appartengono alla Parrocchia di Stresa, per le spese di Culto Brisino (che è parrocchia a sé) non potrà opporsi che Passera versi la dovuta tangente». Anche le spese per la separazione, lire 400, furono equamente ripartite. Per espressa volontà del Sindaco si aggiunse a quell'atto pubblico il seguente articolo: «Se il Consigliere di Passera verrà riconosciuto recidivo di connivenza con le altre borgate, venga destituito e la frazione di Passera perda il diritto di eleggere consigliere un suo frazionista, che sarà eletto invece in capo d'uno di Brisino». <br />Seguono le firme: Giovanni Costa Sindaco e De Giovannini Giovanni Maria Giuseppe Minola Albino Sala Consiglieri Ordinari - Vittorio Leone Giovanni Battista Minola Giorgio Minola Tommaso Nicolini Consiglieri aggiunti.<br />1858 - Vittorio Emanuele II Re di Sardegna, dì Cipro e dì Gerusalemme Sulla proposizione del Ministro dell'Interno. Veduta la legge 7 ottobre 1848 Sentito il parere del Consiglio di Stato - Abbiamo decretato e decretiamo: approvato il Regolamento di Polizia urbana e rurale7 ultimo scorso maggio del Con¬deliberato nella seduta del 2 sigillo Comunale di Brisino e ordinato d'ordine nostro dal Ministero predetto. Ordiniamo che il presente Decreto munito del sigillo inserto nella raccolta degli Atti del Governo, mandando a chìunque spetti di operarlo e di farlo operare.<br />Dato a Torino addi,4 luglio 1858.<br />Vittorio Emanuele<br /> <br /> Camillo Benso Conte di Cavour Visto: il Guardasigilli PC. Zanetta<br />Tutte le firme sono autentiche ed originali: <br />il documento è incorniciato e custodito in Casa Parrocchiale.<br />1905 - Su carta intestata del Comune di Brisino, al n. 2830 di protocollo, in bella grafia venivano richieste al Parroco le copie di tutti gli atti costitutivi della Parrocchia:<br />Brisino 19 maggio 1905.<br /><br />Egregio Signore, A questo Comune abbisognerebbe copia dell'atto di funzione della Parrocchia della SS. Trinità di Brisino rogato dal Notaio Giuseppe De Antonis in data 21 ottobre 1798. Prego quindi la ben nota di Lei gentilezza a compiacersi riferirmi se ella può procurarmi la copia di detto atto e degli altri che eventualmente vi fossero relativi alla Casa Parrocchiale ed a quanto ammontano le spese per la copia stessa.<br />In attesa di un grato sollecito cenno di riscontro distintamente La riverisco.<br />Il Sindaco <br /> Pastore Costa Francesco<br />1922 - Si costituisce un Comitato con l'intento di raccogliere fondi per il rifacimento dell'edificio Scuole Elementari e sede nuovo Asilo. Vengono raccolte L. 28.000 che, integrate dal Comune di Stresa, permisero la costruzione dell'attuale edificio, ora sede della "Pro Brisino". Il nuovo edificio, il cui costo fu di L. 40.000 venne inaugurato dal Podestà di Stresa Ferdinando Basile nel settembre del 1929. L'Asilo nel 1931 iniziò la sua opera che continuò fino all'anno 1946, quando fu soppresso per mancanza di un adeguato numero di bambini. Il 30 Gennaio 1937 l'Asilo ottenne la concessione di L. 300 dal Ministero della RealCasa - Segreteria Reale: «Ho il piacere di comunicare che, in adesione alla domanda rivolta a Sua Maestà la Regina Imperatrice, sono state destinate lire Trecento a favore di codesto Asilo. Rimetto la somma mediante l’unito vaglia, pregando di voler restituire firmato il pure accluso modulo di ricevuta.<br />Il Ministro <br /> De Sanctis<br />1926 - In conformità e in ossequio alle leggi del governo fascista, con una lunga e minuziosa relazione ridondante di spirito nazionalistico e di aspirazione «a più alte mete», il Podestà di Stresa, nella seduta del 28 agosto 1926, delibera di - domandare al Governo del Re l’aggregazione del Comune di Brisino-Chignolo Verbano a quello di Stresa, per modo di formare uno unico con la denominazione di Stresa Borromeo tale ultima aggiunta in omaggio ad una delle più illustri Famiglie d’Italia, che al golfo che qui si ammira ed alle Isole ha legato un nome che resterà eterno nella storia … -. <br />Scompare, così il Comune. <br />Rimarrà il senso vivo della Comunità.<br />1926 - Ecco il testo completo: <br />Regno d’Italia.<br />Provincia dì NOVARA - Circondario di PALLANZA - Comune di BRISINO.<br />REGISTRO DELLE DELIBERAZIONI DEL PODESTA<br />COMUNE DI BRISINO - DELIBERAZIONE DELLO ill.mo SIGNOR PODESTA<br />L'anno millenovecentoventisei addì ventotto del mese di agosto in Brisino, il Podestà assistito dal sottoscritto Segretario: Giuseppe Sperone, ha adottata la seguente deliberazione «Con il Regio Decreto 30 dicembre 1923 n. 28 gg. si apportano alla vigente Legge Comunale e Provinciale radicali riforme.<br />Il Governo Nazionale Fascista, con rapida procedura, intendeva snellire la vita degli Enti Autarchici, bandire forme procedurali troppo lunghe e gravate di controlli, che se potevano avere azioni di garanzie costituzionali, non erano, in definitiva che mezzi inceppanti alla nuova vita delle aziende locali. Inoltre, effetti che si prevedevano con la riforma erano, fra l'altro, i seguenti:<br />1° Rapidità e maggior efficacia di azione.<br />2° Semplificazione di servizi, con una più semplice economia di spese, con notevole <br />risparmio di energia e di tempo, si preoccupava insomma il Decreto, nella sua essenza:<br />a) a che le spese ed i servizi cui devesi provvedere, aventi indole obbligatoria, potessero <br />sempre esplicarsi e non vi fosse il motivo dell’impossibilità perché il territorio e la <br />Popolazione erano e sono esigui,<br />b) di dare respiro e possibilità di incremento civile ai Comuni a limitato territorio e con territorio esterno incapace di consentire l'impianto di stabilimenti pubblici, sia a carattere igienico sia a carattere economico<br />Nota Sono dovuti passare oltre 30 anni per avere le prime strutture pubbliche, sia il ventennio fascista che il periodo che ha governato il centro destra, al paese di Brisino non fu mai fatto un investimento capace di realizzare strutture igieniche e strade. L’intervento della PRO LOCO stimolò, soprattutto per non perdere voti, finalmente l’amministrazione Comunale. Per quanto riguarda il Metano arriva a Brisino verso la fine del secolo scorso. Il trasporto pubblico inesistente fino agli anni 70’ il sevizio c’era a secondo la stabilità dell’azienda di turno e la disponibilità del’autista. No comment. Eppure hanno governato sempre le stesse famiglie per 100 anni. Si vede che ai Brisinesi sta bene così.<br /> <br />Il testo del Decreto, ora diventato Legge ha appunto provveduto ad aggruppare anche Comuni contermini, perché la soddisfazione dei bisogni collettivi non avesse ostacolo di sorta. L `art. 8 dice appunto: «Che ad un Comune può essere dato o ampliato il territorio esterno quando dimostrata l'insufficienza di esso in rapporto all'impianto, all'incremento e al miglioramento dei servizi pubblici o risulti che l'insufficienza del territorio sia d'impedimento allo sviluppo economico del Comune stesso. Ora l'esame deve essere limitato ai Comuni di Stresa, Chignolo Verbano e Brisino Borromeo.<br /><br />Ora l'esame deve essere limitato ai Comuni di.<br /><br />1° Stresa con abit. n. 2169<br />2° Chignolo Verbano con abit. n. 1275<br />3° Brisino Borromeo con abit n. 392<br /><br />e ciò secondo i dati ufficiali del Censimento ultimo. Si raffronta la Popolazione con i seguenti altri dati:<br />Comune est. Ettari red. Terreni red. Fabbricati reddito Note<br />1°Stresa 194 L. 13488,72 L. 597812,17 L. 454550,48 <br />2° Chignolo Verbano 1307 L. 27280,46 L. 188710,72 L. 253924,04 <br />3° Brisino Borromeo 206 L . 11576,84 L . 33536,75 L. 43513,15 <br /><br />Entrate effettive di bilancio.<br />1° Stresa L. 451457,97<br />2° Chignolo Verbano L. 145720,20<br />3° Brisino Borromeo L. 32400,00<br /> <br />Dai documenti: Si deve notare che Stresa, in pieno e completo sviluppo, è costretta in angusti confini, con l'impossibilità assoluta poi di espandersi, ad Est ed Ovest, a meno che venga la fusione con i comuni contermini. La popolazione di Stresa, limitata nel periodo invernale, in quello stagionale che va dal marzo allo ottobre si popola di migliaia di persone, di turisti e villeggianti, ciò che impone per il mantenimento dei servizi di pulizia urbana, dei servizi igienici, per la tutela insomma dell’igiene pubblica, sacrifici enormi, superiori alla stessa potenzialità del Bilancio. Ogni area fabbricabile è stata utilizzata, specie negli ultimi tempi, in cui il numero delle nuove case o l'ampliamento delle abitazioni ha in Stresa raggiunto limiti imponenti. Si pensi che urge (a parte la generale fognatura) una maggiore alimentazione idrica, la distruzione delle immondizie, non essendo possibile fissare posti di deposito o di raccolta, come in passato, senza correre il pericolo di epidemie. Ma dello stesso male soffrono i due Comuni contermini di Chignolo e Brisino mentre verso in concentrico di Stresa mirano ad ampliarsi sensibilmente. Il problema stradale è assillante; vi dev'essere una con coordinazione perfetta nelle opere di tal genere. I centri dei Comuni la mirano per un forza di comune attrazione a congiungersi ed a fare dei vari paesi un unico paese, abbisogna giungersi no di razionali allacciamenti, di un piano regolatore unico, la mancanza del quale conduce ad una rete stradale nuova irrazionale, contraria alle leggi dell'estetica e quindi con danno del paesaggio e ad un informe aggruppamento di abitazioni. E’ indubitato e fatale che questo magnifico lembo del Verbano diventi un sol Comune, un ritrovo signorile del forestiero. Dove si ammirano le cose fra le più belle del Mondo, dove è dovizia di panorami di aria pura, dove è possibilità di assicurare acque pure, dove il Mondo si affolla, i pubblici tutti devono svilupparsi in ugual ragione. Ora anche il problema delle comunicazioni non si risolverà che raccogliendo i vari centri in un unico Ente perché i singoli Comuni non da soli possono sopperire alle prossime future esigenze che s'imporranno ai Comuni Stazioni di cura, i quali appunto dalle comodità delle strade, di viali, di passeggiate di miglioramenti e di abbellimenti, dovranno trarre le risorse della propria vita. E’ inutile formarsi illusioni; l'industria agricola qui non alligna, non può sopperire che l'industria del forestiero, che, del resto, sulla bilancia commerciale dello Stato apporta notevolissimi benefici. Nelle stesse opere di difesa dei torrenti, nella manutenzione delle strade di grande transito, sarà risolto il problema con un Municipio più vasto e provvisto dei mezzi sufficienti ad ogni bisogno collettivo. Vi sono poi altri interessi che legano i Municipi di Brisino, di Chignolo Verbano e di Stresa. Il servizio sanitario di Brisino è compiuto dai sanitari di Stresa; frazioni di Brisino si servono del cimitero di Stresa; dipendendo da questa Parrocchia. Stresa ha il corso completo elementare, accoglie nelle sue scuole superiori i bimbi degli altri Comuni. Sta per aprirsi l'Ospedale di Stresa, in cui è interessato Chignolo, mentre legati di beneficenza riguardano gli stessi tre Enti. Tutti gli importanti servizi d'anagrafe, stato civile, leva, ecc. ecc. verranno compiuti con rapidità e comodità assoluta del pubblico. La sede del Comune di Chignolo, in piano, dista da quella di Stresa, in linea d'aria, non più di 800 metri, mentre le più lontane frazioni dello stesso Chignolo, hanno il vantaggio, ad esempio Levo, della ferrovia al Mottarone che solca il Comune stesso per buona parte, discende nel cuore di Stresa. Le più importanti frazioni di Brisino, distano pochi passi da Stresa e sono collegati a questa con strada consorziale. Ma mentre per il Comune di Brisino, un giorno solo di servizio è obbligatorio per il Segretario e per Chignolo tre non intere giornate sono destinate al pubblico, a Stresa l'orario di otto ore giornaliere consentirà al pubblico di affluire con tutte le comodità possibili ed in tutti i giorni della settimana. Si noti inoltre che Stresa ha un importante mercato settimanale, tutto il commercio e il prodotto di retroterra che trova poi come comodità incalcolabili: la Ferrovia del Sempione, la Ferrovia del Mottarone, linee automobilistiche in tutti i sensi ed infine la Stazione del lago il cui traffico è fra i più intensi della zona Verbanese. Le belle Isole Borromee, i folti boschi dei dintorni, le passeggiate tra i primi abeti e betulle sono un tutto con i magnifici alberghi di Stresa, con l'impareggiabile vetta del Mottarone. Ora Stresa, che deriva la sua vita e la sua forza altrochè dalle sue bellezze naturali, dagli alberghi ospitali, è innegabile che spende per tutti, per quanto è riferimento a quegli agi ed a quei conforti che sono indispensabili al forestiero ed al turista. D'altra parte gli altri centri, come si è detto, offrono altri superbi paesaggi, le fresche acque e la riposante ombra dei boschi. Stresa, si ripete, che spende per tutti nella reclame, ne forza per mantenere la sua fama di Per gli abbellimenti e si s la del Lago, abbraccia con senso di fraterno amore i Comuni viciniori e dice: «poiché comune è la nostra sorte, poiché la nostra vita è troppo legata perché l'uno Comune non possa vivere senza dell'altro, poiché è fatale che pel bene di queste terre, pel bene della Patria, che gli ultimi ridicoli conati di dissensi campanilistici sgombrino il terreno per non ritardare il progresso, uniamoci. questa unione sarà accolta con giubilo da tutti ora e sarà benedetta poi». la grande Milano, per la grande Imperia, per la gran Bolzano e via dicendo, si ebbe dalle Popolazioni, disciplina ora e sempre per il bene di Italia e del Fascismo. E proprio di oggi la voce dei giornali bene informati, che a proposito dei concetti della riforma amministrativa che si sta ora preparando dicono (vedi la Tribuna di Roma «Le Libertà Comunali quali sono e quali si sono manifestate, non solo erano la perpetuazione di una Luce storica Italiana che minacciava la stessa formazione Nazionale, non solo si ponevano contro la stessa costituzione dello Stato, ma sono in antitesi con tutte le esigenze dell'organizzazione sociale contemporanea. I maggiori problemi amministrativi dai tributi a quella dell'assistenza e quelli dei servizi pubblici, sono problemi tecnici e soluzioni vaste, anche e soprattutto se si tratta di fare mille scuole o mille acquedotti, di dotare l'Italia di una rete stradale che serve per i veicoli la cui foggia non è più locale e nemmeno Nazionale ma Europea e Mondiale. A Non c'è per alcun comune la libertà d'isolarsi, nemmeno se questo isolamento possa diventare esemplare per l'organizzazione dei pubblici servizi. Le risoluzioni tecniche essenziali devono essere ormai, come, ad esempio per la strada, unitarie Confortato da tali asserti, a tutti i localismi, a tutti i per essere e non personalismi, i quali non hanno più ragione d sono ostacolare l'opera di chi intende, per il bene della Patria, raggiungere più alte mete,<br /><br />Il Podestà - A. Visti gli articoli 118, 119, 120, e seguenti della Legge Comunarie Testo Unico 4 febbraio 1915 N. 148 e il Regio Decreto 30 dicembre 1923 N. 283g<br />Delibera:<br />di domandare, come domanda, al Governo del Re che il Co¬mune suddetto si aggreghi a quello di Stresa, per modo di uno unico con la denominazione di “Stresa Borromeo ”, tale ultima aggiunta in omaggio ad una delle più Illustri Famiglie d'Italia, che al golfo che qui si ammira ed alle isole ha legato un nome che resterà eterno nella storia. <br />1. Per ciò che concerne i patrimoni, le rendite e spese a que¬sto relative dei Comuni aggregati, resteranno distinte, come distinti i Bilanci.<br />2. Comunque ad aggregazione avvenuta, e solo quindi allo¬ra verranno stabilite tutte le altre condizioni dell'unione, in quanto il Podestà si atterrà esclusivamente alle modalità dei relativo Decreto, pur stabilendo fin d'ora che nessun pregiu¬dizio deriverà ai diritti dell'aggregazione. Fatto, letto e approvato.<br />Il Podestà - F. Basile<br />Il Segretario Comunale - G. Sperone<br />1945 - Si costituisce un Comitato per la valorizzazione del paese dei capi famiglia sono escluse le donne.<br />Egregio Signore, si è costituito un Comitato per la valorizzazione del Paese. Il primo lavoro in programma sarebbe la costruzione della strada per il Cimitero: strada tanto necessaria sia per il Camposanto che per le comodità di campagna. Scopo della presente è quindi quello di invitare tutte le persone che hanno possibilità di dare il loro obolo perché sia possibile far fronte alle numerose e non indifferenti spese cui questo Comitato dovrà sostenere. Certi della vostra comprensione, anticipatamente si ringrazia.<br />Il Presidente - Pastore Costa Giovanni<br />Cassiere - Sena Francesco<br />1946 - Furono iniziati i lavori per l'ampliamento della strada Brisino Cimitero il 2 gennaio 1946 con prestazioni volontarie da parte degli uomini di Brisino di 121 giornate lavorative e con la raccolta di circa L. 120.000. I lavori furono completati, grazie anche all'intervento del Comune di Stresa, nel 1947.<br />1955 - Verbale di fondazione della Pro Loco.<br />Il giorno 20 dicembre 1955 i capi famiglia di Brisino, riuniti in Assemblea. decidono di istituire LA “PRO BRISINO” allo scopo di: rinsaldare un'unione di concordia e di forze, potenziare lo sviluppo logistico e turistico del Paese; ottenere più facilmente le opere di Pubblica Utilità.<br />Sono presenti n°.42 (capi famiglia) uomini pari al 96% che procedono alle votazioni dei membri del futuro Comitato Esecutivo. Vengono scrutinati: 148 voti.<br /> Voti Voti <br />De Giovannini Giovanni 30 15 Zanetta Pietro Cesare<br />Rabaioli Antonio 21 12 Sena Francesco<br />Stegani Neville 18 9 De Giovannini Giacomo<br />Costa Arnaldo 17 9 Rizzolo Liduino<br />Rabaioli Primo 17 2 Bianche e nulle<br />Si dà quindi lettura dello Statuto i cui singoli articoli soggetti a discussione vengono approvati singolarmente per alzata di mano. La prima Assemblea si chiude in un clima di identità di vedute, sembrava d'entusiasmo e d'operosità: il realtà anche la comunità di Brisino entrò nella spirale della guerra fredda, scomparve la laicità dell’associazione per far posto alla gestione della chiesa e democristiana. Viene mantenuta la politica della esclusione delle donne. <br /><br />Statuto della Pro Loco di Brisino.<br />1 I membri del Comitato verranno eletti dall'Assemblea per votazione segreta, in numero di nove.<br />2 Le cariche, in seno al Comitato, saranno stabilite dai membri eletti.<br />3 Il Comitato dura in carica un anno dal 31 di¬cembre, secondo l'anno solare.<br />4 Tutte le decisioni che vengono ad intaccare i fini ed i movimenti dell'istituzione possono essere de¬liberate solo dall'Assemblea.<br />5 Il Comitato ha funzione esecutiva per ciò che fu stabilito in seno all'Assemblea: è responsabile di quanto attui per iniziativa propria.<br />6 Il Presidente o altro membro del Comitato non potrà agire senza consultare l'intero Corpo Esecuti-vo anche in applicazioni di minor interesse.<br />7 Le decisioni per essere valide devono essere approvate da un numero di suffragi corrispondente al¬la metà più uno dei Soci iscritti. In seconda convocazione è sufficiente la metà più uno dei presenti.<br />8 Fanno parte dell'Assemblea quindi si conside¬rano Soci ai fini delle votazioni tutti coloro che avranno ricevuto ed accettato il tesserino di riconoscimento, previo versamento della quota simbolica, che verrà stabilita annualmente dal Comitato en¬trante<br />9 1 soci* sono convocati, normalmente, per appli¬cazione di manifesto murale<br />10 L'Assemblea può nominare socio onorario – con tessera, ma senza diritto di voto chi si sarà reso be¬nemerito verso l'Associazione<br />11 La facoltà dell'Assemblea modificare lo Statuto o fare emendamenti, qualora ne venga riconosciuta mediante votazione la necessità.<br />12 Tutti possono essere soci, ma il diritto di voto è riservato solo a quelli dì sesso maschile che abbia¬no compiuto i 16 anni, secondo l'art. 8'.<br />13 Colui che, per giustificati gravi motivi, non po¬trà presenziare a votazioni, può, mediante delega scritta, farsi rappresentare da un altro purché sia socio secondo l'art. 8' e 12'.<br />14 A modifica dell'Art. 3 0 viene stabilito che il Co¬mitato dura in carica TRE anni, secondo l'anno solare, e la votazione per il rinnovo del Consiglio dovrà effettuarsi entro il mese di DICEMBRE o al massimo entro FEBBRAIO di ogni scadenza.<br />15 L'Assemblea delibera che l'accettazione di nuovi soci nella «PRO BRISINO» è subordinata al parere del Consiglio che potrà accettarli come Soci Effet¬tivi o Soci Onorari<br />16 Il Consiglio è tenuto a riunirsi almeno una vol¬ta al mese, in giorno da concordarsi.<br />17 I Presidenti o chi per essi di organizzazioni sportive, culturali, folkloristiche, sintonizzate con le natalità statutarie della «PRO BRISINO» possono partecipare di diritto alle riunioni di Consiglio.<br />Nota Postilla. Ci fu fervore di opere. Talvolta la tolleranza verso i diversi venne a meno, ma sulle ali dell'entusiasmo, la comunità operò, sorretto dalla cosciente determinazione di promuovere il bene del paese. Non ci fu più distinzione tra parte religiosa e parte civica, né tra amministrazione ecclesiastica e amministrazione locale. Eravamo una comunità sostanzialmente fondamentalista, non erano ammesse le diversità. Come al tempo dei nostri antenati, molti si allontanarono. E le opere di seguito elencate non furono comunque né poche ne poco costose.<br /><br />1959 - Nel paese mancavano da sempre mancavano tutte le strutture igieniche e dei servizi.<br />Tre questioni importanti 1 Costruzione della rete fognaria<br /> 2 Costruzione rete idrica<br /> 3 Asfaltatura strade interne del paese<br />1960 / 61 - Sul vecchio sentiero tracciato dai passi dei nostri antenati, viene aperta verso locco, una nuova ampia strada, galleria di verde, che favorirà anche lo sviluppo edilizio.<br />1963 - Rimosso il vecchio tetto della Chiesa, ne viene costruito uno completamente nuovo, con l'aggiunta di gronda romana in granito e con canali in rame. Viene coperta di rame la cupola del campanile esterna di si completa l'opera con la zoccolatura perimetrale esterna di piode. Si ricava dal sottotetto, corrispondente alla Sacrestia, un locale ripostiglio, con scala di accesso.<br />1967 - Viene rimossa la balaustra centrale e adattata alla cappella dell'Addolorata. Il 5 giugno 1821 il cardinale Morozzo, nella sua visita pastorale, aveva ingiunto al Parroco di «porre cancelli almeno in legno» a quella cappella. Si pone una balaustra anche all'altare del Sacro Cuore. Costruzione delle due nicchie posteriori e del Battistero, ove è in bella evidenza l'antico fonte battesimale, in raro marmo bianco di Baveno, per opera dell'Impresa De Giovannini. Sostituzione della vecchia e malconcia porta d'ingresso: la nuova è opera di Antonio Modini Sostituzione dei vecchi banchi, che furono portati nella Chiesa di S. Albino, al Cimitero. Acquisto di un nuovo baldacchino processione e. Secondo le prescrizioni liturgiche del Concilio Vaticano 11, viene staccata la mensa dell'altare maggiore, per celebrare verso il popolo.<br />1968 - Viene ampliata la strada per la Motta del Santo, ove sorgerà un centro residenziale.<br />1970 - Costruzione nuova Casa Parrocchiale. Con il parere favorevole della Curia Vescovile, riportato sul n. 5 della Rivista Diocesana maggio 1970 l'Impresa edilizia , porta a termine la bella opera che sorge sul terreno del Beneficio Parrocchiale, in zona Raudana.<br /> <br />26 marzo delimitazione area fabbricabile. 28 marzo: inizio scavi per fondazione.<br />10 dicembre mancano soltanto le rifiniture.<br />21 gennaio 1971 il parroco si trasferisce nella nuova casa.<br />Nell'Archivio parrocchiale sono ben conservate tutte le descrizioni, i conti ed ogni documentazione anche fotografica.<br />1971 - Acquisto aree, da parte della Pro Brisino, per la costruzione di un nuovo piazzale, ed inizio lavori.<br />1972 - Completamento del grande ed armonioso piazzale. Sistemazione ad alloggio del piano superiore del Salone Parrocchiale, realizzato nel 1956, sui resti del vecchio cascinale annesso alla vecchia Casa Parr.le. (fascicolo illustrativo con resoconto completo in Archivio).<br />1977 - Viene realizzata, dalla Pro Brisino alla Rossea, la zona sportiva, con campo di calcio, illuminato, e campo tennis. <br />1982 - Il grande quadro centrale della Chiesa è restaurato dal Padre rosminiano Arioli, il quale rilasciò la seguente relazione: “Il dipinto era privo di vernici. Il colore si presentava sbiadito, disseccato. Nella parte inferiore ampie chiazze di colore erano screpolate, arricciate, durissime. Qua e là qualche buco e squarcio. L'intervento di restauro imponeva la intelaiatura oppure il riporto su supporto rigido. Distacco della tela dal telaio. La tela era incollata ai margini del telaio ed in più era fissata da numerosi chiodi tutt’intorno. Staccandola, risultò incollata con colla debole su una tela a sua volta inchiodata sul telaio. Questa tela era morbida e a maglia fitta. La tela dipinta, dura, secca a maglia larga. Staccata la tela dipinta apparvero sulla parete posteriore numerose pezze, alcune incollate (le più piccole), altre incollate e cucite turavano buchi e lacerazioni estese. Soprattutto nella estremità inferiore la tela originale risultava mancante. Apparvero poi, moltissimi altri buchi e lacerazioni dissimulate, prima, dalla grande tela posteriore di protezione .Sulla grande tela di rinforzo inchiodata sul telaio vi era la scritta: Andrea Francinetti Pictora Gignesio P.us D. Albinus Costa a Brisino pingere fecit anno 1847 die prima martiri La scrittura è in caratteri corsivi e piuttosto irregolare.<br />Osservazioni - Risultò evidente che la tela dipinta aveva subito un ampio intervento di restauro. La tela originaria fu dipinta sul gesso, senza imprimatur. Doveva essere anche diritti assai debole perché le lacerazioni dovute alla tensione della tela e causate dall'essiccarsi del colore, erano numerose e vaste. L'intervento di restauro deve essere stato fatto, intervenendo poco tempo dopo la realizzazione del dipinto, dal momento che la scritta non apparve sulla tela dipinta ma su quella aggiunta nel restauro: quindi il restauro deve essere attribuito all'autore stesso del dipinto, il Francinetti. Ciò è comprovato anche dal fatto che non si avvertono zone di ritocco del colore che si sovrappone al primitivo. Probabilmente la tela originaria si squarciava già durante l'esecuzione del dipinto e l'autore corse ai ripari con rinforzi. In seguito si verificarono delle incrostazioni: alcune furono ritoccate senza stuccatura altre, le più recenti, restarono evidenti.<br />Restauro - Il dipinto fu protetto e rinforzato con carta incollata. Gli squarci maggiori e i moltissimi buchi furono riempiti con ritagli di tela somigliante alla tela originale. Sulla parte posteriore fu applicata una vernice forte ed emolliente, per assicurare il colore alla tela. Molti buchi minori furono stuccati dalla parte posteriore della tela. Poiché vaste zone del dipinto risultavano come trasparenti, sul rovescio della tela fu stesa una leggera mano di Stucco. La tela così trattata, ho creduto meglio fissarla su un supporto di legno - truciolato fissato, poi, sul primitivo telaio. Fu, poi, tolta la carta protettiva, fu compiuta la pulitura del dipinto, fu completata la stuccatura e, infine, si compì il ritocco e furono ricostruite le parti mancanti. P. Arioli. La volta della Chiesa viene completamente restaurata dal sig. Grimoldi di Stresa: vi collaborò anche il parroco. Tinteggiatura totale dell'interno e dell'esterno della Chiesa. Si ricava un piano superiore, adattandolo con gradoni e scala comoda d'accesso, nel soppalco in fondo alla Chiesa, per aumentarne la capienza necessaria soprattutto nel periodo estivo. Impianto di riscaldamento della Chiesa, ad aria forzata, alimentato con gas propano liquido.<br />1985 - Le tre campane di cui due fesse vengono rifuse dalla Ditta Achille Mazzola di Valduggia, e si realizza un nuovo Concerto di cinque campane:<br /><br />1 Do Kg. 200 SS. Trínitati: offerta dalle famiglie di Brisino<br />2 Re Kg. 140 Maria e Virginì: offerta dai sigg. Villeggianti<br />3 Mi Kg. 100 S. Joseph: in memoria dì Domenico e Antonia De Giovanni, offerta dai figli<br />4 Fa Kg. 85 S. Albino: in memoria dì tutti i parroci, of¬ferta dal parroco.<br />5 Sol Kg. 60 Omnibus Sanctis: in memoria di Mario e Piera Ferrario, offerta dal figlio<br /><br />Cella campanaria completamente rinnovata in tutte le sue strutture e con apparecchiature elettroniche. Le campane sono benedette solennemente, con grande festa, il 1° novembre. Un voluminoso e particolareggiato fascicolo riporta il rito solenne e tutto lo svolgimento con le documentazioni an¬che fotografiche. Impianto di sonorizzazione, in Chiesa, realizzato dal Geom. Enrico Ferrario<br />1986 - Il campo sportivo e il campo di Tennis alla Rossea.<br />1987 - Da tempo si auspicava il completamento della facciata della Chiesa, più volte imbiancata, ma altre spese urgenti e più necessarie l'avevano fatto procrastinare. Nel 1987, però, si decise di compiere l'opera. Da tempo il parroco era alla ricerca di un mosaicista che possedesse uno stile adeguato alla configurazione stilistica della facciata. Dopo lunghe ricerche si trovò il sig. Albano De Paoli dì Oselle, Carmagnola. Si presero contatti, si imposero a lui il progetto e le tinte. Il cartone delineato dal parroco fu accettato con entusiasmo dall'artista che, attenendosi anche al suggerimento delle tinte, lo realizzò il giorno 3 agosto, applicandolo alla nicchia dove del primitivo e approssimativo affresco non rimaneva più nulla. La solenne benedizione ed inaugurazione avvenne dom. 9 agosto, dopo la S. Messa. Le parole del parroco e la documentazione è raccolta in un fascicolo illustrato, conservato in Archivio.<br />1988 - Le Sante Missioni furono preparate da riunioni settimanali dei singoli Cantoni che furono riesumati nella denominazione e nell'antica divisione, per intensificare la partecipazione e per rinnovare la Fede lasciataci, come la più bella eredità, dai nostri Antenati. Si svolsero nella Chiesa Parrocchiale e nei Cantoni:<br />Mese di maggio 1988.<br />11 Preparazione in Chiesa 13 al Cantun d’Fund<br />12 al Cantun d’ Scuma 14 al Cantun d’ Mez<br />15 Giornata conclusiva <br /><br />Ogni sera la Croce nuova, con gli stemmi e gli stendardi propri, disegnati e confezionati per l'occasione, venne portata processionalmente al Cantone designato, ove si tenne la Predicazione, seguita dalla S. Messa solenne, dalle preghiere comunitarie e da. quella propria del Cantone. Al termine delle sacre funzioni, ogni Cantone, nella sua serata, offri una festa di accoglienza e di fraternità agli altri cantoni, con abbondanza di dolci, di bevande e di serena letizia fraterna. A conclusione e a ricordo fu posta la Croce nuova sul fianco della Chiesa e fu consegnata ad ogni famiglia una ta¬voletta con la fotografia della nostra Madonna di S. Albino, al Cimitero. (fascicolo in Archivio nel casa parrocchiale).Il 15 di agosto, dopo la tradizionale Processione notturna che richiama, ogni anno, una grande folla dì fedeli dai paesi vicini e che è nota come manifestazione pubblica e devota dì Fede e di preghiera a cielo aperto, venne incoronata solennemente la statua della Madonna, sul carro trionfale. Dom. 16 ottobre, ore 17, si ebbe la Visita Pastorale di S.E. Mons. Aldo Del Monte, Vescovo di Novara. Calorosa fu l'accoglienza della popolazione e grande il compiacimento del Pastore della Diocesi al quale fu offerto, tra gli altri doni, il simbolo del Sinodo Diocesano, disegnato dal parroco e realizzato da Liduino Rizzolo. E... gli Antenati esultarono, misticamente partecipi, della totale e sentita comunitarietà della popolazione di Brisino.<br />E della commozione.<br />1990 - Ristrutturazione del piazzale antistante la chiese ed eliminazione della zona degli orti. Non mi trovò d’accordo era una zona verde e tale doveva rimanere. Oggi il centro di Brisino è come tanti altri paesi.<br />1991 / 95 - Non succede gran che, sono lontano da Brisino ormai da circa 35 anni, torno di tanto in tanto r tolte le feste patronali, tutto continua come prima con il dominio di una famiglia su tutto il paese. E poi parliamo della sicilia.<br />1996 /2000 - pavimentazione del centro del paese, il pavè.<br />2001 / 2006 - da aggiornare. <br /><br /> La vista di quella distesa d'acqua, accesa dal sole al tramonto e che aveva i colori del fuoco e della speranza, sciolse la sua lunga angoscia. Si sentiva anche tanto stanco. Era partito agile e giovane, come quel suo cucciolo d'uomo che ormai lo precedeva nel cammino degli ultimi spostamenti. Anche gli altri, i pochissimi rimasti con lui, si guardarono negli occhi. I primi a guazzare nelle acque furono i bambini. Decisero di fermarsi, di non avventurarsi più. Tacitamente concordi. Perlustrarono la zona e sul pendio trovarono piccole cavità che facilmente ingrandirono per ripararsi.E fu così che la notte, davanti all'ingresso per difendersi dal freddo e dagli animali, brillarono i primi fuochi. Sorrisero le stelle al lago bianco di luna. La tacita comune decisione di stabilirsi favori i contatti umani e il reciproco rapporto di collaborazione. Nel loro peregrinare avventuroso erano stati troppo intenti a lottare contro tanti elementi ostili, per sopravvivere. Come in un branco. Ora possedevano un territorio amico. Di buon mattino gli uomini e i ragazzi partivano per la caccia e per la raccolta di cibo: alcuni si addentravano nel bosco fitto, altri scendevano al lago. Intanto le donne, trascinandosi i più piccoli, procuravano legna per il fuoco, foglie secche per i i giacigli e raccoglievano bacche commestibili. Il pendio risuonava di vita. Agli stridi della fauna si aggiunsero i richiami umani. Acuti di esultanza per la preda. Gutturali invocazioni di aiuto. Modulati in accordo per il ritorno. E si ritrovavano dove la foresta aveva ceduto un piccolo piano alla radura. Per confrontare il bottino. E là si ritrovavano, accolti dalle ombre della sera inoltrata, a comunicare situazioni, a scambiarsi opportunità. Una sera qualcuno portò del fuoco e legna. Per prolungare la conversazione. Era nata la comunità. Prima del villaggio. Ma la comunità fece anche il villaggio. Insieme. I più anziani costruirono capanne con legname ed arbusti, poi le cinsero con sassi. I giovani, ormai addestrati, procuravano il cibo. Ed ogni sera serena, attorno al fuoco, nella radura, agli uomini si unirono le donne e i bambini, a guardare le ombre violacee dei monti, a sorridere all'argento del lago. Alla magia della luna. Usci qualche suono inarticolato di stupore. Poi i suoni si estesero in modulazioni più ampie. Divennero una cantilenante armonia che si fuse presto in un coro polifono e discorde. Era nato il canto, espressione immediata di poesia. E di¬venne poesia anche il sottofondo musicale della notte in con¬trappunto con l'arpeggio dei ruscelli. Il risveglio del bosco con cinguettii, strilli e stridi appar¬ve loro come una sinfonia, sul pentagramma del verde sfu¬mato dei bosco e l'azzurro del cielo. Era nato il senso estetico, a raffinare i sentimenti, a sor¬ridere alla vita. Le donne parlarono con i fiori. Cosi li trovarono, un giorno, altri gruppi di gente che a loro parve strana ma che accolsero con curiosità ospitale. Venivano da lontano ì Celti e parlavano una lingua incom¬prensibile ma, quando si intesero, assimilarono tante cose nuove ed utili. Perfezioneremo le loro tecniche rudimentali di caccia, allevarono animali e impararono anche a coltivare. E si amarono Nasce Bresino Brisino Quella notte di plenilunio il bosco era stranamente silenzioso. Quasi avesse trattenuto il suo notturno respiro ampio e profondo. Un giovane usci dalla sua capanna urlando di gioia e di timore. Accorsero dalle capanne. Furono accolti da un vagito insistente. La figlia del più forte dei nuovi venuti aveva dato una nuova vita al figlio dell'uomo più saggio dei primi abitanti. Fu festa al villaggio. Tutti vollero vedere il neonato. Tutti si prodigarono. Non si parlava che dì lui che strillava a perdifiato Eiiii, Eiiii, Eiiii,...,la giovane mamma, per consolarlo, gli faceva Brrrr, Brrrr, Brrrr..., suoni si composero in Brrreiiii, e tutti ripresero le quotidiane occupazioni e, ridendo ripetevano «Brrey»., e Brey crebbe forte e saggio, acquistandosi l'ammirazione e l'affetto di tutti, distinguendosi fra tutti; divenne l'animatore della comunità, consigliava i più giovani, soccorreva i bisognosi, metteva braccia e cuore a disposizione di tutti. Il piccolo villaggio era diventato una grande famiglia che coraggiosamente affrontava i venti e le frequenti tempeste. che riprendeva con fiducia il duro lavoro quotidiano che insieme piangeva le sventure e la morte. Nella pace della sera si ritrovava unita nella radura. E il fuoco che ardeva nel mezzo, con rapidi bagliori psichedelici, ridava ai loro volti sempre affranti, spesso solcati da lacrime, la forza della speranza. Sì guardavano negli occhi. i bambini, sfrugliando i tizzoni con rami di ginepro, sollevavano ridde di monachine che avvolgevano le volute delle fiamme. Brey, ancora a denti stretti intonava una nenia, prima sommessa, poi corale. Aperto preludio al nuovo giorno. Brey aveva anche stabilito, in accordo con tutti, di seppellire i morti in un'area delimitata, con un segno distintivo particolare: ai margini della radura, davanti al «prato di mezzo», ripulito e verdeggiante pascolo comune. E cosi furono ricordati incidendo i nomi su le stele di sasso Askonetio Pianu, Kiketu Retalos, Exobna Diuconis, Luto Artonis e tanti altri. Per ricordarli Brey propose di ritrovarsi tutti insieme con fiaccole accese, nel campo dei morti, ogni anno, di sostare e parlare con loro. Nel silenzio della notte prima del plenilunio del grande caldo. Quando gli alberi portavano i frutti e i rosolacci accendevano il grano. Da allora, ogni anno. Fino ad oggi: il sedici di agosto. Una sera fredda a Brey mancarono le forze. Aveva lavorato tutto il giorno nel bosco, in mezzo alla neve. Si sentiva un forte calore in testa e le ossa tremavano dal freddo. Delirò. I parenti ascoltavano le sue parole come profezie. Nella radura si ergeva verticale un masso, come una mano rivolta al cielo. Ai suoi piedi, di fronte al lago, dove si radunavano, la sera, attorno al fuoco, là fu sepolto. Perché fosse sempre presente. Da quel giorno al più forte e più saggio fu dato, com’eredità comunitaria, il nome di Brey. Fu, cosi, assicurata la continuità della vita laboriosa e pacifica che quotidianamente si svolgeva nelle occupazioni stagionali e domestiche. Frequenti erano diventati i contatti con gli altri gruppi sparsi poco lontano e sul versante opposto. Senza turbare la sofferta tranquillità di una vita dura e faticosa. Ma una sera, mentre si preparava il fuoco, vicino al masso di Brey, nella radura, giunse trafelato un giovane della tribù vicina di Broeli, con una notizia che allarmò il villaggio. Stavano avvicinandosi uomini armati, comandati da un uomo vestito di ferro che imponeva la sua legge. Si chiamavano Romani ed erano forti e potenti. Spesso prepotenti. Posero l'accampamento sull'altro versante e obbligarono gli uomini dei villaggi vicini, di Broeli, di Resterpeno e degli altri più piccoli, a tracciare strade, mentre essi, con scorrerie, si procuravano il vettovagliamento. Giunsero anche nel territorio di Brey, accolti da stupore e da timore. Ritornarono altre volte nella «insenatura di Brey», che nella loro lingua suonava «Brey sinus». Avevano, forse apprezzato l'unione pacifica di quella gente che sì presentava come una seria e grande famiglia. Venne anche il loro capo, Calpurnio, che invitò quello strano gruppo che, inerme, possedeva una forza a lui sconosciuta, ad assistere a speciali esercitazioni della loro forza. Già da tempo non combattevano vere battaglie, ma non rinunciavano ad addestramenti guerreschi. I nuovi arrivati non si mossero più dalla zona che fu progressivamente romanizzata: nuove leggi e nuovi costumi furono assimilati, rafforzando l'unione della comunità di Brey. <br /> E quando, un giorno, un gruppetto di pellegrini venne a parlare loro, finalmente, di pace e di amore, di un Salvatore, di un Cristo, venuto dal cielo per insegnare una nuova legge di perdono e di bontà, furono facilmente avvinti dal nuovo messaggio. Capirono che il dio Sole non era buono come il Padre di Cristo, che gli dei di Roma erano falsi e bugiardi, che gli eserciti di Roma non erano forti come quel Galileo appeso ad una croce. Non dovettero fermarsi molti giorni quei pellegrini, per farli credere in Cristo. A sera, attorno al fuoco o nella calda umidità delle capanne non si parlava più alle stelle e alla luna. Si invocava Cristo e il Padre di tutti gli uomini, il Creatore e il Signore dì tutto. Le donne insegnarono ai loro bambini, nei momenti dì tenerezza e di effusioni infantili, che lassù, oltre l'azzurro c'era un altra mamma. Quella di Gesù, il Cristo. Che era pure loro madre, perché Gesù era loro fratello e che Brey, che era stato buono e generoso, era certamente nelle braccia di Gesù e di Maria. Cosi il masso di Brey divenne il loro primo altare, su cui posavano dolori, fatiche e speranze. In un offertorio quotidiano gradito a Dio, al vero Dio, a cielo aperto, nell'immensa casa di Dio. E là furono battezzati seguaci di Cristo da altri pellegrini che si susseguirono a parlare di Gesù, dei suoi miracoli, della sua Chiesa. Anche altri uomini, per lo più prepotenti, si susseguirono nella zona e giunsero fino a Brey sinus. Anche un gruppo di uomini, messi al bando banditi loro borghi e villaggi con le loro famiglie, si stanziarono nella felice insenatura ma non si fusero completamente con la gente di Brey: mancavano loro le radici remote, le sofferte vicissitudini, le consuetudini sociali, i sentimenti che Brey aveva vissuto ed insegnato. Non passò molto tempo che, attorno al masso, dopo la preghiera domenicale e stimolati dal presbitero, che sempre più spesso li visitava, decisero di costruire una piccola Casa del Signore. Il masso di Brey fu la pietra angolare, quasi pala d'altare. Così crebbe la Fede, crebbe la popolazione: il villaggio era ormai un piccolo paese. La cappellina non fu più sufficiente. Quando fu iniziata una nuova chiesa più grande, più degna del grande Iddio, volendo mantenere l'identità, incorporarono la primitiva cappellina. E il masso di Brey. La nuova chiesa si riempiva sempre più. Si dissodava ogni appezzamento di terreno, conquistandolo al bosco e al pendio. Così la gente di Brey si trovò, per lungo e lento spostamento, accentrata verso l'alto, a destra, uscendo dalla Chiesa: gli altri verso l'alto a sinistra. Non fu una separazione dolorosa, perché avvenne quasi naturalmente, per necessità logistiche e di lavoro. Ma, come è triste destino delle relazioni umane, i ricordi si affievolirono. i contatti diradarono. Non si conobbero che per contrastarsi. Anche nelle fiabe qualche striatura di buio non turba gli azzurri: rende più vivide le luci. Senza ripudiare né dimenticare il passato, ognuna delle due comunità si costruì una chiesa propria, per dimostrare la propria Fede e per facilitare la frequenza alle sacre funzioni. Dicevano... allora. Per non spezzare totalmente le radici, si accordarono di Seppellire i morti indistintamente attorno alla primitiva chiesa. Perché, almeno i morti, fossero ancora tutti insieme. Per suggellare l'intento di non svellere le radici, promisero di ritrovarsi ogni anno, nel giorno freddo ma glorioso dei Morti, tutti insieme nella radura. Per pregare insieme. Viventi e defunti. E lo fanno ancora oggi. La parola «oggi» purtroppo uccide la fiaba. E la fiaba deve finire. Ma potrebbe continuare. Perché la fiaba è il risvolto poetico della storia. Ed è forse la più bella realtà umana. Noi preghiamo Dio e Brey, perché continui. Sarà la storia più vera ed anche la più bella.«... e vissero felici e contenti»: cosi finiscono le fiabe. E vivranno felici e contenti. Cosi potrebbe continuare la nostra fiaba. La fiaba di Brey sinus. <br /><br />Stesura incompleta<br />1a Correzione maggio 2006.AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-92214458087867640082011-03-26T13:12:00.000-07:002011-03-26T13:14:48.055-07:008 BRISINO OGGIVIII Capitolo<br />Brisino oggi.<br /> Frazione del comune di Stresa 450 mt sul livello del mare. <br /> 2000 Brisino, oggi è una frazione di Stresa, provincia di Verbania gli abitanti sono 195 . La popolazione per il 60% formata da pensionati, il resto, lavoratori del terziario, pendolari, non esiste più l'agricoltura il paese è attorniato da boschi, l'estate si ripopola con il rientro degli emigranti e di molti villeggianti. La stazione più vicina è Stresa 4 km. A 38 km., l'aeroporto della Malpensa, a 70 km il confine con la Svizzera - Locarno ed 35 km. con il traforo del Sempione. L'associazione della Pro Loco, unisce il nuovo ed il vecchio della comunità. La lingua, italiana, si parla un dialetto dell'alto vergante, un misto tra novarese e lombardo, i pochi vecchi rimasti utilizzano molte parole del Tarùsc e sono non più di 20 compreso il sottoscritto.<br />Dal poggio dietro la chiesa si può vedere il lago che va da Mergozzo alla rocca di Angera. A sinistra isola pescatori, isola bella, l’isola madre; al centro verbania e Luino; a destra Laveno e Santa Caterina. Addentrandosi sulla collina, nei vari percorsi sulle vecchie strade ogni tanto fanno capolino una di queste meraviglie:<br /><br /> <br />L'isola, deve il suo nome alla peculiare attività dei suoi abitanti. Il fascino di questa isola è dovuto all'arcaica semplicità e al rustico candore delle sue case e delle strette viuzze che la attraversano. Ottimi sono i ristoranti che offrono l'opportunità di gustare il pesce del lago. <br />Fishermen’s Island, owes its name to the activity of its inhabitants. The fascination of this island lies in the archaic simplicity and the rustic candour of its houses and narrow streets, Good restaurants offer the opportunìty of tasting the best fish from the lake. <br />L'ile des Pécheurs, doit son nom à l'activité particulière de ses habitants. Le charme de cette ile est da à la simplicité et à l'originalité de ses maisons et des étroites ruelles qui la parcourent. Les restaurants sont excellents et offrent l'opportunié de goúter lepoisson du lac. <br />Die Insel, verdank ihren Namen den seit Generation dortlebenden Fischern. Der Reiz der Insel besteht außer in ihrer herrlichen Lage, vor allem in der Ursprúnglichkeit des Dórfchens mit seinen Húbschen Haúsern und seinen engen und gewundenen Gáßchen. Spezialitát der gepflegten Restaurants ist frischer Fisch aus dem Lago Maggiore. <br /><br /> Nel 1670 il Conte Vitaliano Borromeo iniziò la costruzione del monumentale palazzo barocco e della maestosa scenografia dei giardini che diedero fama all'Isola e che ancor oggi documentano gli splendori di un'epoca. La dimora dei Borromeo racchiude inestimabili opere d'arte: arazzi, mobili e quadri. I giardini, ricchi d'ogni varietà di piante e fiori rari, si sviluppano a terrazze ornate e sovrapposte, e sono un classico, inimitabile esempio di "giardino all'italiana'", dell'epoca.<br />In 1670 Count Vitaliano Borromeo started construction of the monumental baroque palace, and began to landscape the majestic scenery of the gardens far which the Island became so famous, and which today still bear witness of the splendours of that bygone age. The stately Borromeo residence contains priceless masterpieces: tapestries, furniture, and paintings by great masters. The gardens bloom with every variety of trees and rare flowers which, in their succession of ornate terraces, provide a classic, inimitable example ofthe celebrated "Italian garden " of that period.<br />C'est en 1670 que le comte Vitaliano Borromeo fit entreprendre la construction du monumentalpalais baroque. La majesté desjardins valut à l'Ile sa célébrité et témoigne, aujourdhui encore, desfastes d'une époque révolue. La demeure des Borromées abrite des oeuvres d'art inestimables: gobelins, meubles, toile de maitre. Lesjardins offrent la vision merveilleuse d'une variété infinie deplantes rares et de fleurs exotiques qui sétalent en terrasses superposées, exemple classique et inimitable de "jardin à l'italienne'", de l'époque.<br />Im Jahre 1670 begann der Graf Vitaliano Borromeo den Bau des monumentalen Barockpalastes und der majestátischen Szenerie der Gárten, die Insel beriihmt gemacht haben, und die noch heute den Glanz eines Zeitalters darstellen. Die majestátische Residenz der Borromeo enthált unschátzbare Kunstwerke: Gobelins, Móbel und Gemáldeberúhmter Kúnstler. Die Gárten, reich an jeder Artvon PfIanzen und seltenen Blumen, sind mit ihrer Reihenfolge von geschmúckten Terrassen ein klassisches, unnachahmbares Beismel des "Italienischen Gartens " jenes Zeitalters. <br /><br /> E' la più grande delle isole Borromee e la più caratteristica per l'atmosfera raccolta, silente, incantata.- un giardino di piante rare e fiori esotici nel quale, in piena libertà, vivono pavoni bianchi, pappagalli e fagiani d'ogni varietà, che creano l'incanto di una terra tropicale. L'Isola Madre è particolarmente famosa per la fioritura di azalee, rododendri e camelie. Nel 1978 è stato aperto alla visita il Palazzo del XVI secolo, interessante per la ricostruzione di ambienti d'epoca e per le collezioni di livree, bambole e porcellane. Eccezionale l'esposizione dei "Teatrini delle Marionette" del ‘700 - '800.<br />Is the largest of the Borromeo islands and the most characteristic one, with its atmosphere of silence, meditation and enchantment: a garden of exotic plan its and flowers where white peacocks, parrots and pheasants, flying in total freedom, give the charm of a tropical island. Isola Madre is particularly famous for its flourishing azaleas, rhododendrons and camellias. In 1978 the 16th century palace was opened to the public. The visit is interesting for the reconstruction of the antique interior decoration and for the liveries, dolls and ceramics collections. Excemional exposition of "Puppet Theatres "from the 18th and 19th Centuries.<br />C'est la plus grande des Res Borromées. La plus caractéristique aussi par l'atmosphère recueillie, silencieuse et enchantée qui y règne. Dans le jardin, parmi les plan tes rares et les fleurs exotíques, les paons, les perroquets et les faisans de toute espèce vivent en pleine liberté et ajoutent à l'ensemble l'enchantement des terres tropicales. L'Isola Madre est célèbre pour ses azalées, ses rhododendrons et ses camélias. Le patais du XVI siècle, mtéressant pour la reconstruction da cadre d'antan et par la richesse de ses collection de livrées, ne poupées et deporcelaines, n'a été ouvert aux visites qu'en 1978. Exceptionnelle l'exposinon des "Petits Théatres de Marionettes" de 1700-1800.<br /><br /> <br />Il Santuario a strapiombo sul lago, abbarbicato alla rupe che precipita nell'acqua, in un paesaggio di raro incanto ove la vista abbraccia la sponda piemontese sino al goyo Borromeo e al Mottarone. Il Santuario ebbe origine votiva costruito nel tardo XII secolo da Alberto Besozzi da Besozzo, mercante, dove si ritirò poi a vita eremitica.<br />The Sanctuary had a votive origin. In the late 12th century, a certain Alberto Besozzi da Besozzo, a detestatite merchant of these parts, surprised by a tempest on the 1ake, promised that if he were saved he would give all his worldly goods lo the poor and retire lo a herm its life. Having obtained grace, he fulfilled the vow and chose a natural cave, near to the present day sanctuary, as his refuge. When plague broke out towards the end of the 12th century, the anchorite persuaded the population, in order to escape calamity, to build a church dedicated to S. Caterina, in which he was later buried ecepti.<br />Le sanctuaire de S. Caterina del Sasso, accroché à une roche qui dègringole dans les eaux. Le paysage est d’un rare enchantement e/ la vue embrasse la rive piémontaise jusquà une partie du golfe Borromée domìné par le Mottarone. Le sanctuairefut érigé en vertu d’un voeu. Vers lafin du XIIème siècLE par un certaìn Alberto Besozzi da Besozzo marchand, qui descìda d’aller vivre en ermite.<br />Die WalIfahrissitátte von S. Caterina del Sasso, die auf einem steilen ecept ùber dem Wasser stcht. Die Landschaft ist von selteneIn Reiz. Der Blíck umfaßt das piemontesische Ufer und eMen Teìl des Borromáischen Golfes, im Hintergrund den Mottarone und die eceptive Gebirgskette, schlíeßtich das lombardische Ufer bis Angera.<br />Da visitare.<br /> <br />A circa 2500 metri da Brisino, in riva al lago sulla strada nazionale verso A rona, Milano e Torino, il Parco della Villa Pallavicino è conosciuto per la varietà dei suoi alberi secolari, la bellezza del suoi fiori e dei suoi giardini, la vastità del panorama sul Lago Maggiore ed i monti circostanti. eceptiv è animato da numerose specie di animati che vivono in libertà. Il parco misura circa 16 ettari ed è aperto alla visita del pubblico. <br />About 1,5 mile from Brisino, on the national highway to Arona, Milan and Turin, is the park of the Villa Pallavicino. This park is noted for its centuryold trees, for its beautiful flowers and gardens, andfor the wide sweep of the panorama over the Lake Maggiore and the surrounding mountains. Many kinds of animals have roamed free in the park, giving brightness and joy io the landscape. The Park measures about 40 acres and is open io the public.<br />A 2500 mètres de Brisino, sur la route nationale vers Arona, Milan et Turin, le PAR C de la Villa Pallavicino est renommépour la varieté de ses arbres séculaires, la beauté de ses fleurs et de ses jardins, la grandiosité du panorama sur le Lac Majeur et les montagnes environnantes. Le pare et animé par de nombreuses espèces d’animaux qui y vivent en liberté et égaient le paysage. Leparc sétend sur environ 16 héctares et est ouvert à la eceptive public<br />Auf der Landesstrasse nach Arona, Mailand und Turin, 2500 m., vom Zentrum von Brisino entfernt, liegt die Villa Pallavicino deren Park berúhmt ist wegen seiner hundertjáhrigen ßáume, der einzigartigen Schónheit und Mannigfaltigkeit seiner Blumen und Gartenanlagen, und der grossartigen Weite der Aussicht úber den Lago Maggiore und die umliegenden Bergketten. Der Park ist durch zahIreiche Tiergattungen belebt, die sich in vólliger Freiheit bewegen und dìe Landschaft erheitern. Der Park dehnt sich ùber eine Fláche von 16 ha aus und steht dem Publikum zur Besichtigung offe.<br /> <br />Partendo da Brisino e passando all’Alpino in soli 30’ raggiungerete la Vetta del Mottarone a mt. 1491 percorrendo 19 km asfaltati della strada panoramica a pedaggio «La Borromea». Ammirerete praterie, torrenti, boschi centenarie vedute eccezionali ed entusiasmanti: il Lago Maggiore, i sette Laghi, l’immensa pianura Padana e la meravigliosa cerchia delle Alpi italiane e svizzere con il gruppo del Monte Rosa (mt. 4463).<br />Leaving Brisino and passing through Alpino, a 30 min. drive by car the 5112 mile long private, asphalted toll-road enables one lo reach the top of Mt. Mottarone 489Oft.. During the drive one can admire mountam meadows, ri 1 vers, eceptive-old woods, a wonderful succession of scenic views of seven lakes, inctuding Lake Maggiore, the immenseplain of the Po, and the marvellous are of the Italian and Swiss Aips with the Monte Rosa Group 4463 m. <br />Partant de Brisino, vous eceptive Alpino avant d’arriver, en une petite demi-heure de voiture, au sommet da Mottarone, à 1491 m. d’altitude. La pan oramique «La Borromea», en tout 9 km de route asphaltée, à péage, vous fera adm eceptiv prairies, les torrents, les bols eceptive et des vues tout à fait exceptionnelles et enthousiasmantes: le Lac Majeur, les sept lacs, l’immensíté de la plaine du Pó, la merveilleuse couronne des Alpes itatiennes et suisses avee le eceptive Mont Rosa (4463 m).<br />Von Brisino aus erreichen Sie mit Ihrem Auto, úber den Alpino und von dort úber die 9 km lange, asphattierte, landschaftlzch herrliche Mautstrasse «LaBorromea» in nur 30Minutenden Gipfel des 1491 m hohen Mottarone. Sie ecept dabei blúhende Wiesengeffinde, Sturzbáche, hundertiúhrige Wálder bewundern kónnen und herrliche, begeisternde Aussichten geniessen: auf den Lago Maggiore, die sieben Seen, die unermessliche Po-Ebene und die wundervolle Kette der italienischen und schweizerischen Alpenmassive mit der Monte Rosa-Gruppe (4463 m)..<br /> <br /> <br />L’origine dei Giardini Botanici di Villa Taranto, che sorgono in Pallanza su di un’area di circa 16 ettari, sulle falde settentrionali del promontorio della Castagnola, risale al 1931, quando il Cap. Neil McEacharn ne acquistò la proprietà con lo scopo di farne uno dei complessi botanici fra i migliori del mondo. Molte migliaia di piante, importate da ogni parte del mondo, e collezioni rarissime, alcune delle quali uniche in Europa ed acclimatate dopo lungo lavoro, sono state disposte con senso d’arte in una cornice di bellezza, fra lago e Monti.<br />The origin of the Botanical Gardens of Villa Taranto situated in Pallanza and covering an arca of about 16 hectares on the northern slopes of the Castagnola promontory, dates back to 1931 when Capitain Ned McEacharn bought the property with the intention of converting it into one of the best botanical gardens in the world. Many thousands of plants, brought from the far corners of the wortd, and rare coltections, some of them unique in Europe and acclimatized after long and laborious efforts, have been arranged with art in this beautiful setting, between the mountains and the lake.<br />Les jardins botaniques de la Villa Taranto, à Pallanza, occupent seize hectares sur la base nord da promontoire de la Castagnola. Leur origine, remonte en 1931, lorsque le Capitaine McEacharn en devint propriétaire: son but était d’enfaire un ensemble botaniqueparmi les meilleures du monde. Entre le lac et la montagne, dans un caere exceotionnellement beau il disposa plus qu’un millier de variétés de plantes (il en importa de tous les pays du monde) et des coltections fort rares, of the quelquesunes, uniques en Europe, nefurent acclimatées quà la suite d’un long ecepti.<br />Die Botanische Gárten der Villa Taranto, die sich in Pallanza ùber ein Gebiet von zirka 16 hektaren Land auf den Nordhángen des “Promontorio della Castagnola” erstrechen, wurden im Jahr 1931 von Captain Neil McEacharn dort angelegt, der diesen besitz zur A nlage eines Botanischen Gartens erwab. Uber viel tausend verschiedene Pfianzen, importiert aus allen Lánder, und seltenste SammIungen, von denen emige sogar emmalig in Europa sind, wurden langsam akklimatisiert und mit grossem Unstlerischen Einfulungsvermógen in den Rahmen dieser schónen Land See un Berge eingefugt.<br /> <br />A Gignese il museo dell’ombrello.<br />Dal vergante, fin dal ‘700, sono partiti gli ombrellai i cui discendenti, ancor oggi, producono, vendono e riparano ombrelli in tutto il mondo. L’apprendista ombrellaio, “affittato” il giorno di Capodanno sulla piazza del paese per un paio di scarpe, è diventato un imprenditore. Il museo, voluto dagli ombrellai, gestito dal Comune e riorganizzato con il contributo della Regione Piemonte, ha tipica forma poligonale dei parapioggia. Al primo piano raccoglie ombrelli, parasole e impugnature di varie epoche. Al secondo piano, il piano della «nostalgia», sono documentati l’ambiente e la vita degli ombrellai.<br />Already since the 18th century umbrella-makers set outfrom Gignese andfrom the neighbouring villages and their descendants still produce, sell and repair umbrellas all over the world. The apprentice umbrefla-maker, «hired out» on New Year’s Day on the market-placefor a pair ofshoes, has become a business-man. The museum, wanted by umbrella-makers, managed by the municipality and re-organized with the contribution of the Regione Piemonte, has the typicalpolygonal shape of an umbrella. Thefirstfloor is devoted to umbrellas, sunshades andsticks of the different ages. The secondfloor, thefloor ofmemories is documenlating background and life of umbrella-makers.<br />Depuis Gignese et des alentours, déjà pendant le 18ème siècle partirent les faiseurs de parapluies, of the les eceptive , encore aujourd’hui, fabriquent, vendent et réparent lesparapluies dans le monde ecept. L’apprenti-artisan, «donné à ecept» le prem ierjour de l’an sur la place du pays pour une paire de souliers, est devenu un entrepreneur. Le in usée, voulu par les faiseurs de parapluies, géré par la mairie et réorganisé avec la contribution de la ecept Piemonte, à la typique structure potygonale des parapluies. Au premier étage sont exposés des parapluies, des parasoleils et des poignées de différentes époques. Au deuxième ètage, l’étage de la «nostalgié», sont documentées l’ambiance et la vie des faiseurs de parapluies<br />Schon ab 18en Jahrhundert gingen Regenschirm-Macher von Gignese tos und deren Nachkommende produzieren, verkaufen und reparieren Regenschirme heute noch in der ganzen Welt. Der zu Neujahr am Dor/platz “vermietete Lehrling” ist inzwischen em Unterneluner geivorden. Das Museum, von Regenschirm-Machern gewollt, von der Gemeinde verwaltet und mit dem Beitrag der Regione Piemonte reorganisiert, hat die typische, polygonale Form von Regenschirmen. Der erste Stock ist Regen, Sonnenschirmen und Griffen verschiedener Zeiten gewidmet. Im zweiten Stock, der Stock der Sehnsucht, sind Umwelt und Leben des Regenschirm Machers dokumentir.<br /> <br />L’imponente costruzione della Rocca fu iniziata dai Visconti con l’architettonica ala omonima ove è racchiusa la “ Sala di Giustizia- mirabilmente affrescata, e con la Torre Castellana, dalla cui sommità si gode un panorama di rara suggestione. Dal 1449 La Rocca divenne proprietà dei Borromeo che l’ampliarono trasformandola da Rocca di guerra in dimora. Nel 1988 è stato aperto il primo---Museo della Bambola italiano. Una agevole strada automobilistica conduce rapidamente da Angera alla Rocca. <br />The imposing building of the Fortress was begun by the Visconti family with the wing which bears their name where the beautifullyfrescoed ---flall of Justice- is io be jòund, together with the Torre Castellana---castle tower”from the top of which there is a wonderful view. In 1499 the Fortress became the property of the Borromeo fa mily who extended and transformed it from a Fortress mio a home. The first ecepti Puppet Museimi has been openend during the year 1988. There is a good road on which you can drive upfroni Angera io the Fortress.<br />Cette eceptive fortesse a été l’oeuvre des Visconti qui commencèrentpar édifier l’aileportant le méme ecept nous trouvons la---Salle de Justice- décorée defresques admirables el la Torre Castellana du haut de eceptive un spectacle d’une rare beauté soffre à nos yeux. En 1449, la eceptive de la Rocca passait aux Borromeo qui l’angrandirent et defortesse qu’elle était enfirent une denteure seigneuriale. En 1988, a été ouver le premie Musée de la Poupée- ecepti. Une bonne route vouspermet de vous rendre trèsfacilement d’Angera à la Rocca.<br />Der eindrucksvolle Bau der Burg wurde von den Viscontis mit deni gleic/mantigen architektonischen Flugel begonnen, in dent sich der wun- derbar mit Fresken bemalte “Sala di Giustizia” befindet; es befindet sich hier auch der Burgturm, von dessen Spitze man emen selten emdrucksvollen A usblick geniesst. Im Jahre 1449 ging die Burg in denSesitz der Borromáer ùber, die sie ausbauten und aus der Kriegsburgemen Wolmsitz machten. Ini Jahre 1988 wurde das erste italienische “Puppen “ museum eróffnet. Eine bequeme A utostrassefúhrt schnell von Angera zu der Rocca.<br /> <br />“Orta, acquerello di Dio, sembra dipinta sopra un fondate di seta, col suo Sacro Monte alle spalle, la sua nobile ecept fiancheggiata da chiusi palazzi, la piazza silenziosa con le facciate compunte dietro le chiome degli ippocastani, e davanti l’Isola di San Gìulio, simile all’aereo purgatorio dantesco, esitante fra acqua e cielo -: Così Piero Chiara, lo scrittore dei laghi, esaltava il silenzio di Orta e del suo Lago, un silenzio discreto sul quale la gente di qui ha intessuto le sue antiche leggende.<br />“Orta, the Lords watercolour, seems painted on ece, with the Sacro Monte towering above ít; its noble promenade flaked by elose buildings, the silent piazza and the Austerefapades behind thefoliage of the horse-chestnuts, and, facing it, the Isle of San Gìulio, resembling Dante’s airy purgatory, hesitant between water and the heaven -: this is how Piero Chiara, the “writer of the lakes, exhalted the silenee of Orta and ìts Lake. A retreating silenee upon which the locals have spun their ancient legends.<br />“Orta, cette aquarelle divine, ecept peinte sur de la soie avec, aufond, le Sacro Monte, la noble avenue ecep de palais sévères, la place silencieuse aux faades recuillies derrière le feuillage des marroniers et, devant, l’Ile San Giulio, semblable au eceptive aérien de Dante, hésitant entre l’eau et le ciel”. Voilà comment Piero Chiara, l’écrivain des lacs, chantait le sitence d’Orta et de son lac, un ecepti discret sur Iequel les gens d’ici ont tissé leurs vìeìlles légendes.<br />“Orta, das Aquarell Gottes, erscheint wie ein Gemálde, das altf seidene, Grund gemalt ist, mit seinem fleiligen Berg im Rúcken, seiner edIen ecept und seittichen Paliisten. Sem stiller Dorfplatz, mit den demiltig hìnter dem Laub der Rossk-astanienbáume halbversteckten Fassaden, blicki auf die der schwebenden dantischen Fegfeuerszene gleichende Insel San Gíulio, díe zógernd zwischen Wasser und Hitnmel erscheint” So preist der Schrifksteller der Seen, Piero Chiara, das Schweigen Ortas und scines Sces. Cin bescheidenes Schweigen, in welches die Ortsbewohner ihre antiken Legenden eingewebt haben.<br /> <br />Ai píedi della grandios – “Est” del Monterosa, (La parete più alta d’Europa) in un ambiente alpino di straordinario bellezza. Il segno dei “Walser”, i coloni di origine tedesca che la fondarono nel 1200, è ancora oggi presente nelle caratteristiche costruzioni in pietra e legno, nella lingua, nel costume dai preziosi ricami che le donne indossano ancora. Un ricco patrimonio di ambiente, cultura e tradizioni che Macugnaga ha saputo conservare e valorizzare con moderni servizi turistici, impianti sportivi e per il tempo libero.<br />Macugnaga, at the foot of the magnificent Mount Rosa-East – (the highest face in Europe) in an alpine surroundings of extraordinary beauty. Nowadays the –“Walser-“, mark, the colonists of German origin who founded the village in 1200, is still present in the characteristic stone and wooden buildings, in the language and in the costumes with precious embroideries stifl worn by women in the eceptiv days. A patrimony rich in landscape, culture and traditions Macugnaga has been able to preserve and to increase in value with modern tourist services and sports equipment for your spare tim.<br />Macugnaga, au pieds de la grandieuse “Est” – da Monte Rosa (la paroí la plus haute d’Europe) dans un paysage alpin d’une beauté extraordinaire. La trace des “Walser”, les paysans d’origine Allemande qui l’ontfondè en 1200, est toujourspresente dans les coutumes précieusement brodès en or que lesfemmes portent encore dans lesjours deféte. Un riche eceptiv de culture et traditions que Macugnaga a su conserver et ecep en valeur avec modernes installations de ski, installations sportives et pour le temps libre.<br />Macugnaga, am Fuss der grossartigen “Osten - Wand “- vom Monte Rosa (der gróssten Bergwand in Europa), in einem Alpengebiet von ausserordentlicher Schónheit. Die Spur der “Walser”, aus deutschem Ursprung, die diese Stadt im 1200 grfindeten, bleibt noch heute in den charakteristischen Gebáuden aus Stem und Holz, in der Sprache und in der Tracht mit reichen Goldstickereien, die die Frauen noch heute an den Festtagen anziehen. Macugnaga hat die Umivelt, die Kuttur und díe Tradition mit modernen Fremdenverkehr, Sportanlagen und Freizeit anlagen bewahrt und verwertet.<br /> <br />Si ha una splendida visione del bacino centrale del lago Maggiore, delle montagne italiane e svizzere e dei cinque laghi dell’alta Lombardia. L’Aipinia si estende su un territorio di circa 12.000 mq. Dove sono presenti 544 specie di piante, quasi tutte montane e una fonte d’acqua oligominerale. Il Giardino sorge a 605 m. s.I.m. ed è nato nel 1933, grazie all’iniziativa dell’ing. Igino Ambrosini e di alcuni appassionati eceptive alpina, desiderosi di salvaguardarla.<br />The ecepti garden can be reached by cable car or by car. From the alpine garden one has a splendid view of the central section of the lake, the ecepti andswiss mountains and offive lakes in the upper Lombardy region. The gardens cover aproximatety 12.000 sqm and are home lo some 544 different Species ofplant, mostly alpine varieties, and a mineral water spring. The gardens is situated 605 m above Lake Maggiore and was started in 1933 thanks to the initiative of ing. Igino Ambrosini and otherflora lovers who wanted to preserve and protect the alpine flora.<br />Le jardin “ ecepti” On peut le rejoindre en voiture ou en téléphérique. Dujardin Alpinia on peutjouir d’une vue superbe sur le bassin central da lac Majeur, les montagnes italiennes et suisses et les cinq lacs de la haute Lombardie. L’Aloiniasétenn sur12.000M2et ossède 544 variétésdepldhtespresquetoutes des montagnes ainsi qu’une source d’eau minérale. Ce jardin qui s’élève à 605 m. d’altitude, a été créé en 1933 par un ingenieur, Monsieur Igino Ambrosini et par des amateurs de la flore alpine dans le but de la sauvegarder.<br />Der alpinia “garten” Man kann den Garten mit der Seilbahn oderper Auto erreichen. Vom Alpinia-Garten hat man eine herrliche Aussicht auf das Zentralbecken des Lago Maggiore, auf die italienischen und schweizer Berge und auf die 5 Seen der ecept Lombardei.Der “Alpinia”-Garten streckt sich úber ca. 12.000 qm. Aus, auf denen 544 verschiedene gróßíenteils alpine Pflanzenarten und eine Wasserquelle mit geringem Mineralgehalt vorlum den sind.Der Garten befindet sich auf 605 m. Hóhe und wurde im Jahre 1993 gegrúndet, dank der eceptive des Ing. Ambrosini und emiger Liebhaber der Alpen/lora, mit dent Wunsch, diese zu erhalte.<br /><br /> <br />Il suo lago, i suoi monti, la sua vita. Il nome di Stresa appare per la prima volta in un documento del 998, giurisdizione e quindi terra dei Visconti e Borromeo sino ad un secolo fa, quando, prima la presenza del Rosminì, poi del Manzoni e successivamente di Elisabetta di Sassonia, Duchessa di Genova, cominciarono a dargli rinomanza. La costruzione della Ferrovia del Sempione, all’inizio del secolo, porta Stresa ad essere conosciuta internazionalmente. La riva, cosparsa di grandi alberghi, ville e giardini si eceptiv sulle tre isole, a cui fanno corona le prealpi. La vicinanza di grandi centri, quali Milano e Torino con i loro eceptive, Il Palazzo dei Congressi, alberghi che uniscono attrezzature modernissime ad una tradizione di ospitalità, giardini, temperatura ideale. <br />Her lake, her mountains, her Iife. First appeard in documents in 998 and was under jurisdiction of, and therefore the land of the Viscontis’ and the Borromei until a century ago, when thepresence offirstly Rosmini, then Manzoni and eceptive y Elizabeth of Sassonia, the duchess of Genoa began to give it eceptive . The construction of the Simplon railway at the beginning of this century brought Stresa international fame. The lakeshore sprinkled with grand hotels, villas and gardens, faces the three islands which are crowned by the alps. The nearness to large centres such as Milan and Turin with their airports, the congress centre and hotels unite modernfacilities with a tradition of hospitality.<br />Son lac, ses montagnes, sa vie. Le nom de Stresa apparatt pour la première fois dans un document de 998. Domaine des Visconti avant et de lafamille Borromeo ensuite jusqu’ù la fin du siècle dernier, Stresa doit en principe sa renommée à la présence de personnages célèbres tels que le philosophe Antonio Rosmini, l’écrivain Alessandro Manzoni, la Duchesse enes abeth de Saxe, qui y ont séjourné. La construction de la voie ferrée du Simplon, au début du siècle, a permis à Stresa de devenir une station touristique mondialement connue. Les grands ecept, les villas somplueuses et les jardins construits au bord du lac offrent une vue panoramique splendide sur les ecep tles entourées des Préalpes. Sa position géographique qui la relie à Turín et à Milan et aux aéroports de Linate, Malpensa et Caselle, son climatfavorable, son Palais des Congrès, son équipement eceptive diversifiè et moderne et son ancienne tradition hótelière <br />See, Berge, Leben. Der Name Stresa erscheint zum ersten Mal auf einem Dokument vom ahr 998 und war damals bis zum vorigen Jahrhundert Besitz der Visconti und Borromáer, als die Anwesenheit von großen Persónlichkeiten, wie Rosmini, Manzoni und schließlich Elisabeth von Sachsen, Herzogin von Genua, dem Ort Berúhmtheit verschaffte. Der Bau der Simplon-Esenbalmlinie zu Beginn des Jahrhunderts trágt dazu bei, Stresa auf internationalem Gebiet bekannt zu machen. VomUfer aus mít seinen großen Hotels, VilIen und Gárten blickt man umgeben ind. Die Náhe von Großstádten wie Mailand und Turin mit deren Flugháfen, der Kongreßpalast, die Hotels mit den modernsten Ausstattuná gen und einer traditionsreichen Gastfreundlichkeit und die Garten und ideale Temperaturen.<br /><br />Queste bellezze troverete passando per Brisino, se lo fate, non dimenticate di parlare con qualche “ciòspa”, se avete la fortuna vi racconterà di una lingua scomparsa, vi racconterà di un mondo che non c’è più, di un mondo che è emigrato e che non farà più ritorno.<br /><br /> <br />2007 Brisino, si trova ad un’altitudine di 412 mt s.l.m. Si arriva dall’autostrada A26 in direzione Gravellona Toce uscita di Carpugnino (permesso anche il transito ai pullman). Dopo avere attraversato un fitto bosco per circa 1 km (meta di cercatori di funghi e castagne) ecco aprirsi la splendida vista del Lago Maggiore.<br />Brisino, anticamente, era un paese prevalentemente agricolo con vigne e frutteti che si affacciavano in pieno sole sulle sponde del Lago. Il piccolo centro storico ristrutturato risale al 1800 e vi è presente anche l’unico Monumento nazionale del Comune di Stresa, la “Chiesa Romanica” risalente al 1300 dedicata a S.Albino, oltre alla Chiesa Parrocchiale del 1700 dedicata alla Santissima Trinità.<br />Gli abitanti sono poco più di un centinaio e si dedicano tutt’oggi alla cura degli orti, degli alberi da frutto e dei piccoli animali da cortile. ( Aggiungo che ci sono molti anziani l’orto è quasi scomparso e gli animali da cortile molto pochi, in pratica le stalle sono vuote – appena dopo la seconda guerra mondiale i 54 e più governi del paese hanno fatto a gare per cacciare i contadini dalle loro terre - mi ricordo che negli anni ’50 ad ogni mucca che portavamo al macello il governo dava allora se&o circa 50 mila lire) Durante la primavera e l’estate è meta dei numerosi villeggianti provenienti sia dai grandi centri cittadini che da nazioni europee come la Germania e la Svezia. Brisino dista 3 km da Stresa che è raggiungibile sia con il servizio di pullman di linea che in auto. Per chi invece volesse godere dei benefici di una passeggiata immersi nella natura, può percorrere gli ombreggiati e suggestivi sentieri a scalinate che conducono verso il lago, come il “sentiero dei Castagni” percorribile anche in Mountain Bike.<br />Luoghi di ritrovo.<br />Campo da Football – Campo di Tennis – Bar – Ristorante Pizzeria con forno a legna – Hotel – Pub – Negozio di Alimentari. In questo piccolo angolo della perla del Lago Maggiore potrete trovare in estate la dolce brezza collinare immersi in un suggestivo panorama che domina la sponda Borromea ed in inverno verrete accolti attorno ad uno scoppiettante e caldo camino dalla gentilezza ed affabilità dei suoi abitanti<br />Manifestazioni.<br />A cavallo del ferragosto, nel piccolo parco antistante la Chiesa Parrocchiale si svolge la grande sagra paesana con musica, danze e libagioni (polenta e salamit, una volta vino locale).<br /><br /> Le prime testimonianze dei primi insediamenti umani a Brisino risalgono al i° secolo a.c.. Durante gli scavi per una nuova costruzione in località “Le Piane”, a fianco della strada che porta al Cimitero, furono rinvenute quattro lastre di pietra con iscrizioni, che vennero successivamente usate nel Medioevo per formare una cassa rettangolare, che fu trovata vuota. Attualmente queste “Stele” sono conservate nell’Antiquarium di Mergozzo. <br /><br /> <br />I STELE Askonetio Pinu <br />II STELE Kiketu Retalos <br />III STELE Exobna Diuconis <br />IV STELE Luto Artonis<br />Analoghe iscrizioni furono trovate anche in altre zone come Levo, Canton Ticino, Gravellona Toce e Carcegna sul Lago d’Orta. Si parla di “Bricizino” e di “Barzino” su antichi documento del 1100 d.c. e seguenti. Su documenti del 1600 si parla chiaramente di Breysinum. Il nome all’antico Borgo è stato dato sicuramente in epoca Romana, quando a seguito alle conquiste delle Legioni di Roma vennero attribuiti i nomi latini alle località che di volta in volta assoggettarono. Testimonianze del passaggio dei Romani sono state trovate a pochi chilometri da Brisino, in località Lesa, Baveno e nel vecchio Cimitero di Stropino (1818). Carpugnino (distante Km 5 circa) stesso deriva dal nome della gente romana “Calpurnia”, come Vezzo dalla gente romana “Vettia” (distante Km 7 circa).<br />Dopo la caduta dell’Impero Romano, anche il Borgo di Brisino venne quasi sicuramente assoggettato dalle popolazioni Longobarde, infatti sull’Isola di San Giulio sul lago d’Orta fu scoperta la tomba del Duca Minulfo morto nel 591 d.c. Brisino, dopo la vittoria di Carlo Magno sui Longobardi (744 d.c.) , entrò a fare parte del Feudo Carolingio nell’estensione della località “Vergante”. Questa località (Vergante) fu dominata nei secoli successivi dai “Capitani” (Istituiti da Ottone il Grande 1000 d.c.). Questa località dipendeva politicamente e amministrativamente dall’Arcivescovo di Milano, che vi esercitava, come sua diocesi, anche la giurisdizione spirituale. Purtroppo non si ha documentazione sicura sulla costruzione della Chiesa di “S. Albino” , si sa comunque che prima venne costruita una piccola cappella che ora è occupata dalla navata destra: una porta con architrave e spallette in sasso, ora murata, suffraga questa ipotesi. Nella chiesa vi è anche un affresco che rappresenta la Madonna in trono (opera presumibile del primo 300 d.c.). La collocazione storica della costruzione della Cappella non è da attribuirsi allo stesso anno dell’affresco in quanto quest’ultimo non è dipinto su muro ma ben si su un sasso ( credo unico nel suo genere) prima ben levigato e preparato. La Chiesa di San Albino attualmente è incastonata nel cimitero di Brisino ( dove riposano itutti miei avi compreso i miei genitori – Cesare e Irma), raggiungibile comodamente in auto oppure percorrendo l’ombrosa passeggiata dei “Castagni” (3 Km da Stresa) che partendo da Stresa in località “Pallavicino” va oltre Brisino ed arriva sino al campo da Golf Des Ilees Borromees. <br /><br />Stesura incompleta<br />1a correzione maggio 2006AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-15769868819481291252011-03-26T13:11:00.000-07:002011-03-26T13:12:46.188-07:009 LE FESTE TRADIZIONALI. TRA IL SACRO ED IL PROFANOIX Capitolo<br />Le feste tradizionali. Le feste, tra il sacro ed il profano.<br /><br /> Il ciclo dell’anno, le stagioni. Il lavoro nei campi.<br />Uno degli aspetti della cultura popolare cui è più facile entrare in contatto è quello della festa: il momento in cui la fatica del quotidiano sembra messa da parte e certe resistenze agli stimoli esterni sembrano<br />per rendere più agevole, oltre più gradevole, l’approccio con l’aiuto della gioiosità e insieme della solennità dell’atmosfera festiva. Ma questa facilità, questo aprirsi della comunità tradizionale verso chi viene<br />fuori nel momento della festa non deve indurci a considerare con superficialità queste manifestazioni. Esse infatti non sono semplici occasioni di divertimento ma corrispondono a motivazioni sociali assai più profonde, spesso da cogliere per chi è ormai estraneo mondo tradizionale, anzi si può dire che, quasi paradossalmente, la componente “divertimento” vi ha una funzione relativamente proprio in contrapposizione quanto avviene in tante feste “folcloristiche” pseudo-tradizionali, inventate di sana pianta per motivi di richiamo turistico. Anche questo, le feste tradizionali rivestono un preciso carattere rituale: e vanno perciò considerate come atti cerimoniali, in cui nulla è gratuito e tutto è previsto dalla consuetudine.<br />Pure la loro collocazione nel tempo non è si dispongono infatti secondo date precise, all’interno di quello che si suole chiamare “il ciclo dell’anno”. Questo “calendario popolare” è scandito una nutrita serie di occasioni festive, che possono coincidere o meno con quelle del calendario liturgico cattolico, e che si susseguono con densità diversa nei vari periodi dell’anno, in rapporto anche alle esigenze dei lavori agricoli. Proprio perché coincide in molti suoi momenti col calendario liturgico, il calendario popolare presenta la singolarità di essere insieme solare e lunare. Tutto il vasto ciclo delle feste di Carnevale, Quaresima, Pasqua, Pentecoste è regolato infatti in base ai cicli perciò esse si spostano, sono “mobili”, alle date del calendario solare. Il tempo della festa è qualitativamente diverso dal tempo “quotidiano”: esso è dotato di particolari potenzialità che possono essere utilizzate, per così dire, in modo da proiettarne gli effetti anche sul tempo ordinario. Così, per esempio, la conoscenza di scongiuri e formule magiche deve essere trasmessa, perché essi abbiano efficacia, nella notte di Natale. Anche a determinati cibi tradizionali, consumati nelle occasioni festive cui sono collegati, vengono attribuite potenzialità magiche e si dice che essi tengano lontane le malattie o portino ricchezza a chi se ne nutre. Inoltre, dallo svolgimento buono o cattivo di determinati elementi della cerimonia, si ritiene di poter trarre auspici sull’andamento delle stagioni e dei raccolti.<br />Vediamo ora di individuare le caratteristiche delle varie festività che segnano il ciclo dell’anno e che sono connesse tra loro in particolari gruppi, più o meno definiti, che presentano caratteri sostanzialmente simili in tutta Italia. Nel nostro Paese l’inizio del calendario popolare si può dire che non coincida con quello dell’anno solare. Infatti dopo un periodo piuttosto povero di feste tradizionali che corrisponde più o meno al mese di ottobre, esso si apre con l’inizio di novembre, e questo è un fatto molto arcaico in quanto anche l’antico calendario celtico, espressione di un livello culturale identificabile con le più antiche culture agricole europee, cominciava col primo novembre. Questa data apre una serie di atti cerimoniali che si estendono all’intero periodo invernale, venendo a intrecciarsi, alla fine, con quelle che caratterizzano invece il ciclo primaverile. Come si sa, la liturgia cattolica pone all’inizio di novembre le feste di Tutti i Santi e dei Morti: due solennità che, in pratica, coincidono per il loro significato; infatti le anime dei morti vengono invocate perché intercedano per i vivi allo stesso modo dei santi. Perciò l’inizio dell’anno festivo popolare è segnato dal ritorno sulla terra delle anime dei morti. A questa credenza si ispirano tutta una serie di atti destinati, da un lato a favorire le anime dei morti (lasciando loro del cibo e il fuoco acceso nelle case che tornano a visitare, in particolare pane, delle castagne cotte o abbrustolite e del vino rosso) dall’altro a evitarne il contatto. In alcune località si crede che le anime dei morti lascino la terra soltanto all’Epifania, segno evidente che, almeno in origine, tutto il ciclo invernale era caratterizzato dalla presenza dei morti tra i vivi. Si raccontava ai bambini che sono i morti a portare loro i doni nella notte tra l’1 e il 2 novembre: è il primo caso di un’altra caratteristica ricorrente del ciclo invernale costituita dalle feste in cui avvengono distribuzioni di doni, che, almeno a livello infantile, vengono attribuite a un gruppo di esseri soprannaturali, quali i morti, San Nicola (5 dicembre), Santa Lucia (13 dicembre), il Bambino Gesù, i Re Magi o la Befana, e questi esseri spesso, non solo premiano i buoni, ma puniscono i cattivi e hanno anche aspetto pauroso.<br />Alle feste che comportano distribuzione di doni si contrappongono quelle, delle Questue, che comportano la richiesta di doni. Le cerimonie di questo tipo, non avvengono esclusivamente d’inverno ma anche in altri periodi. In linea generale questo è il loro svolgimento: gruppi di persone passano di casa in casa eseguendo un canto tradizionale, a volte con accompagnamento musicale, che allude in qualche modo alla festa del giorno, chiedendo un dono per i questuanti (dono che in genere è costituito da cibi come uova, lardo, insaccati e vino, o anche, e oggi sempre più spesso, denaro) formulando auguri per la famiglia visitata o spesso anche maledizioni per chi non ha voluto donare niente, eventualità, quest’ultima, in realtà piuttosto rara.<br />Il fenomeno ditali Questue rituali è di interpretazione più complessa di quanto potrebbe apparire. In primo luogo le Questue, nel mondo tradizionale, sono rese possibili proprio nel periodo invernale dal fatto che in questi mesi le dispense sono più rifornite di viveri, per cui, da questo punto di vista, le Questue, rappresentano, in qualche modo, un sistema di redistribuzione di beni. Ciononostante non va sottovalutata la funzione magica di questi rituali, destinati a promuovere il benessere delle famiglie del paese. Depongono in questo senso: il fatto che vengono visitate dai cantori anche le famiglie più povere, che spesso i doni fatti sono puramente simbolici e che il non visitare una famiglia viene considerato come una grave offesa ai suoi membri.<br />Le Questue invernali vengono effettuate praticamente in tutte le festività di questo periodo: “per le anime dei morti” (e in questo caso parte delle offerte ottenute è destinato a celebrare messe per i defunti), “per San Martino” (questo santo, la cui festa ricorre l’11 novembre, è considerato il santo dell’abbondanza, si fanno i traslochi e si travasa il mosto e si beve il vino novello con le caldarroste), “per Natale, per Capodanno, per l’Epifania, per Sant’Antonio Abate” (17 gennaio).<br />Anche nel mondo popolare il Natale assume un rilievo particolare tra le feste invernali anche se non come nel mondo borghese. Importanza particolare hanno i rituali domestici ma non mancano certo le celebrazioni comunitarie, consistenti soprattutto nella recitazione dei drammi della natività, di origine colta ma arricchiti da vari elementi tipicamente popolari, come il Gelindo in Piemonte. In passato avevano grande rilievo anche altre operazioni: si provvedeva, a mezzanotte in punto, ad attingere dell’acqua ritenuta dotata di particolari qualità magiche; nel camino veniva acceso un ceppo d’albero cui si rivolgevano singolari operazioni rituali, come offerte e libagioni, di carattere molto arcaico ma di interpretazione non chiara: probabilmente il ceppo era simbolo della continuità dell’unità familiare. Poco chiare sono anche le relazioni tra il ceppo e l’albero di Natale: per cui, contrariamente a quanto in genere si crede, l’albero di Natale non è necessariamente di origine nordica, anche se la forma che esso ha oggi si avvicina alle consuetudini dei paesi anglosassoni; infatti era largamente presente nelle tradizioni di gran parte del nostro Paese, anche se le piante usate erano, al posto dell’abete, l’alloro, il ginepro, il pioppo. In ogni caso l’albero di Natale ha un’origine comune paleo-europea, e il suo collegamento con la data del Natale cristiano è probabilmente secondario. E anche probabile che il Natale cristiano abbia sostituito una più antica celebrazione del solstizio d’inverno, destinata a onorare il natalis solis invictis, la nascita cioè del dio Mitra.<br />Il ceppo di Natale veniva riacceso ogni sera in modo che bruciasse fino all’Epifania: ciò sottolinea lo stretto rapporto esistente tra queste due feste, rilevato anche nella storia della liturgia, infatti alcune chiese orientali continuarono a lungo a celebrare la nascita di Cristo il 6gennaio.<br />Il periodo di dodici giorni, tra il Natale e l’Epifania, è di grande importanza nel calendario popolare europeo.<br />In passato, in questo lasso di tempo, la Chiesa non celebrava alcun rito religioso: perché si riteneva che ciò desse modo alle forze occulte di manifestarsi liberamente. Soprattutto per questo il folclore dei paesi germanici e slavi colloca l’apparizione notturna di esseri di carattere demoniaco, spesso impersonati drammaticamente da giovani con mascheramenti diabolici, in questo periodo. D’altra parte i dodici giorni sono considerati tradizionalmente come una specie di compendio dell’anno che seguirà e dal tempo che fa in ciascuno di essi, chiamati generalmente Calende, come da altri segni, vengono tratti presagi sull’andamento del tempo in ciascun mese dell’anno a venire. Presagi di vario genere si traggono anche a Capodanno e all’Epifania: in particolare il Capodanno è considerato determinante ed è estremamente diffusa la credenza secondo cui quello che si farà o che accadrà in 9uel giorno si ripercuoterà su tutto il corso dell anno. Perciò in quella giornata si evitano le azioni e gli incontri spiacevoli, mentre si cercano quelli piacevoli.<br />Significato, almeno in origine propiziatorio, ha anche una speciale cerimonia del “Capo- danno”, ancora molto diffusa, benché oggi generalmente “trasportata” a Carnevale: la cosiddetta rappresentazione dei mesi, in cui dodici personaggi, travestiti in modo da simboleggiare ciascuno uno dei mesi, cantano, uno dopo l’altro, strofe che ne decantano caratteristiche e pregi.<br />L’atto estremamente diffuso di gettare via gli oggetti vecchi e inservibili all’inizio dell’anno nuovo è anch’esso un rito che simboleggia l’eliminazione del male. Finalità sostanzialmente analoga hanno, almeno nell’interpretazione che danno gli attuali fruitori di questi riti, altre cerimonie che sono scaglionate nel mese di gennaio e che rappresentano la cacciata o la distruzione di un essere mitico di carattere minaccioso o dell’inverno stesso e che culminano spesso col rogo di un fantoccio o semplicemente con un falò. Così con i fuochi dell’Epifania, che del resto hanno anche un preciso significato di propiziazione agraria, si “brucia la vecchia”, la Befana, figura che, solo di recente, ha assunto, e probabilmente perché confusa con i Re Magi, il carattere di una bonaria portatrice di doni ai bambini. Noi r ragazzi giravamo per il paese facendo rumore con latte vuote, con le raganelle e campanacci per “cacciare gennaio”, rappresentato da un fantoccio che viene trascinato ai margini dell’abitato e dato alle fiamme. L’Epifania e Sant’Antonio Abate, due feste di grande rilievo nel calendario popolare, sono anche solennizzate con rappresentazioni in cui già pienamente si percepisce un elemento carnevalesco, cosa spiegabile col fatto che le date tradizionali dell’inizio del Carnevale sono il Natale, l’Epifania o Sant’Antonio. Queste rappresentazioni hanno come tema il viaggio dei Re Magi, la vittoria di Sant’Antonio sui diavoli, ma possono consistere in scenette satiriche e comiche di carattere profano, come avviene con molte befanate toscane.<br />L’inizio del ciclo primaverile può essere considerato il primo giorno di marzo. Questa data è caratterizzata dalla cerimonie di tipo particolarmente arcaico, propiziatorie per la stagione del risveglio del mondo vegetale; così, per esempio un tempo , i giovani giravano per i campi durante la notte con lumi accesi per “far lume a Marzo” oppure agitando campanacci per “chiamare l’erba”. Cosa molto caratteristica, questi riti si combinano con cerimonie, forse solo apparentemente burlesche, che consistono nella proclamazione di matrimoni, più o meno improbabili, tra le persone non sposate del paese, fatta da qualche vetta o dagli alberi più alti. Un rito connesso con questo tipo di cerimonie, ma in genere privo della componente satirica e burlesca, è il pronunciare, a gran voce, nomi di ragazzi e ragazze mentre nella notte, da un luogo sopraelevato, si lanciano lontano dischi di legno, precedentemente infuocati. Questo rito, pur svolgendosi generalmente in primavera, non ha una collocazione calendariale definita.<br />Molte altre cerimonie di carattere arcaico, e certo dotate in origine di una propria funzione autonoma all’interno del ciclo primaverile, appaiono oggi inglobate nel grande complesso dei rituali di Carnevale. Un esempio può essere l’uso di fingere di arare le strade del paese e di seminarvi quando durante l’anno, nella comunità, non siano stati celebrati matrimoni. Il Carnevale si può considerare come un complesso rituale di collegamento tra il ciclo invernale e il ciclo primaverile. La sua data si è venuta spostando, nell’uso, dal periodo immediatamente successivo al Natale, e quindi dal periodo dei dodici giorni, a quello che si colloca tra febbraio e marzo. La sua durata effettiva tende però, quasi dappertutto, a ridursi agli ultimi giorni prima della Quaresima. Attualmente infatti il Carnevale fa formalmente parte del ciclo pasquale, definito come il periodo che precede l’astinenza quaresimale; e come tale, è una festa (o più esattamente un tempo di festa cioè un tempo disponibile per qualunque comportamento festivo) propria del calendario lunare. In ogni caso il Carnevale è rimasto totalmente estraneo a qualunque influsso del rituale cattolico, più di quanto sia avvenuto per qualsiasi altra manifestazione folclorica di tipo profano. Nel suo complesso il Carnevale rappresenta senza dubbio il momento più significativo dell’intero calendario popolare e perciò verrà trattato a parte, anche per sottolineare la complessità e la ricchezza di motivi che lo caratterizzano.<br />Conclusosi con il Mercoledì delle Ceneri il periodo delle libertà tradizionale si apre quello dei quaranta giorni delle astinenze quaresimali. Nel mondo popolare tradizionale, profondamente penetrato dai precetti della religione cattolica, le prescrizioni della chiesa in materia di digiuni venivano rigidamente osservate. Il lungo periodo di privazioni veniva scandito, nell’attesa della Pasqua, con l’aiuto di curiosi calendari costituiti per esempio da una cordicella con quaranta nodi, cui ogni giorno si scioglieva un nodo; oppure si confezionava un fantoccio rappresentante una vecchia nel cui corpo erano piantate sette penne che rappresentavano ciascuna una delle settimane che compongono la Quaresima.<br />Il complesso Quaresima-Settimana-Santa, di immediata ispirazione cattolica, viene a inserirsi, in un certo senso, come un’intrusione nell’antico ciclo di primavera. Ciò non significa comunque che esso non si sia integrato nel sistema magico-simbolico delle cerimonie folcloriche tradizionali. Effettivamente, per esempio, le varie date della Settimana Santa appaiono collegate, secondo una costante della concezione popolare del tempo della festa cui abbiamo già accennato, a una serie di pratiche agricole, in base a determinate caratteristiche di ciascun particolare episodio religioso ricordato dalla Chiesa per ognuna di esse. Così, per esempio, al momento in cui al Giovedì Santo si legavano le campane, i contadini provvedevano a legare, con un salice, le piante affinché i frutti “legassero”, cioè non cadessero prima di essere arrivati a maturazione. I riti pasquali tuttavia ricalcano, in larga misura, cerimonie religiose di tipo più o meno ufficiale: processioni a carattere penitenziale (con la partecipazione dì flagellanti, secondo un costume oggi non più, ma che un tempo era presente nel mondo cattolico), processioni drammatiche in cui (rappresentati da personaggi viventi o da gruppi statuari) vengono rievocati i vari episodi della Passione e della Morte del Cristo, sacre rappresentazioni ecc.<br />Questa manifestazione vengono spesso celebrate con grande fasto e profonda partecipazione.<br />Molto caratteristiche erono un tempo del ciclo primaverile vero e proprio la cerimonia relativa al primo maggio, o Calendimaggio,. Una delle forme più tipiche di questo rito consisteva nel piantare, sulla piazza del paese, un albero (che spesso si richiede sia stato rubato nottetempo) tagliato alla base, privato della corteccia del tronco e ornato di nastri, specchi ed eventualmente cibi. “L’albero di maggio” o semplicemente “maggio”, resta così eretto per tutto il mese ed è poi abbattuto e bruciato.<br />Un’altra cerimonia del maggio consisteva in un ramo d’albero che i giovanotti appendono di notte alla porta delle case dove abitano delle ragazze. La scelta dell’albero ha un valore simbolico, corrispondente a un giudizio positivo o negativo sul carattere della fanciulla.<br />Il mese di maggio, se è cantato dalla poesia popolare come il periodo in cui la primavera giunge al suo massimo splendore, è anche temuto come epoca in cui vagano liberamente sulla terra gli spiriti maligni. A questa credenza si collegano da un lato i numerosi riti di esorcismo degli ossessi che, in santuari rinomati per questa attività, si celebrano durante questo mese, e, d’altro lato, anche il divieto, già testimoniato nell’antichità classica, di celebrare matrimoni in questo mese. Le cerimonie folcloriche estive sono anch’esse numerose ma meno legate a scadenze precise e coincidenti in tutta Italia, questo forse anche perché sono spesso in rapporto con eventi del mondo agricolo, che cadono, ovviamente, in date diverse nelle varie annate e nelle varie regioni. Tra le più importanti a data fissa dell’estate vi sono San Giovanni, il 24 giugno, e l’Assunta il 15 agosto la grande festa del nostro paese. La prima presenta molti elementi arcaici e gli studiosi, in genere, ritengono che si tratti di una celebrazione del solstizio d’estate. Tra i vari riti propri di questa festa hanno particolare importanza i falò, la raccolta delle erbe medicinali, che in questo giorno si ritiene raggiungano la massima efficacia, la purificazione con la rugiada, e, , la formazione dei patti di “comparatico” in cui, presso il falò, un uomo e una donna stringono un patto che li rende simbolicamente compare e comare, come se avessero insieme tenuto a battesimo un bambino.<br />Carattere molto diverso e almeno apparentemente meno unitario hanno le celebrazioni di ferragosto (la Madonna Assunta nel calendario religioso). Le cerimonie collegate con il raccolto agricolo sono molto importanti dal punto di vista etnografico, in particolare i riti che riguardano la mietitura, la vendemmia o la raccolta della frutta o delle noci ( un tempo era l’unico olio che si adoperava). L’abbandono dei campi e la meccanizzazione agricola ne ha fatte scomparire una buona parte e la loro interpretazione è ancora incerta. Molto singolare è la cerimonia che trasforma la mietitura nella caccia a un animale, per esempio un caprone (rappresentato da un uomo mascherato) che viene braccato finchè si nasconde nell’ultimo covone. Più frequenti, e tuttora celebrate con molta solennità, sono le feste di ringraziamento per il raccolto, nel rituale cattolico, spesso consistono in processioni in cui vengono esposti o speciali pani poi consumati secondo un cerimoniale preciso, oppure elaborati trofei di spighe di grano spesso di dimensioni gigantesche.<br /> <br />Inizio con due santi, il primo veniva venerato perché protettore degli animali della stalla, questa tradizione si è persa per la chiusura di quasi tutte le stalle nel paese. Il secondo è una questione di famiglia, nella chiesa vi è anche una statua credo che da molto tempo non sono portati in processione, l’ultima che ho assistito appena dopo la seconda guerra modiale nel 1948.<br /> Nato a Eracleopoli, (fine del III secolo -metà del IV). in Egitto, si ritirò nel deserto, dove condusse vita di anacoreta e diede inizio con i suoi seguaci a questa forma di ascetismo rigoroso, che precedette il monachesimo. La devozione per S.Antonio abate è stata sempre molto sentita, oltre che molto diffusa. (La Vita di Abba Antonio, opera del vescovo di Alessandria sant'Atanasio (295-373), fu il libro più letto e copiato dell'antichità.) Questo perchè S. Antonio è considerato un Santo popolano, che non fa miracoli eclatanti, ma riesce a tenere a bada il demoniaco Genio del Male che insidia la vita delle persone comuni (artefice di malattie, sventure e odio tra le persone). Per il popolo, quindi, S. Antonio rappresenta un protettore dell'uomo in tutti i suoi bisogni, nei pericoli, nelle tribolazioni della vita, un custode di tutto ciò che nella vita dell'uomo è più caro. La Chiesa lo santificò. La tradizione popolare attribuì alle sue reliquie la virtù di guarire dalla peste, detta «fuoco sacro», ed in alcune località si accendono,nella sua festa (17 gennaio) grandi falò in suo onore, attribuendo a quei tizzi virtù miracolose. Lo si riconosce anche come protettore di animali domestici; di qui, per esempio, la benedizione dei cavalli e soprattutto la benedizione degli animali di stalla. La cosiddetta «Regola di S.Antonio» non è certo opera sua; anche sulle lettere a lui attribuite si nutrono seri dubbi. Temi frequenti, nelle tradizioni popolari, sono le sue lotte con i diavoli; sempre secondo la leggenda, sarebbe morto a 105 anni, verso il 356. Del suo tipo di vita isolata possono considerarsi la continuazione delle l’aure orientali e vari gruppi di eremiti in Occidente, soprattutto nell'Italia meridionale. <br /> Il 2 febbraio, giorno della Candelora, in chiesa venivano benedette le caratteristiche candele (fini, lunghe, a volte colorate) che venivano poi portate nelle abitazioni per essere utilizzate sia contro tempeste e grandine, sia con gli spiriti maligni in genere. Non di rado queste candeline venivano intrecciate anche con i ramoscelli di ulivo della Domenica delle Palme. (Frittelle, la magia della Candelora, in origine, festa pagana di luce e rituali propiziatori, rimasti peraltro strettamente intrecciati alla liturgia cristiana. 2 febbraio, purificazione delle Vergine Maria, recita il calendario liturgico. Accompagnata però dalle candele ereditate dai riti pre-cristiani di questo periodo dell'anno. Nel calendario celtico, ecco Imbolc, festa di purificazione, accompagnata da fuochi e torce. Spigolando nella storia di Roma antica, troviamo la corsa con le torce della Festa di Proserpina, figlia di Cerere rapita da Plutone, simbolo del grano che germina uscendo dal buio della terra. E, sopratutto, le torce dei Lupercalia, complesso rituale di purificazione e fertilità che si celebrava alle Idi di febbraio, quando febbraio era l'ultimo mese dell'anno. Progressivamente, le candele sostituirono le torce. Candelora quindi, e rituale benedizione dei ceri. La si pratica ormai di rado. Nella maggior parte dei casi però, restano vivi solo i detti popolari: "Candelora, l'inverno sum fora, Ma se al sluscia e tira vent, l'inverno sum ancur dentr". Già, all' inizio di febbraio, i giorni si allungano sensibilmente, il grano spunta da terra, un ritorno del gelo sarebbe disastroso per le colture. Da qui una serie di rituali scaramantici per tenere a bada il buio, la sfiga e la carestia. E tra questi, le frittelle (piene o in diverse fasi, a seconda di come le si piega) di fine inverno. Frittelle che vanno fatte saltare a turno tenendo una moneta d'oro nella mano che non impugna la padella. Frittelle che vanno offerte alle divinità della casa, lanciandone una, l'ultima, sull'armadio della cucina dove si sbriciolerà pian piano, in attesa di essere sostituita il 2 febbraio dell'anno successivo. Guai a chi la buttasse via durante le pulizie di primavera! Oggi è uno scherzo venato di malcelata superstizione.<br />Per golosi e neo pagani, ecco la ricetta , “ d’ la zia Sunta” .<br />Per 20 frittelle Per una ventina di frittelle (3 a testa), vanno versati in una ciotola 250 grammi di farina e un pizzico di sale. Fate la fontana. Rompetevi tre uova. Con un cucchiaio di legno, incorporatele alla farina. Quindi versate progressivamente, battendo con una frusta, mezzo litro di latte. Se è rimasto qualche grumo, potete sempre passare la pastella al setaccio. Se avete in mente frittelle dolci, aggiungete a questo punto 2 cucchiai di zucchero; frittelle fini fini optate per un quarto di litro di latte e un quarto d'acqua; più leggere ancora, sostituite un bicchier di latte con un bicchier di birra; più morbide incorporate un bianco d'uovo montato a neve fermissima. O un cucchiaino di lievito in polvere. Oppure 3 cucchiai d'olio o di burro fuso. Anche un eventuale profumazione alcolica, va aggiunta prima del riposo. Mai provato l'acqua di fior d'arancio? Sublime! L'estratto di vaniglia, poi! E' davvero importante lasciar riposare la pastella un ora o due. Non solo. "Non disturbate la farina mentre sta sposando il latte", Avrete però notato che, spesso, durante il riposo, la farina assorbe il latte con fin troppo amore. La pastella, versata col mestolo, deve fare "il nastro". Se si è addensata troppo, va allungata con qualche cucchiaio d'acqua e mescolata nuovamente. Un altro fattore di riuscita riguarda gli attrezzi per la cottura delle frittelle. Niente di speciale. Anzi. Però servono assolutamente: un mestolino per versare la pastella, una padella antiaderente con il fondo bello piatto, meglio se nuova, una spatola larga per voltare facilmente la frittella semi-cotta. E, per ungere la padella giusto quanto basta, un piattino con l'olio o burro fuso. Intingetevi mezza patata infilzata con una forchetta. La parte tagliata della patata, piatta, scorre veloce sul fondo della padella. Unge poco ma in modo uniforme. In tempi di penuria, quando non si disponeva nemmeno di un pezzo di grasso di prosciutto e il burro era davvero poco, si usava ungere la padella con un fagottino di stoffa appena intinto nel burro fuso. Un velo per uno e, con poco, pochissimo, tutte le crêpes avevano il buon sapore del burro. Oggi ancora, questo metodo consente di asportare dalla padella le eventuali briciole bruciate della frittella precedente. Rassegnatevi, la prima non viene mai bene. L'ultima nemmeno. Se invece non vi rassegnate né a cuocere frittelle su frittelle mentre gli altri le mangiano in un batter d'occhio, né ad avere la casa e i capelli che sanno di fritto quando arrivano gli ospiti, cuocetele tutte prima e tenetele in caldo, impilate su un largo piatto piano posato su una pentola d'acqua fremente, coperte con un foglio d'alluminio o un foglio di carta forno unta di burro. L'unico momento veramente delicato della cottura di una frittella non sta nel voltarla. Difficile è spandere bene la pastella quando la si versa. Il polso deve ruotare ampio e veloce per distribuirla, sottile e uniforme, su tutto il fondo della padella. Fatto questo e lasciata cuocere la frittella circa 3 minuti, voltarla con un colpo di spatola è un gioco. Farla invece saltare è un azzardo da riservare a veri cuochi giocolieri. Bene o male, le abbiamo cotte. Mangiamole! Salate, arrotolate, affogate nella béchamelle e il formaggio, strettamente avvolte attorno a prosciutto e ripieni fantasiosi, gratinate, in mille modi. Dolci, in due mila modi. Semplicissimo, economico e gustoso. La ricetta che mi è parsa più golosa, nella sua semplicità è la salsa al mandarino, ingredienti: mezzo litro di succo di mandarino (circa 15 frutti), 40 grammi di zucchero, 1 cucchiaino di fecola di mais. Spremete gli agrumi, filtrate il succo e mettetelo in un pentolino con lo zucchero. Fate bollire piano, giusto per sciogliere lo zucchero. Diluite la fecola di mais con un cucchiaio o due di acqua. Versatela nel pentolino senza smettere di girare. Fate bollire 15 secondi. Lasciate raffreddare. Niente male con frittelle spalmate di un velo di confettura di albicocche, piegate in quattro e passate 5 minuti in forno a 180 gradi (coperte d'alluminio per non farle seccare). Servite con la salsa al mandarino a parte, in salsiera. E non vi dico che cos'è versata su crêpes spalmate di salsa al cioccolato! <br />Ecco servite le frittelle della Candelora o meglio ancora della pro zia Assunta.<br /> S. Biagio, che cade il 3 febbraio, è stato sempre un culto abbastanza sentito nella tradizione Brisinese. Una usanza molto praticata era la "benedizione della gola”, che il sacerdote effettuava con una piuma intinta in olio benedetto e recitando, nel contempo, una invocazione a S. Biagio vescovo e martire. Malgrado la intensa vita alcune tradizioni rimangono non più come l’800 ma sono sempre impresse nei nativi.<br /> Ci sono stati, negli anni '50, carnevali memorabili, con carri ecc., (carnevale di Nebbiuno, Pisano, Arona e Intra Pallanza ) che hanno coinvolto l'intera comunità, tradizione voleva che i grandi si mascheravano e andavano casa per casa senza farsi riconoscere. Bevendo vino rosso e mangiando dolci secchi.<br />Il Carnevale<br />Il Carnevale rappresenta certamente il momento più significativo dell’intero ciclo festivo del calendario popolare: unico rimasto in sostanza totalmente indenne dall’influsso della Chiesa, che pure ne ha sempre aspramente combattuto le manifestazioni, considerate peccaminose e pagane. Attualmente, il Carnevale, sia nelle sue forme tradizionali, sia in quelle più recenti, vive un momento di intensa ripresa, dopo avere attraversato un periodo di grande decadenza, che poteva indurre a ritenere prossima la sua scomparsa definitiva. E tornato infatti ad attirare l’attenzione del pubblico e degli studiosi, che ne hanno messo in luce i molteplici motivi d’interesse storico, psicologico, teatrale, ecc.<br />Non è facile precisare quali fossero i contenuti originari del Carnevale, anche perché si presenta, caratteristica tipica, più che come un rituale dotato di una struttura costante, come un periodo adatto a ogni tipo sia di attività festiva di carattere extra-religioso che di rimozione o di rovesciamento dei divieti e delle convenzioni sociali, all’insegna, in particolare, del comico e del grottesco. Per questa ragione, le numerose teorie sulle sue origini e sul suo più profondo significato appaiono, in buona parte, unilaterali, quando non forzate. Anche l’identificazione delle radici del Carnevale nelle feste dei Saturnali, celebrate nell’antico mondo romano nel mese di dicembre, e consistenti in un momentaneo rovesciamento dell’ordine sociale, non appare più interamente convincente; come pure le teorie che vedono nel Carnevale un’antica forma del culto dei morti, o di culti destinati a promuovere la fertilità dei campi. In termini per così dire provvisori, tenteremo di definire il Carnevale tradizionale come una festa in cui un gruppo di persone si presenta, con vari mezzi, tra cui soprattutto il mascheramento o una serie di comportamenti insoliti o trasgressivi, come essenzialmente “altro” rispetto al resto della comunità, e, come tale, incomprensibile, estraneo, inquietante, sconcertante, pauroso, oppure comico, grottesco, splendido. Questa contrapposizione, naturalmente, si realizza nelle forme stabilite dalla tradizione, e quindi ben note a tutti i membri della comunità: eppure sul piano psicologico essa torna a “funzionare” anno dopo anno, coinvolgendo profondamente attori e spettatori ed è resa particolarmente efficace dalla irriconoscibilità degli attori stessi, e dalla loro, spesso sorprendente, bravura nell’assumere ruoli strani.<br />Nelle forme strutturalmente più semplici dei Carnevali tradizionali, i personaggi mascherati si limitano ad andare, in gruppo o da soli, di casa in casa, presentandosi, spesso in modo aggressivo, pauroso e violento, al loro pubblico, costituito in particolare dalle donne. Va tenuto presente infatti che, in genere, nei Carnevali di tradizione le donne sono, in linea di massima, escluse dai mascheramenti così come lo sono i bambini. <br />Foto di carnevale degli anni 50.<br />Ma il Carnevale può assumere aspetti molto più complessi con un rituale estremamente elaborato, in cui i vari ruoli e i vari comportamenti si integrano strettamente l’uno all’altro secondo una sorta di “regia” impersonale ma efficiente, che, sul piano dello spettacolo, dà un senso all’intera cerimonia, rielaborando una serie di comportamenti che in sè sono probabilmente molto antichi, e che si ritrovano in pratica in tutta Europa.<br />In questo modo, i Carnevali tradizionali “mettono in scena”, in chiave più o meno simbolica, ogni sorta di situazioni e di rapporti sociali. Spesso le maschere si dividono in due categorie, per esempio “belli” e “brutti” : i belli, caratterizzati dal costume sfarzoso e dal comportamento compassato, sono anche i ricchi, mentre i brutti, che indossano costumi laceri e ripugnanti, portano maschere deformi ed hanno comportamenti irregolari e violenti, sono i poveri.<br />Molto significativi sono anche i Carnevali in cui viene rievocato un evento “storico” quale l’uccisione o l’espulsione di un nemico o di un oppressore. Si tratta in realtà della drammatizzazione di un evento mitico che rappresenta la conquista della libertà da parte della comunità. Gli ultimi carnevali che ricordo dove la comunità di Brisino ha partecipato credo a Lesa è stato fine anni 50 ed inizio anni 60 ( un carro dove si rappresentava un l’Expo ed un altro “lascia o raddoppia) <br />Sono cerimonie (affrontate dal gruppo sociale che le realizza con estrema serietà, pur se con spirito festoso), che presentano tratti molto arcaici, nonostante le modernizzazioni esteriori cui, nel corso del tempo, sono state sottoposte, come accade per la patina “napoleonica” del Carnevale di Ivrea, dove, per altro, nel corso della festa si svolge la violentissima “battaglia delle arance”: esempio molto caratteristico di quei combattimenti rituali presenti in molti Carnevali antichi che, un tempo, assumevano anche forme cruente. Ricordiamo questo fatto per far notare come una certa dose di violenza sia non soltanto ammessa ma prescritta nel comportamento carnevalesco.<br />Tutta una serie di rituali, di queste cerimonie, già ampiamente testimoniati in epoca medievale, trae origine dalla contrapposizione simbolica tra la licenza e la sfrenatezza del Carnevale e le astinenze prescritte dalla Quaresima. In questa prospettiva, il rapporto tra i due periodi viene teatralizzato, ed essi appaiono personificati (secondo un procedimento tipico della cultura tradizionale, che si applica anche ad altre festività: si pensi a Babbo Natale, o alla Befana), il primo come personaggio grasso e gioviale, la seconda come odiosa vecchiaccia, magra e lunga. Si sottolineano così i contrasti tra i due, che finiscono, inevitabilmente, con la morte di Carnevale.<br />A volte Carnevale viene caricato di tutte le colpe della comunità, e sottoposto a un burlesco processo, in cui vengono “messe in piazza” tutte le malefatte compiute da varie persone nel corso dell’anno. Questo rito rivela così una componente “politica”, che si esprime con una critica delle autorità in forma di satira; è quanto avviene, per esempio, nelle bosinate, componimenti in versi che venivano recitate sulle piazze in alcuni paesi dell’alessandrino, o, nei carri figurati che hanno reso celebre, tra gli altri, il Carnevale di Viareggio. Al termine del processo, Carnevale, sotto forma di un fantoccio viene “giustiziato” e bruciato. Talvolta muore di morte naturale o piuttosto, per gli stravizi, tra i pianti degli spettatori e della sua inconsolabile vedova, ancora una volta, la Quaresima, di solito, non senza aver fatto testamento, con lasciti, anche qui, satirici e beffardi, ai membri della comunità; o spesso, malgrado, o a causa, degli interventi chirurgici subiti da parte di un finto dottore. Alla morte segue un funerale in piena regola, con una parodia, spesso parecchio indecente, delle cerimonie religiose e dei suoi ministri.<br />Come è ovvio, una funzione essenziale è esercitata, nei Carnevali tradizionali, dalla maschera e dal mascheramento; e, anche se esistono dei Carnevali antichi e importanti in cui non ci sono maschere, pure il travestimento è sempre presente. La maschera, in quanto oggetto, può essere realizzata con diversi materiali: la persona può incollarsi sul volto delle piume o dei fagioli, coprirsi la faccia con un pezzo di pelle di animale con due fori per gli occhi e uno per la bocca, o ricorrere ad elaboratissime maschere scolpite in legno, spesso vere e proprie opere d’arte, con tratti eleganti e realistici o grotteschi o sinistri, anche grazie all’aggiunta di corna di animali. Ve ne sono tuttora in uso in Sardegna e in alcune zone delle Alpi (Vai d’Aosta, Lombardia, Trentino, Alto Adige, Friuli), anche se attualmente, quasi tutti, preferiscono ricorrere a quelle di plastica fatte in serie.<br />Accanto alle maschere di personaggi umani o demoniaci, compaiono interessanti travestimenti animaleschi: il cavallo, la capra, l’orso che vanamente trattenuto da un “domatore” si scaglia sulle persone del pubblico, terrorizzando le ragazze e i bambini. I mascheramenti di questo tipo sono probabilmente tra i più antichi: ne sono testimonianza le condanne fatte dai padri della Chiesa, fin dai primi secoli del Cristianesimo, quando venivano realizzati in occasione delle Calende di gennaio, all’inizio dell’anno.<br />Esistono poi, e sono di grande effetto comico, dei camuffamenti di tipo più complesso: come quello che rappresenta una donna che porta sulla schiena il marito dentro a una gerla. In realtà si tratta di una sola persona che sta nel gerlo sfondato e ha la parte inferiore del corpo nascosto dalla gonna della “donna”, che in realtà è un fantoccio!<br />Abbiamo, si diceva all’inizio, una rinascita del Carnevale. Quello che si era ridotto - a parte casi di continuità storica in manifestazioni dotate di una struttura tradizionale - a divertimento per i bambini più piccoli quasi costretti dai genitori a mascherarsi, è tornato a interessare ragazzi, adulti, e anche responsabili di assessorati alla cultura di comuni e di altri enti pubblici, disposti a investire somme cospicue nell’organizzazione del Carnevale, promuovendo anche importanti iniziative culturali turali nella stessa direzione. Inutile chiedersi, in un certo senso, se sia stato l’interesse della gente per questa festa a mettere in moto l’intervento delle autorità, o viceversa. Resta il fatto che il Carnevale di Venezia, o quello di Milano, hanno continuato a suscitare interesse con partecipazione attiva, e non di semplici spettatori ma di un numero grandissimo e forse crescente, di persone anche quando l’intervento finanziario e organizzativo dell’ente pubblico si è ridotto quasi a nulla, come è avvenuto a Milano.<br /> Foto<br />Questi Carnevali risorti sono caratterizzati soprattutto dai mascheramenti che spesso riprendono, cosa abbastanza singolare, forme di travestimento particolarmente arcaiche, dalla quasi assoluta scomparsa dei comportamenti violenti e aggressivi (lancio di farina, di uova, di creme da barba spray) da parte di Dande” di ragazzi nei centri urbani, e arche di ogni forma di satira sociale o politica. E interessante notare, a questo proposito, come alcuni comportamenti tipicamente “carnevaleschi” di satira e di protesta si siano, ormai da tempo, trasferiti nell’ambito di altre manifestazioni di massa, come per esempio lo sciopero, dove il frastuono dei campanacci, il funerale burlesco di un pupazzo, tipici elementi delle manifestazioni operaie, rappresentano l’utilizzo di un linguaggio espressivo tradizionale per esprimere esigenze nuove<br /> Il periodo della Quaresima era caratterizzato, anche a Brisino, da una spiritualità più accentuata, ed anche da una certa astinenza in senso lato, dopo i "bagordi" del Carnevale ( si fa per dire, anche perché erono anni che la gente emigrava e non c’era una lira in tasca). <br /><br /> <br /> Dalla Festa della Domenica delle Palme, caratterizzata da palme intrecciate e tanti fasci di rami d'ulivo benedetto, offerti in segno di pace e riconciliazione, si entrava subito nel clima della Passione di Nostro Signore. In chiesa era già visibile il gran telo viola, sovrastante l'altare, che copriva tutte le immagini sacre; inoltre, altri veli color viola, erano posti su croci e immagini sacre non ubicati sull'altare Il predicatore di turno tradizionalmente un fra Passionisti, oppure Francescani, (In occasione della processione del Venerdì Santo erano scoperte le sole statue del Cristo Morto e della Madonna Addolorata), con le funzioni della Settimana Santa iniziava le sue omelie serali su Morale e Fede. Con il Giovedì Santo tutte le campane venivano "Legate' in segno di lutto, e al loro posto entravano in funzione i rumorosi "tricche-tracche o tip e tap o girel, o tamburel ecc. ", attrezzi di legno munití di barette mobili in ferro, oppure di martelli mobili in legno che si battevano su un asse ecc, che i ragazzini scuotevano can vigore per le strade del paese, annunciando la Messa, il Mezzogiorno e le Funzioni della sera. Il Giovedì Santo era caratterizzato anche dalla 'Visita ai Sepolcri". Oggi sono sparite le cappelle ce n’era una davanti casa nostra che rappresentava l’insieme della liturgia, progresso ed incoscienza le hanno distrutte.<br /> Per celebrare i giorni della Passione di Cristo, in tutto il mondo si organizzano rappresentazioni sacre, una sorta di teatro in costume che spesso coinvolge interi paesi. A Brisino queste costumanze e consuetudini non hanno raggiunto grande spettacolarità, tuttavia vi sono degli aspetti caratteristici di lontana tradizione: ci riferiamo al cosiddetto cantare la Passione". L'usanza però venne pian piano ad esaurirsi, per scomparire alla fine degli anni '20.<br /> Da tempo immemorabile, la processione del Venerdì Santo offre il consueto spettacolo emozionante di un rito molto sentito e commovente che, a Brisino, manifestava anche talune caratteristiche peculiari. Si dice…Per prima cosa, tra i cittadini aspiranti a portare la grande croce, veniva effettuata una specie di gara in cui l'offerta maggiore determinava l'assegnazione e ruolo di Cristo: un ruolo molto ambito, non solo per devozione o per penitenza, ma anche perchè c’era la credenza che fosse di buon auspicio per la realizzazione di progetti personali (“grazie” di vario genere). Portare le “stanghe” della statua del Cristo Morto era ritenuto benaugurante in special modo quelle davanti, erano solitamente riservate alle ragazze che ambivano maritarsi.<br />La processione, ancora oggi, si svolge intorno al paese, negli ultimi anni fanno solo il giro della chiesa: la Processione si snodava su un percorso lungo, che attraversava i vari quartieri del Paese, ed arrivava ai confini dei due paesi vicini (Vedasco e Magognino) con gli innumerevoli ceri portati in lunghe file. Durante questo itinerario, il compaesano che porta la croce tradizionalmente eseguiva da un minino di 3 cadute, ad un massimo di 14 (una per stazione), ad interpretazione personale. Notizie raccolte nel lontano 1948 da un vecchio amico del paese che si chiamava Tunin, devo a lui ed mio madre questa mia curiosità per le feste e per le tradizioni e da ragazzo parlavamo in Tarùsc.<br />Curiosità. La Via Crucis. La nascita della Via Crucis è legata alla conquista dei Luoghi Santi da Parte dei Turchi (XI-XII-XII secolo) L’impossibilità di compiere il pellegrinaggio alla via dolorosa di Gerusalemme dove sarebbe passato Gesù portando la croce, induce in qualche modo a costruire dei percorsi sostitutivi nelle chiese. Questa devozione si diffuse sempre più fra i cristiani finchè, nel 1731 (dopo le Predicazioni di S. Leonardo di Porto-Maurizio) il papa Clemente XII permise l’erezione della Via Crucis unendo tutte le chiese, definendo e fissando in 14 il numero delle stazioni, che fino ad allora variavano secondo le tradizioni locali. Ora, alcuni libri devozionali includono una 15° stazione: quella della Resurrezione. Questo rito, in chiesa, si percorre in senso antiorario” in quanto era tradizione iniziare dal “Lato Epistola” (a sinistra guardando l’altare) per finire dal “Lato Vangelo” (che rappresenta la Resurrezione). Oggigiorno con la Riforma liturgica del Concilio vaticano II, c’è un solo Pulpito (detto “Arnbone’”, dove tutta la Parola di Dio (sia epistola sia vangelo) è proclamata dal popolo.<br /> <br /> Negli anni 50, 60 e 70, in sostituzione della benedizione degli animali domestici effettuata tradizionalmente nella festività di S.Antonio abate, fu istituita la Benedizione delle stalle in concomitanza con la benedizione delle case. Un tempo si soleva ricompensare il parroco con i prodotti della terra. <br /> La festività dell’Ascensione cade nella prima domenica 40 giorni dopo Pasqua. Nell’occasione, dietro la statua del Cristo Risorto, erano portate in processione tutte le statue dei santi venerati, la tradizione viene interrotta all’inizio dell’900. Questa pratica ancora oggi è mantenuta in tutto il sudamerica. Il corteo era incorniciato da uno spettacolare scenario caratterizzato da balconi, finestre, cancelli ornati con coperte e coltri variopinte, della migliore qualità. L’onore di portare i Santi in processione era veramente desiderato e, a volte era vivamente ambito a tal punto da dar luogo a contese. <br />Al passaggio del corteo, le statue dei Santi erano abbondantemente cosparse da una pioggia di petali di fori preparati in cesti di salice, in prevalenza rose, ginestre e sambuco. Talune credenze vorrebbero che il giorno dell’Ascensione siano colti i fiori, ma non le verdure, che sarebbero infettate da vermi. Per la festività del Corpus Domini si ripeteva il suggestivo scenario descritto per l’Ascensione. In questa occasione, però, i balconi parati con migliori drappi, assumevano una rilevanza più marcata in quanto vi era anche la credenza che le stoffe benedette dal passaggio del Santissimo, non tarlavano mai. (1195-1231), uno dei primi discepoli di S. Francesco, dottore della Chiesa e da essa santificato l'anno stesso che seguì la sua morte, tanta era la sua popolarità. Grande oratore, ebbe enorme successo neIla sua predicazione, tanto che lo stesso S. Francesco lo incaricò, unica eccezione, di insegnare teologia ai suoi confratelli all'Università di Bologna. Viene considerato il protettore degli animali inferiori. Nato a Lisbona, mori nel convento di Arcella, un sobborgo di Padova la sua festa ricorre il 13 giugno. Mi di spiace che questo santo sia stato messo in soffitta era molto considerato ed in qualche casa di Brisino si può ritrovare il tipico altarino, ma, per secoli, i contadini hanno praticato questo rito con incrollabile fervore. Era in gioco il futuro raccolto. La stessa pratica viene svota dai contadini indiani.<br /><br /> Una tradizione quasi persa perché e stata sostituita con il 15 Agosto , festa della Madonna, (La chiesa di Brisino viene costruita, vedi documento C verso la fine del 700 e dedicata alla SS. Trinità). Era normalmente il periodo che precedeva il lavoro intenso dei campi ed era un momento di incontro della comunità, una lunga processione con l’Ostensorio chiudeva la festa religiosa a beneficio della festa paesana, canti balli e la degustazione di cibi.<br /><br />Curiosità. Dal 1334, la domenica che precede la Pentecoste è consacrata alla Trinità. La SS.Trinità, dogma fondamentale del cristianesimo cattolico, ortodosso e di una parte assai vasta delle confessioni protestanti, secondo il quale nella divinità esistono tre persone distinte (Padre, Figlio e Spirito Santo), che formano una sola sostanza indivisibile e sono eguali in potenza e in gloria: il figlio è generato eternamente dal padre e lo spirito, secondo la teologia cattolica, respinta da quella ortodossa, procede dalle altre due persone, come da un principio unico. Si trova qui riflesso il concetto della triade familiare, propria di molte religioni; ma al dogma trinitario il cristianesimo è arrivato attraverso una lunga elaborazione, che ha occupato i primi quattro-cinque secoli della storia ecclesiastica, rivolta a conciliare il carattere divino del Cristo, con il monoteismo originario della religione biblica. Le prime affermazioni della Trinità si incontrano in Tertulliano, alla fine del II secolo; per tutto il III secolo i teologi appaiono ancora incerti e preoccupati di sfuggire all'accusa di diteisino (la funzione della terza persona, lo spirito, è solo accessoria e di origine ellenistico misterica. Al Concilio di Nicea, nel 325, si ha la prima formulazione precisa, in contrasto con la posizione dei vescovi che consideravano il Figlio come una semplice creatura, anche se superiore a tutte le altre (di qui il grande scisma provocato d’ Ario), espressione dialettica della volontà creativa della divinità e strumento dell'opera di redenzione. I rapporti interni tra le due «nature» del Figlio e tra le «persone» viste nel loro insieme vennero fissati nei concili posteriori, sino alla fine del V secolo. E’ certo, tuttavia, che le prime comunità cristiane tendevano a concepire la trinità come una «triade» tradizionale: padre, figlio e madre, anche perché il termine semitico per indicare lo «spirito» è di genere femminile. In alcuni testi recentemente scoperti in lingua copta nelle sabbie egiziani a Khenoboskion, la trinità appare precisamente sotto questo aspetto, senza dubbio antichissimo. Il Credo che uscì dal Concilio di Nicea, sotto l'ispirazione del vescovo Atanasio, il grande avversario di Ario, semplifica notevolmente la dottrina trinitaria, che nei tempi nostri non è più accettata da alcune Chiese protestanti (per esempio, la Chiesa “unitaria” assai influente negli Stati Uniti). A. Donini Enciclopedia delle religioni pag. 425.<br /> Mi ha sempre affascinato questo santo infilzato da tante frecce, credo che il quadro sia li solo per l’effetto di una donazione in realtà il paese da 200 anni non se ne cura più. Leggendario tribuno delle guardie pretoriane ; convertitosi al cristianesimo , fu ucciso a colpi di frecce, nel 304, durante la persecuzione di Diocleziano e successivamente santificato. Numerosi sono i capolavori di pittura che si ispirono al suo martirio. Sulla via apia a Roma a poca distanza dal cimiteri di Calisto, si trovano le catacombe intitolate a San Sebastiano.<br /> Una festa di famiglia Pietro mio padre, Paolo mio nonno e mio fratello, il periodo che in campagna si tagliava il primo fieno, si festeggiava sui campi. Le ragazze da marito, invece, per individuare il mestiere del futuro sposo e quindi ipotizzare la sua posizione sociale, introducevano un albume di uovo dentro una bottiglia con acqua, lasciando il tutto l'intera notte (tra il 23 e il 24) Dai ghirigori o dalle "figure" che si formavano nell’acqua, venivano tratte le interpretazioni relative al mestiere e al livello sociale che il futuro riservava. I Santi venivono festeggiati lavorando nei campi, dopo il lavoro normalmente se non si eravamo troppo stanchi, si andava tutti a Graglia alla festa di s. Pietro e Paolo.<br /> 15 Agosto - Maria Ausiliatrice. Assunzione di Maria vergine. La chiesa di Brisino e dedicata alla SS Trinità ed alla Madonna. <br />Negli anni che mi ricordo, il paese era adornato di fiori. Fiori ovunque le donne facevano a gare mentre gli uomini in gruppi si riunivano nella propria zona , costruivano degli archi ( delle vere porti, enormi) in legno rivestiti di felci ed ornate di luci. Era una gara tra i tre cantoni. Canton in sciuma, canton in mez e canton in fund. Suggestivi ed intensi apparivano all’imbrunire, sembrava si essere in un castello recintato da mura di legno e di felci. In questa giornata si esprimeva tutta l’intensità della festa e della gioia. Ritornavano gli emigranti, i parenti, si intrecciavano nuovi rapporti, si annunciavano nuovi matrimoni ecc. Si iniziava al mattino con le varie messe, talvolta con banda musicale , alla messa cantata dopo la processione si faceva “l’incanto” sui prodotti della terra o elaborate dalle massaie, per finanziare il magro bilancio della chiesa. A distanza di anni me lo ricordo con piacere, ad un occhio attento in quell’occasione si riusciva conoscere i vari schieramenti politici, le nuove alleanze oppure la nascita di nuovi nemici. La Madonna veniva portata in processione nel pomeriggio ed a conclusione della festa religiosa tra fuochi d’artificio e la tradizionale “Sagra della polente e Salamit” si chiudeva la giornata tra canti e balli. In quei giorni si concludevano le vacanze di molti villeggianti, soprattutto nel primo dopo guerra il paese era preso d’assalto dai legnanesi e dai milanesi che venivono ospitati nelle case dei Brisinesi. Possiamo dire che il vergante è stato il precursore di un turismo alternativo. Peccato che il benessere abbia cancellato la solidarietà che era nata subito dopo la seconda guerra mondiale. ( devo avere delle fotografie prossimamente le inserirò nel testo). Nel pomeriggio o al mattino a secondo la durata della manifestazioni, partiva la corsa in bicicletta, il torneo di calcio e all’imbrunire, si rompevano le pignatte, si correva nel sacco, si scalava l’albero della cuccagna. Per la cucina locale, in quei giorni, appena dopo la seconda guerra si mangiava il risotto in tutte le maniere e la carne che non fosse da animali da cortile. Il 16 Agosto processione a S. Albino la vecchia chiesa di Brisino e Magognino oggi cimitero del paese. Tradizionale processione al cimitero di S.Albino, ( per ricordare i propri morti), non mi ricordo perché so solo che c’era sempre molta gente, . La chiesa risale alla fine del primo millennio, all’interno pregevoli affreschi del 1100 /1200. <br /><br />Curiosità. La Madonna , o “mia donna” (dove – donna - e intesa nel senso latino di domina, cioè padrona), appellativo medievale della Vergine Maria, rimasto poi nell'uso comune e applicato particolarmente alle immagini che la raffigurano con il bambino Gesù in braccio, secondo l'iconografia introdotta nella storia delle religioni dai misteri di Iside. Si presenta con gli attributi più svariati: delle grazie, del buon consiglio, del rosario, dei sette dolori, della immacolata, dei fiori. La Madonna grande è madre - pellegrine - ha trovato in Italia uno sviluppo eccezionale, subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, nella atmosfera arroventata della campagna condotta dalla Chiesa e dalla Democrazia Cristiana contro i partiti della classe operaia, comunista e socialista. Statue della Madonna incominciarono ad essere portate in processione attraverso città e villaggi, sin dalla seconda metà del 1946, alimentando scene di un fanatismo di massa senza precedenti; a partire dal 12 febbraio 1948, alla vigilia delle elezioni politiche del 18 aprile, centinaia di immagini della Madonna furono viste muovere la testa, respirare, piangere, sanguinare, un po' per tutta la penisola (da Assisi a Cagliari, Frascati, Nocera, Pisa, Catania, Messina, Grosseto, Caserta, Putignano e così via). Dopo il 18 aprile 1948, questi episodi divennero sempre più rari. Maria, in ebraico Miryàm, trascritto in greco Mariám o Maria, mitica madre di Gesù; per i cattolici anche “Vergine Maria” e “Madonna" pochissimo dicono di lei i vangeli canonici: in quello attribuito a Matteo si afferma che il marito di Maria, Giuseppe, non avrebbe avuto rapporti con lei sin dopo la nascita miracolosa del primo figlio Gesù (i nomi di quattro fratelli e due sorelle del Cristo ) sono ricordati in due passi del Nuovo Testamento. I vangeli apocrifi aggiungono che era figlia di Anna e di Gioacchino, discendente di Davide e della tribù di Giuda; e danno molti altri dettagli, elaborati poi dalla tradizione(specialmente nel Proto vangelo di Giacomo, del II-III secolo). Secondo alcune tradizioni, sarebbe morta ad Efeso, in tarda età; secondo altre a Gerusalemme, e sepolta ai piedi del Monte degli Ulivi. Tre giorni dopo, gli apostoli avrebbero trovato il sepolcro vuoto, così come per il Cristo. Su questa leggenda è basato il dogma dell'Assunta proclamato nel 1950 da Pio XII; secondo un altro dogma, detto dell'Immacolata Concezione e promulgato da Pio IX nel 1854, Maria sarebbe stata concepita senza il peccato originale, che è causa della morte, e quindi non poteva morire corporalmente. in generale, la sua figura nel Nuovo Testamento è posta in secondo piano e si mette in rilievo l'indifferenza del Cristo pei suoi riguardi, forse anche per un residuo di ideologie antifemminili; nel Vangelo apocrifo di Tommaso, scoperto recentemente, si fa dire a Gesù, Maria che “per entrare nel regno DI Dio, Maria dovrà diventare uomo”. Nel cristianesimo antico venne talvolta identificata con la terza persona della Trinità (la parola “Spirito” del resto, in ebraico è dì genere femminile. La Chiesa e la devozione dei fedeli hanno sviluppato una complicata teologia sulla sua persona, definita non senza difficoltà, al Concilio di Efeso, “madre di Dio”, in opposizione all'eresia nestoriana, che la voleva soltanto “madre di Gesù”. Il culto mariano costituisce oggi una base essenziale della liturgia e dell'ideologia cattolica.<br /> <br />. Anche se non era presente nella liturgia della parrocchia gli agricoltori ne tenevano in buon conto. L’11 novembre, è ancora diffusa l'usanza di onorare per la prima volta il vino nuovo, spillandolo dalle botti. Normalmente il trasloco di una casa era fatto per San Martino, tanto che si dice ad uno che cambia casa “ stai facendo San Martino”.<br /><br />Curiosità. San Martino, nato in Ungheria nel IV secolo da un tribuno romano, giovanissimo si arruolò nell'esercito imperiale. Abbracciò il Cristianesimo e, nella Gallia (a Ligugé), fondò il primo monastero di tutto l'Occidente, ultimato nel 397. Venne fatto vescovo di Tours e svolse una capillare opera di apostolato tra pastori e contadini, operando diversi miracoli. Celebre l'episodio di quando divise il suo mantello con un povero infreddolito; poi diede la restante metà ad un'altro malconcio poveretto. Rimasto senza adeguata copertura contro il gelo, fu riscaldato da un sole insolitamente mite: da qui la leggenda dell'Estate di S. Martino. S. Martino (La ricorrenza l'11 novembre, ), è patrono abbondanza in genere e protettore del vino in partico questo perchè il Santo, inseguito dagli sbirri, si nascose in una botte vuota. Quando lo cercarono in cantina fu un evento prodigioso: tutte le botti risultarono piene, e S. Martino se la cavò. E' ancora diffusa l'usanza di onorare per la prima volta il vino nuovo, spillandolo dalle botti. Il cosiddetto vino novello sostituisce l’usanza di San Martino.<br /> <br /> Per quanto riguarda le tradizioni popolari sarebbe auspicabile che venga svolto un lavoro sistematico e scientifico dello studio e del recupero di antiche abitudini. La più significativa di queste sopravvivenze, “La festa di Samain “, Samonios - cadeva il 1° Novembre e rappresentava il Capodanno Celtico e/o Leponzio, che a loro volta la preso da chi. Nella notte del primo novembre per questi nostri antenati ?, il mondo dei morti entrava in contatto, si congiungeva conquello dei vivi. La festa fu reintrodotta, dato il suo persistere fra le popolazioni rurali, nel VI sec. d.c. dalla Chiesa cattolica come “festum ad ommes sanctos” festa di Ognissanti e con susseguente ricorrenza dei defunti. Ancora oggi, si usa accendere una candela nella notte tra il 1° e 2° novembre. Questo non solo per la memoria, anche perché i nostri morti, tornando la notte a riveder la casa , la trovano illuminata. E’ usanza lasciare del cibo sulla tavola (pane, acqua, vino e castagne cotte) in modi che i defunti all’occorrenza potessero farne uso. Il rapporto con la morte per i nostri antenati era sereno, quasi scanzonato. La parte allegra dell’antica Samain si è mantenuta in Halloween, la festa che nei paesi nord europei (irlandesi ed anglosassoni introdotta poi in Nord America ed oggi in tutto il mondo occidentale) precede Ognissanti. Il segno più popolare, noto e diffuso in questa notte è la zucca svuotata, intagliata e contenente una candela accesa. Si tratta della raffigurazione di un teschio e rappresenta una ridicolizzazione e demistificazione della morte l’usanza durò fino agli anni 50’. <br />Si dice che la testa tagliata aveva una grande funzione rituale e simbolica presso i popoli nordici che conservavano i capi recisi degli avversari più valorosi e delle persone più importanti ritenendo che la testa fosse la vera sede dell’anima e che così facendo si potesse trattenere presso di se od appropriarsi delle caratteristiche migliori del morto. <br />Non è che questo ci rende migliori nella ricerca di nobili antenati.<br />Curiosità. Il Lutto, un comportamento di carattere rituale, che oggi ha un valore prevalentemente sociale e sentimentale, connesso però, nelle società primitive o di tipo arcaico, con il concetto religioso del tabù. Si ritiene, cioè, che i legami con il morto comportino di per sé uno stato d'impurità: di qui il particolare modo di vestirsi e di acconciarsi i capelli, l'astinenza più o meno prolungata da determinati cibi e dalle relazioni sessuali, l'uso del velo per non farsi riconoscere dal defunto e in qualche caso anche il cambiamento di domicilio, per disorientare lo spirito dei trapassati. Si tratta quasi sempre di usanze di carattere apotropaico, dalle quali si può uscire soltanto attraverso particolari riti di purificazione. I colori del lutto variano di civiltà in civiltà: nero nell'ambito del cristianesimo, bianco presso i buddisti, rosso talora presso popolazioni a livello etnologico, in Africa e nell'Oceania. Mi ero sempre domandato la motivazione del nero e devo dire che la risposta in paese fu sempre nero perché nero….<br /> <br /> Indubbiamente, con la concezione si entra in pieno clima natalizio La sera della vigilia, un tempo, era caratterizzata tradizionalmente dai grandi e suggestivi falò accesi in varie zone del paese: Il fuoco purificatore rappresenta il Cristo, quale simbolo di luce nelle tenebre (della lunga notte invernale). Alla fine dei fuochi, ogni famiglia del quartiere riempiva un braciere e lo portava nella propria abitazione: ciò era considerato di buon auspicio. Spesso era l'occasione per la prima tombolata. (questa tradizione finì con la prima guerra mondiale).<br />, dal latino (dies) natalis (solis), «giorno della nascita del dio Sole», festa celebrata con grande solennità il 25 dicembre, in coincidenza con il solstizio d'inverno, in tutte le regioni dell'impero romano. Il trasferimento di tale data alla nascita di Gesù a Betlemme ha avuto luogo soltanto più tardi, in ogni caso non prima dei IV secolo (335-36 d.C.); altri giorni erano stati suggeriti precedentemente dai padri della Chiesa, tra i quali il 6 gennaio, il 28 marzo, il 2 e 19 aprile, il 29 maggio e il 18 novembre. Sin dai tempi antichissimi, e nei paesi più diversi, la data del 25 dicembre cioè il momento in cui il sole sembra iniziare il suo viaggio di ritorno, con il prolungamento delle ore di luce del giorno - era stata associata alla celebrazione liturgica del disco solare e alla leggenda di un parto miracoloso della Vergine celeste, regina del mondo, e della nascita del suo divino infante. Secondo i greci, il salvatore Dioniso era nato da una vergine il 25 dicembre; lo stesso per il dio egiziano Osifide e per suo figlio Oro, concepito il 25 dicembre. Un'identica data ricorre per la nascita verginale del Budda; anche i natali di Freir, figlio di Odino e di Frigga, venivano celebrati nei paesi scandinavi in corrispondenza con il solstizio d'inverno. Del resto, quasi tutte le usanze tradizionali che si riferiscono al Natale cristiano hanno origine pagana. Il periodo festivo che va dal 21 dicembre alla fine dell'anno vedeva svolgersi a Roma i Saturnali; mirto, lauio, edera e altre piante sempreverdi erano il simbolo dell'eterna giovinezza di Dioniso; il vischio veniva adoperato dai sacerdoti celti della Gallia e l'albero di Natale discende direttamentete dalle consuetudini dei culti solari celebrati nelle foreste nordiche. Il presepio, invece, venne istituito per la prima volta da san Francesco, nello sforzo di riportare la pietà popolare alle tradizioni del primitivo cristiano. La vigilia di Natale, durante la classica cena, una usanza tradizionalmente molto seguita era quella di "dar da mangiare al fuoco" del camino che, nell'occasione, era costituito da un ceppo di dimensioni particolarmente massicce (‘sciuch), in modo che potesse durare per l'intero periodo natalizio. Era buona norma che fosse il Capofamiglia ad eseguire tutte le operazioni. Questo rito aveva il significato di offrire al Bambin Gesù le primizie di ogni pietanza che, andando in fumo, lo avrebbero raggiunto e nutrito. In questo modo il Bambinello partecipava alla cena familiare, santificandola. L'usanza di dare da mangiare al fuoco si perde nella notte dei tempi in quanto col rito dell'offerta, si cercava di ingraziarsi il fuoco stesso, fonte di luce e di calore. Un'altra credenza voleva che in quella Notte Santa anche gli animali potessero parlare senza poter essere uditi, però, da nessun essere umano. Gli animali, sagge creature, si interrogavano sul dolore e sulla morte: Gesù con la sua nascita viene a dare una risposta proprio a queste domande esistenziali.<br /> Tradizionalmente costituita dai seguenti piatti-base: ravioli, di carne, ricotta e spinaci, di zucca o raviolini in brodo , stocco al sugo; baccalà fritto o lessato; bolliti misti con salsa verde, cappone con le varie mostarde di frutta, fagioli al fiasco pane di granturco; rape, verze e cavolfiore. Infine, dolci con marmellata di uva e fichi. Altre pietanze considerate benauguranti, erano facoltative alla Vigilia di Natale in quanto la tradizione li indicava più per il cenone di Capodanno: le lenticchie (simboleggianti le monete), zampone di maiale (l'abbondanza), e l'uva quattrini per tutto l’ anno. Al pranzo di Natale, naturalmente, non poteva mancare il brodo col cappone. <br /><br />Stesura incompleta<br />1a correzione maggio 2010.AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-82693401119055172632011-03-26T13:09:00.000-07:002011-03-26T13:10:57.269-07:0010 I SOPRANOMIX Capitolo.<br />I Sopranomi.<br /> Antichissimi, prima dell’origine stessa dei nomi; dei paese e dei lavori. Nella cultura di una comunità, nel lessico paesano, il soprannome s’inseriva di forza, nella vita quotidiana, talvolta di distinzione di classe e d’emarginazione sociale) e assumeva significati e valenze importanti, riusciva ad esprimere con un solo vocabolo i più svariati significati. La famiglia di appartenenza, la provenienza, il tipo di lavoro, il luogo di emigrazione ( es: Braghina = svizzero, bruchèja = Francese, = Inglese, = Sud America, i difetti, le debolezze, le sfumature caratteriali e gli aspetti fisici e folcloristici di una persona venivano riassunti nella loro globalità con una sola parola. Molti "Paesani", venivano identificati, dal resto della comunità, solo attraverso il soprannome, che, in molti casi si è tramandato di padre in figlio. È’ noto che, anticamente, non esistevano i cognomi che furono decretati dal concilio di Trento nel XVI secolo. Fino a quel momento si aggiungeva al nome di battesimo un "aggettivo qualificativo" che faceva capire di chi si parlava; es. al garibaldin ( al gnufel dal garibaldin, il figlio del garibaldino – Cesar dei garbaldit ecc.), al negar (al gnufel dal negar - era il figlio del negar), i bourdugn (al Checc, al Pin, al Pepi. al Bortulin, al Pepin, d’ Bourdugn, erono della famiglia dei Bourdugn che, successivamente si divideva al momento che si formava un nuovo nucleo famigliare) ecc. Così all’inizio servivano anche per distinguere due o più persone omonime nella stessa famiglia, ciò accadeva principalmente quando ancora era in uso “l’ereditarietà” dei nomi. Le persone di un certa età si ricorderanno delle famiglie con numerosi figli ( 5, 6 fino ad arrivare a 13/14) e dell’esigenza, una volta cresciuti e sposati, di operare una distinzione nell’indicazione dei primogeniti; da qui la necessità di aggiungere al nome una “specificazione” per far comprendere meglio di quale dei nipoti si parlasse. S’incominciò ad usare come elemento di distinzione il nome della madre, per esempio; es. al Pep d’ la Gin, al Batista d’ la Lena, sempre della famiglia di bourdugn ecc. Caratteristica fisica, del lavoro, ecc. es. al Angiul d’ bagat (Angelo del calzolaio), al Franc dal feree (il Franco del fabbro) ecc. Sento il dovere di ringraziare tutte/i le/i Brisinese/i che mi hanno dato un aiuto (in particolare la Fausta) per avermi ricordato soprattutto il significato dei “Sopranomi”. Ciascuno di noi in questo elenco troverà o meglio ritroverà i sopranomi delle persone care, degli amici e dei nemici, e, perchè no, anche i propri, ed insieme a loro anche un po’ di nostalgia per il tempo che è passato e che non tornerà più. Malgrado i dettami del concilio di Trento, e fino a non molti decenni fa, da noi le famiglie, e talvolta anche le persone, erano identificate con un sopranome. Ricordiamone alcuni, in ordine sparso, partendo dalle località, quasi sempre veniva attribuito ai paesi un nome riferito agli animali o agli attrezzi utilizzati nei campi, (1°quadro), dalle famiglie (2° quadro) e dei singoli (3°quadro), del luogo di lavoro (4° quadro). Il nome delle località venivano utilizzate, soprattutto quando si installavano nel paese nuove famiglia o si formava una nuova famiglia (matrimoni) es. nostra nonna che veniva da Campiglia prima di diventare Angiulinin d’ Garibaldit era Angiulinin d’Campiglia, una nuova famiglia che il marito proveniva da Sovazza , Densi d’ Souzzza e così per i loro figli e nipoti fino a quando non si integravano nella comunità, ed oltre ecc.<br />Quadro dei paesi.<br />Abitanti del Comune di Stresa<br />Taruscin, Taruscina e/o Taruscino<br />Località Tarùsc Località Tarùsc Località Tarùsc<br /> <br />Brisino Urchit * Passera Passarit Someraro Bourdung<br />Magognino Sciop Bandit Binda Bindit Levo Tajan/ranza<br />Stroppino Scuc Vedasco Balougn La sacca Sachit<br />Campino Arbig Stresa Falcit/Falcet Carcian Burlit <br />Dei comuni limitrofi e Lavagion Majour.<br />Località Tarùsc Località Tarùsc Località Tarùsc<br /> <br />Carpugnino Gat Gignese Ouluc Baveno Jupit<br />Graglia Ciuit Nocco Zanivul <br />Brovello Tafang Vezzo Can Loita Cavrung<br />Massino Zanzara Sovazza Mul Belgirate Rat<br />Connago Stafel Coiromonte Risc Lesa Runcula<br />Calogna Pugnal Armeno Peer Villa Lesa Rat <br />Nebbiuno Pajasc Corciago Rana Solcio Ratin<br />Fosseno Cucù Pisano Lusertula Meina Pesa<br />Tapigliano Uselin Colazza Ginester Dagnente Carlit <br /> Ghevio Serpent Arona Fulet<br />Nate: * alcuni danno a Brisino il nome di anatroccolo. I luoghi alcuni hanno origine dal Tarùsc. Sono convinto di aver dimenticato qualcuno, provvederò ad aggiornarle se mi inviate le correzioni. Grazie <br />Quadro, delle famiglie.<br />Sopranomi <br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />Delle famiglie. A Aneji N Negar<br /> B Bagat, Nuvolon, Nevili<br /> Bettiga,<br />Beck Nuvara<br /> Braghina O P Pedar<br /> Brisold Pidrin Braghina<br /> Brusapignat <br /> Burdugn <br /> Buseron /o Busera <br /> <br /> C Cadregat Garbusàt Q R Rous, Roussin,<br /> Cocò, Roundinè<br /> Ciapamusk, <br /> Cui dal T’zurla S Sachet<br /> Cui dai garibaldit <br /> Cesarin al lignamè <br /> D Densi da Souazza Santòsa<br /> Saltafoss,<br /> Suazza<br /> E <br /> Eboula <br /> F Sturnon<br /> Francese / Bruchèra <br /> Falchit <br /> G Strupasciuc<br /> Garibaldit Stroliga<br /> Giuvanin Gilò <br /> H T.U.V Tedesc/Schuchetòn <br /> I Bef = Inglese Tugnin al lùsciat<br /> L Lingia Tanaga,<br /> Topia<br />Tupion<br /> M Merlin Truss,<br /> Maugnin V Vech<br /> Milanes - Carscanes Z T’Zurla = il prete<br /> <br /> Se consultate il dizionario troverete anche le risposte di alcuni sopranomi.<br /><br />Quadro, delle persone.<br />A questo si devono aggiunge il nome di famiglia ed il nome proprio es: angiul dal Bagatt, Al Memo dal Cesarin de i garbaldit ecc.<br /><br />A Ardit D Densi da Suazza P Pariòn<br /> Piulat e/o Lurgnàt<br />B Bagatt F Famusa Pinin<br /> Bagattin Frances e/o Bruchejà Prufessur<br /> Bernarda R Purian<br /> Bel dì G Gos Rascon<br /> Bina Garibaldin Rizzulin<br /> Birella, Genuves Russ Rusin<br /> Burlin Gazzetin Padan Ruman<br /> Bourdong Giuvanin Gilòo S Sbrugabacagn, <br /> Bourduning Svizer e/oBraghina<br /> Bourdunina H Supunuma<br /> Brisold I Ingles Sturnunina,<br /> Stroliga<br /> Brusapignat Coog Giuvanin al magut Strozzabàcagn<br />Dencion<br />C Cadregat L Lignan Sturnon,<br /> Curean Limunin Souazza,<br /> Ciucat M Mànja d t’zurla Sciaraboc,<br /> Ciapamusc Saltafoss<br /> Ciurlin Malia T Taron<br /> Clemenza M Lena Tedesc e/o Scucheton<br /> Cocò Maugnin Suppunuma<br /> Checc al bagat Tunin dal mez<br /> Cui d t’zurla Milanes Tugnin<br /> Cagafoog Tamburlin<br /> Careta Murigin Tremacua<br /> Trisold<br /> Checc-bourdong Tulat<br /> Clemenza Tupion<br /> Carletutruss Tupiin<br /> Ciucat N Nevili Vimini<br /> Cipollino Nuvara V Veduvalegra<br /> Cui dal Ré Nuvulon Z<br /> T’zurla<br /> Cuntessa <br /> Cinghei e/o<br />t’z T’zurlon<br /> Cesarin al ligname Zufabacàgn.<br /> Cesar dai garibaldit T’zurlin<br />Quadro, delle contrade, dei luoghi di lavoro.<br />Devono essere aggiornati con la descrizione del luogo (*).<br />Il paese si divide in:<br /> Canton in sciuma Canton in mez Canton in fund<br /> <br />Dei luoghi di lavoro ( terreni *) e delle strade ()<br />A Aurunch M Mulin S Spelunca<br /> Mottdalsant Saca<br />C Cios P Pieu Sachin<br /> Costa Purcarescia Sachit <br /> Pralung Selva<br /> Campolung R Riscia Sal<br /> Curian Rundela S. Giuvan <br /> Runchet S. Albin<br />G Gaudadiga Runchin Selvon<br />L La costa Runch <br /> La mota Russea ecc…..<br /><br /><br />Note. <br />Provvederò, se me lo comunicate ad aggiornare o aggiungere il nome delle strade e dei luoghi di lavoro. () Strada per. ecc. <br />Stesura incompleta<br />1a correzione maggio 2010AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-72885448814317334672011-03-26T13:06:00.000-07:002011-03-26T13:09:26.488-07:0011 IL MONDO CONTADINO. I SEGRETI E LE ERBE DELLE NONNE - COME FARE IL FORMAGGIO DI CAPRAXI Capitolo<br />Il mondo contadino. I segreti e le erbe delle nonne e come fare il formaggio di capra.<br /><br /> …Fino ad una quarantina d’anni fa, l’Italia era un paese prevalentemente contadino: una larga maggioranza della sua popolazione viveva in stretto legame con la terra e con il lavoro agricolo, in particolare nel nostro territorio, allevamento del bestiame, vigneti, castagneti, avena orzo, frutta ed ortaggi. Da allora le cose sono molto cambiate. L’intensa industrializzazione ha richiamato nelle fabbriche e nelle città un numero assai elevato di addetti all’agricoltura. La popolazione dell’alto vergante si è, in linea di massima, notevolmente ridotta; i terreni economicamente più poveri sono stati abbandonati (spesso con non pochi danni per l’equilibrio ecologico del territorio), mentre in quelli più redditizi i metodi di sfruttamento sono profondamente mutati grazie alla meccanizzazione e alla motorizzazione, che, se da un lato richiedono investimenti notevolissimi, dall’altro permettono una riduzione notevole della manodopera; l’agricoltura si trasforma e assume, nel suo insieme, anche se in varie zone permangono condizioni più arretrate, un carattere spiccatamente industriale. Da tutto ciò, e dagli enormi problemi che questa rivoluzione ha suscitato, il mondo contadino tradizionale, in cui si identificava una così larga parte della storia e della cultura del nostro Paese (anche se fino a tempi non molto lontani gli storici non gli hanno dedicato tutta l’attenzione che richiedeva è uscito profondamente mutato, sconvolto. <br />Inserire dipinto dedicato alle mondine 24enne emigrava nel novarese nel periodo della monda del riso (1942)..<br />Conosciamo, paradossalmente, molto bene e molto male al tempo stesso; è, in ogni caso, un mondo ricco d’interesse umano e storico, una straordinaria somma d’esperienze culturali che ha lasciato tracce profonde in noi e intorno a noi, e che è ancora possibile imparare a conoscere direttamente, attraverso i contatti con chi a questo mondo ha appartenuto o ancora appartiene. Nell’avvicinarsi alla cultura e alla società contadina tradizionale (ma sarebbe molto meglio dire alle culture e alle società contadine, data la varietà d’aspetti dell’agricoltura “preindustriale” del nostro Paese, sarà opportuno liberarsi da un certo numero di pregiudizi, più o meno banali, negativi o positivi. Per esempio: molto spesso si sente esaltare la “vita sana” condotta dai contadini del passato. Eppure, rispetto ai nostri standards attuali, quell’esistenza era, senza alcun dubbio, tutt’altro che igienica: le case erano quasi sempre umide, prive di riscaldamento e di qualsiasi forma di impianti sanitari; l’acqua doveva essere attinta a pozzi a volte inquinati o a sorgenti molto lontane; le strade erano polverose o fangose, il lavoro si svolgeva in condizioni climatiche per lo più intollerabili. E soprattutto l’alimentazione era, in moltissimi casi, del tutto carente: la carne e le altre proteine erano quasi del tutto assenti, e i cereali stessi sovente avariati. Tutto ciò aveva conseguenze gravissime sullo sviluppo fisico, sulla salute e sulla durata della vita dei contadini. Di tutt’altro tipo è un luogo comune che ritiene il mondo agricolo del tutto statico, immobile nel rispetto della tradizione e impermeabile a qualsiasi innovazione. In quest’idea c’è un elemento di verità: il mondo contadino tradizionale offriva una certa resistenza alle novità specialmente rispetto alle tecniche di coltivazione perché le sue precarie strutture economiche, la grande scarsità di denaro liquido e l’impossibilità di costituire delle scorte alimentari date le bassissime rese consentite dai metodi agricoli, rendevano in pratica improponibile una sperimentazione, con tutti i rischi d’insuccesso che ogni sperimentazione comporta, di nuovi sistemi di coltura. D’altro canto noi vediamo che negli ultimi secoli il mondo contadino ha in realtà accettato, e spesso molto rapidamente, tutta una serie di innovazioni, giuntegli in qualche modo dall’esterno, che hanno contribuito a dar luogo a una profonda evoluzione dell’agricoltura tradizionale, anche prima dell’intensa tecnicizzazione che l’ha interessata dall’Ottocento a oggi. Basti pensare a tutte le piante alimentari, prima sconosciute da noi, come il granoturco, il pomodoro, la patata, che sono state “accettate”, dall’epoca della scoperta dell’America al secolo scorso, ad un punto tale da modificare, in modo radicale, le abitudini alimentari dell’intero Paese. L’evoluzione interna del mondo contadino è in ogni modo tendenzialmente lento: la cultura contadina tradizionale sembra, infatti, collocare i propri modelli nel passato più che nel futuro, soprattutto là dove la società appare chiusa, economicamente e geograficamente e perciò relativamente estranea a stimoli esterni come l’immigrazione e l’emigrazione, il commercio, i contatti culturali e così via. In realtà, una condizione di “chiusura” di questo tipo si riscontra raramente: anche se, in effetti, nell’insieme, le popolazioni delle campagne hanno usufruito di minori scambi culturali degli abitanti delle città, e anche se molte comunità hanno prediletto forme di autosufficienza economica che avevano insieme come effetto e come causa una condizione di isolamento rispetto ai centri urbani (magari anche quando questi centri si trovavano, geograficamente, a distanze modeste). Assai frequentemente, e da tempo, l’autosufficienza economica è stata un traguardo magari auspicato dai membri della comunità, ma in realtà ben lontano dall’essere raggiungibile. Si sono rese dunque assolutamente necessarie delle forme d’integrazione del reddito fornito dalla coltivazione della terra e dall’allevamento del bestiame, tali da fornire una certa quantità di denaro liquido che permettesse di procurarsi i beni non producibili localmente (oltre che di pagare le tasse, spesso molto gravose, gli affitti ecc.). Senza tener conto del fenomeno dell’emigrazione definitiva verso paesi lontani - che per altro ha inciso in modo particolarmente pesante sulla popolazione agricola italiana - dobbiamo osservare che tutte queste forme d’attività integrative sono rese possibili dal fatto che il lavoro agricolo comporta, per sua natura, grosse differenze d’impegno secondo le stagioni: ai ritmi pesantissimi e frenetici richiesti per esempio dalla mietitura e dalla trebbiatura del grano si contrappongono i periodi invernali di quasi inattività. D’altra parte non va dimenticato che il peso spesso massacrante dei lavori a carattere “integrativo” andava ad aggiungersi ad un carico - quello delle fatiche dei campi - già per sua natura assai gravoso. Diamo alcuni esempi di queste attività che potevano comportare un’emigrazione stagionale: come, i lavori di mietitura del grano, compiuti da montanari che scendevano nelle grandi tenute della pianura, o quelli di trapianto e monda del riso, effettuati prevalentemente da donne e ragazze che si procuravano così il denaro per la dote. Ma esistevano accanto a queste anche forme di emigrazione stagionale che comportavano spostamenti molto maggiori: per quanto possa sembrare incredibile, infatti, numerosi lavoratori agricoli affrontavano, nei mesi invernali, il lunghissimo viaggio che li portava nell’interno del Brasile (nell’emisfero meridionale nello stesso periodo è estate) per raccogliere caffè e ritornare in Italia in tempo per le semine! Altre forme d’integrazione economica erano date dallo sviluppo di alcune attività artigianali locali, svolte soprattutto dagli uomini (gli ombrellai) mentre delle attività agricole e di allevamento, caso molto caratteristico di divisione dei ruoli secondo il sesso, si occupavano prevalentemente le donne. Ve ne sono innumerevoli esempi, per lo più nelle aree alpine. Spesso, i prodotti di queste attività erano poi smerciati in altre regioni da membri della comunità che si trasformavano per l’occasione in mercanti ambulanti. Anche il lavoro in fabbrica è stato ed è da molto tempo, almeno in alcune zone, una attività integrativa di quella agricola: tipico è il caso del lavoro della filanda ( Le ragazze da marito andavano a lavorare in filanda a Lesa), quasi esclusivamente femminile. E opportuno notare che anche l’allevamento domestico del baco da seta per la vendita dei bozzoli aveva un tipico carattere integrativo ed era un’attività stagionale che impegnava per un mese con ritmo frenetico.<br />Dal punto di vista delle strutture economiche e sociali, il mondo contadino tradizionale appare profondamente diverso: e a tali differenziazioni corrispondono, non va dimenticato, altrettante profonde diversità di cultura e di mentalità. Non è certo possibile mettere sullo stesso piano un contadino piccolo proprietario, un mezzadro, un bracciante: infatti, i loro atteggiamenti nei confronti del lavoro, della politica, della religione saranno senz’altro molto diversi. Anche le strutture familiari sono assai dissimili: si va dalla famiglia nucleare in cui sono presenti solo i genitori e i figli non sposati, a formazioni assai più complesse, inglobanti addirittura decine di persone, sotto l’autorità, spesso ferrea, dell’anziano patriarca ( mio bisnonno Guglielmo). Tutto ciò ha riflessi notevoli sulle strutture abitative: non è possibile comprendere veramente il senso dell’architettura tradizionale, i cui esempi, nonostante lo scempio che n’è stato fatto, sono ancora numerosi intorno a noi, se non si conoscono le strutture famigliari della comunità che le ha prodotte. E d’altro canto, è anche molto importante prendere in considerazione la disposizione dell’abitato: è evidente infatti che i rapporti umani potranno essere assai diversi in un grosso villaggio a struttura accentrata, e in una comunità costituita da piccole frazioni ( come di fatto è avvenuto a Brisino dopo lo scioglimento del comune 1880) o da case sparse. Lo sì vede fra l’altro nella celebrazione d’alcuni rituali tradizionali: se l’abitato ha una struttura compatta, il Carnevale, per esempio, si terrà nella piazza, e la gente vi si radunerà per assistervi, mentre se le case sono sparse, si formeranno gruppi mascherati che andranno di casa in casa, entrando nelle singole abitazioni e instaurando così un rapporto molto diverso col loro pubblico. Il mondo rurale conosce tutta una serie di spazi che, in modo non necessariamente specifico, anzi solo eccezionalmente tale, sono destinati ai contatti e agli scambi tra i membri della comunità. Questi luoghi d’incontro e di comunicazione, importantissimi per l’integrazione culturale del gruppo, sono innanzi tutto la chiesa, la piazza e l’osteria. Vi si svolge gran parte della vita cerimoniale sia religiosa sia profana; nella piazza hanno sede anche le fiere e i mercati, a volte legati a festività religiose, occasioni sia di scambi commerciali (teniamo presente che negozi veri e propri erano, e in parte sono ancora, rari nell’ambiente rurale) sia di contatti con membri d’altre comunità, spesso unica occasione (accanto ai pellegrinaggi religiosi es la madonna del Bodem ecc.) in cui si usciva dal proprio ambiente di villaggio per visitare altri centri. Le fiere e i mercati ( Stresa, Arona, Borgomanero ed Intra erono i più frequentati) vedevano, e vedono, la presenza di professionisti dello spettacolo popolare, come i burattinai e i cantastorie, le cui esibizioni hanno avuto per secoli una funzione estremamente importante nella diffusione di innumerevoli temi della cultura popolare. Accanto alla piazza, l’osteria rappresenta un luogo d’incontro di grande importanza, soprattutto per gli uomini: in particolare, essa è una delle sedi in cui si elabora e si trasmette il canto corale. Un tempo aveva importanza ancora maggiore, come centro di comunicazione culturale, la stalla. Nelle serate invernali, infatti, le persone vi si riunivano, approfittando del calore emesso dai bovini, per fare insieme piccoli lavori manuali (le donne soprattutto per filare) e per conversare, per cantare, per ascoltare persone che, talvolta a titolo quasi professionale, recitavano favole o leggevano ad alta voce libri particolarmente apprezzati dal pubblico popolare, quali Guerrino il Meschino o Genoveffa del Brabante. Questa pratica, in epoche di grande analfabetismo, ebbe notevole importanza per la diffusione di una certa conoscenza della lingua italiana dato che, come del resto è noto, mezzo quasi esclusivo di comunicazione nel mondo popolare era, fino a non molti anni fa, il dialetto locale e per noi il Tarùsc. Vediamo, nelle attività svolte durante queste riunioni nella stalla, un caratteristico coesistere di attività lavorative e di svago. E infatti un tratto tipico della cultura contadina tradizionale, del tutto normale, che attività di lavoro a carattere comunitario (in cui intervenivano consuetudini di reciproci scambi di mano d’opera) assumessero l’aspetto di gioco, di gara, di spettacolo. Per esempio nella scartocciatura delle pannocchie di granoturco, eseguita manualmente sull’aia, i partecipanti si riunivano intorno al mucchio, al centro del quale erano nascosti dei fiaschi di vino. Chi dunque era più rapido nel lavoro (che si svolgeva tra canti e scherzi d’ogni genere) arrivava per primo ai fiaschi, e poteva impadronirsene. Un caso molto singolare, cui si accenna nel capitolo concernente alle feste, è quello della mietitura, in cui, in alcune località, quel pesante lavoro era trasformato in uno spettacolo: una “caccia” a un animale, in realtà un uomo camuffato, che si nascondeva tra il grano. Un modo, anche questo, per rendere psicologicamente accettabile la fatica. Perché il mondo contadino, è il caso di ricordarlo ancora una volta, era dominato dalla fatica. Per rendersene conto, basta ancora oggi guardarsi intorno e osservare quanto profondamente il paesaggio del nostro Paese sia stato segnato e trasformato, nel corso dei secoli, o dei millenni, dal lavoro agricolo: una ricerca in cui può fare da guida il libro, assai noto, di Emilio Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano. Non sempre il segno della fatica umana è immediatamente percettibile: molti, per esempio, crederanno che i boschi di castagno siano formazioni naturali, e che l’intervento dell’uomo su di essi consista solamente nel raccoglierne i frutti. Non è così: il castagneto è una formazione totalmente artificiale, e per essere produttivo richiede che le piante siano innestate, potate, concimate ogni anno, sostituite ad intervalli opportuni, che il suolo sotto di esse sia tenuto sgombro e pulito. In altri casi l’intervento dell’agricoltore è più evidente: pensiamo alle fasce, terrazzamenti ( quasi tutti i nostri vigneti) sostenuti da muri a secco in pietra che rendono possibile, per esempio in Liguria, la coltivazione di pendii anche molto ripidi. Esse sono testimonianze di un lavoro enorme, fatto tutto a mano, o al massimo con l’aiuto di muli: lo spaccare le pietre, l’erigere i muri, il trasportare e livellare la terra che essi sostengono. Nelle zone pre-alpine, la terra sui pendii è continuamente erosa dalle piogge e ogni anno, le donne la dovevano ri-trasportare in alto per mezzo di gerle portate a spalla la stessa cosa per la concimatura. Anche le grandi opere di irrigazione, realizzate in epoche anteriori alla meccanizzazione con sforzi immensi, hanno completamente mutato l’aspetto del territorio. Oggi molte sono all’abbandono.<br />Esse sono il risultato dell’applicazione di tecniche e d’osservazioni spesso geniali, come nel caso delle marcite, in cui il terreno è lavorato in modo che l’acqua, proveniente da una roggia, si distribuisca sui prati, in uno strato sottile che circola continuamente proteggendo l’erba dal gelo invernale e permettendo di aumentare i raccolti del foraggio, con grandissimo vantaggio per l’allevamento del bestiame. Le conoscenze tecniche, che formavano il patrimonio culturale dell’agricoltura tradizionale, sono il risultato di un’evoluzione molto complessa, di cui nessuno ha ancora tracciato la storia nei particolari. Nelle descrizioni delle credenze contadine i folcloristi, compiendo una grave ingiustizia nei confronti del mondo tradizionale da loro studiato, e un errore scientifico, hanno spesso sottolineato, in modo quasi esclusivo, gli aspetti “irrazionali”, magici, superstiziosi, del sapere contadino, trascurando di mettere nel dovuto rilievo quelli razionali, che sono invece preminenti. Questo non significa che nella cultura contadina tradizionale non vi siano tratti per la nostra mentalità, privi di base scientifica. Ne sono esempio i numerosi mezzi per proteggere i raccolti attuati attraverso rituali proposti dalla chiesa cattolica (dalle processioni per le rogazioni agli scongiuri compiuti dal sacerdote contro la grandine) o con pratiche di natura spiccatamente folclorica, e di carattere più o meno esplicitamente magico. Il ricorso a questi sistemi è dovuto in gran parte alla sensazione di impotenza che non può non cogliere il coltivatore di fronte agli innumerevoli rischi: gelo, siccità, grandine, malattie delle piante e degli animali, tanto per non citarne che i principali, che minacciano di privarlo del frutto delle sue fatiche, e dei mezzi stessi di sussistenza. Comune in tutta Italia, i contadini tengono particolarmente conto, nei lavori agricoli, ma anche in molte altre attività, delle fasi della luna, infatti, si ritiene che il satellite della Terra eserciti un influsso su tutto ciò che vive e cresce: perciò, per esempio, si seminano “in luna crescente” gli ortaggi, per favorirne lo sviluppo, mentre il legno si taglia “in luna calante” perché, così facendo, si eviterà che esso si tarli. Gli “esperti” negano che tutto ciò abbia una qualunque base “scientifica”; i contadini ribattono che la loro esperienza conferma invece puntualmente la credenza. Un esempio abbastanza illuminante, tutto sommato, della distanza che separa questi due mondi. Ma ciò non significa certo che non vi sia uno scambio tra il sapere degli scienziati e il sapere tradizionale dei contadini; che anzi tale scambio è sempre stato intenso, e nei due sensi. Già in passato, mentre gli agronomi attingevano continuamente alla somma d’esperienze tecniche dei coltivatori, le acquisizioni della scienza agronomica, nel campo delle pratiche e degli strumenti di lavoro della terra, filtravano più o meno lentamente nel mondo contadino. Manca qui lo spazio per indicare, anche soltanto nelle linee generali, quali sono stati i procedimenti e gli strumenti tipici dell’agricoltura italiana prima della meccanizzazione e motorizzazione, che hanno, come è ovvio, portato alla scomparsa dei vecchi attrezzi, realizzati da artigiani locali o dagli stessi coltivatori. Essi corrispondevano, naturalmente, alle varie fasi della preparazione del suolo (i vari tipi di vanghe, di zappe, e d’aratri, assai diversi tra loro, per rompere il terreno e tracciare i solchi; gli erpici, per frantumare le zolle e ricoprire il seme sparso a mano o con seminatrici) e poi della raccolta (la mietitura, la fienagione) e della trebbiatura. Molto vari, sono poi sia gli strumenti destinati alla trasformazione di particolari prodotti (come le piante tessili, il lino, la canapa, o le olive) sia le attrezzature destinate alla vinificazione e alla macinazione dei cereali. Un’ottima guida alla conoscenza delle tecniche agricole tradizionali è la vasta opera dello studioso svizzero, Paul Scheuermeier, tradotta in italiano col titolo Il lavoro dei contadini. Oggi poi, un po’ dappertutto, sono sorti e sorgono musei contadini, che, spesso, nati per iniziativa locale, forniscono un’eccellente documentazione su un mondo che sarebbe ingiusto dimenticare. Da qui partiamo per descrivere il sapere delle bisnonne, delle nonne per la cura nella raccolta delle erbe che tanto hanno fatto parte della medicina e della tavola contadina. <br /><br /> Oltre i segreti delle erbe che le nostre nonne ne facevano uso in abbondanza, per meglio comprendere basta leggere le ricette di “Mamma Gin”. Andremo oltre e vedremo come hanno utilizzato le erbe soprattutto di là delle Alpi. La maggior parte delle erbe aromatiche crescono sulle colline intorno al lago, le nostre nonne lo sapevano e le utilizzavano, nella cucina e nei famosi decotti, c’era un rimedio per tutto. In questo testo andremo oltre il nostro territorio, per cercare di collegare il sapere delle nostre nonne con l’Italia e l’Europa, molte usanze sono simili, cambia il modo di rappresentarle, bisogna dire che noi non siamo mai stati bravi a valorizzare la nostra immagine. Amica delle erbe aromatiche, la cucina lo è sempre stata, ma, com'è detto, limitata però, specie fino a pochi anni fa, alle cosiddette “grandi erbe” (salvia, rosmarino, prezzemolo, basilico, alloro, origano. Questo, in contrasto con i vecchi ed antichi tempi, nei quali le scelte erano più estese; si ricorreva più frequentemente, ad esempio, all'erba cipollina, all'aliaria, alla borragine, al cerfoglio.... come fanno fede i ricettari dì base della nostra cucina “regionale”. Da noi oggi, il dragoncello è scarsamente utilizzato ed anche il prezioso timo patisce un certo abbandono, lo sostituisce l'origano più mediterraneo e in minor misura la maggiorana, mentre trattasi di un aromatizzante potente (utilizzarlo con discrezione) ed insieme finissimo, che non ha l'asprezza della salvia, e che può entrare in numerosissime preparazioni di cucina. Talvolta sono le abitudini tramandate che escludono l'uso dell'una o dell'altra varietà, e talvolta i cambiamenti nei modi di vita determinano la fortuna o il decadimento di certi usi. Così in Europa, la menta non ha mai goduto molta simpatia in cucina, salvo che in limitate zone; in Italia la diffusione della pizza ha reso popolare l'origano anche dove era quasi sconosciuto; e il consumo del rosmarino ha pure preso grande slancio; i macellai vendono carni e pollame già accompagnati da ramoscelli di questa pianta; c'è chi dice che ora di tale consumo si esageri. <br /> Nei testi antichi, ricchi oltre che di ricette, d’interessanti e talora ingenue annotazioni in materia, si esaltava l'uso delle erbe: aneto, biete, buglossa (o borragine), dragone, menta, petrosello (prezzemolo), pim-pinella, ed “ altre erbuccie” - ci dice lo Scappi (1958) (1) “ delicate nella primavera che è la lor vera stagione ”. L'autore aggiunge che «in inverno, quando le dette erbette son più dure, si potranno far prima per lessar con acqua, et da noi cavarsi, e struccíarsi fuora l'acqua». Tali “erbette” sono particolarmente presenti nelle tante minestre di quei tempi, sempre robuste di brodi, spezie, uova, e cacio. Un “Trattato dei cibi et del bere” del 1589 precisa che l'acetosa “ sia nata e coltivata negl’orti e non nelle campagne “ e che tale erba è «molto grata nelle insalate crude, mescolata, per rispetto al sapor brusco ch'ella tiene “ . Del dragoncello lo stesso libro annota: “ è la migliore erba che si adoperi per fare il sapore ”, « mangiasi in compagnia dei fiori della Borragine, con l'indivia, o con la lattuga, o con altre herbe”. Interessante è poi notare come il prezzemolo abbia goduto in antico tanta preferenza, al pari di quella riservatagli attualmente. “Il Petrosello”, anticamente si chiamava - Appio de gli orti -, ed era in uso, com'è ancor oggi quasi in tutte le vivande, che ricercano condimento d’erbe odorifere, e saporite e veramente pare che quest'erba sia preferita all'altre, tanto quanto ch'entra nelle salse, nelle minestre, nei guazzetti, negli intingoli, e in tutti gli altri condimenti, di maniera che pare che non si possa far cucina senza il petrosello». Oggi l'impiego delle erbe in genere, medicinali o per la cucina, è di molto aumentato, in conseguenza dei rivalutato ricorso alla fitoterapia, della maggior diffusione dell’erboristeria e dell'imitazione dei modelli gastronomici della “nouvelle cuisine” (o “ cucina creativa “) proposta negli anni '50 da un gruppo di qualificatissimi chefs di cucina francesi (che del resto erano ispirati dalle loro stesse tradizioni culinarie). Il vecchio rimedio della nonna in disuso nel periodo del boom economico del secolo scorso, torna con forza nelle nostre abitudini. L’uomo dopo aver distrutto la natura faticosamente torna a guardare il cielo, l’acqua, la terra.<br /> <br />1 «Opera di M. Bartolomeo Scappi, Cuoco Secreto di Papa Pio Quinto, divisa in sei libri. In Venetia, 1598».<br />2 «Trattato dei cibi et del bere dei Signor Baldassar Pisanelli Medico Bolognese, ove non solo si tratta delle virtù de' cibi, che ordinariamente si mangiano, e de' vini che si bevono, ma insieme s'insegna il modo di corregger i difetti, che si trovano in essi, per mantener la sanità. In Carmagnola, 1589».<br /><br /> Questa parte è dedicata alle nostre nonne ed a quei Brisinesi che si sono fatti onore in giro per il mondo nell’industria dell’ospitalità, ai bravi cuochi, ai maestri dell’accoglimento, a chi ha fatto della ristorazione un arte, in Italia e nel mondo, non dimenticando le loro origini. Ricordarsi di inserire i nomi.<br />La cucina transalpina, dà molta importanza all'impiego delle erbe, che, com'è intelligente costume di quella cucina, prendono risalto dal nome stesso dato al piatto: Ad esempio: “crème d'oseille ( acetosella ) à l'avoine”, “ purée cressontere “, “ crème à l'estragon “, “ poulet à l'estragon “, “ oeufs en gelée à l'estragon “, “omelettes aux fines herbes”, “raie (razza) à la crème au persil”, “anguille au vert “, ecc. Finissima la crema al dragoncello: si fanno bollire un etto e mezzo di foglie di dragoncello fresche e tritate in un mezzo litro di vino bianco, fin quasi a riduzione completa del vino stesso. Si aggiunge un mezzo litro di besciamella piuttosto densa, del sale e del pepe. Dopo breve ribollitura si passa al setaccio, e si stempera un pochino di burro nella crema così ottenuta. Se poi si volesse unire alla crema della purea di patate (il doppio in volume), avremo la “ purea al dragoncello “. A proposito delle sopraccitate “fines herbes”, l'Escoffier vuole che per I' “omelette aux fines herbes” la nota aromatica non sia costituita dal solo prezzemolo tritato (qualcuno pretende di identificare “fines herbes” con prezzemolo) ma costituita da un insieme di aromi dati, oltre che dal prezzemolo, dal cerfoglio, dall'estragon e dall'erba cipollina. Si richiedono dunque quattro erbe aromatiche. Nei riguardi poi della ricetta concernente la razza, una formula questa tipicamente regionale della Normandia, si nota che essa dimostra tanta considerazione e rispetto per il buon profumo del prezzemolo, da consigliare di tagliarlo nel fondo di un bicchiere con le-forbici. E così pure merita ricordare il piatto d'anguilla succitato (l’anguille au vert ), un piatto d'antipasto freddo, che richiede l'impiego e l'armonizzazione di diversi aromi: Acetosella, pimpinella, dragoncello, prezzemolo, salvia: queste erbe, insieme ad alcune foglie di spinaci e a foglie tenere di ortica, sono fuse al burro per costituire il fondo di cottura dei pesce (tagliato a tronconcini) il quale è poi condito con sale e pepe e con una presa di timo e una di alloro ridotti in polvere. La cottura è poi ultimata con vino bianco e legatura di rossi d'uovo. Un piatto di prestigio, profumato - dunque - con nove varietà d’erbe. . ……….<br /> Interessanti da ricordare sono pure il burro composto alle erbe. <br /> <br />Per il Chivry o Ravigote S’impiegano pimpinella, prezzemolo, cerfoglio e dragoncello (125 g, in partì eguali) insieme a scalogno (25 g.) il procedimento indica di scottare le erbe, raffreddarle, pressarle, quindi di pestarli nel mortaio aggiungendo lo scalogno già sbianchito a parte. Unire il burro (125 g.) e passare al telo fine.<br />Maitred'Hotel Per il burro – Maitre d'Hotel - assai noto - si utilizza solamente del prezzemolo tritato (una cucchiaiata per 250 gr. di burro). Si lavora il burro insieme al prezzemolo, al succo di un quarto di limone, al sale (6 g.) e ad una presina di pepe.<br />Burro Colbert Partendo dal burro Maitre d'Hótel si può pervenire ad un altro composto che sì chiama Burro Colbert. Basta incorporare nel precedente burro Maitre d'Hótel (200 g.), lavorando opportunamente, due cucchiai di ghiaccia di carne e un cucchiaio dì dragoncello tritato.<br />Montpellier ** Suggestiva e soprattutto gustosa la preparazione del burro Montpellier. Il “ Montpellier “ utilizza : crescione, prezzemolo, cerfoglio, dragoncello, erba cipollina (g. 100 in parti eguali); poi: foglie di spinaci (g. 25), scalogno tritato (g. 40), un guscio d'aglio, filetti di acciughe (8), cetriolini sott'aceto (3), rossi d'uova dure (3), rossi d'uova crude (3), capperi schiacciati (un cucchiaio), olio (2 dl), burro (g. 700). Il procedimento: scottare le erbe e a parte lo scalogno; pressare e pestare. Aggiungere gli ingredienti piccanti - capperi, aglio, acciughe; quando la pasta è alquanto fine, incorporare i rossi d'uova dure e crude, poi il burro e l'olio successivamente a piccole quantità. Mescolare con la frusta, passare al telo fine. Rinforzare il composto ottenuto con una puntina dì cayenna.<br />Montpellier ** Troveremo il nome di Monpellier nel libro delle ricette mediche di “Mamma Gin ”<br /> <br /> Mentre noi per ragioni storiche ci siamo fermati nel sperimentare nuove vie in cucina dimenticando le tradizioni delle nostre nonne, ci dobbiamo felicitare con i Francesi per la loro indovinata espressione - bouquet garni - giustamente tradotta in italiano “ mazzetto degli aromi “, che contribuisce a dar merito alla funzione delle erbe in cucina. Vi sono tre tipi di bouquet, uno “ semplice “, formato solo da gambi di prezzemolo; uno “ medio “ che comprende prezzemolo, timo í lauro; il terzo, più forte, per salse e ragoút dí gusto rilevato, è formato da rosmarino, basilico, sedano, cerfoglio, dragoncello e salvia. Nel comporre “ mazzetto degli aromi “, (il bouquet garni) si terrà conto dell'aroma accentuato del timo e dell'alloro, e della necessità di impiegare due elementi io quantìtà minori rispetto ai rimanenti. Il mazzetto opportunamente legato, o la mussola che raccoglie gli aromi, offre la comodità di estrarre comodamente, dalle vivande ormai cotte, le erbe che non devono accompagnare il piatto. Il bouquet garni è impiegato per insaporire i brodi di fondo, le minestre a base di passati di verdure, i « court-bouillons », i crostacei ed anche anguille e lamprede, le marinate per pesci al vino bianco, i bolliti misti, i brasati alcune salse e ragoúts. Mette conto di vedere un istante la composizione gastronomica relativa a qualcuna di tali denominazioni. La minestra chiamata “ cressonière “ esalta l'impiego del crescione ed è semplice da farsi: la ricetta dell'Escoffier suggerisce di stufare al burro mezzo chilo di foglie di crescione fresco, che non abbia perso in sapore. In seguito si bagna la preparazione con un litro di brodo bianco chiarificato e si aggiungono 300 g. di patate tagliate a fettine sottili. Si fa cuocere. Quindi passare al telo fine, e mettere a punto la consistenza con dl. 2,1/2 di latte. Stemperare da ultimo un pochino di burro. Tale minestra sarà guarnita, con l'aggiunta di 50 grammi di foglie di crescione, 5 minuti prima di ultimare il piatto. Quel sapore piccantino proprio del crescione, che in un certo senso assomiglia anche a quello della senape, si presta inoltre ad essere gustato nei sandwich preparati con fette di pane a cassetta sulle quali, dopo averle imburrate, siano disposte foglie di crescione intere o tagliate a listarelle, così semplicemente o legate con maionese.<br />Intercostata di bue alle erbe.<br />Al di fuori dei canoni della cucina francese, ci sembra assai interessante citare l'esempio di una formula che, ispirata ai lidi dei nostri mari, laghi, montagne, sposa facilmente l'impiego delle erbe aromatiche - con gli altri prodotti rappresentativi di queste terre, quali l'olio e il pomodoro.<br />Si tratta, infatti, della ricetta intitolata “ Intercostata di bue alle erbe “, così preparata: <br />• Salata e pepata si lascia l'intercostata sott'olio per almeno mezz'ora; si fa quindi saltare in poco olio bollente in una padella dal fondo spesso, togliendola dal tegame a tre quarti di cottura.<br />• Intanto all'olio di cottura si aggiunge una spruzzata di vino bianco, del pomodoro fresco spezzettato e quindi un trito di prezzemolo, timo, maggiorana, alloro, basilico, serpentaria e semi di finocchio.<br />• Quando il soffritto è a punto l'intercostata è rimessa nel tegame per completarne la cottura.<br />• La carne è servita con lo stesso fondo di cottura.<br /> . Queste nostre erbe, al pari degli ortaggi, non si mantengono fresche che per breve tempo, per cui si presenta opportuno accennare al problema della conservazione. Diversi sono i procedimenti seguiti dall'economia domestica, le nostre nonne, passavano al semplice appassimento per un consumo non troppo dilazionato e dall'essiccazione pronunciata, alla conservazione sotto sale o sotto olio, o sott'aceto. Oggi basta tenerli nel frigorifero in recipienti ben chiusi. Industrialmente si ricorre alla surgelazìone e anche alla liofilizzazione. Menta, timo, dragoncello, ad esempio, si possono surgelare, mentre il cerfoglio. non sopporta nemmeno la refrigerazione in frigo: va messo con le sue radici semplicemente in acqua, e tenuto in luogo fresco.<br />Curiosità. (oltre agli appunti)<br />Anche il crescione, la balsamite (o erba San Pietro), ed altre, sono buone solo allo stato fresco. Luigi Veronelli ne “ Il Carnacina “ Ved. Bibliografia, non tralascia di menzionare l'uso di conservare sott'aceto le foglie di dragoncello: si consiglia di scottarle per 2 minuti in acqua leggermente salata; successivamente rinfrescate, esse sono ricoperte da aceto di vino mescolato al sale (60 g. per 1 litro) fatto bollire e raffreddato. L'essiccazione rappresenta naturalmente il mezzo più semplice per assicurare la disponibilità del prodotto quando non lo possiamo aver fresco e in proposito l'economia domestica è doviziosa di consigli pratici: raccolta delle foglie nel periodo della maggior fragranza, lavatura, asciugatura, esposizione all'aria secca all'ombra, ecc. Ma certe varietà, essiccando, perdono troppo in aroma ed invecchiando possono prendere odore di fieno. Le foglie di alloro, se troppo secche, sono da sconsigliare, tuttavia non si utilizzano assolutamente fresche, ma leggermente appassite affinché, pur conservando il loro penetrante caratteristico profumo, perdano il sapore amaro che hanno appena raccolte. Il basilico avvizzisce assai presto, com'è noto; lo si vende perciò con le radici e protetto da foglie o carta. In diverse regioni italiane lo si conserva in vaso disponendo a strati le foglie (previamente lavate e asciugate) e cospargendo dei sale su ogni strato; poi si riempie d'olio il recipiente: può durare dei mesi. A proposito di questa conservazione sott'olio, taluni stimano che essa sia ugualmente valida per preparare al momento opportuno il «.pesto » genovese, ma altri la ritengono assolutamente inutilizzabile. Effettivamente ogni preparazione culinaria subisce tante e tante variazioni, a seconda dei gusti, delle possibilità e delle abilità personali... Presso molti cuochi e cuoche liguri la confezione del pesto assume l'impegno di un rituale da rispettare in modo preciso. Come fa notare Massimo Alberini, nel suo « Liguri a tavola » (4 ) Ved. Bibliografia, i veri « cultori » del pesto non ammetterebbero nemmeno di sminuzzare il basilico con la lama del coltello o con quella del frullatore. Le foglie dei basilico vanno pestate nel mortaio, che dev'essere di marmo e non di metallo, affinché gli oli essenziali contenuti nelle minuscole vescichette « esplodano » sotto la pressione di un pestello di legno.<br />Ma è naturale che, quando si ha fretta, le regole non restano operanti; e magari si corre a comperare il pesto già pronto in barattoli. Intanto, fra coloro che utilizzano solo il basilico fresco e coloro che lo usano , anche sott'olio, si inserisce una terza via, quella di chi suggerisce di conservare, in luogo del solo basilico, un « semílavorato »del pesto, da terminare successivamente al momento opportuno. La nota rivista « La cucina italiana » infatti, ha illustrato tempo fa la proposta di preparare un semilavorato a base di basilico e formaggio. Sì dovrà pestare il basilico fresco, con le dovute regole, insieme a formaggio grattugiato aggiunto a piccole dosi, e amalgamare i due ingredienti fino ad ottenere una manteca color verde pisello. Ad ogni “pestata” si mette in vaso, l'amalgama ottenuta e alla fine si ricopre con sale prima di chiudere definitivamente il vaso. In merito al procedimento di surgelazione delle erbe aromatiche ci troviamo ancora alquanto carenti di adeguate indicazioni che siano frutto di prove e dì lunga pratica. Occorrerà fare dei tentativi personali, e badare a che, una volta scongelate, le erbe riprendano le strutture organolettiche d'origine. Col congelamento molte erbe anneriscono, per cui, volendo evitare l'inconveniente, occorrerebbe procedere, come si fa per spinaci, piselli, carote., patate, alla preventiva scottatura in acqua bollente. Tale scottatura, o sbiancatura, come si sa, oltre a togliere certe asprezze di sapori, mantiene il colore degli erbaggi. Nel nostro caso il metodo non sarà valido per tutte le erbe aromatiche. Intanto lo si usa per il prezzemolo esportato verso il Nord Europa. Il prof. Monzini, Direttore dell' « Istituto per la valorizzazione tecnologica dei prodotti agricoli », mi informa, inoltre, che per alcune varietà e possibile surgelare la foglia in salamoia semplice di acqua e sale o sott'olio. ad. Questo è valido per il basilico che, come ancora riferisce il Prof. Monzini, migliora di gusto con la conservazione sott'olio, poiché gli aromi si arrotondano, togliendo la sensazione di certe asperità di profumo e di sapore proprie della pianta.In materia di erbe si può arrivare, per talune varietà, anche alla liofilizzazione, la quale, costituendo oggi un processo di conservazione non più eccessivamente costoso, può interessare al nostro assunto, nei casi in cui la domanda del prodotto è relativa o a forti quantità fuori stagione, oppure a mercati lontani dalla zona di coltivazione. La vendita delle preparazioni essiccate, disidratate, liofilizzate raccolte nelle boccette etichettate e presentate in batteria in mobìletti ad hoc, frequenti nei grandi magazzini, se da un lato ci allontana un po' da quel contatto con la natura che le erbe suggeriscono, serve d'altro canto a recare suggerimenti diversi dal consueto, al fine di variare e di innovare in materia di gusti per un richiamo ad alcuni aromi dimenticati o ignorati. Nell’uso di tali preparazioni, occorre cautela nelle dosature, trattandosi di prodotti che in un certo senso sono concentrati.<br /> Molte erbe le nostre nonne le coltivavano. Ecco, mi sembra che noi ci avvantaggeremo maggiormente di tale amicizia quando potremo coltivarle, noi stessi nel nostro orto o giardino, o sul terrazzo o sul davanzale di casa nostra; in primo luogo per averle più vicine a noi, e anche per godere la vista dei bei fiori di cui spesso le erbe aromatiche si adornano; si avranno poi sottomano per i bisogni della cucina,- col piacere di una, diretta e immediata utilizzazione. Risultino pertanto molto simpatici, e da incoraggiare, quei suggerimenti delle riviste di architettura della casa, di giardinaggio o di economia domestíca, proponendo creazioni decorative realizzate con le erbe aromatiche, le quali vale la pena ricordarlo - sia comuni che meno note, sono tutte coltivabili nei nostri giardini, Italia Settentrionale compresa. Talvolta basta una sola pianta per soddisfare i bisogni della cucina.<br /> Nell'utilizzo degli aromi si tenderà a dosare opportunamente i differenti apporti assaggiando ripetutamente le preparazioni in atto per il relativo controllo. Alcuni piatti guadagnano di gusto con certi aromi, altri li rifiutano. Tom Stobart, autore de' « Il libro delle erbe » Ved. Bibliografia nota che, in argomenta. non sono applicabili il « melius abundare quam deficere » e il « chi si accontenta gode ». Infatti, il sapore finale dei piatto non dipende dall'aggiunta di uno o dell'altro ingrediente, ma dall'equilibrata ed armonica fusione raggiungibile. Inoltre si terrà presente che gli aromi si disperdono maggiormente, e tanto più in fretta, quanto più il fuoco sia vivace e forte; inoltre - ove le esigenze. della ricetta lo permettano si vedrà di procedere ad una cottura a recipiente coperto. Arbitro nelle scelte e nella manipolazione sarà dunque il cuoco impegnato ed orgoglioso, che vuol dare ad ogni sua preparazione l'impronta della personalità. Anche qui cucinare significa esprimersi. e ciò costituisce un altro aspetto simpatico e interessante connesso al tema delle "erbe nostre amiche". Naturalmente il cuoco esperto terrà conto, oltre che delle proprietà aromatiche, anche di quei valori che servono. come dice l'antico testo succitato, per mantenere la sanita... (apporti vitaminici e in sali minerali, o coadiuvanti la buona digestione).Sotto tale aspetto. possiamo accettare il motto che si legge sulle pareti della Scuola Alberghiera di Stresa: <br /> <br />Tali parole, anche se ottimistiche, sono vere e valide in quanto l'alimentazione è fattore basilare della salute. In ogni caso l'amicizia per le nostre erbe va resa operante innanzi tutto conoscendole il meglio possibile. Per questo ho pure preparato un quadro di insieme che, pur avendo solamente valore indicativo, serve a dare una generale e sintetica visione di un certo numero di varietà utilizzabili, al fine di suscitare maggiori interessi al riguardo ed invogliare all'approfondimento attraverso le pubblicazioni specializzate.In un primo quadro l’elenco delle erbe in ordine alfabetico, raggruppate per famiglie botaniche, indicandone sommariamente le essenziali caratteristiche: denominazioni, presentazione, sapore, impiego in cucina. In un quadro invece, a seconda delle principali preparazioni culinarie, sono indicate le diverse erbe adatte al bisogno.<br /><br /> Infiorescenza a capolino (es. fiore di zinnia, dalia, crisantemo, cardo). Famiglia assai vasta, contando quasi mille generi di piante e molte migliaia di specie, di grande interesse; ad essa appartengono infatti le seguenti piante: alimentari (carciofo, indivia, topinambur), medicinali (camomilla, bardana, arnica), industriali come il « taraxacum » per il caucciù e il girasole per l'olio, aromatiche, come l'artemisia (abrotano e dragoncello), ornamentali, come astri, calendula, zinnia, crisantemo, ecc., oltre a numerose piante da pascolo.<br /> (a):Nome - (b):Descrizione - (c):Utilizzo.<br />1° Quadro.<br />Elenco alfabetico delle erbe raggruppate per famiglia botanica.<br /> <br /> ITALIANO FRANCESE INGLESE TEDESCO LATINO<br />Famiglia delle Composite<br />a Abrotano o Erba Reale Aurone Southernwood Eberries Artemisia abrotanum<br />b Cespuglio coltivato nei giardini (ornamentale); spontaneo in Italia e Spagna. Stimolante. Foglie fini come aghi, verde grigio. Sapore: amaro, piccante<br />c Profuma gli arrosti di anitra e d'oca, le bistecche, i rognoncini.<br />a Balsamite Balsamite Costmary Balsamkraut Chrysan- themum balsamita<br />b Perenne, alta,fino a 1 m., fiori gialli a bottoncino. t denominata anche Erba amara, erba della Madonna. In America è chiamata « bibleleaf » (foglia da bibbia: segnalibro). Sapore: amaro e aromatico.<br />c Nelle minestre, insalate, frittate; per carni stufate (spezzatino, pollo e vitello) e carni in salmì<br />a Calendula Souci Marigold Ringelblume Calendula officinalis<br />b E’ il noto fiore da giardino giallo arancione; foglie verde pallido. Sapore: amarognolo (fiori e foglie) e aromatico.<br />c Per aromatizzare e decorare insalate: foglie (ruvide e dure) e petali. Per court bouillon e zuppe di pesci: petali.<br />a Dente di leone Dent de lion Dandelion Hundeblurne Taraxacum-officinale<br />b Foglie alla base della radice, lunghe e dentate. Fiore giallo che poi si trasforma nel notissimo soffione (sfera formata dai leggerissimi pappi che al minimo vento si staccano per portare i lontano i semi). Radice a fittone (che serve a rendere più amare le birre). Proprietà diuretiche, stomatiche e rinfrescanti. Sapore: amaro<br />c Si mangia in primavera, contenendo minore quantità di principio amaro e maggior quantità di sali. Preziosa nell'inverno quando vi è scarsità di altre erbe. Per insalate o come verdura tipo spinaci.<br />a Dragoncello, estragon o serpentaria Estragon Tarragon Dragon Artemisia dracunculus<br />b Perenne, cespugliosa, fino a 90 cm., foglioline lunghe e fiori verde-grigio. In Italia è raro, mentre è coltivabile nei nostri orti, e anche in vaso. (Consigliabile la talea). Rende moltissimo come aromatizzante. Sapore amarognolo, un po' piccante, gradevolissimo.<br />c Nei burri composti, nelle frittate, nelle minestre con le puree di patate, nelle salse (indispensabile nella « bearnaise ») e preparazioni alla panna, con piatti di pollo e di uova, per profumare l'aceto.<br /><br /> . Riunisce erbe così chiamate per i fiori i cui quattro petali sono disposti a forma di croce: crescione, raffo, ravanello, cavolo, rape, navone, agliaria, colza, ravizzone, senape bianca ecc. Le violacciocche sono tipiche ed hanno importanza ornamentale; di questa famiglia fa parte anche l'erba luna (gen. Lunarie) le cui radici dal sapore leggermente piccante e gradevole servono, affettate, per le insalate. In genere hanno. proprietà stimolanti perchè ricche di vitamine e di sali. <br /> (a):Nome - (b):Descrizione - (c):Utilizzo.<br />2° Quadro<br />Elenco alfabetico delle erbe raggruppate per famiglia botanica.<br /> <br /> ITALIANO FRANCESE INGLESE TEDESCO LATINO<br />Famiglia delle crocifere.<br />a Agliare o alliara Alliaire Garlic Mustard Eberries Alliaria petiolata<br />b Perenne (60-90 cm.), lungo le siepi, foglie simile a quelle delle ortiche, a forma di cuori rovesciati, fiori bianchi a lunghi racemi. Sapore e odore d'aglio, ma tenue e finissimo.<br />c Foglie e fiori per aromatizzare insalate. Foglie per sandwich (col burro).<br />a Crescione Cresson de fontaine<br /> Watercress Brunnenkresse Roríppa-nasturtium-aquaticum.<br />b Riferimento al comune crescione d'acqua. Coltivato anche in vasche ad hoc alimentate da acqua. Quello spontaneo può crescere lungo ruscelli d'acqua inquinata. Annua: 25-30 cm.,. piccoli fiori bianchi. Proprietà stomatiche, depurative, diuretiche. Sapore piccante; odore gradevole; per taluni somiglia alla senape.<br />c Per insalate e per insaporire minestre, bolliti, verdure, patate bollite, burri d'erbe. Accompagna il formaggio. S'impiega nei sandwich, ed anche per decorazioni.<br />a Ruchetta o rucola Roquette Rocket Ruke Eruca satíva<br />b E’ coltivata, ma è anche spontanea nei campi e fra le macerie; fiori o crema simili a violacciocche. Proprietà: ricca di vitamine. Sapore molto forte pungente, ma gradevole e stuzzicante<br />c Per insaporìre insalate verdi.<br /> Caratteristiche fra l'altro perchè sia le foglie, sia il fusto, che i fiori, hanno per più peli ghiandolosi che elaborano un olio essenziale. Questa famiglia comprende: il basilico, il rosmarino, la salvia, la nepeta, la l'issopo, l'origano, il timo, la menta, la santoreggia, ecc.<br />(a): Nome - (b):Descrizione. - (c): Utilizzo.<br />3° Quadro<br />Elenco alfabetico delle erbe raggruppate per famiglia botanica.<br /> <br /> ITALIANO FRANCESE INGLESE TEDESCO LATINO<br />Famiglia delle labiate.<br />a Basilico Basilíc commun Basil Basilienkraut Ocìmum basilìcum<br />b Non ha bisogno di presentazione. Ne esistono parecchie varietà. Proprietà stimolanti della digestione e calmanti.<br />c Con i pomodori, i cetrioli, con le salse al pomodoro, per il pesto, per uova, per carni stufate o in spezzatino, per la selvaggina; con le minestre.<br />a Issopo Hysope Hyssop Eisop Hyssopus officinalis<br />b Spontanea o coltivata, perenne,alta da 30 a 60 cm.; foglie verde scuro, fiori azzurri, talvolta bianchi o rosa, Dì facile coltivazione (semi). Sapore amaro che ricorda sia la menta che la ruta, gradevole, un pò piccante.<br />c Soprattutto usato per liquori, ma è consigliato (foglie) per aromatizzare -minestre e insalate.<br />a Lamio o ortica bianca Lamier Whìte Dead nettle Taubnessel Lamium album<br />b Comune lungo le siepi, somiglia all'orfica, ma non punge (non appartiene alla stessa famiglia). Sapore fortemente aromatico.<br />c Nelle minestre o come verdura cotta.<br />a Maggiorana Marjolaine Marjoram Maígram Origanum maiorana<br />b Notissima. Proprietà toniche;e stomatiche. Sapore simile a quello del timo.<br />c Utilizzata per insaporire moltissimi piatti. insalate, frittate, salse, arrosti; per aceti.<br />a Melissa o cedronella o erba limone Baume Balm Bienenkraut Mefissa officínalís<br />b Coperta di pelo fitto, fusti molto ramificati. Alta 50 cm. Proprietà digestive e carrnínative (infusione). Sapore delicato di limone<br />c Usata per aromatizzare le insalate (con discrezione) ed anche nelle' frittate, nelle minestre, nelle marinate, nel vino bianco e con le bevande ghiacciate<br />a Menta Menthe Mìnt Minze Mentha sp<br />b Assai nota. Perenne, spontanea, numerosissime varietà (la merita piperita è la migliore). Proprietà toniche, stomatiche, carminative. Aroma deliziosamente fresco e piccante e profumo accentuato prodotto specialmente dal mentolo contenuto.<br />c Condimento aromatico per insalate e minestre, nei ripieni per pesce, con l'anatra all'arancia, con le verdure cotte (patate, piselli, fagioli, lenticchie, cetrioli, barbabietole, pomodori, melanzane, carote, funghi), per salse, per macedonie di frutta, succhi di frutta; si usa pure con frullati, bibite e the freddo.<br />a Origano Origan Oregano Oregano Origanum vulgare<br />b Conosciutissimo, ha le stesse proprietà delle altre labiate: stomatiche, toniche ed anche antispasmoffiche. Sapore di piacevole e piccante fragranza.<br />c Caratteristico nella cucina italiana: con pomodori, formaggio, fagioli, lenticchie. melanzane, zucchine, pesci, crostacei, carni; per la pizza e le salse « alla pizzaiola ». Per aromatizzare insalate, frittate, aceto. Con gli arrosti.<br />a Salvia Sauge Sage Ecliter Salbei Salvia officinalis<br />b Tipica della'nostra cucina. Sono note le proprietà toniche, digestive, astringenti. carminative e diverse altre esaltate dall'erboristeria. Odore forte, decisamente aromatico, sapore caldo, piccante, leggermente amaro.<br />c Si può dire adatta a tutte le vivande, ad eccezione dei lessi e delle insalate. Indicatissima per carni brasate e stufate, per pesci alla griglia, per carni di maiale. per spiedíni di carne e salsicce, per salse, per ripieni, per i .« saltimbocca » e la selvaggina da piurna, per fagioli e piselli.<br />a Santoreggia Sarriette des jardins Savory Bohnenkraut Satureja bortensis<br />b Perenne; cespugliosa, alta 25 cm.; foglie strette e lanceolate; fiori rosati. Chiamata altrove « erba acciuga ». Non si trova sul mercato italiano, ma non è difficile coltivarla (zona soleggiata; teme il gelo). Aroma molto penetrante, simile a quello dei timo, ma più amaro.<br />c Aromatizzante nei salumi, ripieni, misti d'erbe (a volte nel « bouquet garni »). fagioli, fave, piselli, lenticchie.<br />a Timo Thym Thyme Rómischer Quendel Thymus vulgaris<br />b Piccolo arbusto cespuglioso; piccole-foglie grigio-verdi; fiori rosso porpora. Coltivabile, Proprietà digestive, carminative. Aroma forte, pungente, meno aspro della salvia.<br />c Presente nel «bouquet garni ». Eccellente per brodi e minestre, per carni di agnello' pollame, coniglio, bue, selvaggina, per spezzatini, pesce, ostriche, crostacei. Con carote, piselli, cipolle, pomodori, patate, zucchine, melanzane, peperoncini dolci. Nelle marinate, nei salmi.<br /> . (Inflorescenza a ombrello). Aneto, anice, angelica, prezzemolo, cerfoglio, finocchio, insieme alla carota e al sedano, appartengono a questa famiglia che raccoglie piante ricche di aromi.« Virtù » aperitivi, stimolanti e diuretiche.<br />(a): Nome - (b):Descrizione. - (c): Utilizzo.<br />4° Quadro<br />Elenco alfabetico delle erbe raggruppate per famiglia botanica.<br /> <br /> ITALIANO FRANCESE INGLESE TEDESCO LATINO<br />Famiglia delle ombrellifere - Inflorescenza a ombrello<br />a ANETO Aneth odorant Dill Dill Anethum graveolens<br />b Pianticella annua, facile a coltivarsi negli orti. Spontanea nelle zone mediterranee; ma è utilizzata specie nel Nord Europa. Piccoli fiori gialli; semi ovoídali dal grato aroma. Come quelli del finocchio sono stomatici e carminativi (dissipano i gas intestinali). Sapore: amaro, con odore simile al finocchio, ma più violento.<br />c Salse per pesce; legumi pesanti da digerire. Anche con pollo e agnello. Semi macinati e giovani foglie, per le insalate.<br />a ANGELICA Angélique Angelica Angelika Angelica archangelica<br />b Annuale o biennale che supera il metro. Zone montane europee (terreni umidi). Sapore: forte e penetrante paragonato anche a quello del muschio.<br />c Per decorare dolci e torte (gambi delle foglie). Nelle marmellate; nelle insalate (germogli giovani); nei brodi ristretti per pesci e crostacei. In certi liquori e aperitivi<br />a ANICE Anis Anise Anis Pimpinella anisum<br />b Annuale (60 cm.). Importante per i semi e per l'olio essenziale. Sapore (foglie): dolce.<br />c Le foglie non sono molto usate, ma servono come aromatizzante di insalate. In Francia si cospargono le carote novelle con le foglie tritate. Notissimi invece i liquori a base di anice: Anisette, Sambuca (dolce), pastis, ouzo (Grecia), ecc<br />a CARVI o CUMINO DEI PRATl Carvi, Cumin Caraway Kúmmel Carum carvi<br />b Alta anche 50 cm., con fiore bianco tipico delle ombrellifere; biennale. Aroma: tra il prezzemolo e l'aneto.<br />c Per insaporire minestre e insalate (foglie). Usato in Germania e Austria i (seme) nel pane, nei dolci, in certi formaggi, con i crauti, ed anche sparso sugli arrosti.<br />a CERFOGLIO Cerfeuil Garden chervil Kerbel Anthriscus cerefolium<br />b Annua; fiorellini bianchi; 40 cm,; coltivabile anche in vaso (da evitare il caldo secco). FogIie~a pizzo. Si ha pure la varietà ricciuta (come per il prezzemolo). Sapore: sembra al prezzemolo, ma più delicato e tenue<br />c Per aromatizzare salse, brodi, minestre, insalate, pesci lessati, frittate, preparazioni alla panna, carni in salmì, burri composti, aceto di vino bianco. Non adatto a cuocere a lungo; aggiungerlo quando il piatto è pronto o quasi.<br />a LEVISTICO o SEDANO DI MONTE Livèche Lovage Badekraut Levisticum officinale<br />b Perenne, fino a 2 m., fusto grosso e cavo, facile da coltivare. Utilizzabili foglie, fiori, semi. Sapore che ricorda il sedano e il brodo. Chiamata anche (in Francia ed altrove) « erba Maggi ».<br />c Per insalate (sbianchito o crudo); aromatizzante nelle minestre. Per pane e biscotti (semi).<br />a PREZZEMOLO Persil Parsley Kráutel Petrogelinum crispum<br />b Non ha bisogno di presentazione. Da notare i due tipi: comune e crespo (o riccio). Quello comune può confondersi con la velenosa cicuta, anche se questa ha foglie più scure che emanano odore sgradevole quando si spezzino. La varietà ricciuta non è confondibile con altre erbe. !Proprietà vitaminiche (« A »); ricco di sali. La varietà « gigante di Napoli » ha gambo grosso da consumare come il sedano.<br />c Ottimo condimento per minestre, salse, per lessi e stufati di carni e di pesci, per selvaggina, per ripieni e polpette, per uova, per patate bollite. Nelle insalate, il gambo della varietà gigante a fettine.<br /> Si divide in diverse sottofamiglie, ad es. quella che comprende la fragola, quella che comprende il lampone, quella chiamata « Geum » a cui. appartiene la cariofilláta, e quella cui appartiene la salvastrella o pimpinella.<br />(a): Nome - (b):Descrizione. - (c): Utilizzo<br />5° Quadro.<br />Elenco alfabetico delle erbe raggruppate per famiglia botanica.<br /> ITALIANO FRANCESE INGLESE TEDESCO LATINO<br />Famiglia delle rosacee<br />a CARIOFILLATA o AMBRETTA Benolte Avens Geum Geum Geum urbanum<br />b Perenne; di circa 30 cm.; foglie simili a quelle della fragola. Proprietà astringenti (gengive). Odore leggero di garofano, più intenso nel rizoma. Foglie da raccogliere prima della fioritura.<br />c Nelle insalate a foglie giovani.<br />a PIMPINELLA o SALVASTRELLA Grande pimprenelle Burnet Grosser Wiensenknopf Poterium sanguisorba.<br />b Perenne: foglioline i dentate; alta 30 cm.; spontanea; anche coltivata come foraggio per conigli e bovini; fiore a « pompon » verdastro,<br />rosso-porpora. Aroma: simile al cetriolo, ma più delicato ornato da lunghi stami (3) Per aromatizzare insalate (si consiglia di utilizzare foglie che siano diverse per spessore, aroma e gusto); nei burri composti; nelle salse; per profumare l'aceto.<br />c Per aromatizzare le insalate ( si consiglia di utilizzare foglie che siano diverse per spessore, aroma e gusto); nei burri composti; nelle salse; per profumare l’aceto.<br /><br /> (a): Nome - (b):Descrizione. - (c): Utilizzo<br />6° Quadro<br />Elenco alfabetico delle erbe raggruppate per famiglia botanica.<br /> ITALIANO FRANCESE INGLESE TEDESCO LATINO FAMIGLIA delle<br />a Acetosa o romice domestica Oscille Sorrel Sauerampfer Rumex ácetosa Poligonacee<br />b La famiglia a cui appartiene, che comprende anche il rabarbaro, è un pò simile a quella della barbabietola e degli spinaci. Perenne. Raggiunge fi 50 cm. Usata nel passato, oggi è quasi abbandonata. Di facile coltivazione; chiamata anche« erba pazienza » (ed « erba brusca » in alcune regioni). Proprietà, rinfrescanti. Sapore: amarognolo, agro, ma piacevole, un po' simile agli spinaci.<br />c Insalate (foglie crude). Purea passata al burro (con vitello, pesce_maiale, uova e soprattutto frittate). Minestre.<br />a Acetosella Petite oseill Alléluia Wood Sorrei Sauerklee Oxalis acetosella Oxalidacee.<br />b Appartiene ad una famiglia assolutamente differente da quella dell'acetosa. Cresce spontanea nei boschi umidi e ombrosi. Foglie lunghe, lanceolate. Coltivabili in,ìLgiardino (è anche decorativa per i fiori). Contiene acido ossalico, da sconsigliare ai gottosi. Sapore: leggero, acidulo, pungente.<br />c Sostituisce l'acetosa nelle minestre e nelle insalate. Più utilizzata della prima.<br />a Alloro Laurier Bay Lorbeer Laurus nobilis Lauracee.<br />b Le foglie hanno odore dolce, balsamico, penetrante. In cucina, lo si chiama anche lauro; ma il lauro vero e proprio appartiene alla famiglia delle rosacee (lauruscerasus) che si esclude dall'uso culinario; serve in Europa per formare siepi. Le foglie di alloro, se fresche, presentano sapore amarognolo (non gradito) che si attenua con l'appassimento.<br />c Rafforzano molti piatti, brodi ristretti, marinate, sott'aceti. Fa parte del « bouquet garni ». E' bollito nel latte per profumare alcune panne. Usato nella besciamella<br />a Borragine Bourrache Borage Boretsch Borago officinalis Boraginacee.<br />b Annuale, alta 50 cm., coperta di peli; bei fiori a stella!di cinque petali, azzurro tenero; spontanea, comunissima in Liguria. Aroma fresco di cetriolo.<br />c Per insalata (tritare finemente le foglie, a causa dei peli che ne toglierebbero l'appetitosità), Per minestre. Come gli spinaci, cottti senza acqua poi passarli (al burro, purea, ripieno). usata per la torta pasqualina.<br />a Calamo aromatico Calamus Calamus Schilffeder Acorus calamus Aracce.<br />b Pianta di palude (si trova negli stagni). Foglie e germogli sono dolci e aromatici.<br />c Soprattutto per liquori. I germogli giovani servono nelle insalate.<br />a Capelvenere Adranthe Maidenhair-Fern Kapillar-kraut Adiantum capillusveneris. Adiantacee<br />b Notissima pianta ornamentale.<br />c Per decorare torte.<br />a Cedrina Citronelle Verbena Verbene Verbena tryphilla Verbenacee.<br />b Non va confusa con la verbena. P- pure chiamata « limoncina ». Coltivabile ovunque anche in vaso. Alta anche 1 metro. Odore di limone.<br />b Per insalate di frutta, dolci, bibite (solo qualche fogliolina).<br />a Erba cipollina Ciboulette Chive Schnittlauch Alliumschoe-noprasum Gigliacee.<br />b Perenne, che può arrivare a 50 cm., foglie sottili, vuote, simili all'erba, cresce a ciuffi in prati umidi. Proprietà stimolanti dell'appetito. Sapore e odore: simile alla cipolla, ma è più delicato e attenuato.<br />c Per minestre, nelle insalate, nei burri composti, nelle frittate e per decorazioni (previa scottatura).<br />a Luppolo Houbin Hop Hopfen Humulusluptilus Cannabinacte-Orticacee<br />b Rampicante spontaneo, lungo le siepi, noto per i suoi fiori utilizzati nella fabbricazione della birra, e per i suoi germogli. Proprietà toniche, digestive; depurativo. Sapore amarognolo.<br />c Per insalata (fiori maschili e germogli bolliti); come verdure, e come guarnizione(cotti con burro e panna).<br />a Malva Mauve Mallow Malve Malva silvestris Malvacee<br />b Selvatica e coltivabile negli orti, ha foglie larghe e bei fiori azzurri. Da raccogliere in piena fioritura. Si può far essicare. Le foglie, cotte, sono mucillanose e hanno proprietà emollienti e raddolcenti.<br />c Nelle minestre, cotta in insalata, nelle frittate.<br />a Nasturzio Capucine Nasturtium Kapuziner-kresse Tropaeolum majus Trapeolacee.<br />b Comunissimo fiore dei giardini e dei balconi; fiore a campanula arancio o giallo, con foglie tondeggianti verde-grigio. Non appartiene alla famiglia del « nasturtium officinale » o crescione. Sapore: le sue foglie hanno un ~ aroma che ricorda il crescione.<br />c Fiori, germogli e semi messi sotto aceto prendono un aspro sapore di cappero e servono appunto a sostituire i capperi. Per insaporire insalate (fiori).<br />a Papavero Coquelicot Pappy Mohn Papaver somniferum. Papaveracee.<br />b Ci si riferisce al comune papavero da campo di cui interessano,le foglie raccolte in principio di marzo, dopo le gelate, quando sono ancora fragili, raso terra (a rosetta), tenere e pelose. li seme (ben maturo, altrimenti contiene alcaloidi pericolosi alla salute) servé in pasticceria. Sapore: foglie, delicatamente piccante; semi, simile alle noci.<br />c Foglie tenere e primaverili: soprattutto per minestr - e e anche per insalate (Provenza). Semi maturi: !Oltralpe si cospargono i semi sulle torte e sul pane. Nei ripieni per dolci, in Austria e Ungheria.<br />a Pelargonio o Geranio odoroso Bec du gru Geranium Geranie Parargolium capitatum Geraniacee<br />b Foglie aromatiche ( specie prima della fioritura e quando incominciano ad ingiallire) fiori, inodori, Sapore simile al limone e alla rosa.<br />c Foglie usate per profumare frutta dolci e gelatine di frutta.<br />a Portulania strisciante Portulaca Purslane Kohlportulak Portulaca oleracea Portulacacee<br />b Annuale, strisciante con foglie spesse e polpose a rosetta. Ama terreni asciutti e antiscorbutiche e diuretiche. Non va mangiata sola, ma accompagnata gustosamente con altre erbe (con cui formi contrasto), 'specie pimpinella. dragoncello, basilico. Sapore: la varietà «dorata» è gustosa, mentre le altre sono piuttosto insipide.<br />c Cotta in oriente. Cruda nelle insalate.<br />a Ruta Rueodorante Gartenraute Rue Rutagraveolens Rutacee.<br />b Perenne e selvatica sulle rocce e sulle macerie, ma è anche coltivata negli orti. Alta, elegante; foglie color verde glauco; piccoli fiori gialli. Contiene principi venefici. Proprietà digestive, impiegata in piccolissime dosi. Sapore amaro, penetrante; odore sgradevole per molti.<br />c Si utilizza con discrezione per dare un aroma speciale di solito a piatti di pesce,<br />dì uova e d’insalata verde. Nota per aromatizzare la grappa. Tener sempre presente di utilizzare in piccole quantità. Cotta (in Oriente). Cruda nelle insalate.<br />000<br />7° Quadro<br />Elenco delle utilizzazioni delle erbe in cucina.<br />Nelle minestre Acetosa, Acetosella, Balsamite, Basilico, Borragine, Calendula (petali, per zuppe di pesce) Carvi o Cumino dei prati (foglie), Cerfoglio, Crescione, Dente di leone, Erba cipollina, Issopo, Lamio o Ortica bianca, Levistico, Luppolo (germogli), Malva, Papavero da campo (foglie giovani), Rosmarino (minestrone), Timo.<br />Court-bouillon Angelica (foglie), « Bouquet garni », Calendula (petali).<br />Per insalate Acetosa, Acetosella, Borragine (foglie giovani, tritate), Crescione dei prati, Dente di Icone (o Soffione), Millefoglie o Achillea millefoglie, Nasturzio (foglie), Pimpinella (o Salvastrella).<br />Aromatizzanti nelle insalate Acetosa, Alliaría, Angelica (germogli sbianchiti), Anice (foglie), Balsamite, Barbarea (simile al crescione), Calamo (germogli), Calendula (foglie e petali freschi o essiccati), Cariofillata o ambretta, Carvi, Cerfoglio, Crescione, Crisantemo (« coronarium », foglie giovani), Cumino dei prati-(foglie), Erba cipollina, Luppolo (germogli), Maggiorana, Melissa, Nasturzio (fiori), Pimpinella, Portulaca, Rucola (Ruchetta).<br />Sandwich Alliaria (con burro), Crescione (con formaggio), Erba cipollina (con formaggi cremosi).<br />Burri Cerfoglio (burri comp. Chivry, Montpellier), Crescione (burro comp. Montpellier), Dragoncello (burri comp. Chivry, Colbert, d'estragon, Montpellier), Erba cipollina (burri comp. d'Epicure, Montpellier), Pimpinella (burro comp. Chivry), Prezzemolo (burri comp. Bercy, Chívry, Colbert, d'escargot, Maitre d'Hótel, Montpellier).<br />Aromatizzanti di verdure cotte Aneto (con fave, fagioli, lenticchie, cavoli), Angelica (foglie, Paesi scandinavi), Anice (foglie tritate, per carote al burro), Basilico (pomodori e verdure fritte), Crescione (per patate bollite), Lamio, Timo con patate, zucchine, melanzane, peperoncini dolci), Santoreggia (fagioli, lenticchie e ceci all'olio).<br />Come verdure cotte Acetosa, Acetosella, Borragine, Dente di leone, Lamio. Luppolo (germogli).<br />Frittate Balsarnite (o Erba San Pietro), Erbe fini (prezzemolo, cerfoglio, dragoncello, erba cipollina), Malva, Maggiorana, Melissa (con altre erbe), Origano<br />Salse Cerfoglio, Crescione, Dragoncello (essenziale per la « Béarnaise »; maionese). Erba cipollina (« Ravigote, »), Menta (« Mint sauce »), Origano (salse « alla pizzaiola »), Pimpinella (« Ravigote »).<br />Preparazioni alla panna Cerfoglio, Dragoncello, Ruta (in minima quantità)<br />Ripieni a base carnea Borragine, Salvia, Timo.<br />Carni stufate e in spezzatino, scaloppe Alloro, Balsamite (pollo e vitello), Basilico, Menta (agnello, Inghilterra), Prezzemolo, Rosmarino, Salvia (scaloppe), Timo.<br />Carni in salmi Alloro, Balsamite, Cerfoglio, Rosmarino, Salvia, Santoreggia.<br />Carni arrostite Artemisia o Abrotano, Maggiorana, Origano, Rosmarino, Salvia, Timo.<br />Pesce lessato o arrosto Alloro, Aneto, Cerfoglio (pesce lessato), Rosmarino, Ruta (dose minima, non per gli arrosti), Salvia, Timo.<br />Macedonia di frutta Cedrina o limoncina.<br />Per profumare L'aceto Aneto, Cerfoglio, Dragoncello, Maggiorana, Origano, Nasturzio, Pimpinella.<br />Per Decorazioni Achillea Millefoglie, Capelvenere, Cerfoglio riccio, Crescione, Erba cipollina, Prezzemolo comune o riccio<br /><br />Mettiamo le radici nel nostro quotidiano.<br />1990<br />Come decotti, tisane o ingredienti da aggiungere ai piatti tradizionali per sfruttare al meglio tutti i van¬taggi delle loro naturali riserve di vitamine e sostanze benefiche. Nei cambi di stagione, l'organismo accusa di più la stanchezza. Finito l'effetto benefico e rigenerante delle vacanze, ci si trova a far fronte a tutti gli impegni, lavo¬ro, scuola, e ci si sente privi di energia. Ecco allora la ne¬cessità di un aiuto per tirarsi su, ma anche per risolvere i piccoli e grandi disturbi di minore entità per i quali abitualmente non si va dal medico. Un valido aiuto può venire dalle radici. <br /><br />Scorzonera. Un'insalata con questa radice dai fiori gialli è sempre più difficile da trovare. «La pianta che cresce princi¬palmente in Spagna, nei Paesi mediterranei e orientali era una delle preferite della nonna che mangiavamo questo piatto soprattutto quando avevamo problemi digestivi. Scelta davvero corretta. In ca¬so di infiammazioni all'apparato digerente, gastriti , la scorzonera ha un interessante effetto sfiammante».<br />La cucina cinese. Suggerisce per la scorzonera rotture rapide e legge¬re come quelle in pentola a pressione o al vapore. Diffi¬cilmente la scorzonera viene utilizzata dalle erboristerie orientali come ingrediente da miscelare ad altre radici per decotti o tisane.<br />In Italia. È poco diffuso l'uso di questa radice che invece svolge una precisa azione diuretica purificante per il fegato. La scorzonera contiene vitamina F , un antiossidante in grado di aumentare l'apporto di ossigeno nei globuli rossi e quindi di rendere più bella e luminosa la pelle. La ra¬dice esternamente nerastra ha un sapore leggermente amarognolo che ricorda quello della ruta, della cicoria o della bardana. Il suo utilizzo? Ci viene insegnato dalla medicina antica. Gli specialisti la raccomandano come depurativo e riequilibratore perché bilancia il surplus proteico ed energetico di alimenti come la carne di selvaggina , le uova, il formaggio di capra, il latte. Anche per il mal di testa da deficit renale è perfetta: infatti, riattiva il funzionamento dei reni.<br />Le dosi. Si può ottenere un decotto sminuzzando la radice (un cucchiaio per tazza) in acqua fredda. Poi si porta l'acqua a bollire per 3 minuti. Berne due o tre tazze al giorno dopo i pasti ha un discreto effetto purificante.<br /><br />Rafano. II rafano appartiene alla famiglia delle Crocifere, quel¬le del cavolfiore per intenderci, più frequentemente si consuma la sottospecie rafano sativus, detto remolaccio, ravanello. Presenta molte varietà con tubero ingros¬sato a forme ora allungate ora rotondeggianti. È esterna¬mente bianco, si presenta anche in una versione nera, o all'esterno rossa. Il suo tubero? È ottimo crudo.<br />Può diventare sciroppo. Un tipo di rafano Varmoracia clochearia, è usato per la produzione di sciroppi dato il suo contenuto di vitami¬na C, antiossidante che attiva il sistema immunitario, è particolarmente utilizzato per combattere bronchiti e raffreddori. Il rafano è molto usato in Francia dove viene chiamato radice nera per il suo colore scuro al¬l'esterno. Contiene glucosidi solforati o glucosinolati, cosiddetti zuccheri verdi, che rendono più fluido e dolce lo scirop¬po, e inoltre attivano il metabolismo, danno una sferza¬ta di energia all'organismo senza far ingrassare.<br />La medicina popolare. Lo usava come condimento. E non aveva tutti i torti. Oggi, gli erboristi lo consigliano come stimolante della digestione. Il motivo? Attiva gli enzimi che consentono il passaggio della bile dal fegato alla cistifellea e quindi allo stomaco. Altro atout del rafano? Contiene molto ferro per cui viene consigliato a persone anemiche.<br />Le dosi. È perfetto lasciare in infusione i pezzetti di radice in una tazza d'acqua bollente per dieci minuti. Si può bere due volte al giorno, dopo i pasti principali. Invece, le pillole che contengono 500 milligrammi di rafano si possono prendere 3 o 4 volte al giorno. Alcuni suggeriscono di unire al rafano altre piante simili, la eieori; i e il tarassaco, in modo da enfatizzarne le proprietà positive: migliorare la respira¬zione e la funzionalità digestiva.<br /><br />Cicoria. Secondo un'antica ricetta della Carnia per disinfet¬tare l'apparato digerente bisogna bere succo di cicoria che contiene acido cicorico, considerato appunto un buon battericida. La pianta i cui fiori, di un delicato colore azzurro si schiudono al mattino verso le sei e si richiudono nel pomeriggio, si trova nei Paesi a clima temperato e cresce in prati e campi fino a 1500 m. di altitudine. Le radici dal sapore amaro, si raccolgono prima che cresca il fusto: sono grosse 102 centimetri, lunghe io, semplici o poco ramificate, grigio giallastre all'esterno. Viene chiamata in molti modi, proprio perla sua diffusione: radicchio, radice, cicorella. Nella cico¬ria si trovano potassio e vitamine del gruppo 5 C, K, potenti riattivatori metabolici. Per questa ragione viene consigliata alle madri che allattano, bisogna solo fare attenzione alle quantità: non devono essere eccessive, viceversa il latte materno può diventare amarognolo. La cicoria è particolarmente indicata per chi segue un redime dimagrante e ha bisogno di un'integrazione minerale e vitaminica. Grazie al suo effetto depurativo, non irritante, può essere utilizzata come complemento pasto per i bambini che a volte soffrono di gonfiori intestinali.<br />Le dosi. Lasciare un cucchiaio di radice in polvere in una tazza d'acqua per dieci minuti. Bere due, tre volte al giorno.<br /><br />Tarassaco. Detto anche dente di Leone è un'erba estremamente comune in Italia, cresce nei luoghi erbosi e boschivi, ma anche lungo i bordi delle strade. La sua radice, lunga 10-15 millimetri, è spesso divisa in due o tre grosse ramifi¬cazioni, grigia all'esterno e bianca all'interno. Fra i suoi componenti ci sono il glucosio e il fruttosio, zuccheri di facile assorbimento e che danno pronta energia. E ancora: le vitamine A e C che stimolano le attività organiche.<br />Patente disintossicante. L'inte¬ressante effetto disintossicante del tarassaco che stimola l’attività del fegato e assicura l'eliminazione delle tossine. Una curiosità in proposito? Il tarassaco protegge le cellule epatiche, nutrendone la membrana cellulare. Questo effetto è stato osservato in animali da esperimento esposti a sostanze tossiche quali il tetracloruro di car¬bonio. Il trattamento con questa radice ha ridotto in modo significativo i danni al fegato provocati da queste sostanze. Ma la particolarità del tarassaco è anche un'al¬tra: i suoi bioflavonoidi (precursori vitaminici) hanno un effetto stimolante sulla flora batterica intestinale e un po' su tutti gli organi: è quindi un alimento adatto a rigenerare il corpo dopo le fatiche dell'inverno.<br />Le dosi. La radice viene usata in forma di decotto: bisogna farne bollire mezz'etto in un litro d acqua per un quar¬to d'ora. Sono consigliate tre tazze al giorno per due o tre settimane nei casi di intossicazione al fegato, dopo un'indigestione. Viceversa, per una normale cura depu¬rativa, è sufficiente una sola tazza al mattino a stomaco vuoto. <br /><br />Angelica. La leggenda dice che è stato l'arcangelo Raffaele a far conoscere agli uomini l'angelica, le cui proprietà erano talvolta quasi miracolose: debellava la peste, neutralizzava gli effetti dei veleni, prolungava la durata della vita. Adesso è apprezzata come stimolante dell'apparato dige¬rente e antisettico.<br />In Cina è reputata il tonico più importante dopo il Gingseng. In Europa si trova una qualità di Angelica chiamata Angelica Boemia, con un aroma molto grade¬vole ed è considerata una pianta carminativa, alleata del nostro intestino, come il finocchio, l'anice e il cumino particolarmente adatta per migliorare l'attività gastrica. Ha un sapore gradevole, tendente all'amarognolo. C'è poi un'altra qualità di Angelica chiamata Angelica Simensis che cresce in Cina ed è usata soprattutto per produrre liquori. In Italia l'Angelica è una pianta rara allo stato spontaneo. Cresce in zone riparate dal vento, soleggiate e rinfrescate da ruscelli, in alcuni valloni delle alpi e degli Appennini in terreni fangosi, soleggiati. Fino a 3000 metri si trova più facilmente la specie Silvestris che è meno alta, meno profumata, con fusti più sottili e con foglie verdi. Le proprietà delle specie Archangelica e Silvestris sono simili anche se la Angelica gialla è in¬dubbiamente più bella e profumata. Cosa contengono le varie specie di questa pianta? oli essenziali, flavoni (precursori vitaminici), sali minerali dall'interessante effetto rienergizzante.<br />Antinfiammatorio. Alcuni ricercatori giapponesi hanno evidenziato gli effetti antinfiammatori della pianta, e questo spiega perché in Asia la si usa contro l'artrite completa l'azione pu¬rificante di alcune radici come il tarassaco e la bardana, correggendone il sapore amaro con il suo più dolce e aromatico. A basse dosi è eccitante a livello cerebrale ed è un ottimo antidepressivo.<br />Le dosi Bastano 10 gocce di tintura madre d'angelica in mezzo bicchiere d'acqua, mezz'ora prima dei pasti stimolano l'attività gastrica.<br /><br />Bardana. In Giappone, è coltivata perché le radici sono consu¬mate come ortaggi, con il nome di gobo. In Europa e in Asia la si trova soprattutto nei luoghi incolti. Fiorisce un anno sì, uno no. Il nome botanico del genere deriva dal greco arctos (= orso), e si riferisce al suo aspetto irsuto. I fiori sono rossi. La radice, raccolta al primo anno, prima della fioritura o nel tardo autunno, è lunga fino a 50 centimetri, spessa 2-3 centimetri ed è a forma di cilindro. Cosa contiene? Mucillagine, zuccheri, tannino, gomme, resina, e alcune vitamine del complesso B, potassio. Grazie a questi elementi è perfetta come rivitalizzante. La sua specificità? È soprattutto quella di stimolare la funzio¬nalità epatica grazie alla presenza delle vitamine del gruppo 5. Altro utilizzo classico della bardana è quello contro l'acne: le sue resine e gomme dal blando effetto di¬sinfettante pare svolgano un'interessante azione an¬tibiotica nei confronti dello stafilococco e dei germi gram positivi. Riequilibra gli zuccheri La radice della bardana, come la cicoria, ha una fun¬zione riequilibratrice sull'attività degli zuccheri: abbassa il tasso di glicemia nel sangue. Inoltre, svolge un'inte¬ressante azione depurativa.<br />Le dosi. Per purificare l'organismo si consiglia un cucchiaino da cafè per tazza invece del classico cucchiaio che si utilizza per molte altre tisane. Inoltre è meglio lascia¬re riposare l'organismo per almeno io giorni, dopo un ciclo di 20 giorni in cui si è assunto tisane di bardana. Per rendere più luminosa la pelle: bollire 20 grammi di radici in 200 mi di acqua per io minuti, dopo aver filtrato, effettuare lavaggi e applicazioni sulle parti in¬teressate per circa 30 minuti.<br /><br /> <br />Tipo di Capra, preferibile la razza “ Sanen “ fornisce latte dolce e non troppo selvatico. Il latte non va cagliato appena munto. Si munge al mattino almeno 12 ore di riposo e lo si lavora alla sera.<br />Strumenti * Un tempo erano di vimini. ** rame stagnato<br />Forme per il formaggio o Fusella 10 di ogni tipo Trovare le forme di varie misure, di plastica * diametro 20 – 15 cm e altezza di 5 cm. <br />Forme per la ricotta Oggi di plastica. *<br />Pentola Almeno due Solo in acciaio inossidabile ** per 10 litri di latte pentola da 15 litri. Un tempo di rame stagnato<br />Termometro Due Da casaro ( in farmacia o in drogheria)<br />Fruste Almeno due proporzionali alla pentola Oggi in acciaio inossidabile**<br />Caglio ( In farmacia o in drogheria) Caglio si compra in bottiglie da 750 <br />Contenitori Almeno due per il formaggio e due per la ricotta Di plastica per far scolare le forme di formaggio e di ricotta – rettangolari con un altezza dai 5 a 8 cm. Che contengono almeno due fuselle. <br />Asse di legno Almeno due Per girare il formaggio quando si pulisci<br />Schiumarola per la ricotta una Oggi In acciaio inossidabile *<br />Cucchiaino uno In acciaio inossidabile **<br />Coltello uno Proporzionale alla pentola in acciaio inossidabile con il manico di plastica e non di legno. <br />Luogo Stanza Massima pulizia ambiente secco ed asciutto<br />Ogni 10 litri di latte. <br />Porta il latte a 36 gradi, e poi gli metti il caglio per 10 litri - un cucchiaino da the in mezzo bicchiere di acqua - versi e mischi il caglio bene, il latte va tolto dal fuoco <br />e<br />lo lasci riposare fino quando caglia ( circa 50 minuti).<br />Una volta fatta la cagliata fai un taglio a croce e poi tanti taglia a destra e a sinistra partendo dal centro<br />e<br />lo lasci riposare per un 15 minuti.<br />Prendi una frusta e rompi tutto in piccoli pezzi , grandi come una nocciola.<br />e<br />lasci riposare il tutto sempre nella pentola.<br />Una volta che la cagliata è depositata al fondo della pentola, togli il siero e lo metti in una altra pentola fino a scoprire la cagliata ( servirà per fare la ricotta)<br />Con le mani delicatamente fai una palla unica facendo uscire tutto il siero e lo metti nelle forme.<br />Il cestello devi metterlo in un contenitori di plastica per scolare.<br />Una volta riempito la fusella premere delicatamente il composto. <br />Va salato da una parte e il giorno dopo dall’altra, tenere in una stanza a 8 gradi su un asse di legno e tutti giorni lo devi pulire e rivoltare ( in acqua tiepida con poco sale e poi lo asciugarlo e lo rimetti sul legno) fino a maturazione.<br />RICOTTA DI CAPRA.<br />Quel siero che hai raccolto dal formaggio lo rimetti sul fuoco e porti il tutto ad 80 gradi, <br />versare ½ litro di latte di capra nel composto del siero <br />e<br />Riportare il tutto a 92 gradi, <br />Quando la ricotta viene in superficie spegni il fuoco <br />e <br />Lasci riposare il tutto, poi raccogli la ricotta e lo metti in uno stampo di plastica.<br />La lasci raffreddare in un contenitore di plastica rettangolare per raccogliere il resto del siero,<br />Una volta fredda metti in frigorifero ed il giorno dopo è buona da mangiare.<br />PS - per fare buoni prodotti bisogna osservare il procedimento almeno un paio di volte, soprattutto per imparare le posture di come girare il caglio e premere il formaggio quando lo metti nelle fuselle.<br /><br /><br />Stesura incompleta<br />1a correzione maggio 2010.AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-20912363111532004802011-03-26T13:03:00.000-07:002011-03-26T13:05:11.804-07:0012 LA CUCINA NEI GIORNI DI FESTAXII Capitolo.<br />La cucina nei giorni di festa.1790 - 1990<br /><br /> e…non solo…Dagli appunti di mia madre, così come gli aveva insegnato la sua zia Assunta (1870 –1952), e dagli appunti di “Mamma Gin”, la mia bisnonna (1850 -1938), tre generazioni di donne. Gli appunti di questo capitolo sono la storia alimentare di molte famiglie dell’alto vergante, non dei pasti quotidiani, ma delle domeniche, degli incontri tra parenti ed amici e delle così dette “feste tradizionali”.<br /><br />Indice della provenienza delle ricette. ( B) = Bisnonna, (A) = Zia Assunta, (N) = Nonna, (M) = mia Madre, (D) =Zia Domenica, (S)=Zia Santina. (P) = mio Padre.<br /> <br /> <br />Il Pane. Gli antipasti Gli antipasti freddi Gli antipasti caldi. Le torte vegetariane <br /> <br />Il burro e le salse All’aglio Alla cipolla. <br />I Primi piatti. Le zuppe I risotti Le paste Gnocchi La polenta.<br />I Secondi piatti Pesce Carne Selvaggina <br /> <br />Le insalate. I formaggi. Frutta Il vino. I dolci Castagne<br />Verdure sotto vetro per l’inverno Marmellate <br />Il Piccolo dizionario. Caffè Liquori Tisane<br /><br /> Era fatto normalmente una volta la settimana, il venerdì ” nel forrno a legna” ( mi ricordo negli anni 40 e 50, come se fose ieri il pane ed i grissini della pro zia Assunta).<br /><br /> Pane di grandi dimensioni. Con la stessa pasta si facevano anche le cosidette michette. (A)<br />Il pan <br />d’ Biava.<br /> Ingredienti: litri 3,2 d’acqua tiepida (a 18-20'), kg 10 di farina, g 200 di strutto (a piacere), g 80 di lievito (di birra). <br />Dopo aver deposto sulla spianatoia la farina, apritela a cratere, quindi versate gli ingredienti, badando di impastar tenendo distanti il sale dal lievito; come dire prima il lievito e per ultimo il sale. Date alla pasta un tempo di lievitazione di 80-90 minuti circa, in ambiente di 30' circa, facendo una piega in quattro, trascorsi i primi 45 minuti. Prendete l'impasto e formatelo a grosse pagnotte copritele con un telo e lasciatele lievitare per circa un'ora, a 30' e 70% di umidità. Tagliate in due le forme con la raschia di legno, onde evitare l'apertura il taglio prima dell'infornata. Infornate subito a temperatura sostenuta (250-270'), per circa 30 minuti secondo la pezzatura. Nei mesi estivi l'acqua va a 10-12' e il lievito si riduce a 70 g.<br />I grissini (A).<br />I sturtit della <br />zia Assunta. Ingredieni: Kg. 5 di farina, l. 3 di acqua a 10-12' (5 o 6 nei mesi estivi, g 60 di lievito (g 45 in estate), g 300 di strutto, g 250 di malto, g 80 di sale <br />Impastate la farina con 2 litri di acqua, aggiungendo sale, malto e strutto, quindi unite il lievito e la rimanente acqua; a piccole dosi, per incorporarla gradatamente. Impastate con buona lena e con l'amalgama ottenuto fate delle liste larghe 15 cm e alte 3 cm. Queste, ungetele (pennellandovi sopra un velo di olio), copritele con plastica alimentare e lasciate riposare per circa 2 ore. Ora, riprendete l'impasto ' ritagliate (nell'altro verso) strisce larghe 2 cm e tiratele fino a formare grissini lunghi e sottili. Questi, passateli in forno e lasciateli cuocere a temperatura sostenuta (sui 270°). Si può diminuire lo strutto e aggiungere una minima parte di olio di oliva.<br /> <br />Il pane della pro zia. Nato e vissuto fino a 12 anni in piccoli paesi del vergante, nipote di contadini, ho passato gran parte dei mesi estivi della mia infanzia in campagna, un vero zoo nostrano ed un infinito parco delle meraviglie, anche se eravamo in piena a guerra. Nel gioco, sono stato costretto ad utilizzare, fantasia, finzione e creatività sopratutto nel periodo pasato a Massino, abitavamo fuori paese ed era per me quasi impossibile frequentare altri bambini solo quando mia zia Domenica partiva per lavoro lasciava Linda la cuginetta che aveva due anni di meno. ( Mio fratello Paolo nasce nel 46 ) Giocare da solo era piuttosto impegnativo: mi costringeva ad essere al tempo stesso l’uno e laltro, facendomi saltare da un lato all'altro del mio campo di gioco, in una dimensione irreale. Erano proibiti, per me, i giochi di gruppo: nascondino, guardie e ladri, rialzo, lippa, sciorla, noci, biglie, palla di pezza e così via. Non mi restava che esercitare le mie limitate risorse nell'artigianato ludico, fabbricare pupazzi di fango, intagliare il legno andare per il giardino con il mio cane Muschin, insostituibile compagno dei miei giochi , un pastore - incrocio tra il bergamasco e l’abruzzese - , mi ricordo che per me era la mia guardia del corpo, (me lo hanno ammazzato i tedeschi, quando portarono via mio padre). Sotto la supervisione di mia madre, facevo le mie prime esperienze in cucina. E così, a partire dai cinque/sei anni, ho iniziato in qualche modo ad amare l'arte culinaria, per necessità, e ad impratichirmi un poco. Il ricordo più forte delle mie estati a Massino è quello del pane casereccio cotto nel forno a legna e poi a Brisino. Ogni venerdì mattina mia madre impastava e cuoceva il pane nel forno comunitario frazionale, di proprietà di una pro zia (sorella di mia nonna Linda), simpatico personaggio che tutti chiamavano Zia Assunta assai vecchia (per me che ero un moccioso), e ancor più vecchi mi sembravano quelli che frequentavano il forno, eravamo in piena guerra e nel paese erono rimasti solo vecchi donne bambini e pochi uomini. Che fossero dei tipi originali ai miei occhi era certo, visto che non parlavano in presenza dei bambini ma che noi comunque ascoltavamo il loro bisbiliare il loro mugugno contro la guerra e le difficoltà di campare. La pratica del forno a legna comunitario oggi è scomparsa, anche a causa di normative sanitarie. Fino alla metà degli anni 60, però, nel vergante ne esisteva almeno uno per comune o frazione, costruito e gestito da una famiglia, con il contributo di quanti lo utilizzavano. Così in questo forno ognuno aveva un copito a turno - il compito di pulire e mantenere il forno e di accendere il fuoco il venerdì mattina -, giorno deputato alla preparazione del pane. Ogni frazionista ripagava - la pro zia - con fascine e legna da usare come combustibile. Mia Madre ed io eravamo i primi ad andare al forno, anche perché poi mia madre aiutava la pro-zia. Così mi trovavo a vedere ogni volta la processione dei frazionisti, che arrivavano a piedi con il gerlo o spingendo una cariola su cui vi era la cesta contenente la pasta avvolta in un telo, continuava fino a sera inoltrata ed ero partecipe delle loro gioie (poche per la verità con la guerra in corso) ed i loro guai. Al rientro alla sera il profumo di pane fresco rimaneva a casa nostra per tutto il sabato e la domenica.<br />Pagnotte e grissini, ho in mente ancora oggi, e sono passati quasi sessant’anni, ogni passaggio della preparazione del pane. In primo luogo mia madre impastava acqua, farina, sale e lievito nella madia, poi avvolgeva il pastone in una vecchia pezza di tela di canapa (che ha conservato fino alla fina degli anni settanta, e che era stata tessuta, al telaio dalla mia trisnonna) e lo lasciava lievitare. Questo processo era per me pura meraviglia. Malgrado il divieto, passavo molto tempo a vedere la palla gonfiarsi, pizzicandola di tanto in tanto e strappandone piccoli bocconi che masticavo come fosse chewing-gum. Poi mia madre, sistemava la pesante pasta nella gerla di salice, quindi scendevamo da casa (sutmunt-sottto monte ) ed in 15 minuti eravamo al forno. La pro zia allungava la pasta sul tavolo di legno, la bagnava con uno straccio passato in acqua e la ripiegava lasciandola ancora riposare, poi prendeva una spece di scopa da forno, una lunga pertica alla cui cima stava uno straccio spesso, il più delle volte un telo di juta, la inzuppava in una vasca in pietra e con questo, spazzava il fondo del forno dalla cenere, per far posto alle pagnotte. Arrivava finalmente il momento più importante: il taglio della pasta con una sorta di spatola affilata in legno e la sistemazione delle grandi pagnotte (raramente le michette) crude in fila su una lunga assicella che era introdotta nel forno e poi ritratta con uno scatto agile che le depositava sul fondo, tutte perfettamente allineate. La pro zia era abilissima nel riempire perfettamente a raggiera il forno a cupola. La parte migliore, per me, era la preparazione dei grissini, alla quale volevo sempre partecipare, spesso, però, con risultati disastrosi. La mamma era l'addetta a questa delicata operazione. Da una striscia di pasta lunga circa 25 centimetri, velocemente tagliava con una spatola di ferro dei salamini che poi allungava rotolandoli e stirandoli con le mani. Passava poi grissini nel cruschello, mentre la pro zia li sistemava, a tre, quattro la volta, sull'assicella, infornardole nello stesso modo impiegato per le pagnotte. I grissini erano cotti per ultimi dopo che con la pala la pro zia aveva ritirato le pagnotte, gonfie e dorate e le aveva gettate nel cesto del pane. Nel frattempo mia madre, quando riusciava trovare dello zucchero, preparava delle focaccine in una teglia inzuccherata da cuocere con i grissini. La mamma di Iole, la frazionista del secondo turno, nel frattempo arrivava con la sua gerla e la sua pasta. Ed iniziava una nuova infornata e così via per tutto il giorno.<br /> (M)<br />L’aglio, la cipolla, lo scalogno e il porro. In questi quattro bulbi, quasi tutta la cucina di mia madre.<br />Molti piatti non sarebbero ugualmente sfiziosi senza il gusto piacevolmente pungente della cipolla o le note aromatiche dell'aglio. Considerati quasi a metà tra piante aromatiche e ortaggi, i bulbi (dei quali si consuma una specie di fusto sotterraneo composto da spicchi o da foglie carnose, le tuniche) presentano i vantaggi di entrambi. Sono senza dubbio gli ortaggi più saporiti e, proprio grazie alle sostanze aromatiche che contengono, possiedono diverse proprietà benefiche per la salute. In più sono disponibili tutto l'anno e hanno prezzi ragionevoli. In questo modo, con poca spesa, puoi sfruttare tutti i loro pregi.<br /><br /> L’aglio come elemento decisivo in alcuni piatti. L'aglio in cucina.<br /><br /> Benché l'aglio crudo sia sicuramente più efficace dell'aglio cotto, a livello terapeutico, non tralasciate di utilizzarlo anche in cucina, nelle vostre ricette. Trarrete in ogni caso giovamento dalle sue proprietà e inoltre renderete più aromatica e stimolante la vostra dieta. Ecco dunque alcuni consigli per utilizzarlo al meglio tra i fornelli:<br />1) Per separare gli spicchi senza romperli o perdere del succo prezioso ponete il bulbo su un tagliere di legno e col palmo date un colpo preciso gli spicchi di divideranno naturalmente. Spelateli con le mani e se l'operazione risulta difficoltosa provate a buttarli un istante in una ciotola d'acqua bollente e subito dopo in un'altra di acqua fredda.<br />2) Affettate l'aglio che vi occorre con un coltello affilato o con la mezzaluna. Se invece vi occorre una purea d’aglio servitevi di un mortaio, in cui avrete cosparso un poco di sale fino.<br />3) Non dimenticate che uno spicchio cotto intero ha un gusto meno intenso dello spicchio tagliato o spezzato o schiacciato. Ma se desiderate conservare solo l'aroma del bulbo infilzate lo spicchio con uno stuzzicadenti, mettetelo nella pentola con gli altri ingredienti e toglietevelo dopo pochi minuti.<br />4) L'aglio può essere arrostito oppure bollito: nel primo caso è bene toglierlo dal tegamino prima che annerisca e diventi amaro; nel secondo il gusto apparirà molto più blando ottimo anche l'aglio cotto sulla griglia, poiché quando la parte estermnadiviene nera e croccante l'interno è ancora morbido e appetitoso.<br />5) Se i vostri familiari non amano particolarmente il gusto del bulbo abbiate l'accortezza di eliminare il germe da ogni spicchio, prima di utilizzarlo, oppure di aggiungere alle insalate solo spicchi prima bolliti per un paio di minuti. In alternativa potete tagliare a metà uno spicchio; strofinarlo velocemente all'interno della pentola ed eliminarlo subito dopo.<br />Note:<br /> - Sotto il profilo nutritivo, tutti i bulbi apportano pochissime calorie (un etto di cipolle te ne dà solo 26) e hanno una discreta quantità di sali minerali, soprattutto il potassio (utile per mantenere la giusta pressione sanguìgna) e il fosforo (indispensabile componente dei tessuto osseo).<br />- Ancora più dei loro componenti nutritivi, però, sono importanti le sostanze a base di zolfo (in particolare il solfuro di allile), e gli oli essenziali che conferiscono l'aroma e il gusto tipici. è a queste sostanze che si devono molti dei pregi, primi tra tutti la capacità di proteggere il sistema respiratorio dai malanni invernali. Il nostro migliore aglio, erba cipollina, porro e cipolle rosse lo si coltivava alla Spelonca, le bianche nel Cios.<br />- Se non sopportate l’aglio, oppure vie difficile digerirlo provate a cucinarlo senza sbucciarlo con la pellicina e toglietelo per tempo, non fatelo ingiallire.<br />B<br /> La cipolla come elemento importanta per alcuni piatti. La cipolla in cucina.<br /><br /> Perche fa bene utilizzarla in cucina. Ha effetto diuretico ed è anche un buon coadiuvante contro le malattie da raffreddamento. Di recente si è scoperto che inoltre contiene una particolare sostanza, la quercitina, dotata di spiccato potere antiossidante ed efficace contro i radicali liberi. Approfittane per usarla ogni giorno in cucina: terrai alla larga gli effetti dei l'inquinamento. Se la fai bollire, usa poi l'acqua per cuocere minestre o minestrone. Come sceglierla I bulbi devono essere privi di germogli (segno che è fresca). Quelle bianche sono adatte per la cottura. le rosse, più dolci, sono buone crude. Si conserva per mesi tenendola in un luogo asciutto, buio e fresco.<br />Note:<br /> - Per non piangere quando sbucci le cipolle, raffreddarle in frigorifero prima di affettarle oppure immergile in acqua calda prima di tagliarle: il calore distrugge l'enzima (aliinasi) che produce la sostanza irritante.<br />- Non usarle solo per preparare una golosissima zuppa di cipolle. Crude, sono ottime per ínsaporire le insalate. Se vuoi gustarle in modo diverso, provale ad anelli sottili impastellate e fritte o crude, affettate fini sui formaggi più.<br />- Non metterla invece in frigorifero perché gli altri alimenti possono assorbirne l'odore.<br /> <br /> <br /> Parente stretta d’aglio e cipollle l’erba cipollina nasce da un bulbo , ma se ne consumano le foglie, cave e fragili, di colore verdino. Stimola e svolge buona azione lassativa dà sapore alle salse, anche nelle frittate o per aromatizzare le patate e le minestre. Si trova fresca quasi tutto l'anno e sopporta male l'essiccamento. Se vuoi conservarla, puoi congelarla chiusa in sacchetti di plastica per alimenti.<br />C<br /> Lo scalogno come parte caratteristica in alcuni piatti.<br /> Lo scalogno in cucina.<br /> Ha un'azione disintossicante. Svolge fuzioni antiossidanti e antietà grazie al suo contenuto in selenio. Per l'alta presenza di oli essenziali, vanta un potere leggermente calmante, di aiuto contro l'insonnia. Perciò, consumalo alla sera ma, per non disperdere le sostanze volatili con la cottura, mangialo crudo in insalata e affettalo all'ultimo momento... <br />Note:<br /> • Una salsa semplice ma sfiziosa? Pesta uno scalogno in un mortaio, aggiungi 2 noci di burro e amalgama bene. Squisita per accompagnare la came alla griglia. Inoltre, puoi usarelo scalogno in tutti i modi in cui utilizzi anche l'aglio e la cipolla: dà un tocco in più ai sughi, alle zuppe e ai soffríttí.<br />• Va tenuto in un ambiente asciutto ed evitate di avvolgerlo in pellicola di plastica per alimenti perché marcisce facilmente. Lo si può conservare pulito e lavato nel congelatore.<br />• (rimedio della nonna) Se non riesci a digerire lo scalogno, prova a strizzare i bulbi, dopo averli affettati, sotto un getto di acqua tiepida: perderanno parte dei loro sapore pungente ma non ti daranno più problemi di stomaco<br />D<br /> Il porro come parte importante in alcuni piatti.<br /> Il porro in cucina.<br /> Oltre a svolgere un'azione balsamica sull'apparato respiratorio, il porro ha proprietà diuretiche, antisettiche a livello dell'apparato digerente e combatte l'aerofagia, cioè l'accumulo di gas nell'intestino. Consumalo aggiunto a zuppe e minestroni a inizio pasto. Il porro deve essere consistente al tatto, di colore verde brillante sulle parte superiore (la tendenza al giallo indica che non è fresco) e bianco con trastante su quell’inferiore. Scartalo se è presente la canna. Si sviluppa quando la pianta è troppa<br />matura. Puliscilo dalla terra in superficie e tienilo in frigorifero avvolto in un sacchetto di carta: dura circa due settimane. Applica il succo del porro fresco (per ottenerlo puoi usare una centrifuga) direttamente sulla Pelle: calma l'irritazione cutanea provocata dalle punture degli insetti.<br />Note:<br /> • Puoi consumare le parti più tenere del porro crudo in insalata, oppure usarlo per preparare frittate, minestre, zuppe e sformati.<br />• Se vuoi come stuzzichino, presentalo avvolto in una fetta di prosciutto crudo magro da servire con grissini oppure pane tostato.<br />• Il periodo migliore per portare in tavola il porro fine ottobre a tutto marzo. Per gli altri bulbi la stagionalità è un po' meno definita perché esistono diverse varietà che, anche se raccolte in estate e in autunno, durano poi a lungo, fino a coprire tutto il periodo invernale.<br /> lo stesso vale per lo scalogno: si raccoglie da giugno in avanti ma secco lo puoi gustare anche a Natale.<br /><br />Ed ora passiamo alle ricette, ricordando che l'aglio si accompagna splendidamente ai funghi, alle melanzane, a tutte le verdure alla griglia e al prezzemolo.<br /> <br />Un tempo gli antipasti erano costìtuiti quasí esclusivamente da salumi, e insaccati caldi e freddi, o da elaborare preparazioni a base di pasticci, e di vegetali stagionali e per l’inverno quelli che riuscivono a conservare per lo più essicati o conservati nelle cantine e nelle soffitte Il malaie il re degli antipasti. Giorni di festa quando si macellava il maiale, arrivava un signore e si procedeva, normalmente si insaccava tutto.<br /><br /> (M) (*) inserito<br />A Normalmente tutti gli affetati.<br />Varietà <br />dei salumi maiale, <br />oca, l’asino, fegato ecc. Un tempo oltre alla lavorazione di salumi in casa, si utlizzava il mercato: Arona, Borgomanero Intra, Orta ed Omegna erono i più fequentati.<br />B Lavorazione artigianale, fatta in casa e normalmente era sufficiente per tutto l’anno.<br />C <br />Cacciatorini Lavorazione di carne di maiale, imbudellata e legata a circa 10 cm.Da gustare freschi o stagionati; sono pronti già dopo un mese d’appasimento. A Borgomanero, se ne producono anche con carne di asino.<br />Cavallini (o cacciatorini di cavallo) Salumi a base di carne di cavallo; specialità d’Arona. Come dire che si utilizza polpa di cavallo, confezionata nel budello le a piccoli rocchi, appunto cacciatorini<br />Coppa <br />di testa (in cassetta) La coppa di testa si prepara bollendo in una caldaia grande, colma di acqua la testa del maiale, la coda, gli zampetti ( a piacere), le ossa ricavate scarnitura e la lingua (a piacere). Nelle famiglie dove si faceva della coppa, si aggiungeva il cuore, ma anche alcuni pezzi della della gola e della pancetta e una piccola quantità di cotenne. All'inizio bisogna schiumare spesse volte, tenendo il fuoco costante allegro per tutta la cottura. Trascorso il tempo necessario affinché le carni siano ben cotte e facilmente separabili dalle ossa, si tolgono con la ramina, si salano e aromatizzono con pepe macinato, ricordando di eliminare gli occhi, le cartilagini e le dure del naso e delle labbra; poi si sminuzzano grossolanamente coltello, si impastano con le mani, badando di togliere eventuali di ossa o durezze di cartilagine, che risulterebbero assai fastidiose a mento dell'assaggio, ma anche per amalgamare con armonia il magro. Ora tutto è pronto per essere insaccato in una vescica di bue o in un sacchetto di tela, ben pressato, chiuso e legato strettamente tanto da uscire quel po' di brodo ancora rimasto. E importante ricordarsi di prima di appenderla. La coppa, così confezionata, va appesa in un ambiente freddo, affinchè rassodi. Sarà disponibile all'assaggio già il giorno dopo, ancora profumata e fragrante. Anticamente, con il brodo di cottura della coppa, si cucinavano Ali fagioli, di cavolo, di verdure miste e di cardi. Con il grasso affiorato durante il raffreddamento, invece, si intingoli o fritti dozzinali. Nell'acquisto dal salumiere, è consigliabile fare attenzione a sceglier la coppa di testa magra, non necessariamente troppo carica di colore (c'è rischio della presenza di sostanze chimiche coloranti), ma soprattutto nell'impasto: con parti più o meno magre, come la lingua e qualche cotica. La coppa di testa va tagliata rigorosamente a mano e sevita con i salumi.<br />L<br />Lardo. E’ un taglio del maiale che comprende lo strato adiposo sottocutaneo del dorso, unitamente al tessuto cutaneo, detto pelle, ma più esattamente cotenna. E chiamato così anche lo strato adiposo sottocutaneo del maiale, cui il lardo può essere anche di gola o di altre parti. Dalle due mezzene del maiale (come dire il maiale tagliato lungo il dorsale) si ottengono due metà di lardo: di colore bianco tendente al rosa rosaceo intenso ed uniforme. Il grasso sodo attenderà la salatura (in qualche caso anche l'affumicatura), per cedere gran parte del proprio peso offrirsi morbido e saporito all'assaggio. Il lardo originariamente era utilizzato come condimento di minestre e pietanze, anche come companatico, ma soprattutto fuso, come grasso per gere. Oggi sopravvive per arricchire di gusto e ammorbidire varie vivande, affettato, si presta per rivestire ("bardare") carni di bue o di vitello e cacciagione ; a listarelle, per lardellare, con l'apposito ago, carni da mettere questo, oppure come componente dell'impasto di certi salumi. Il lardo, affettato e arrostito alla griglia, si gusta volentieri tra due fette polenta calda, appena scodellata, ma anche come farcítura di crostini o mezzini. Ridotto a dadini, saltati in padella, sostituisce più che il o la pancetta, legando volentieri con un goccio di aceto (meglio se balsamico e impreziosendo un bouquet di insalate e radicchi freschì tagliati finemente. Quando è di grande qualità si può pepare e servire così com'è, accompagnato tda un fragrante pane casareccio o da una fetta di polenta calda.<br />Lingua salmistrata. (m) Ingredienti: una lingua di bue, 2 cucchiai di salnitro (nitrato di potassio, repetibile in farinacia) g 500 di sale fino, un bicchiere di vino rosso, un cucchiaio di pepenero grani, 2 chiodi di garofano, 2 foglie di alloro, un rametto di timo, un cucchiaio di aceto di vino rosso, un bicchiere d'acqua, una carota, una costa di sedano, 10 bacche di ginepro. <br />Si tratta della lingua di manzo ( quando macellava lo zio Zaverio (*) la teneva da parte per la nostra famiglia) , che viene strofinata con salnitro (nome popolare del "nitrato di potassio" e lasciata alcuni giorni in una salamoia aromatizzata e quindi bollita e servita fredda. La lingua salmistrata che si acquista va tenuta a bagno per qualche ora, per eliminare il sale in eccesso. Oggi solo le salumerie specializzate la propongono, ma è possibile anche prepararla in casa. Sistemate la lingua in acqua fredda, lasciandovela per circa 5 ore e cambiando l'acqua completamente ogni ora. Togliete poi i grumi di grasso esterno aggregati intorno alla radice e asciugatela. Passatela sulla fiamma, in modo che la pelle superficiale si gonfi e togliete la prima pelle. Lavate ancora e asciugate la lingua e strofinatela con un pugno di sale fino, finché ne abbia assorbito una buona parte. Strofinatela poi con un cucchiaio di salnitro, facendolo penetrare bene. Massaggiate con altro sale fino e create uno strato di sale sul fondo di una ciotola di coccio (mai di plastica, né di metallo), adagiatevela sul fianco e cospargete ancora di sale; copritela con una tavoletta o con un taglierino e ponetevi sopra un peso. Lasciate riposare la lingua in luogo fresco, ma non in frigorifero per 3 giorni in estate e 4 in inverno. Fate bollire in un pentolino un bicchiere d'acqua, uno di vino rosso e tutte le spezie. Fate raffreddare il liquido e versatelo sulla lingua. Rimettete la tavoletta o il tagliere con il peso e lasciate la lingua in questa marinata, per tre giorni o quattro nella stagione calda e cinque nella stagione fredda, rivoltandola ogni giorno. Trascorso questo tempo, estraetela dalla salamoia e lasciatela a bagno in acqua fredda per 3 o 4 ore, affinché perda l'eccesso di sale. Cuocetela quindi in acqua bollente e non salata per 3 ore con il sedano e la carota. Potete servirla calda o fredda, accompagnata da una salsa (verde, al peperone ecc.), da contorni (purè, spinaci al burro ecc.) o da una fresca insalatina. Si conserva fino a 2 settimane. (*)<br />M<br />Maionese dei poveri. (m) Affettate del pane di biova e ammorbiditelo in un po' d'acqua per qualche minuto, poi strizzatelo accuratamente. Aggiungete uno spicchio d'aglio schiacciato nel mortaio, amalgamate e incorporate al filo un decílitro d'olio d'oliva, il succo di un limone e una presa di sale. Mescolate nuovamente e se il composto vi sembra troppo denso diluite con poca acqua fredda. Mettete al fresco ( oggi in frigorifero) e dopo alcune ore servite la maionese sopra pomodori e uova sode.<br />Mortadella di fegato Solitamente si insacca fegato e pancetta di maiale tritati insieme, conciati con sale, cannella e pepe in polvere, vino bianco o rosso. Si insacca in budella sia di maiale che di bue, non più grande di 15 cm. Si cucina in acqua, come il cotechino, si serve calda accompagnata dalla polenta, che fredda affettata come antipasto.<br />O<br />Olive saporite. Mettete delle olive in un barattolo e copritele con l'olio d'oliva a cui avrete aggiunto cinque spicchi ridotti in poltiglia. Lasciate insaporire per alcuni e poi servitele con gli aperitivi.<br />P<br />Pech Mammella di mucca bollita, compressa in un apposito stampo, quindi servita a fetta, accompagnata da una salsa verde.<br />Prosciutto di Capra Cosce di capra. Salate e profumate, poi essicate al sole, in giornate limpide e leggermente ventilate<br />Pane all'aglio. Sciogliete in una padella un poco di burro, con due spicchi di aglio schiacciato e un po' di sale. Togliete dal fuoco e irrorate col burro fuso delle fette di pane carré. Ora riunite le fette su un piatto, perché si saldino l'una all'altra, avvolgete il pane in un foglio d'alluminio e mettete in forno a 200' per dieci minuti.<br />Pane <br />abrustolito Abbrustolite i lati di una fetta di pane casereccio e strofinateli con uno spicchio d'aglio tagliato a metà. Irrorate con un filo d'olio d'oliva e salate.<br />Pasticcio di fegato e coscia <br />di vitello.(m)<br /> Ingredienti per 6 persone:g 350 di fegato di vitello (oppure g 250 di fegato di vitello e g 100 di fegatini di pollo e di coniglio),g 250 di burro , una cipolla, 3-4 foglie di alloro, mezzo bicchiere di vino Marsala secco, g 150 di polpa di coscia, possibilmente di sanato (vitello allevato a latte naturale), (possibilmente vecchio), sale. <br />Dopo aver affettato la cipolla, rosolatela in circa 50 g di burro, senza che prenda colore. Tolta dal fuoco, nel sughetto rosolate la polpa di vitello; il tempo di colorirlo e sostituitelo con il fegato e le foglie di alloro (se necessario, aggiungendo altro burro). Unite la cipolla, vitello e fegato, salate, versate il vino Marsala e lasciate che assorba, proseguendo la cottura per alcuni minuti. Passate il tutto nel mortaio e poi in un setaccio( oggi nel tritacarne più volte, non è la stessa cosa), quindi al setaccio, tanto da ottenere una crema vellutata e fine. Ora, prendete il rimanente burro (lasciato ammorbidire fuori dal frigorifee impastatelo con la crema di fegato, aiutandovi con un cucchiaio di legno. In uno stampo rettangolare, da budino, foderate le pareti con carta oleata ( oggi stagnola), versatevi la pasta, pareggiatela, poi ricopritela con la stagnola mettete in frigorifero per almeno 3 ore. Il giorno dopo il paté sarà certamente migliore. Servite il paté tolto dallo stampo, decorandolo con una dadolata di gelatina (da farsi appositamente piuttosto asprigna, con la presenza dell'aceto accompagnato da fettine di pane in cassetta leggermente abrustolite ( tostato). Anche la presenza del tartufo è gradita, per non dire agognata; ma allora, necessario eliminare la gelatina; e il tartufo conviene amalgamarlo, tritate nell'impasto del paté.<br />Pasticcio <br />di fagiano.<br />(M)<br /> Ingredienti per 6 persone: un fagiano giovane, g 350 di prosciutto crudo (magro e grasso), 2 coste di sedano affettate, 4 cucchiai di olio di oliva, mezza cipolla tritata, g 500 di burro, una carota tritata, un bicchiere di vino Marsala secco, 2 foglie di alloro, mezzo tartufo bianco, non guasta di certo, un rametto di maggiorana, sale e pepe di mulinello, 3 bacche di ginepro. Nettate il tartufo con uno spazzolino leggero e uno straccetto umido. Pulite il fagiano, privandolo del piumaggio e fiammeggiandolo; lavatelo e asciugatelo con un canovaccio, quindi tagliatelo a pezzi, conservando il fegato, e conditelo con sale e pepe. In una casseruola ampia mettete a soffriggere in poco olio il trito delle verdure insieme alle erbe profumate e agli aromi; ai quali aggiungete i pezzi di fagiano e il prosciutto tagliato a dadini; coprite e lasciate cuocere adagio, bagnando ogni tanto con lacrime di vino Marsala. Quando il volatile è cucinato a dovere, scarnitelo, aggiungete il burro poi il tartufo tritato e passate il tutto al mixer; l'amalgama ottenuto "dimenticatelo" in frigorifero, per utilizzarlo dopo alcune ore.<br />Pasticcio <br />di pollo <br />e olive nere.<br />(M) Ingredienti per 6 persone: un pollo, burro, circa un terzo del peso della polpa macinata, una cipolla, una carota, g 80 di pasta di olive nere, una costa di sedano, olio eytra veigine, mezzo porro, noce moscata grattugiata n mazzetto odoroso (alloro, salvia, timo,la scorza di mezzo limone, rosmarino, basilico ecc.) sale e pepe nero di mulinello. Lessare il pollo, in abbondante acqua salata, aromatizzata dalle verdure e dal mazzetto odoroso. Quando la carne è cotta a dovere, toglietela dal bollore, asportate la pelle e il grasso, scarnitela e passatela al tritacarne, più di una volta. A questa unite il burro (pari ad un terzo del suo peso), quindi la pasta di olive nere e alcuni cucchiai di olio; spolverizzate pepe nero. profumate con noce moscata e scorza di limtandovi con un cucchiaio di olio, un limone grattugiata, quindi amalgamate il tutto aiutandovi con un cucchiaio di legno. Il composto versatelo in uno stampo (Precedentemente foderato con carta stagnola) e passatelo in frigorifero per alcune ore. Servitelo accompagnato da fettine di pane in cassetta appena tostate<br />Q <br />R <br />S <br />Sanguinaccio A base di lardo, carne suina, di sangue e patate, in precedenza lessate. Si consumano cotti e tagliate a fette<br />Salsa <br />al cetriolo. Tritate finemente un cetriolo, salatelo e lasciatelo sare per 15 minuti. Quindi togliete l'acqua in ecco, unite due spicchi d'aglio schiacciatí, un cucchiaio di aceto di mele, una tazza di yogurt intero e mescoli. Infine incorporate un paio di cucchiai di olio d'olio di oliva<br />T <br />U <br />V <br />Z <br />Note: (M)<br /> COME SCHIACCIARE GLI SPICCHI. Molte ricette prevedono l'utilizzo d’aglio schiacciato. Un metodo veloce ed efficace per compiere quest’operazìone consiste nel disporre una grossa lama dì coltello in senso trasversale, in pratica pìatta, sopra gli spicchi per poi colpirla col palmo della mano.<br />QUANTO AGLIO NEL PESTO? Esistono molte versioni della famosa ricetta per preparare il pesto alla genovese. La quantità di aglio più adatta dipende dal vostro gusto personale. sono sufficienti pochi spicchi ma molti non disdegnano un gusto più intenso.<br />AGLIO E PREZZEMOLO. Questi due ingredienti si accostano benissimo e non solo per soddisfare il palato. Il prezzemolo, infatti, ha molte virtù terapeutiche, simili a quelle esercitate dall'aglio. Per esempio è ottimo contro l'anemia e l'anoressia, le flatulenze, le febbri e le infezioni, le malattie del fegato e i parassiti intestinali.<br /> (M) da terminare<br />Crochette di verdura Scegliete degli ortaggi di stagione a vostro piacere, e tritateli. Aggiungete delle olive sminuzzate, pane grattato, uova e un trito d'aglio. Impastate il tutto con le mani e fatene delle crocchette chefriggerete in olio bollente. (ancora meglio se è di noci).<br />Primavera della Spelonca.<br /><br />Tempo1ora 30<br />Difficoltà<br />Nessuna<br />un tempo<br /> l’olio era di noci, per <br />chi se lo poteva permettere Dosi occorrenti per 4 persone: 1 peperone giallo e 1 verde, 2. cipolle, 2 zucchine, 1 melanzana, 4 pomodorini, sale, pepe, olio.(normalmente si mangiavano per le feste da luglio a settembre) Lavate, mondate dai semi e tagliate a striscioline i peperoni verdi e quelli gialli tenendoli però divisi; pulite le cipolle riducetele ad anelli sottili; fate a listerelle le melanzane e cosi pure le zucchine; tagliate in due i pomodori, togliete loro i semi e l'acqa e poi riduceteli in tanti spicchíettí. Con le verdure cosi preparate riempite ora una teglia che possa andare in tavola facendo tante strisce (non strati) di verdure, una per qualità, cercando di alternare i colori.Ad esempio: la prima striscia di cipolle, la seconda di peperoni verdi, la terza dì zucchìne, poi una di pomodori la quinta di melanzane e infine, quella di peperoni gialli. Per la buona riuscita del piatto non è indispensabile che vi siano tutte queste verdure: bisogna pero tenere presente l'effetto cromatico e cercar di avere almeno due o tre colori diversi. Salate, pepate, bagnate con un filo d’olio*, coprite bene (oggi con un foglio dì alluminio che salderete bene attorno al bordo della teglia) e poi mettete in forno dolce per un'ora circa.<br />A metà cottura controllate ed alzate un po' la gradazione del fuoco (oggi del forno) se vi fosse troppa acqua di vegetazione o aggiungetene un goccino se stesse seccando troppo. A cottura ultimata le verdure devono apparire asciutte ma non secche.<br /> <br />Le zuppe, le minestre. Dopo il riso, come piatto preferito, arrivono le zuppe ed in particolare i passati e le minestre.<br />Acqua <br />cotta <br />(b)<br /> Ingredienti. Mínestra povera, frutto dell’orto e del pollaio. Ingredienti per 6 persone: 2 cipolle tritate, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, 3 patate, mezzo dl di olio di oliva, 6 uova, g 250 di bietola giovane e fresca, 3 litri di brodo di carne, 4 pomodori maturi (privati della pelle, dei semì e dell’acqua dì vegetazione), 6 fette di pane abbrustolite, 2 carote, grana grattugiato, una costa di sedano, a piaceresale e pepe di mulinello. Pelate le patate e tagliatele a tocchetti piccoli. Lavate con cura la bietola e tritatela grossolanamente. In una pentola (ideale se di terracotta), versate l’olio, quindi aggiungete la cìpolla, la carota e il sedano tritati, poi i pezzetti di patata, la bietola, la polpa dei pomodori sminuzzata e il prezzemolo. Fate rosolare, quindi versate il brodo di carne, regolate di sale e pepe, incoperchiate e lasciate cuocere adagio. Cinque minuti prima di servire la minestra sgusciate le uova nel brodo, mescolate con cura e fate sobbollire appena. In ogni ciotola monoporzìone adagiate una fetta di pane abbrustolito, versate la minestra, spolverate con formaggio grattugiato e pepe, poi servite. Si può aggiungere un trito di aglio<br />Brodo all’aglio.<br />(b). Mettete in una grossa pentola due litri teste d'aglio, due cucchiai di prezzemolo tritato e una foglia di alloro, due cucchiai di timo e sale. brodo bolle abbassate il fuoco e fate cuocere Potete offrire questo brodo in tazza, oppure per bollirvi gamberetti e per allungare salse.<br />Brudascia. <br />(b).<br /> Ingredienti per 6 persone: ossa di maiale, comprese le costine, mezzo dl di olio di oliva, 2 cipolle, di cui una tagliata a metà. (per il brodo), g 20 di burro, una carota a pezzi, un rametto di rosmarino (da togliere) una costa di sedano a pezzi, g 200 di riso Vialone nano, uno spicchio di aglio tritato, sale e pepe di mulinello.<br /> In una pentola mettete 3 litri di acqua, poi le verdure (sedano, carotae cipolla) e le ossa di maiale, comprensive (meglio abbondare) di costine. Dopo alcune ore (badate, soprattutto all'inizio del bollore, di schiamare il brodo con una mestola forata) togliete le ossa - conservando il brodo di cottura filtrato - e le costine scarnitele. La carne recuperata passatela al tritacarne insieme alla cipolla fresca ed all'aglio. Ora, in una casseruola capace, soffriggete nell'olio e nel burro il il macinato profumate con il rosmarino e fate insaporire per circa 10 minuti. Togliete il rametto di rosmarino e calate il riso, quindi mescolate con cura per tostarlo ed insaporirlo anch'esso; bagnate con mestoli del brodo di cottura delle ossa e lasciate terminare la cottura (piccolo bollore). Cinque minuti prima di servire la brudascia, aggiungete al riso il maiale; regolate di sale e pepe, mescolate più volte quindi servitela al più presto in tavola.<br />Minestra di lenticchie. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 180 di lenticchie, 2 1 di brodo di came, g 60 di lardo pestato , g 120 di pasta secca (o riso), g 60 di pancetta pestata, un rametto di rosmarino, mezzo dl di olio di oliva, mezza foglia di alloro, una cipolla tritata, grana grattuggiata, 2 spicchi di aglio tritati, pepe nero macinato, un bicchiere di vino bianco secco, un mestolino di passato di pomodoro, sale. Già la sera precedente, mettete a bagno le lenticchie in acqua fredda. In una pentola di coccio, fate soffriggere nell'olio il pesto di lardo e pancetta, insieme al trito di aglio e cipolla; appena rosola, calate le lenticchie, irrorate vino bianco e lasciate che evapori. Ora, aggiungete il passato di pomodoro, versate il brodo, regolate di sale e pepe, coprite e cuocete adagio. Dopo circa 30 minuti aggiungete la pasta o il riso. Poi, cinque minuti prima di togliere la minestra dal fuoco, profumatela con un rametto di rosmarino e mezza foglia di alloro (da togliere, prima di servire). Portate in tavola la minestra fumante, accompagnandola con il macinino del pepe nero e il formaggio grattugiato a disposizione dei commensali.<br />Minestra di ceci e costine<br />.(n). Ingredienti per 6 persone:g 400 di ceci secchi, 2 patate, g 500 di costine di maiale, fette di pane raffermo (o abbrustolite), una cipolla tritata a piacere, un cucchiaio di prezzemolo tritato, grana grattugiato a piacere, un cucchiaio di olio di oliva, un mestolo di salsa di pomodoro, sale. Già la sera precedente bagnate i ceci in acqua fredda. In una pentola (ideale se di terracotta) mettete circa 2,5 litri di acqua salata; calate i ceci e fateli cuocere adagio. Dopo almeno tre ore saranno cotti a puntino. Nel frattempo, in una padellina, rosolate nell'olio il trito di cipolla e prezzemolo; questo versatelo nella pentola, poi unite la salsa di pomodoro, regolate di sale. incoperchiate e proseguite nella cottura. Pelate le patate, tagliatele a dadini e unitele al brodo. Le costine separatele tra loro, tagliando la carne a ridosso delle ossa, quindi aggiungetele al brodo. Proseguite nella cottura per almeno un'ora, il tempo che tutti gli ingredienti siano cotti a puntino. Servite la minestra calda e fumante, sopra fette di pane disposte nei fondi delle scodelle o delle ciotole, accompagnandola a formaggio grattugiato.<br />Minestra <br />di noci.<br />(b).<br /> Ingredienti per 6 persone: g 600 di noci intere, fette di pane raffermo, un bicchiere di latte intero (o panna liquida), g 30 di burro, per rosolare le fette di pane, sale e pepe di mulinello, 2 litri di brodo buono di carne. Schiacciate le noci, per asportare i gherigli, quindi questi metteteli in abbondante acqua salata per scottarli; scolateli e privateli della pellicola che li avvolge. Ora, i gherigli pestateli entro il mortaio (o nello squallido, moderno, mixer) e lavorateli insieme al latte, tanto da ottenere una crema scorrevole. In un tegame portate a bollore il brodo, unite la crema di noci, spolverizzate pepe macinato, mescolate più volte e fate cuocere per qualche minuto, quindi servite la minestra, caldissima; da versare nelle scodelle, dopo aver collocato sul fondo fettine di pane rosolate nel burro.<br />Minestra di castagne <br />(b) Ingredienti per 6 persone: g 250 di riso comune o semifino, g 30 di burro, g 300 di castagne secche, sale, un litro di latte. Mettete a bagno le castagne già la sera prima: per ammorbidirle e privarle facilmente della pellicina. L'indomani, prendete una pignatta in terracotta; collocatevi le castagne copritele di acqua, salatele e Portatele a cottura, con fiamma docile e coprite il tegame . Dopo circa 2 ore aggiungete il riso; a metà cottura versate il latte e lasciate sobbollire. Un attimo prima di servire la minestra unite il burro, mescolate a dovere e servite la vivanda, caldissima. Si usa anche profumare le castagne con una foglia di alloro, durante il bollore.<br />Minestra di riso e latte.<br />(m). Ingredienti per 6 persone: un litro e mezzo di latte intero, g 50 di burro g 400 di riso Vialone nano, sale. In due casseruole dividete il latte, quindi ponetele sul fuoco, finché non bolle. Sotto ad una spegnete il fuoco, nell'altra calate il riso, salate e fate adagio, mescolando perché non attacchi. Qui, poco per volta, aggiungete l'altro latte in parte raffreddato e te finché il riso è cotto a dovere; allora unite il burro, mescolate più volte , servite la minestra, caldissima e fumante.<br />Minestra di riso <br />e prezzemolo. <br />(d)<br /> O della zia Domenica. Ingredienti per 6 persone: un bel mazzetto di prezzemolo fresco , g 180 di riso Vialone nano, g 60 di burro , 2 1 di brodo buono di carne, una cipolla tritata a piacere, grana grattugiato, 2 spicchi di aglio tritati , sale<br />Dopo aver nettato il prezzemolo, lavatelo e tritatelo finemente. Nella pentola (ideale se di terracotta), soffriggete nel burro il trito di cipolla; appena rosolano unite il riso e fatelo tostare per pochi minuti, mescolandolo spesso. Ora, versate il brodo e lasciate cuocere il tutto, adagio, con il tegame incoperchiato. Pochi minuti prima di spegnere il fuoco aggiungete il prezzemolo tritato, regolate di sale e terminate la cottura. Servite la minestra calda (o tiepida), accompagnandola con il formaggio grattugiato<br />Minestra di riso <br />e rape.<br />(n). La specialità di Brisino. Ingredientì per 6 persone: 2 litri di buon brodo di carne, grana padano grattugiato, a piacere, 3 rape, un cucchiaio di Grappa bianca, g 300 di riso, sale e pepe dì mulinello un cucchiaio di prezzemolo tritato. <br />Afettate le rape e tagliatele a dadini o a fettine sottili. In una pentola (ideale se di terracotta) scaldate il brodo quindi tuffatevi la dadolata di rape. Dopo circa mezz'ora unite il riso e fate cuocere adagio. Pochi minuti prima di servire in tavola, regolate di sale e pepe spolverizazate con il prezzemolo tritato e il formaggio grattugiato. Mescolate più volte, versate la Grappa, quindi portate in tavola.<br />Minestra <br />di tagliatelle<br /> e castagne.<br /> (b). Specialità della “Mamma Gin”. Antica ricetta invernale. Ingredienti per 6 persone: g 300 di castagne secche, una cipolla tritata, mezzo dl di olio di oliva, g 300 di taglierini freschi fatti in casa g 30 di burro. <br />Già la sera precedente mettete a bagno le castagne nell'acqua fredda salata. Il giorno dopo, sgocciolate e ripulite della pellicina, cuocetele in una pentola (ideale se di terracotta) con circa 3 litri di acqua, appena salata. Intanto, preparate il soffritto rosolando in una padellina la cipolla insieme all'olio e al burro. Quando le castagne (e l'acqua s'è quasi dimezzata), e sono cotte a dove calate ì taglierini, poi il soffritto; mescolate più volte e terminate la cottura, quando la pasta è cotta, lasciatela riposare e servite la minestra calda.<br />Minestra di tagliolini<br /> e fagioli.<br />(m). Pasta e fagioli. Ingredienti per 6 persone: g 250 di taglierini fatti in casa, con due tipi di farina, bianca e gialla, 3 spicchi di aglio tritati, 3 foglie di basilico sminuzzate, 2 patate, g 500 di fagioli freschi sgranati, g 40 di lardo (o pancetta) pestato, 2 cucchiai di salsa di pomodoro, una cipolla tritata, 3 cucchiai di olio di oliva, sale una costa di sedano tritata. <br />Pelate le patate e tagliatele a dadini. In una pentola (meglio se di terracotta) versate circa 2 litri di acqua salataAppena bolle calate i fagioli, poi unite il pesto di lardo, la dadolata di patate e il trito di cipolla e sedano, quindi l'aglio, il basilico, la salsa di pomodoro e l'Olio; regolate di sale. Coprite la pentola e lasciate cuocere adagio, sobbollendo per circa due ore. Pochi minuti prima di servire la minestra calate i tagliolini appena son venuti a galla portateli in tavola. .<br />Minestra<br />di trippa.<br /> (m). Ingredienti per 6 persone: g 800 di trippa, g60 di burro, g 150 di cipolletritate, litri 2,5 di brodo di came, 2 porri affettati sottilmente, una puntina di droghe miste, in polvere: g 60 di lardo (o pancetta) tritato, cannella, noce moscata, chiodi di garofano, una costa di sedano affettata sottilmente, g 200 di patate, curcuma, una foglia d’alloro, parmigiano grattugiato, 2 foglioline di salvia, sale e pepe di mulinello, peperoncino ecc. Lavate con cura la trippa, poi tagliatela a listarelle. Pelate le patate, tele e tagliatele a dadini. In una pignatta di terracotta, rosolate nel burro il trito di cipolla e lardo, poi il porro e il sedano affettati, profumate con l'alloro e la salvia; pochi minuti, mescolando più volte, unite la trippa, quindi la dadolata di patate, il misto di droghe, sale e pepe; per ultimo il brodo già caldo. Coprite e lasciate cuocere adagio, per circa 2 ore. Versate il formaggio grattugiato, mescolate ancora e portate in tavola. ( In inverno se si lascia brodosa si possono aggiungere le foglie di verdi della verza, unite al bollore soltanto pochi minuti prima di togliere la minestra dal fuoco).<br />Minestrone <br />bianco <br />Con le verdure dell'orto<br />tipicamente invernali.<br /> (m). Ingredienti per 6 persone: g60 di lardo (o Pancetta) pestato , un pezzo di zucca, la sola polpa,tagliata a dadini, una cipolla tritata, 3 foglie di salvia , 3 porri affettati, una puntina di bicarbonato, un cuore di sedano affettato, un osso di prosciutto, 2 croste di grana ,4 patate, grana grattugiato a piacere, mezzo cavolo cappuccio affettato, oilio di oliva, 2 rape, g 120 di fagioli secchi, fette dipane abbrustolite. sale e pepe nero di mulinello. <br />Già la sera precedente mettete a bagno i fagioli in acqua fredda, con un pizzico di bicarbonato. Pelate le patate e tagliatele a dadini. Pelate anche le rape, poi tagliatele a listarelle. In una pentola (preferibilmente di terracotta), mettete a rosolare il pesto di lardo, al quale unite tutte le verdure, con circa 3 litri di acqua; regolate di sale e pepe e lasciate cuocere adagio, fino al bollore; aggiungete l'osso di prosciutto e le croste di formaggio. Terminata la cottura, servite il minestrone sopra fette di pane abbrustolite, irrorate con un filo di olio e, a piacere, spolverizzate con formaggio grattugiato.<br />Minestrone.<br />(m). Ingredienti per 6 persone: g250 di copertina di manzo (o vitello), una carota tritata, g 80 di trippa, una costa di sedano tritata. g 80 di testina di vitello, 2 patate, pelate e tagliate a dadini, 4 cucchiai di olio di oliva, un ciuffetto di bietola tritata, g 120 di fagioli secchi, g60 di lardo pestato, g 80 di ceci, una cipolla tritata, g 80 di lenticchie, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, g 80 di fave, un ciuffetto di rosmarino tritato, 3 cipollotti affettati, 2 spicchi di aglio tritato, un porro affettato, una zucchina, tagliata a dadini, sale e pepe nero di mulinello. Fin dalla sera precedente, mettete a bagno in acqua fredda i fagioli, le lenticchie e i cecì (se preferite, in contenitori diversi) In una pentola grande fate soffriggere pochissimo olio, poi calate tutte le verdure, versate circa 3 litri di acqua, regolate di sale e pepe e lasciate cuocere adagio. A parte, in una casseruolina, rosolate nel rimanente olio le carni, da rigirare spesso per cucinarle uniformemente, quindi toglietele dal fuoco, tagliatele a pezzettio a dadini, quindi unitele alle verdure. Intanto che bollono, preparate il soffritto: poco olio in una padellina, dove soffriggere, appunto, la cipolla, il prezzemolo, l'aglio e il rosmarino insieme al lardo. Questo unitelo al brodo, mescolate più volte e terminate la cottura.. tanto che il brodo si sia in parte asciugato. Servite il minestrone caldissimo, accompagnandolo con il macinino del pepe nero e il bricco dell'olio buono. Scontato, il formaggio grana grattugiato a disposizione dei commensali; come pure, sempre a piacere, fette di pane raffermo, abbrustolite o soffritte nel burro.<br />Minestra <br />d'avena <br />all’aglio. *b.” Fate bollire dell'avena per un'ora, toglietela dal fuoco conditela con del pesto particolarmente ricco d'aglio.<br />Passato di fagioli. (m).<br /> Ingredienti per 6 persone: g500 di fagioli freschi appena sgranati, 2 cucchiai di pesto (basilico e olio ), una carota, a pezzi, un ciuffetto di foglie di salvia, g 40 di burro, 4 foglie di basilico, un dado da brodo, mezza costa di sedano, un bicchiere di latte intero (o panna liquida), 3 patate pelate, grana padano grattugiato, a piacere, 2 cipolle bianche grosse, tagliate a metà, fettine di pane raffermo, soffritte nel burro, 5 pomodori maturi (privati della pelle,dei semi e dell'acqua di vegetazione), sale e pepe. <br />In una pentola (ideale se di terracotta) mettete circa 3 litri di acqua salata, poi versate i fagioli insieme agli odori (sedano, carota, salvia e basilico). Circa a metà cottura dei fagioli aggiungete le patate, le cipolle, la polpa dei pomodori, il pesto e il dado, quindi proseguite nella cottura. Quando tutto vi pare cotto a puntino, spegnete il fuoco, passate il contenuto al setaccio o nel passaverdure; ora, versate la crema in una casseruola, unite il burro e il latte, regolate di sale e pepe, mescolate più volte e fate addensare, sopra fiamma docile. Portate in tavola il passato non troppo caldo, diremmo meglio tiepido, sopra fettine di pane soffritte.<br />Pasta e fagioli.<br />(m). Ingredienti per 6 persone: g 400 di fagioli secchi, mezza costa di sedano tritata, una puntina di bicarbonato, uno spicchio di aglio tritato una foglia di alloro, un bicchiere di vino bianco secco, un rametto di rosmarino, 3 foglie di salvia, un osso del prosciutto, g 200 di pasta fresca, corta, g 80 di lardo (o pancetta) pestato, olio extra vergine di oliva a piacere, mezza cipolla tritata, sale e pepe di mulinello, una carota tritata <br />Già la sera precedente lasciate a bagno i fagioli in acqua fredda, con un pizzico di bicarbonato. In una pentola (ideale se di terracotta) mettete circa 3 litri di acqua salata, calate i fagioli, profumate con l'alloro e il rosmarino e, appena s'è raggiunto il bollore, aggiungete l'osso del prosciutto, coprite e lasciate sobbollire per circa 2 ore. Nel frattempo preparate il soffritto, rosolando in una casseruola il lardo pestato insieme alle verdure tritate; versate il vino bianco, mescolate più volte e appena s'è in parte asciugato aggiungete i fagioli (appena lessati e tolti dal bollore); questi fateli insaporire per qualche minuto. Ora, tutto il composto - fagioli e soffritto - unitelo al brodo di cottura; regolate di sale e pepe, mescolate, quindi cuocetevi la pasta. . Alle verdure tritate si può aggiungere del prezzemolo, oppure passare al setaccio o al passaverdure una parte dei fagioli, si ottiene una minestra più cremosa. Servite la minestra di fagioli caldissíma, accompagnata dal macinino del pepe e il bricco dell'olio, a disposizione.<br />Zuppa<br />di pane.<br />(b). Affettate del pane casereccio e ponetene una fetta in ogni ciotola per consommé. Appoggiatevi sopra un uovo crudo e quindi coprite con un brodo preparato nel seguente modo: soffriggete sette spicchi d'aglio schiacciati in poco olio d'oliva e prima che anneriscano aggiungete delle erbe aromatiche sbriciolate, per esempio salvia, timo, alloro, rosmarino, semi di finocchio, menta. Coprite con un litro d'acqua e fate bollire per 15 minuti. Infine filtrate il brodo e versatelo nelle ciotole.<br />Zuppa<br />al latte. (b). Schiacciate tre grossi spicchi d'aglio e poneteli in una pentola a dorare. Quindi aggiungete mezzo litro di latte e portate a ebollizione. Unite poi un tuorlo d'uovo, salate e servite la zuppa con crostini di pane.<br />Zuppa<br />ricca. (b). Cuocete in tre litri d'acqua , quattro teste d'aglio tagliuzzate, due carote, una rapa, prezzemolo e sedano. A cottura ultimata aggiungete un etto di noci secchi tritati.<br />Zuppe per chi influenzato. L'aglio cotto ha un gusto meno intenso dello stesso e rudo e nelle minestre può ben sostituire il solito dado. Preparate una zuppa calda e molto ricca di aglio per chi è influenzato e lo aiuterete a guarire più in fretta<br />Zuppa<br />di castagne.<br />(b). Ingredienti per 6 persone:, g 300 di castagne secche, g 250 di fagioli secchi , un bicchiere di vino bianco secco, g 80 di lardo .(0 pancetta) pestata, 2 mestoli di brodo di carne, una cipolla tritata, olio extra vergine di oliva, mezza costa di sedano tritata, fette di pane abbrustolite, spicchi di aglio, a piacere sale e pepe di mulinello <br />Mettete a bagno, annegati nell'acqua, sia le castagne che i fagioli, almeno la notte prima di cucinarli. Il dì appresso in una in Pochissimo Mescolate con un cucchaio in una pentola di terracotta fate soffriggere Olio il trito di lardo, cipolla, sedano e aglio perché non attacchi al fondo, poi unite i fagioli e le castagne; dopo pochi minuti il tempo che tutto prenda sapore - a ggiungete il vino bianco e lasciate che evapori. Ora versate nella pignatta il brodo, regolate di sale e pepe, incoperchiate e fate cucinare adagio, per almeno 3 ore. In ogni piatto da porzione disponete 2 fettine di pane abbrustolite, versatevi sopra la minestra e, a piacere, un filo di Olio crudo. S ervite subito ancora fumante.<br />Zuppa<br />dei matti.<br />(n). Ingredienti per 6 persone: g 250 di patate, 2 litri di brodo di carne, una carota tritata, g 120 di pasta secca piccola, una costa di sedano tritata, g20 di burro, uno spicchio di aglio triato, 2 cucchiai di olio di oliva, un bicchiere di vino bianco, una cipolla tritata, grana grattugiato a piacere sale e pepe <br />Pelate le patate e tagliatele a tocchetti o a dadini. In una pentola mettete a soffriggere nell'olio e nel burro le verdure tritate; appena rosolano unite le patate, versate il vino bianco e lasciate evaporare un attimo, poi aggiungete il brodo bollente e incoperchiate. Il tempo che le patate siano cotte a dovere, alcune schiacciatele con i rebbi di una forchetta, regolate di sale e pepe, mescolate più volte, quindi la pasta e portate a termine la cottura (dopo circa 20 minuti). Servite la minestra fumante, accompagnandola con il formaggio grattugia. to e il macinìno del pepe, a piacere.<br />Zuppa dei <br />poveri. (b). Ingredienti per 6 persone: 6 pomodori maturi (privati della pelle,dei semi e dell'acqua di vegetazione), 6 uova, g 60 di toma fresca, mezzo dI di olio di oliva, 6 fette di pane abbrustolite, g 20 di burro, 2 spicchi di aglio, sale e pepe di mulinello. <br />In una pentola (ideale se dì terracotta), fate soffriggere nell'olio e nel burro l'aglio tritato, quindi aggiungete la polpa dei pomodori tagliata a dadini, o sminuzzata con le dita; versate 2 litri di acqua e lasciate cuocere (a tegame incoperchiato) per almeno un'ora. Intanto, la toma fresca tagliatela a dadini. Cinque minuti prima di togliere dal fuoco, sgusciate le uova, che tuffate nel brodo, mescolate con una frusta o un cucchiaio di legno e terminate la cottura. Servite la minestra in ciotole dì terracotta monoporzione, sul fondo delle, quali avrete disposto una fetta di pane abbrustolita, poi la dadolata di toma, infine il brodo con le uova; spolverizzate di pepe e portate in tavola<br />Zuppa <br />del giorno dell'uccisione <br />del maiale.<br />(b). Ingredienti per 6 persone: g 180 di ceci secchi orecchie, g 120 di fagioli Spagna secchi grandi, orecchie, costine, cotenna fresca, zampetti, parte della testina, coda di maiale, una puntina di bicarbonato<br />2 patate pelate, olio extra vergine di oliva, 2 cipolle affettate, un mazzetto profumato (salvia, sedano e prezzemolo), olio extra vergine di oliva, fette di pane abbrustolite e soffregate conl'aglio, sale e pepe nero di mulinello. <br />Già la sera precedente avete messo a bagno i ceci in acqua fredda, insieme ad una puntina di bicarbonato. Fate lo stesso con i fagioli, ma in un altro contenitore.Calcolate che i ceci abbisognano di molte più ore dei fagioli per ammollarsi. In una pentola mettete a lessare le parti del maiale, appena ammazzato; quelle che solitamente vanno nel paiolo della coppa di testa o macinati per i cotechini. Dopo circa mezz'ora sono cucinati a puntino, da scolare e tagliare a listarelle o a pezzetti. Ora, in una pentola (meglio se di terracotta) mettete i ceci, i fagioli, le patate e le cipolle, profumate con il mazzetto, versate circa 2,5 litri di acqua salata e fate cuocere adagio. Aggiungete i ritagli del maiale, mescolate e proseguite nella cottura (non meno di un paio di ore). Servite la zuppa, piuttosto morbida, sopra fette di pane agliate, spolverizzate con pepe nero macinato e irrorate di olio fresco.<br />Zuppa dell'asino.<br />(b).<br /> Antica vivanda da gustarsi fredda, come corroborante contro certe malattie di stagione, soprattutto influenza e raffreddore. Ingredienti per 6 persone:8 chiodi di garofano pestati g 400 di pane di segale raffermo, una bottiglia di vino rosso, noce moscata grattugiata, un pezzetto di cannella, pestata, g 40 di zucchero.<br /> In una casseruola, mettete a sobbollire il vino rosso insieme allo zucchero, profumando con chiodi di garofano, noce moscata e cannella; trascorsi pochi minuti, spegnete il fuoco e fate raffreddare. Sminuzzato il pane, mettetelo ad inzuppare nel vino, poi passatelo in frigo; per consumare la zuppa qualche ora dopo.<br />Zuppa d’aglio.<br />(b),<br /> Ingredienti per 6 persone: un litro di brodo di carne, 6 teste di aglio, un bel ciuffetto di salvia, di mezzo peperoncino rosso,un bicchiere di latte intero, un rametto di timo, 3 cucchiai di olio extra un ciuffetto di prezzemolo, fette pane raffermo, olio vergine di oliva, tostate in forno,una foglia di alloro, grana padano grattugiato, a piacere, sale e pepe di mulinello. <br />In una pentola di terracotta versate il brodo e circa un liro di acqua ; calate gli spicchi di aglio precedentementepulito, timo, il prezzernolo, la salvia, l'alloro e il peperoncino, quindi lasciatebollire adagio, per circa mezz'ora. Dopo aver tolto la foglia di alloro ed il peperoncino, passate tutto al setaccio, sale e pepe, unite l'olio e lasciate sobbollire ancora per pochi minuti. Nelle scodelle disponete le fette di pane, spolverizzatele con il formaggio grattugiato, quindi versatevi sopra il brodo profumato e portate in tavola.<br />Zuppa<br />di cappone<br />o di gallina. <br />(m). Vivanda che utilizza avanzi del bollito domenicale, fatto di cappone e gallina . Ingredienti per 6 persone: g 500 di polpa disossata di cappone, o di gallina, g 60 di grana padano grattugiato,noce moscata12 di brodo di gallina o di cappone, fettine di pane abbrustolite (o dadolata), una costa di sedano, tagliata a pezzetti. Sale.<br /> In una pentola mettete il brodo, aromatizzate con il sedano, poi unite la carne (precedentemente tritata), il formaggio grattugiato e la noce moscata; regolate di sale, mescolate più volte e lasciate cuocere adagio. Levate i pezzetti di sedano e preparatevi a servire la zuppa, da versare sopra le fette di pane. Accompagnate la vivanda, a piacere, da formaggio grattugiato.<br />Zuppa<br />di cavolo.<br /> (n).<br /> Ingredienti per 6 persone: un cavolo verza,una cipolla tritata, g 40 dì burro, uno spicchio di aglio tritato, 12 di brodo di carne, un rametto di rosmarino tritato, g 120 di toma, affettata sottilmente, g 120 di lardo pestato, fette di pane abbrustolite, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver lavato il cavolo verza, tritatelo. In un pentola (meglio se di terracotta) soffriggete nel burro il trito di Cipolla, aglio, rosmarino e il lardo pestato; dopo pochi minuti, aggiungete il cavolo. Lasciate cucinare per circa 10 minuti, quindi versate il brodo, regolate di sale e pepe, mescolate più volte, coprite e e cucinate adagio. Ora, nelle scodelle ponete le fette di pane, ricopritele con fettine sottili di toma, versatevi sopra il brodo e portate in tavola la zuppa ancora fumante. L'aggiunta di un mestolino di salsa di pomodoro. Così pure, per rallegrare ed intensificare il sapore, qualche fettina di cotechino o salame da cuocere (tagliate a dadini o sminuzzate).<br />Zuppa<br />di<br />cipolle.<br /> (m). Ingredienti per 6 persone: kg 1 dì cipolle affettate, g 80 di grana padano grattugiato<br />g 80 di burro g 120 di toma affettata sottilmente, g 500 di pane di segale, affettato, sale e pepe di mulinello. <br />In una casseruola, a fiamma moderata scaldate il burro, quindi aggiungete le cipolle affettate e lasciatele appassire. Intanto scaldate circa 2 litri di àcqua salata. Adagio, poca alla volta, versate l'acqua calda irrorando le cipolle; così, mescolando continuamente, si disfano e Si sciolgono nel brodo (calcolate almeno un'ora di tempo) pane. Ora, sul fondo di una teglia da forno (o pirofila) sdraiate le fette di pane di segale, versatevi sopra la crema di cipolle, distribuite il grana quindi mettete in forno (già caldo a 180') e fate dorare. Servite la zuppa caldissima.<br />Zuppa<br />di fagiolí<br />e cicoria. <br />(m). Ingredienti per 6 persone: g 400 di fagioli secchi , 2 spicchi dì aglio tritati, un nonnulla di bicarbonato, una foglia di alloro (da togliere), g 300 di cicoria selvatica (tarassaco), pane raffenno, affettato e abbrustolito un dI di olio di oliva,sale. Già la sera precedente inette te a bagno i fagioli in acqua fredda, con un pizzico di bicarbonato. Dopo aver nettato la cicoria, lavatela, tritatela grossolanamente, poi lessatela in acqua salata; scolatela cotta al dente, strizzatela e mettetela da parte. Intanto, in una pignatta di terracotta, soffriggete in circa meta dell'olio l'aglio tritato; unite la cicoria e lasciate insaporire per pochi minuti; ora, calate i fagioli, insieme alla loro acqua dei bagno, Profumate con la foglia alloro, salate e fate cuocere, a tegame coperto. Dopo circa 2 ore di leggero bollore, sia la cicoria che i fagioli si stemperano. Togilete la foglia di alloro e Preparatevi a servire la zuppa, versando, sopra le fette di pane abbrustolite, umettando con un filo di olio. Variante Alcuni gradiscono questa minestra piccante; ed allora aggiungono di peperoncino rosso o abbondante pepe<br />Zuppa<br />di funghi<br />porcini. (m). Ingredienti per 6 persone: kg 1 dì funghi Porcini freschi2 ovok a piacere, g40 di grana grattugiato, g 60 di burro, un cucchiaio di Prezzemolo tritato, uno spicchio di aglio tritato , un ciuffettino di maggiorana tritata i litro di brodo (di carni bianhe)dadotata dí pane, soffritta nel burro, 3 cucchiai di olio di olia, sale e Pepe nero di mulinello. Dopo averpulito i funghi porcini ripulendoli con un coltellino affìlato, tagliateli a fettine. Queste, saltatele appena in padella in poco burro profumato con il trito dell'aglio, unite la crema dei funghi passati terra otta, scaldate il brodo, poì In una casseruola ampia, meglio aslesedtiaccio. Potete aggiungere gli ovoli (anch'essi puliti e affettatì) e lasciar cuocere, adagio, sobbollendo a tegame coperto. Nel frattempo, in una ciotola unite (con una frusta) al rimanente burro sciolto il parmigiano, l'olio, il trito di maggiorana e prezzemolo, spolverizzando con pepe nero. Versate il composto nella crema di funghi, regolate di sale, mescolate più volte e terminate la cottura. Portate in tavola la zuppa di funghi, con i crostini di pane soffritti a disposizione dei commensali.<br />Zuppa<br />d'orzo. (m). Ingredienti per 6 persone: g 400 di orzo, 3 uova, g 20 di burro dadolata di pane raffermo, soffritta in una padella, nell'olio di oliva. bicchiere di latte, g 60 di parmigiano grattugiato ,sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver lavato con cura l'orzo, mettetelo in una pentola, annegato in circa 2 litri di acqua fredda, coprite e fate che cuocia; sarà perfetto dopo almeno 3 ore. Circa 15 minuti prima di servire la zuppa, in una ciotola sbattete con la frusta le uova, il formaggio grattugiato, il latte e il burro, aggiustando di sale e pepe. Questo composto versatelo nel brodo di orzo, spegnete il fuoco, mescolate con cura, quindi servite la vivanda, versando la zuppa sopra la dadolata di pane appena soffritta e disposta sul fondo delle scodelle.<br />Zuppa<br />di orzo,<br />della nonna.<br />(b).<br /> Ingredienti per 6 persone: g 300 di orzo un pomodoro (a piacere), privato della pelle, dei semi e dell'acqua di vegetazione g 80 di fagioli borlotti secchi, un nonnulla di bicarbonato, uno spicchio di aglio tritato, g 300 di castagne fresche (circa la metàse secche), uno zampetto di maiale, g 100 di cotenna, g 200 di patate, g 30 di burro, una cipolla tritata, pane di segale raffermo pestato, una costa di sedano tritata, sale e pepe di mulinello.<br />Già la sera precedente mettete a bagno i fagioli in acqua fredda, con un pizzico di bicarbonato. Pelate le patate e tagliatele a dadini. In una pentola (preferibilmente di terracotta), soffriggete nel burro il trito di aglio e cipolla; appena rosolano aggiungete il sedano, la polpa di pomodoro frantumata, poi lo zampetto e la cotenna; infine i fagioli, scolati dal bagno. Versate circa 3 litri di acqua, coprite e lasciate cuocere adagio, per almeno 2 ore. Ora, unite l'orzo e le castagne, regolate di sale e pepe e terminate la cottura, a tegame scoperchiato, perché cosi la zuppa asciuga parzialmente. Servite, caldissima.<br />Zuppa<br />di pancotto.<br /> (n).<br /> Il famoso pancotto della nonna. Ingredienti per 6 Persone. g 400 di pane affermo (meglio se senza grassi), affettato, g 80 di burro 2 litri di brodo buono di carne, g 200 di toma, una cipolla affettata, g 40 di grana grattugiato, sale pepe di mulinello.<br />Dopo aver affettato il pane, ponetelo nel forno a tostare. Quindi lo disponete in una casseruola, per bagnarlo con il brodo. A parte, in una padella ampia rosolate nel burro e la cipolla affettata; appena dora unite il pane izuppato di brodo, aggiungete la torna, rnescolando la fino a fonderla, regolate di sale e pepe, quindi fate cuocere adagio per al meno un'ora. Servite la zuppa caldissirna, spolverizzandola con grana grattugiata<br />Zuppa<br />di rane.<br /> (m).<br /> Ingredienti per 6 persone: g 500 di rane, già pulite, fette dì pane, soffritte nell'olio e strofinate, con l'aglio, un limone, il succo, 2 spicchi di aglio, parmigiano grattugiato, un cíufietto di prezzemolo, un cucchiaio di prezzemolo tritato, 4 foglie di basilico, sale e pepe di mulinello, una foglia di alloro sminuzzata. Prima di tutto mettete a lessare le rane in abbondante acqua salata, acidula con il succo del limone. Appena la carne delle rane sì stacca facilmente, scolatele consevando il brodo di cottura e mettetele nel mortaio, per pestarle insieme al all'aglio e al prezzemolo. La crema ottenuta versatela nel brodo caldo, unite le foglie di alloro riportate a ebollizione. Dopo circa 20 minuti filtrate con un setaccio passino, poi versate la zuppa sopra le fette di pane, disposte sul fondo delle scodelle, spolverizzate abbondante formaggio grattugìato e portate in tavola la zuppa, ancora fumante.<br />Zuppa<br />di trippa.<br /> (m). Specialità della nonna. Ingredienti per 6 persone: kg 1 di trippa, una carota, mezzo 1 dì latte intero, mezza costa di sedano, 3 foglie di basilico, mezzo porro, un mazzetto di prezzemolo, un 1 di brodo, un bicchiere dì vino rosso, un mestolino di salsa di pomodoro, una cipolla, sale e pepe di mulinello uno spicchio di aglio. <br />Dopo aver lavato con cura la trippa, tagliatela a fettíne sottili, quindi netela in una ciotola a bagno nel latte, aromatizzando con il basilico. Lasciate in bagno almeno un'intera notte. Tritate assieme aglio, cipolla, carota, sedano e porro. Ora, in una casseruola, soffriggete nel vino tutte le verdure tritate, calate la trìppa, precedentemente scolata dal latte, versate il brodo, regolatevi di sale e pepe, coprite e fate cuocere adagio, per almeno un due di ore. Qualche minuto prima dì togliere dal fuoco, unite la salsa di pomodoro mescolate con cura e portate in tavola.<br /> . Non ci crederete, ma io ho una grande passione per il riso, che consideravo l'alimento più sano e completo per tutti, uomini e donne, (malgrado la scoperta della pasta, nel 1965) non solo per i «grandi pranzi» , ma anche per te diete. A casa nostra era un rito per tutte le domenica e le feste comandate. Al rito talvolta, partecipavano talvolta anche i nostri parenti più stretti, gli zii Zaverio, Rinaldo e famiglia, era un po’ una nostra tradizione. Così com’era famoso il risotto di zia Santina mi capitava di partire da Roma ed arrivare a Meina sedersi e mangiare il risotto con un buon bicchiere di vino rosso, se non bevevamo zia riusciva ad arrabiarsi. Al riso, gli farei un monumento. Chicco dopo chicco. Spiga dopo spiga. Pannocchia dopo pannocchia. Magari alta, come la statua del Cristo redentore di Rio de Janeiro. E’ stata la nostra salvezza durante l’ultima guerra, mia madre partiva, con una gerla oiena di frutta e uova, a piedi da Massino arrivavava fino al basso piemonte e rientrava dopo due giorni, con Sale, Riso, Rane e quello che riusciva a barattare. Aveva 24 anni, mio padre in guerra, era l’unica soluzione per sopravvivere. Il riso è stato parte integrante della mia alimentazione dai 0 ai 6 anni ed oltre. Il mio piatto preferito di allora era il riso al latte. Quando arrivava il latte appena munto, era per tutti i piccoli di casa una festa. Per me era il momento più bello della giornata. Se stavo giocando, lasciavo tutto e correvo a casa. Ero goloso di latte, ma soprattutto ero goloso di riso: o meglio ancora, del riso al latte che mia madre mi preparava quasi tutti i giorni. E diceva sempre presto: “Mangia riso e latte e crescerai come tuo padre” , bella soddisfazione, visto che era in guerra. Già allora mi immaginavo che quando sarei stato grande avrei abbolito la guerra. Non è stato così, perché oggi siamo in guerra e nel mondo ci sono circa 70 guere in corso e noi facciamo finta di non sapere.. Ma torniamo a Massino e poi a Brisino, all'invito a rientrare, lasciavo i giochi sull'erba, avrò avuto cinque, sei anni e correvo a casa. Lavavo le mani immergendole in un catino d’acqua fresca e intanto sentivo già il profumo del latte bollito e non vedevo l'ora di sedermi a tavola. Poi sentivo il «rumore» del riso dentro il sacchetto di carta dove mia madre lo teneva e sentivo anche quando il riso “cadeva” nel latte dentro la pentola, crepitando come la pioggia su un ruscello. Ero così felice!.... “Pronto, mamma... io sono pronto ... “ reclamavo impaziente, “ma il latte non è ancora pronto!” Mamma rideva. Si divertiva a farmi arrabbiare perché, diceva, così mangiavo di più e con più gusto. Tempo qualche minuto e a tavola arrivava un bel piatto caldo di riso al latte e io, soltanto respirando il profumo che saliva alle narici, mi inebriavo. Ho lasciato casa a 14 anni e per tutta la mia vita, non ho mai abbandonato il riso al latte. E' sempre stato, ed è ancora oggi, il mio piatto preferito. Non lo mangio più tutti i giorni, ma posso dire che nei momenti difficili della mia vita anche da solo me lo preparo a casa mia. Anche perché il riso al latte, non è un piatto che, puoi chiedere al ristorante o in pizzeria. L’altro piatto di riso importante nella mia vita è il riso alle rane. Le rane servivano a tutto durante la guerra ed anche fino agli anni 60, il brodo veniva dato ai malati la carne per aiutare guarire durante una lunga convalescenza. Nutritiva ed era diuretica. Il terzo, con la base di funghi porcini, la specialità di nostra zia Santina. Il quarto il riso al prezzemolo e alle patate, me lo faceva trovare mia zia Domenica (quando durante il mio periodo di lavoro passavo per Torino), credo il più semplice ma di una grande delicatezza solo lei lo sapeva fare. Il quinto, il risotto delle domeniche di mio padre era una sua specialità ed un rito. Si incominciava al mattino della Domenca. Ore otto, mi mandava comperare con meno di 300 lire e poi 500 negli anni 50, dal macellaio , una parte particolare della muccha; 800g di biancostato ( se avevamo ospiti si aumentava di 200 grammi per ogni persona). A casa veniva pulito, tolta la parte più grassa e poi messo a bollire con tutti gli aromi per almeno 2 ore. (poi vedi ricetta “il risotto del Cesarin”) e si finiva a tavola in allegria.<br /> Con un’intervista immaginaria al mio amico Peppino. Mi immagino di essere davanti a un bel risotto fumante ( preparato dalla Piera), a colloquio con il mio amico un vero esperto di riso, un «risologo» per professione e un «risofilo» per passione. Posso presentarvelo è un uomo che sa tutto sul riso? Lo sapeva suo padre, e lo sanno oggi i suoi figli. Un produttore di riso che ha fatto crescere nei figli la stessa passione, vive a Cassolnuovo.<br />Gli chiedo, che cos'è il riso per l'Italia? Vedi, l’ l'Italia è il primo e più qualificato produttore di riso europeo e il «risotto» in tutto il mondo non può essere fatto che con il miglior riso italiano.<br />Ma cos'è esattamente il riso e che importanza ha nell'alimentazione modema? Un alimento che, possiamo definire versatile. Con il riso, a differenza d’altri prodotti, possiamo scatenare la nostra fantasia in cucina preparando diversi piatti, dall'antipasto al dolce. Questo prodotto va considerato come un alimento moderno, naturale e adatto per ogni occasione. Noi tutti, infatti, possiamo facilmente preparare per i nostri amici una bella risottata. La cuoca più esperta potrà utilizzare risi più pregiati e si cimenterà in ricette più impegnative, ma chi, come me, cuoco non è, potrà essere invidiato dai propri amici preparando ricette semplici ma molto gustose.<br />Quali sono le caratteristiche nutrizionali del riso e perché si dice che il riso fa bene? Il riso fa bene soprattutto perché porta allegria e il «riso» fa buon sangue. A parte la battuta è un alimento privo di grassi, contiene amido e proteine e soprattutto è facilmente digeribile. Inoltre, i carboidrati che contiene sono di pronto impiego e dunque sono l'ideale prima i affrontare uno sforzo, per esempio sportivo.<br />Una curiosità, che molti hanno e che forse non hanno coraggio di chiedere per paura di essere presi per ignoranti, è perché mai il riso cresca nell'acqua... Mi può spiegare questo mistero? Vedi. L'acqua svolge un'importante funzione simile a quella di un termostato, ( oppure come il grembo della madre) aiutando la pianta a mantenere la temperatura di cui ha bisogno per crescere.<br />Cosa succede, una volta colte le spighe e quali lavorazione subisce il riso prima di arrivare sulle nostre tavole? (gli ricordo che le nostre madri sono state delle mondine, altri tempi) Il riso è il prodotto più naturale che esiste, una volta raccolto arriva sulle nostre tavole dopo aver subito una semplice operazione di pulitura. Il chicco viene sottoposto a un processo di lavorazione che elimina semplicemente gli strati esterni e permette di ottenere un prodotto che soddisfa anche l'occhio. Vedi, al supermercato o nella bottega sotto casa. Non basta dire riso... Bisogno sapergli dare anche un nome... Che cosa vogliono dire tutti quei nomi un po' buffi, Vialone Nono, Cornaroli, Superfino ecc. ? Occorre prestare attenzione in cucina e quando si preparano piatti a base di riso è necessario utilizzare il chicco più adatto per il piatto che si intende preparare. Non tutti i risi sono identici. Il riso è diviso in tre grandi categorie, caratterizzate ognuna da una diversa grossezza del chicco. Ci sono risi a chicco tondo come l'Originario, ideale per la preparazione di minestre, timballi, dolci, crocchette, arancini, riso e latte. Risi a chicco medio, come il Vialone Nano, che per te sue caratteristiche garantisce un'eccezionale tenuta alla cottura ed è ideale per la preparazione d’ottimi risotti, il Padano, ottimo per la preparazione di riso in bianco o al sugo, sartù, supplì, contorni, e il Ribe, da preferire per La preparazione di piatti unici. Vi sono poi i risi a chicco lungo che comprendono l'Arborio ed il Carnaroli che sono i risi preferiti dagli chef. L'Arborio è perfetto per preparare stupendi risotti mantecati; il Carnaroli ha una buona capacità d’assorbimento e un'eccellente tenuta di cottura; sono quindi entrambi adatti per la preparazione di risotti raffinati. A queste categorie si aggiunge il riso integrale, con un maggior contenuto in fibra e valori nutritivi più alti che richiede però un tempo di cottura più lungo.<br />Che cos’è il parboiled? E' un riso che ha una tenuta alla cottura superiore a quella consueta dovuta alla lavorazione cui è sottoposto. Scottato con il vapore e fatto asciugare su un tetto di aria calda, imprigiona in ogni chicco vitamine, fibre, sali minerali e sapore. Per questo particolare procedimento il riso parboiled assume un bel colore ambrato. Non scuocendo, questo tipo di riso è adatto alla preparazione di piatti rapidi e alla conservazione in frigorifero.<br />In Italia oppure ci sono ancora pregiudizi sul riso? E difficile trovare nel nostro o in qualsiasi altro Paese della Comunità europea una persona che dica «a me non piace il riso»; questo prodotto, infatti, ha la capacità di farsi apprezzare da tutti i consumatori. Purtroppo però, a causa di alcuni pregiudizi, il consumo di riso non raggiunge livelli particolarmente importanti.<br />Quali sono questi pregiudizi? Prima di tutto i tempi di cottura. Concetto da sfatare visto che ormai esistono in commercio risi a rapida cottura, che tengono la cottura ma soprattutto è il caso di rinunciare a un piatto così appetitoso solo perché occorrono 20 minuti per prepararlo? Altro concetto da sfatare è quello che fa del riso un alimento da consumare soltanto quando si ha lo stomaco in disordine. Il riso ha grandi potenziatità in cucina. Con questo prodotto si possono preparare pasti completi, dall'antipasto al dolce, piatti raffinatissimi o semplici che diventano occasione per concedersi il piacere della tavola. Un ultimo pensiero. Crchiamo di portare più spesso il riso in tavola. Perché il riso è sano, naturale, moderno, porta fortuna e tanta allegria in tavola, finiamo il nostro risotto…, se no la Piera non sarà contenta. Buon appetito.<br /><br /> <br /> <br />Ris e<br />lacc.<br />(a). Riso al alatte. Ingredienti. Per 4 persone. 2 litri di latte, g280 di riso, sale o zucchero, cannella. Mettete il latte a bollire, quando bolle versate il riso e mescolatelo lentamente, aggiungete un pizziico di sale ( se siete sotto tono anche un cucchiaio di zucchero ed un po’ di cannella) a secondo la qualità, 8 – 10 miniti. Quando è cotto spegnete il fuoco lasciatelo riposare (ricordatevi che il riso continua a cuocere lentamente ancora per alcuni minuti) servitelo tiepido ( se siete giù di corda con una spruzzata di cannella) e sognate<br />Riso<br /> alle rane.<br />(m). Per 6 persone: 350 g di riso, 300 g di rane intere pulite, 30 g di cipolla. Al posto dela cipolla provate con il porro, è molto più delicato. Un pò di burro vino bianco secco, olio d'oliva, prezzemolo, alloro sale, pepe nero in grani.<br />Ora passiamo alla preparazione. Mettete in Un litro e mezzo di acqua, aromatizzata con una foglia di alloro, sale , grani di pepe e uno spruzzetto di vino, le rane e lessatele per circa 15 minuti. Scolate poi le rane, lasciale raffreddare e infine spolpatele. Pestate nel mortaio gli scarti delle rane e metteteli nel brodo; fatelo bollire ancora per 20 minuti, poi filtratelo e tenetelo da parte. Tritate la cipolla e ponetela ad appassire in 3 cucchiaiate d’olio d’oliva. Unite il riso, tostatelo a fuoco vivo, quindi bagnateto con un terzo di bicchiere di vino. Quando sarà completamente evaporato, proseguite aggiungendo il brodo, poco per volta, mi raccomando (il segreto sta proprio qui). A tre quarti di cottura, unite la polpa delle rane. Fate cuocere per 5 minuti, quindi, quando il riso sarà leggermente al dente, spegnete. Mantecateto con una noce di burro, un pizzico di sale,una macinata dì pepe e una manciata di foglioline di prezzemolo, che avrete mondato, lavato, sgocciotato e finemente trìtato. Lasciatelo riposare coperto per un paio di minuti, quindi servitelo. Vi giuro che vi faranno i complimenti, e diventerete celebri. Mia madre con questo piatto aveva sempre un grande successo<br />Risotto <br />della <br />domenica.<br /> (p) Ingredienti: g 800 di biancostato, g100 di riso per persona, g30 di burro, olio, ½ . cipolla, 1 spicchio d’aglio, aromi, sedano, carota, prezzemolo, 1 bicchiere di vino rosso o bianco (secondo la stagione, se con i funghi rosso, bianco allo zafferano), sale e poco pepe. Preparava il brodo con il biancostato, la carne veniva servita con l’insalata o la verdura di stagione, come secondo (a parte la salsa verde). 30 minuti prima del pranzo si preparava il risotto. Aggiungeva alla pentola g20 di burro ed un poco d’olio, cipolla tritata finissima, l’aglio (che toglieva prima di aggiungere il riso), facevae imbiondire il sofritto ed aggiungeva ( a seconda della stagione ( funghi, aspargi, legumi od altro) ed il riso. Lasciava assciugare, aggiungeva ½ bicchiere di vino, appena il riso era croccante aggiungeva poco la volta il brodo preparato fino a cottura ( se è allo zafferano, vino bianco e lo zafferano diluito in un po di brodo). Spegneva il fuoco lo lasciava riposare 5 o sei minuti il per l’aperitivo ( un buon bicchiere di vino della spelonca) e poi lo serviva con una spruzzzata di prezzemolo. Era sempre un successo.<br />Riso<br />alle erbe<br /> (d) Per 4 persone: g 400 di riso per p, testa d’aglio, g50erbe, pomodoro, sale e pepe.<br /> Lessate la quantità di riso che vi occorre, toglietelo dal fuoco e conditelo con del pesto di erbe molto ricco d'aglio. (prezzemolo, basilico, timo, maggiorana) nel centro dei piatti la crema al pomodoro, quindi servite.<br />Risotto<br />del <br />giorno dopo.<br /> (m) O frittata.. (per 4 persone) Riso rimasto. 4 uova, Olio. Mezza cipolla. Latte. <br />Il riso che rimaneva veniva utilizzato per il pasto della sera o per il pranzo del Lunedì. Aggingere nel contenitore del riso rimasto 4 uova (dopo averle sbattute con un po di latte e un pizzico di sale). Far dorare un po’ di cipolla in una padella, aggiungere il composto preparato schiacciandolo come se fosse una normale frittata. Giratela per renderla un po croccante e servitela con una spruzzata di prezzemolo.<br />Insalata<br />di riso. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 450 di riso Maratelli o Carnaroli, peperone giallo o rosso, rapanelli rossi pomodori maturi, ma sodi topinamburg, 3 cípollotti, finocchio (meglio il solo cuore), un carciofo (meglio il cuore), sedano (meglio il solo cuore) Per il condimento: limone, il succo, 3 acciughe, già sfilettate, aceto buono di vino, olive verdi snocciolate, olio extra vergine di oliva, sale e pepe di mulinello, 2 cucchiai di prezzemolo tritato.<br />Lessate il riso in abbondante acqua salata; scolatelo cotto al dente e ponetelo in una ciotola ampia; ora, affettate le verdure sottilmente ed il riso. A parte, passate al setaccio la polpa delle olive e le acciughe; anche questocrema unitela al riso, quindi condite con succo di limone, aceto di vino, sale e pepe di mulinello, terminando con abbondante olio. Mescolate pazientemente e portate in tavola. In altra stagione potete usare pisellini freschi, cetrioli, carote, zucchine ecc<br />Riso <br />lla verza. <br />n) Ingredienti per 6 persone: g 500 di riso, 5 pomodori maturi, un cavolo verza, g 120 di pancetta tagliata a dadini, un bicchiere di vino bianco secco, uno spicchio di aglio tritato, brodo buono, se necessano, una cipolla tritata , sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver pulito la verza, tritatela finemente, quindi mettetela in una casseruola ampia, a stufare insieme alla dadolata di pancetta; aggiungete il trito di aglio e cipolla, poi la polpa di pomodoro sminuzzata con le dita; regolate di sale e pepe, copritee fate cuocere a fiamma docile. Trascorsi 10 minuti, versate il vino bianco, mescolate più volte, quindi preparatevi a calare il riso, da lavorare continuamente con un cucchiaio di legno (come per il classico risotto) per circa 20 minuti, cucinandolo al dente. Se necessario, durante la cottura, unite piccoli sorsi di brodo caldo<br />Riso <br />al forno con<br />il baccalà <br />del venerdì santo. (m) Ingredienti per 6 persone: kg 1 di baccalà (merluzzo sotto sale), 2 foglie di alloro sminuzzate, latte, farina, g 300 di riso Carnaroli, burro e olio per friggere, g 80 di burro, una cipolla tritata, un cucchiaio di prezzemolo tritato, 3 acciughe sotto sale, uno spicchio di aglio tritato, un tartufo bianco cosa assai rara, se capitava una volta all’anno. <br />Prima di tutto, già un giorno prima mettete a bagno in acqua e latte il baccalà. L'indomani, liberatelo della pelle e delle lische, quindi tagliatelo a riquadri non troppo grandi; da passare nella farina e friggere in burro e olio. Pulite con cura il tartufo con uno straccetto umido, se necessario, anche con uno spazzolino morbido. Sotto un getto di acqua dissalate le acciughe, poi sfilettatele privandole della testa, della lisca centrale e della coda. Lessate il riso in una pentola, con acqua salata; da scolare una volta ch'è cotto al dente (lasciandolo appena un po' umido), quindi amalgamatelo a circa 40 g di burro, condendolo con un trito di aglio e prezzemolo e pezzetti di foglia di alloro. In una casseruola, rosolate nel restante burro la cipolla insieme ai filetti di acciughe, fino a scioglierli. Ora, prendete una teglia (o pirofila), inaburrate il fondo e le pareti, poi versate circa due terzi del riso (ricordate di togliere le foglie di alloro), spolverizzate il tartufo tagliato a pezzetti, disponete i riquadri di baccalà fritto, ricoprite con la crema di cipolle e acciughe ( conservatene una piccola parte per il finale), sopra stendetevi il rimanente riso e terminate con l'intingolo di cipolla.<br />Riso <br />e coda <br />di vitello.<br /> (b) Ingredienti per 6 persone: g 450 di riso, 2 code di vitello, un bicchiere di vino rosso, una costa di sedano affettata, g 25 di funghi Porcini secchi, una carota affettata, brodo buono di carne, una cipolla affettata, g 80 di burro, 2 pomodori maturi, g 60 di grana grattugiato, un cucchiaio di prezzemolo tritato , sale e pepe di mulinello. <br />Mettete a bagno in acqua tiepida i funghi secchi; appena sono morbidi scolateli e strizzateli. Dopo aver tagliato le code di vitello a rocchetti, mettetele in una casseruola, per insaporirle con sedano, carota, cipolla e polpa di pomodoro; rascor' si pochi minuti versate il vino rosso e lasciate evaporare, poi calate i funghi porcini ammollati, versate poco brodo, coprite e fate cuocere lentamente. Quando la carne delle code è lessata e i stacca facilmente, mettete da parte i rocchetti migliori, il resto scarnitelo e tritatelo finemente (o passatelo al mixer) insieme alle verdure. In una casseruola capace fate cuocere il riso, con l'aggiunta di brodo; circa a metà cottura aggiungete il passato (carne della coda e verdure), quindi terminate la cottura; ora, unite il burro, il prezzemolo tritato e il formaggio grattugiato; regolate di sale, mescolate più volte e preparatevi a portare in tavola il risotto, confezionando le porzioni con l'aggiunta dei rocchi di coda.<br />Risotto <br />ai tre <br />formaggi. <br />(m) Ingredienti per 6 persone: g500 di riso , g 60 di fontina a dadini, g 90 di burro, g 60 di toma stagionata a dadini, g 40 di grana padano grattugiato, g 60 di gorgonzola tagliata a pezzetti, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver lessato il rìso in abbondante acqua salata, scolatelo al dente quìndi mettetelo in una ciotola, per condirlo con cìrca 60g di burro e grana padano. Ora, in una padella, scioliete il rimanente burro e vi fate saltare il riso pochi minuti. Intanto, imburrate il fondo e le pareti di una teglía (o pirofila); stendetevi il primo strato dì rìso e con la dadolata mista dei formaggi, spolverizzate pepe e ricominciate operazione, alternando riso e formaggi. Passate la teglia in forno (già caldo a 180') e dopo circa 15 mìnuti e servite.<br />Risotto alla piemontese.(s) Ingredienti per 6 persone g 500 di riso Carnarolì, un 1 di brodo di carne, una cipolla tritata, un bicchiere di vino rosso, un rametto di rosmarino (da togliere), 3 cucchiai di olio di oliva 3 pomodori maturì , sale e pepe dì mulinello <br />Prima di tutto scaldate il brodo. In una casseruola (possibilmente di rame stagnato) soffriggete nell'olio la cipolla tritata e profumate con il rosmarino; quando rosola, aggiungete la polpa dei pomodori e lascìate insaporire; poi togliete il rosmarino ed aggiungete il riso, mescolate più volte perché leghi uniformemente; versate il vino rosso e fate che evapori, quindi unite, poco per volta, il brodo caldo, seguitando a mescolare fino a che il risotto non è pronto, da servirsi,<br />Risotto <br />alle erbe. <br />(d)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 500 di riso Vialone nano, un ciuffetto di foglioline di salvia tritate,un ciuffetto di rosmarino tritato, g 60 di pancetta pestata (o lardo), un limone, la sola scorza grattugiata e pane, g 70 di burro, uno spicchio di aglio tritato, un tuorlo, un 1 di brodo buono, pepe nero. <br />In una casseruola (meglio se dì rame), soffriggete in circa 40 g di burro il pesto di pancetta, profumando con aglìo tritato, tempo che rosoli a dovere e calate il riso; innanzitutto per tostarlo pochi attimì, poì, versando il brodo caldo, poco per volta, portatelo a cottura, mescolando con un cucchiaio di legno. Qualche minuto prima di terminare la cottura aggiungete il trito di rosmarino e salvìa, spolverizzate scorza di limone grattugiata e profumate con un goccetto di succo di limone. Quando il riso a cucinato a puntìno, amalgamate il tuorlo d'uovo, spolverizzate pepe nero di mulinello e portate in tavola. Servite il risotto caldissimo, abbastanza morbido, come si dice "all'onda".<br />Risotto <br />con gli <br />Asparagi<br /> (m) Ingredienti per 6 persone: g 500 di riso, g 50 di burro, g 120 di punte di asparagi (meglio se selvatici), un litro di brodo,una cipolla tritata sale e pepe. <br />In una casseruola (possibilmente metà del burro la cipolla tritata; qu tostare per qualche attimo. Ora, poco per volta, versate il brodo cucchiaio di legno. Circa a metà cottura, versate altro brodo, coprite e 1a lasciate, scolate). Pochi minuti prima di spegnere il fuoco togliete il coperchio, amalgamate al riso il restante burro e il formaggio, quindi servitelo caldo e fumante<br />Risotto <br />con i fiori di zucca.<br /> (m)<br /> Ingredienti per 6 persone: g500 di riso, un cucchiaio di prezzemolo tritato, 25 fiori di zucca.(o di zucchine), un 1 di brodo buono, ma sgrassato, una cipolla tritata, g 40 di toma fresca, tagliata a dadini,2 cucchiai di olio di oliva, g 25 di burro, sale e pepe di mulinello, <br />Pulite i fiori di zucca, asportando i pistilli (amari) e il peduncòlo centrale. Lavateli ed asciugateli in un canovaccio. Nella casseruola (ideale se di rame) soffriggete nell'olio e nel burro il di cipolla; appena rosola calate il riso e fatelo tostare. Ora, versate il brodo caldo, poco per volta, mescolando di continuo con ti cucchiaio di legno. Circa a metà cottura aggiungete i fiori di zucca (se preferite tagliati a metà, e tritati finemente) e proseguite; spolverizzate prezzemolo tritato, unite la dadolata di toma, regolate di sale e pepe e terminate. Servite il risotto caldissimo.<br />Risotto <br />con i <br />funghi.<br /> (s) Ingredienti per 6 Persone: g 500 di riso , g 150 di funghi freschi porcini, 2 spicchi d'aglio tritato ,g 25 di burro, 3 cucchiai di olio, un cucchiaio di prezzenolo tritato, un 1 di brodo buono sale e pepe di mulinello <br />Prima di tutto pulire con cura i funghi, lavateli, ascitagliateli e tagliateli a pezzetti. Nella casseruola (Possibilmente di rame), soffrigete nell'olio il trito di aglio, quindi calate i funghi, coprite, fate cuocere lentamente per circa 40 minuti. Ora, togliete il coperchio, aggiungete il prezzemolo e lasciate riposare per qualche minuto, unite il riso e fatelo tostare mescolate più volte con un cucchia di legno regolate di sale e pepe e terminate la ccttura, versando il brodo caldo poco per volta, seguitando a mescolare con un cucchiaio di legno. Servite il risotto fumante.<br />Risotto <br />con il prezzemolo.<br /> (d) Ingredienti per 6 Persone: g 500 di riso , 1 Cucchiai di Prezzenolo tritato, uno spicchio d'aglio tritato, g 40 di burro, un 1 di brodo buono, Una cipolla tritata, g 40 di grana padano grattugiato, sale. <br />Nella casseruola di rame fate appena rosola la cipolla tritata nel burro e olio, calate il riso e lasciatelo tostare Ora, aggiungete brodo caldo poco alla volta e mescolate con un cucchiaio di legno. Pochi minuti prima di spegnere la fiamma e servire il risotto, spolverizzato il prezzemolo tritato, amalgamate il formaggio grattugiato, regolate di sale e portate in tavola<br />Riso alla<br /> zucca.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 450 di riso, g 300 di polpa di zucca gialla, g80 di burro, 2 cipolle, una tritata e una tagliata a metà, 3 cucchiai di olio di oliva, 2 cucchiai di panna liquida, una costa di sedano, mezzo bicchiere di vino bianco della Spelonca, una carota, g60 di grana padano grattugiato, un porro tagliato a pezzetti, mezzo limone, la sola scorza grattugiata, un ciuffetto di prezzemolo, un tuorlo d'uovo, un rametto di rosmarino tritate, sale e pepe nero di mulinello Dalla polpa di zucca ricavate 12 listarelle grossettine, che friggete in padella, in olio e burro; da scolare e condire con sale e pepe di mulinello. Il resto della zucca lessatelo in acqua, insieme alla cipolla. al sedano, alla carota, al porro e al prezzemolo. Quando è cucinata, scolate la zucca e le verdure (da passare al setaccio o nel passaverdure); il brodo vegetale conservatelo in disparte. Nella casseruola (meglio se di rame), rosolate nell'olio e in poco burro il trito di cipolla e di rosmarino, versate il vino bianco e fatelo evaporare. Ora calate il riso, copritelo con il brodo di cottura della zucca e lasciate cucinare lentamente. Circa a metà cottura aggiungete la crema di zucca, unite la panna liquida, il vino Marsala e proseguite nella cottura. Un attimo prima di servire il risotto, amalgamate il burro avanzato, il tuor lo, la scorza di limone grattugiata e il formaggio grattugiato. Disponete il riso nel piatto da portata, ricopritelo con le listarelle di zucca e portate in tavola.<br />Risotto <br />con le creste <br />di gallo.<br /> b E il risultato della preparazione dei capponi, quando ai galletti si tagliano le creste, per farli crescere. Ingredienti per 6 persone: g 450 di riso, g40 di burro g 180 di. creste di gallo, un bicchiere di vino bianco secco, mezza cipolla tritata una carota affettata sottilmente, un 1 di brodo buono, ben sgrassato, un cucchiaino di prezzemolo tritato, una costa di sedano affettata sottilmente, g40 di grana padano grattugiato un pomodoro maturo ,sale e pepe di mulinello. <br />Per prima cosa fiammeggiate le creste di gallo, quindi strofinatele con un canovaccio e tagliatele a pezzetti, Nella casseruola (ideale se di rame), soffriggete in pochissimo burro il trito di cipolla insieme alla carota, al sedano e alla polpa sminuzzata del pomodoro; unite le creste di gallo, umettate con il vino bianco, regolate di sale e pepe, coprite e lasciate cucinare. In altro tegame versate il riso, copritelo con il brodo e fatelo lessare, lasciando che parte del brodo evapori e il riso, seppur cotto, resti morbido "all'onda". Ora, aggiungete l'intingolo con le creste, spolverizzate il prezzemolo, amalgamate il restante burro, poi il formaggio grattugiato; mescolate con cura e servìte il risotto.<br />Risotto di magro. <br />(m) (Quaresima). Ingredienti per 6 persone: g 500 di rìso, g200 di verdure miste, g 60 di burro, 9 80 di grana Padano grattugiato, erbe odorifere, un mazzetto (alloro, salvia, rosmazino, prezemolo, naggiorana ecc.), sedano carota e cipolla tritati, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver lavato le verdure lessatele in abbondante acqua salata; scolatele cotte al dente, strizzatele e tritatele finemente. Il brodo di cottura conservatelo. Nella casseruola (preferibilmente di rame) rosolate nel burro gli odori tritati, ai quali aggiungete il mazzetto di erbe odorifere (da togliere); calate il riso e fatelo tostare, versate il brodo vegetale poco alla volta e, seguitate a mescolare fino a cottura. Amalgamatevi il formaggio gratuggiato, regolate di sale e pepe, quindi portate in tavola.<br />Risotto<br />pancetta <br />e <br />rosmarino<br /> (p) Risotto povero, ma delizioso. Ingredienti per 6 persone: g 500 di riso , un litro di brodo buono, g 180 di pancetta pestata, uno spicchio di aglio, 2 cucchiai di olio di oliva, un mazzetto di foglioline di rosmarino, mezzo bicchiere di vino bianco, g 25 di burro, pepe di mulinello. <br />In una casseruola (meglio se di rame), soffriggete nell'olio e nel burro, pesto di pancetta, profumando con aglio tritato. Il tempo che rosoli a dovere e calate il riso; prima di tutto per tostarlo pochi attimi, versate il vino bianco e fateloevaporare, poi, versando brodo caldo, poco per volta, portatelo a cottura, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Quando il riso è cucinato a puntino, spolverizzate pepe di mulinello e portate in tavola.<br />Risotto <br />salsiccia e funghi. <br />(p)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 500 di riso Camaroli, g 60 di burro, g 200 di salsiccia, un bicchiere di vino bianco secco, g 150 di funghi freschi (o g 60 di funghi, secchi da ammollare in acqua tiepida), brodo buono (circa un litro),), grana padano grattugiato, una cipolla tritata, un cucchiaio di prezzemolo tritato, sale e pepe di mulinello, 3 cucchiai di olio di oliva <br />Pulite con cura i funghi, lavateli, asciugateli sopra un canovaccio e tagliateli a pezzetti. In una casseruola (ideale se di rame), rosolate nell'olio ed in pochissimo burro il trito di cipolla; aggiungete la salsiccia sminuzzata, bagnate con il vino e fate evaporare, poi i funghi; incoperchiate e cucinate adagio. Ora calate il riso e tostatelo per qualche minuto, poi versate il brodo caldo, poco per volta, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Quando il riso è cucinato al dente, amalgamate il restante burro e il formaggio, regolate di sale e pepe e portate in tavola, spolverizzando (decorando) con il prezzemolo tritato di fresco.<br />La dispensa. Nella dispensa di casa non deve mai mancare il riso. I miei lo compravano a Casssolnovo dal Ballone un amico di famiglia. <br />Oggi c’è ancora il figlio. L’amico Peppino anche lui è un produttore di riso, ogni volta che viene a Roma, me lo porta e devo dire che è difficile trovare un riso migliore del suo. Mia moglie Rita oggi utilizza per i suoi piatti molti risi che si producono in Italia: Carnaroli e il Roma per il risotto, Vialone nano con le erbe e verdure, Marantelli con i formaggi, selvaggio per i piattti piccanti, riso venere accompagna il pesce, riso spatma per i piatti esotici, basmati per i piatti orientali e per ls carne e il pesce in salsa. Riso Thai, riso profumato per piatti di ispirazioni orientale .<br /> Una passione, se non ci fosse bisognerebbe inventarla… Pasta secca.<br />Pasta corta. (m) Dosi occorrenti per 4 persone: 1 cipolla grossa, 1 kg di pomodori piccoli ben maturi, 50 gr di burro, 1 cucchiaino di farina bianca, 2/5 di panna, 1 bicchierino di brandy, 1 peperoncino rosso. Tritate finemente la cipolla e lasciatela rosolare nel burro, bagnandola con mezzo mestolo di acqua perché non abbia a colorirsi. Salate e quando la crema di cipolla è pronta, toglietela dal fuoco e unitevi un cucchiaino di farina bianca stemperata in un goccio di acqua. Rimettete su fuoco dolce per cinque minuti, senza smettere di rimestare perché non attacchi e poi unite la panna. Lasciate rapprendere questa salsa, sempre rimestando con il cucchiaio di legno e quando si è ben addensata, aggiungete un bicchierino di brandy e i pomodori che nel frattempo avrete sbucciato e passato al setaccio, lasciandone da parte sei o sette interi per servirvene poi. Aggiungete pure il peperoncino rosso sbriciolato e lasciate addensare ancora un po'. Nel frattempo avrete cotto in acqua bollente e salata la pasta preferendo quella a forma di conchiglia; colatela al dente, buttatela nel tegame' della salsa, unite il parmigiano, i pomodori messi da parte, divisi a filetti e qualche foglia di basilico fresco. Lasciate che le conchiglie si intridano di sugo per qualche minuto su fuoco basso e poi servite.<br />Aglio<br />e olio.<br /> (n) Imbíondite alcuni spicchi d'aglio e un peperoncino in olio d'oliva e, quando è caldo, aggiungete delle alici pulite, mescolando per farle sciogliere. Versate il condimento sulla pasta, in precedenza lessati e portate in tavola<br />Conghiglie all'acciuga. (m) Ingredienti : per 6 persone: 500 di conchiglie ( e/o tutta la pasta secca corta), 6 acciughe sotto sale, g 30 di burro uno spicchio di aglio tritato, ½ dl di olio, 2 cucchiaini di panna liquida e il sale Lavate sotto un getto di acqua corrente e acciughey così da aprirle e privarle delle teste, della lisca centrale e delle code; i filetti metteteli ad asciugare sopra un canovaccio. Mentre lessate le conchiglie, in abbondante acqua salata, preparate il condìmento, soffriggendo nel burro caldo l'aglio tritato; versate l'olio, poi la panna liquida, mescolate più volte e lasciate cuocere adagio. Ora calate i filetti di acciughe sminuzzati, schiacciateli con i rebbi di una forchetta e mescolateli a dovere, fino ad ottenere una crema liscia. Con questa salsa condite la pasta cotta al dente, appena scolata. Servitela calda e fumante.<br />Lumache e<br />Patate. <br />(m) Le lumache sono una varietà di pasta secca, rigata, cava e curva. Minestra semplice, popolare, gustosissima. Uno dei piatti di zia domenica. Ingredienti per 6 persone: g 500 di lumache, g 200 di patate, una cipolla tritata, una carota tritata, mezza costa di sedano tritata, uno spicchio di aglio tritato, 2 cucchiaini di olio, g 30 di burro, mezzo bicchiere di vini bianco, un mestolo di brodo di carne, parmiggiano reggiano grattuggiato, a piacere sale e pepe nero di mulinello. <br />Dopo aver pelato le patate, tagliatele a dadini piccoli. Intanto, in una padella capace soffriggete nell'olio e nel burro le verdure tritate. Appena hanno preso colore, calate la dadolata di patate, irrorate con il vino bianco e, a fuoco allegro, fate che evapori. Allora versate il brodo caldo e lasciate cuocere adagio, abbassando la fiamma. Lessate in abbondante acqua salata le lumache; scolatele, cotte al dente, e conditele con questo sugo. Servitele ancora fumanti. Si usa schiacciare una parte dei cubetti di patate, per ottenere un condimento più cremoso. Per arricchire di profumo il piatto c'è chi aggiunge rosmarino tritato finemente<br />Spaghetti, acciughe <br />e <br />funghi <br />porcini. <br />(m) Ingredienti per 6 persone: g 500 dì spaghetti, un dl di olio extra vergine di oliva, spicchio dì aglio tritato, 9 di funghi secchi ( o due porcini freschi ), acciughe salate, g120 di pomodori maturi (privati della pelle, dei semì e dell'acqua di vegetazione, un mescolino di fondo di cottura dell’arrosto (o brodo di carne), 2 foglie di basilico tritato, un ciuffetto di maggiorana e timo tritato, finochietto selvatico titato ( o semi di finocchio), groviera gratuggiato a piacere, sale e pepe di mulinello. <br />Ammollate i funghi secchi in acqua tiepida. /se sono freschi vanoo solo puliti e affettati. Lavate le acciughe sotto un getto di acqua corrente, ed intanto le aprite, sfilettandole, per privarle delle teste, della lisca centrale e delle code. Nel frattempo, in una padella soffriggete nell'olio l'aglio tritato il tempo rosolarlo e potete unire i filetti di acciughe sminuzzati con le dita, poi i funghi appena strizzati se secchi e la polpa dei pomodori (anch'essa infranta); mescolate e lasciate cuocere adagio, per qualche minuto. Versate il fondo di cottura, regolate di sale e pepe e terminate la cottura. Intanto , avete messo a lessare gli spaghetti in abbondante acqua salata; scolateli , cotti al dente, quindi uniteli al sugo, per saltarli in padella. Un attimo prima di toglierli dal fuoco, spolverizzatevì sopra il trito fine di erbette profumate. Servite gli spaghetti caldissimi, accompagnati da formaggio<br />Tagliatelle<br />alle noci. <br />(n)<br /> Ingredienti: per 6 persone: g 500 di tagliatelle secche, g 80 di mollica dì pane latte, per inumidire la mollica, g 200 di gherigli di noci, 4 spicchi d’aglio, g 60 di burro, sale e pepe di mulinello. <br />Innanzitutto mettete in una scodella la mollica di pane e ricopritela di latte. Nel frattempo sbollentate i gherigli di noci, per privarli della pellicina, asciugateli, quindi pestateli nel mortaio (il mìxe - oggi di gran moda produce una crema più che un pesto) insieme agli spicchi di aglio; la lavorazione non dovrà produrre una pasta troppo liscia, essendo piacevole saggiare il condimento sentendone la granulosità.<br />Al pesto aggiungete la mollica di pane ben inzuppata, regolate di sale, mescolate e fate riposare. Lessate le tagliatelle in abbondante acqua salata; scolatele, versatele in una zuppiera calda, scioglietevi il burro, quindi condite con l'aglìata e portate le tagliatelle in tavola, ancora fumanti.<br /> <br />Agnolotti<br />di natale.<br /> (n)<br /><br /> Ingredienti per 6 persone: Per la pasta: g 500 di farina e 5 uova. Per il ripieno: g 300 stufato di manzo, g 150 di arrosto di maiale, g 80 di salsiccia di maiale, g 100 di cervella di vitello, un cespo di scarola, g 20 di burro, g 60 di grana, grattuggiata, 3 uova, noce moscata e sale. Per la cottura e il condimento: brodo di carne, burro fuso, foglioline di salvia, grana, ( tartufo quando lo trovi).<br />Sulla spianatoia mettete la farina aperta a cratere, sgusciate le uova ed iniziate a lavorare, prima con la forchetta poi con le mani, fino ad ottenere un impasto liscio e compatto. Questo, copritelo con una ciotola grande o avvolgetelo in pellicola alimentare, lasciando che riposi per un pò di tempo. Per preparare il ripieno, innanzitutto lessate in acqua salata sia la salsiccia che il cervello. Da togliere dopo pochi minuti: la salsiccia pelata e frantumata, il cervello ripulito e tritato. Lessate la scarola, scolatela, strizzatela e tritatela, quindi passatela in una padellina, per rosolarla nel burro. Ora, macinate (tritate) le carni insieme, e l'impasto collocatelo in una ciotola capiente, unite il trito di scarola, le uova e il formaggio grattugiato;Aii, regolate di sale, noce moscata e pepe, quindi lavorate a dovere, aiutandovi con un cucchiaio di legno, per ottenere un amalgama omogeneo. Riprendete la pasta e, con il matterello, spianate una sfoglia sottile; a tagliare a metà e una parte, arrotolata, coprirla per mantenerla morbida. Sopra la prima sfoglia depositate tante nocciole di ripieno distanti tra loro 3-4 cm, ben allineate. Ricoprite con l'altra sfoglia, poi con la rotella dentata a (speronella) ritagliate tanti agnolotti quadrati, avendone già saldato i bordi. Lessate gli agnolottí in brodo bollente; da scolare appena vengono a galla)<br />Pasta lunga. (m) Spaghetti o tagliatelle fatte in casa. Dosi occorrenti per 4 persone: 3 grosse cipolle bianche, 4 cucchiai di olio, 1/2 litro di latte, sale, pepe. <br />Affettate le cipolle formando dei sottili anelli e metteteli in padella a stufare con un po' d'acqua, sale e tre cucchiai di olio. Incoperchiate, lasciate cuocere fino a che sono diventate morbide e trasparenti. A questo punto scopritele, alzate un po' la fiamma e fatele asciugare e colorire leggermente. Bagnate poi, un cucchiaio po’ alla volta, con il latte. Quando questo si consumerà, aggiungete un altro cucchiaio d’olio, sale e pepe. Buttate in padella la pasta (che avrete lasciato un po' al dente), lasciate qualche minuto sul fuoco perché si insaporiscano e si impregnino di salsa e servite fumante, condendoli con burro fuso aromatizzato (precedentemente, in una padellina) con foglioline di salvia e grana padano grattugiato. I più fortunati vi affettano sopra profumatissime lamelle di tartufo bianco: di Alba si considera il migliore in assoluto.<br />Ravioli ai formaggi.<br /> (m) Ingredienti per 6 persone. Per la pasta: g 500 di farina, 4 uova. Per il ripieno: g 500 di formaggi vari (stracchino, fontina, toma ecc.), 2 cucchiai di prezzemolo tritato, 3 uova. Per la cottura e il condimento: brodo buono o acqua salata, sugo di carne. <br />Sulla spianatoia mettete la farina aperta a cratere, sgusciate le uova, aggiungete il latte ed iniziate a lavorare, prima con la forchetta poi con le mani, fino ad ottenere un impasto liscio e compatto. Questo, copritelo con una ciotola grande o avvolgetelo in pellicola alimentare, lasciando che riposi per un po' di tempo. Per il ripieno, in una ciotola mettete i formaggi stemperati con i rebbi una forchetta o tagliati a dadini piccoli, quindi inglobateli al parmigiano, prezzemolo e alle uova, profumate con noce moscata e pepe nero, salate e lavorate con un cucchiaio di legno, per ricavarne un composto omogeneo. Riprendete la pasta e, con il matterello, spianate una sfoglia sottile; da tagliare a metà e una parte, arrotolata, coprirla per mantenerla morbida. Sopra la prima sfoglia, depositate tante nocciole di ripieno distanti tra loro 3-4 cm, ben allineate. Ricoprite con l'altra sfoglia, poi con la rotella dentata, ritagliate tanti agnolotti/ravioli quadrati, avendone già saldato i bordi. Lessate gli agnolotti in brodo bollente; da scolare appena vengono a galla e servirli, condendoli con sugo di carne e grana padano grattugiato<br />Agnolotti <br />al forno.<br /> (m)<br /> Ingredienti per 6 persone: Agnolotti ripieni come voi volete ( per la notte di natale erono rigorosamente di ricotta e erbe) sale. Per il condimento: g 100 di burro, un rametto di rosmarino tritato finemente, foglioline di salvia, g 80 di grana padano grattugiato.<br /> Dopo aver lessato gli agnolotti in abbondante acqua salata, toglieteli una schiumarola, quindi metteteli in una teglia da forno. A parte, in una padellina, sciogliete il burro, profumandolo con le foglioline di salvia e il trito di rosmarino, quindi versatelo sopra gli agnolotti spolverizzate abbondante formaggio grattugiato e passate in forno ( 180°) per gratinarli. Toglíeteli dopo pochi minuti e serviteli ancora fumanti.<br />Agnolotti <br />della <br />Mamma <br />Gin.<br />(b)<br /> Una vivanda antica, che vi darà enorme soddisfazione. Ingredienti per 6 persone: Per la pasta, g 400 di farina, 4 uova. Per il ripieno: g 180 di polpa dì manzo, un nonnulla di noce moscata, g 80 di lombo di maìale, mezza foglia di alloro sminuzzata, mezza cipolla tritata, una bottiglia di vino rosso vecchio, una carota tritata, un dI di olio di oliva, mezza costa di sedano tritata , g 50 dì lardo (o pancetta) pestato, uno spicchio dì aglio schiacciato, g 150 di foglie di cavolo (da togliere), g 120 di salsiccia fresca, pelata e sminuzzata, 4 foglioline di salvia, g 60 di grana padano grattugiato, un ciuffetto di rosmarino, 2 uova, pepe in grani , sale e pepe di mulinello, 2 chiodi di garofano cannella. (se lo potete trovare per il condirriento: tartufo bianco, in mancanza del parmigiano). <br />Sulla spianatoia mettete la farina aperta a cratere, sgusciate le uova, ed iniziate a lavorare, prima con la forchetta poi con le mani, fino ad ottenere un impasto liscio e compatto. Questo, copritelo con una ciotola grande o avvolgetelo in pellicola alímentare, lasciando che riposi per un po' di tempo. Ora, nettate a dovere il tartufo, con uno spazzolino e uno straccetto inumidito. In una casseruola capace mettete la carne di manzo e di maiale tagliata a cubetti e marinatela con il trito di sedano, carota e cipolla, unite l'aglio schiacciato, la salvia, il rosmarino, i grani di pepe, la cannella, la noce moscata, i chiodi di garofano e l'alloro, regolate di sale, versate sopra il vino, incoperchiate e lasciate macerare per almeno un giorno intero. Buttate la foglia di alloro, lo spicchio di aglio e la salvia, passate le verdure (sedano, carota e cìpolla) al passaverdure; questo trito passatelo in un tegame, da soffriggere insieme all'olio e al lardo pestato, al quale aggiungete i pezzetti di carne, da rosolare, rigirandoli più volte. Filtrate il vino, conservando da parte le spezie, poi versatelo sopra la carne e lasciate sobbollire per pochi minuti, fl tempo che asciughi. Regolate dì sale e pepe, aggiungete le spezie, versate un bicchiere di acqua tiepida, incoperchiate e fate cuocere, adagio, per circa 2 ore. A parte, in una pentola, lessate in abbondante acqua salata le foglie del cavolo. Da togliere quando sono cotte a puntino, da scolare e strizzare. Appena le carni sono cucinate, scolatele e passatele al tritacarne insieme alle foglie di cavolo; il composto mettetelo in una ciotola capace, aggiungiete te il formaggio grattugiato, la salsiccia e le uova; lavorate con un cucchiaio per ricavarne un composto omogeneo. Intanto, il liquido di cottura passatelo al setaccio e scaldatelo e asciugarlo appena (da conservare come condimento degli agnolotti). Riprendete la pasta e, con il matterello, spianate una sfoglia ma tagliare a metà e una parte, arrotolata, coprirla per mantenerla morbida. Sopra la prima sfoglia depositate tante nocciole di ripieno distanti 3-4 cm, ben allineate. Ricoprite con l'altra sfoglia, poi con la rotella dentata ritagliate tanti agnolotti quadrati, avendone già saldati ai bordi. Lessate gli agnolotti in abbondante acqua salata; scolateli appena mi a galla e serviteli disposti nel piatto da portata, irrorandoli con il sugo di cottura e lamelle sottilissime di tartufo.<br />Agnolotti <br />di <br />coniglio. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: Per la pasta: 5 uova, g 500 di farina. Per il condimento: il sugo del coniglio. Per il ripieno: un coniglio g 40 di grana padano grattugiato 4 cucchiai di olio di oliva3 foglie di verza g 25 di burro, noce moscata, un rametto di rosmarino, 3 uova un cucchiaio di prezzemolo tritato, un salame da cuocere, sale e pepe di mulinello <br />Sulla spianatoia ponete la farina aperta a cratere, sgusciate le uova ed iniziate a lavorare, prima con la forchetta poi con le mani, fino ad ottenere un impasto liscio e compatto. Questo, copritelo con una ciotola grande o avvolgetelo in pellicola alimentare, lasciando che riposi per un po' di tempo. In una casseruola, cucinate il coniglio nell'olio e nel burro, a fiamma docile e tegame incoperchiato, aromatizzando con trito di rosmarino e prezzemolo; appena vi pare cotto, disossatelo e la polpa tritatela finemente; versa la in una ciotola, unite il salame sminuzzato, il formaggio grattugiato e le foglie di verza (precedentemente bollite in acqua salata e tritate), calate le uova, spolverizzate noce moscata grattugiata, regolate di sale e pepe, poi mescolate con un cucchiaio, per ottenere un composto omogeneo. Riprendete la pasta e, con il matterello, spianate una sfoglia sottile; da tagliare a metà e una parte, arrotolata, coprirla per mantenerla morbida. Sopra la prima sfoglia depositate tante nocciole di ripieno distanti tra loro 3 cm, ben allineate. Ricoprite con l'altra sfoglia, poi con la rotella dentata, di legno, ritagliate tanti agnolotti quadrati, saldandone già i bordi. Lessate gli agnolotti in abbondante acqua salata; scolateli appena vengono a galla e serviteli conditi con il sugo di cottura del coniglio, passato al colino.<br />Agnolotti<br />di magro. <br />(n)<br /> Piatto delle domeniche di Quaresima. Ingredienti per 6 persone: Per la pasta: g 500 di farina, 5 uova. Per il ripieno: g 250 di ricotta, un cucchiaio di prezzemolo tritato, g 200 di ricotta di capra, uno spicchio di aglio tritato, g 400 di spinaci (o bietola), noce moscata,g 80 di grana padano grattugiato, sale e pepe nero di mulinello 3 tuorli. Per il condimento: un trito di aglio, (anche solo lefoglie), rosmarino, salvia, gambi di sedano, rosmarino g 30 di burro. <br />Dopo averli puliti e lavati, lessate gli spinaci in abbondante acqua, salata; scolateli, strizzateli e tritateli grossolanamente. Sulla spianatoia ponete la farina aperta a cratere, sgusciate le uova ed iniziate a lavorare, prima con la forchetta poi con le mani, fino ad ottenere un impasto liscio e compatto. Questo, copritelo con una ciotola grande o avvolgetelo in pellicola alimentare, lasciando che riposi per un po' di tempo . In una ciotola ponete i due tipi di ricotta, ai quali aggiungete il formaggio gratuggiato, i tuorli d'uovo e gli spinaci; unite il trito di aglio e prezzemolo, regolate di sale e pepe, profumate con noce moscata quindi lavorate con per ricavarne un composto omogeneo. Riprendete la pasta e, con il matterello, spianate una sfoglia sottile; da tagliare a metà e una parte, arrotolata, coprirla per mantenerla morbida. Sopra la prima sfoglia depositate tante nocciole di ripieno distanti tra loro 3 cm, ben allineate. Ricoprite con l'altra sfoglia, poi con la rotella (di legno) ritagliate tanti agnolotti quadrati, saldandone già i bordi. In una padellina, sciogliete il burro insieme al trito di erbe profumate. Lessate gli agnolotti in abbondante acqua salata; scolateli appena vengono a galla e serviteli conditi con il burro sciolto profumato.<br />Cannelloni<br /> per le <br />feste <br />di agosto.<br />(m)<br /> Per le grandi occasioni. Ingredienti per 6 persone: Per la pasta: uova, g 500 di farina Per il ripieno: g 250 di spinaci (o bietola), 2 uova e un tuorlo, g 60 di parmigiano grattugiato, g 400 di polpa di vitello rosolata (o arrostita), sale e pepe di mulinello, 9 120 di prosciutto cotto. Per la besciamella: g 60 di burro, un nonnulla di noce moscata, g 60 di farina, sale mezzo 1itro di latte. Per il condírnento: g 250 di ragù di carne, parmigiano grattugiato, g 60 di burro. <br />Sulla spianatoia disponete la farina, aperta a fontana; tuffatevi le uova quindi, aiutandovi inizialmente con una forchetta, intridete la farina, poi impastate e lavorate con cura, fino ad ottenere un amalgama liscio e sodo; lasciate riposare l'impasto coperto da una ciotola grande, da un canovaccio o da pellicola alimentare. Nel frattempo, dopo aver nettato gli spinaci e lavati, metteteli a lessare con la loro acqua, incoperchiati. Scolateli, strizzateli e tritateli. Ora, in una ciotola capace, mescolate il trito di spinaci insieme al prosciutto cotto, tagliato a dadini, e alla polpa di vitello macinata (o tritata), unite le uova e il tuorlo, il parmigiano grattugiato, regolate di sale e pepe, quindi mescolate con cura. La besciamella la fate (ideale se cucinata a bagnomaria) su fiamma docile: sciogliendo innanzitutto il burro, al quale unite la farina, sempre mescolando con un cucchiaio di legno; per ultimo versate il latte caldo, un pizzico di sale, un nonnulla di noce moscata e lavorate di seguito, per evitare la formazione di grumi. Riprendete l'impasto, spianatelo con il matterello in sfoglia sottile, ritagliate tanti riquadri di circa 10 cm di lato; questi farciteli con parte di ripíeno, arrotolate la sfoglia e formate tanti cannelloni.La teglia da forno (o pirofila) ungetela con il burro, poi disponetevi i cannelloni a strati, alternandoli con il ragù, qualche fiocchetto di burro e una leggera nevicata di parmigiano grattugiato. Al termine, ricoprite con la besciamella, altro velo di formaggio grattugiato e riccioli di burro. Ora passate la teglia in forno (già molto caldo) per pochi minuti, il tempo di dorarsi. Servite la vivanda caldissima.<br />Lasagne <br />della <br />vigilia. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone. Per la pasta: g 500 di farina, 4 uova. Per il condimento: 8 acciughe salate, 3 cucchiai di olio d'oliva, g 60 di burro, foglie di salvia, g 60 di grana grattugiato, rametto di rosmarino, 3 spicchi di aglio schiacciati (da togliere), una foglia di alloro, pepe nero di mulinello, sale. <br />Innanzitutto, dissalate le acciughe sotto un getto di acqua corrente, poi apritele e sfilettatele asportando testa, lisca centrale e coda. Dopo aver posto la farina sulla spianatoia, aperta a cratere, unite le uova, il sale e aggiungete circa mezzo bicchiere di acqua tiepida, per poter iniziare l'impasto. Aiutandovi dapprima con una forchetta poi con le mani, lavorate con abilità e pazienza, er produrre un amalgama liscio e compatto; da spianare sottilmente a mo' di sfoglia, poi da ritagliare con una coltellina affilata (o la rotella dentata, di legno) in lasagne larghe circa 3 cm. Mentre le lasagne riposano sopra la spianatoia infarinata, preparate il condimento, soffriggendo in una casseruola di terracotta l'olio e il burro; quali unite le erbe odorifere e gli spicchi di aglio, mescolando più volte con un cucchiaio di legno. Ora, aggiungete i filetti di acciughe sminuzzati, lasciate insaporire per pochi minuti, quindi togliete sia l'aglio che le erbe odorifere. Lessate le lasagne in abbondante acqua salata; cotte al dente, toglietele dal bollore con la schiumarola, conditele a strati con il sugo e spolvero di formaggio grattugiato, poi servitele caldissime.<br /><br />Lasagnette<br />della<br />vendemia. <br />(n) Ingredienti per 6 persone: Per la pasta: g 500 di farina, sale,5 uova. Per il condimento: g 300 di polpa di pomodori (Privata della pelle, dei semi e dell'acqua di vegetazione), un cucchiaio di zucchero, g 60 di burro, g 30 di formaggio stagionato grattugiato, mezza cipolla tritata, g 30 di grana padano, 3 cucchiai di olio extra vergine di oliva, mezza costa di sedano tritata, uno spicchio di aglio tritato, un ciuffetto di foglie di basilico, un cucchiaio di aceto buono e sale. Posta la farina sulla spianatoia, aperta a cratere, unite le uova e il quindi iniziate l'impasto. Aiutandovi dapprima con una forchetta poi con le mani, lavorate con abilità e pazienza, per produrre un amalgama compatto; da spianare sottilmente a mo' di sfoglia, poi da ritagliare con coltellina affilata in lasagnette larghe circa 2 cm e lunghe 10. Mentre queste riposano e si asciugano sopra la spianatoia inbiancate di farina, preparate il condimento, mettendo in una casseruola la polpa pomodori tagliata a dadini, insieme al trito delle verdure, ll'aceto e zucchero; fate insaporire con pochissimo olio. In un altro tegame, dopo aver sciolto il burro, unite i formaggi lasciateli rosolare, mescolando spesso. Dopo aver lessato abbondante acqua salata le lasagette, scolatele cotte al dente, conditele con il sugo di pomodoro e il formaggio fuso, quindi portatele in tavola ancora fumanti.<br />Ravioli<br />di<br />riso.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: Per la pasta: g 500 di farina, 3 uova, latte, un cucchiaio di olio di oliva. Per il ripieno:, un cavolfiore, 3 uova, g 300 di riso Vialone nano brodo di carne. Per la cottura e il condimento:acqua o brodo buono, salsa di pomodoro o burro e salvia, latte, olio di oliva, 3 uova, sale e pepe di mulinello, grana padano grattugiato. <br />Sul tagliere, disponete la farina a fontana, al centro della uova; versate mezzo bicchiere di latte, l'olio e un bicchiere quindi, aiutandovi dapprima con una forchetta, poi con il palmo della mano intridete la farina e cominciate a lavorarla fino ad ottenere scio e compatto, che coprite con una ciotola o della lasciandolo riposare. Nel frattempo preparate il ripieno, lessando in abbondante acqua il cavolfiore. Quando è cotto a dovere, scolatelo e tritatelo grossolanamente. A parte, cuocete il riso in circa 2 1 di brodo buono. Cucinato a puntino, toglietelo dal brodo con un colino e e cavolfiore, per lavorarlo (amalgamarlo) con un cucchiaio i al pepe ed al sale. Riprendete l'impasto e spianatelo con il matterello fino sfoglia sottile; tagliatela a metà, sopra una parte disponete mucchiettini grandi quanto una nocciola, distanti tra loro allineati. Ricoprite con l'altro pezzo di sfoglia, poi, con la rotella di legno dentata tagliate i riquadri già saldati ai bordi. Lessateli o in abbondante acqua salata o nel brodo; appena vengono a galla scolateli e diponeteli nel piatto di portata, condendoli con sugo di pomodoro , tirato con il burro, oppure burro profumato con foglie di savia. Acompagnate i ravioli con grana grattuggiato al momennto.<br />Tagliatelle e<br />Asparagi. <br />(m) Piatto tradizionale, nato dalla raccolta degli asparagi selvatici sui greti ombreggiati e umidi o della spelonca. Ingredienti per 6 persone. Per la pasta: g 500 di farina, 5 uova. Per il condimento:, kg 1 di asparagi selvatici, 2 tuorli, g 120 di lardo pestato, g 60 di toma fresca, 2 spicchi di aglio schiacciati, g 120 di pancetta, tagliata a dadini, grana padano grattugiato, a piacere, 2 cucchiai di olio di oliva, sale e pepe di mulinello. <br />Sulla spianatoia disponete la farina a fontana, al centro della quale sgusciate le uova; aiutandovi dapprima con una forchetta, poi con il palmo delle mani, intridete la farina quindi, man mano, cominciate a lavorarla fino ad ottenere un impasto liscio e compatto. Coprite con una ciotola o con pellicola alimentare e lasciate riposare. Dopo aver pulito gli asparagi selvatici, eliminate le parti legnose e mettete da parte i rizomi commestibili, da tagliare a pezzetti. Ora, in una padella, fate soffriggere nell'olio il lardo pestato aromatizzato con gli spicchi di aglio; unite la dadolata di pancetta, regolate di sale e pepe, incoperchiate e fate cuocere, adagio, per alcuni minuti. In una ciotola, a parte, intridete i tuorli d'uovo con il formaggio toma precedentemente ammorbidito in pochissima panna liquida), versate il granagrattugiato, pepate e preparatevi ad usare questa crema. Riprendete l'impasto, spianatelo con il matterello tanto da formare una sfoglia sottile, da tagliare a listarelle (tagliatelle) larghe circa 1,5 cm. Lessate le tagliatelle in abbondante acqua salata; scolatele appena cotte al dente, quindi adagiatele in una padella capace, versatevi sopra il condimento di asparagi, poi la crema di formaggio, saltatele in padella per pochi minuti e servitele caldissime<br /><br />Taggatielle<br />e <br />zucchine. <br />(m) Ingredienti per 6 persone: Per la pasta: g 500 di farina, 5 uova. Per il condimento:, g 400 di zucchine, g 30 di burro, un dl di olio di oliva, grana padano, a piacere, 2 spicchi di aglio tritati, sale e pepe nero di mulinello, 4foglie di basilico, sminuzzate<br />Sulla spianatoia disponete la farina a fontana, al centro della quale gusciate le uova; aiutandovi dapprima con una forchetta, poi con il palmo delle mani, intridete la farina quindi, man mano. cominciate a lavoralra fine ad ottenere un impasto liscio e compatto. Coprite con una ciotola o coi pellicola alimentare e lasciate riposare. Pulite le zucchine, asportando le due estremità, quindi tagliatele a dischetti sottili. Ora, in una padella, scaldate l'olio aromatizzato con il trito di aglio e basilico; unite le zucchine e friggetele, poi asciugatele sopra fogli di carta assorbente bente. Riprendete l'impasto, spianatelo con il matterello tanto da formare una sfoglia sottile, da tagliare a listarelle (tagliatelle) larghe circa 1,5 cm. Lessate le tagliatelle in abbondante acqua salata; scolatele appena cote al dente, quindi adagiatele in una padella capace dove già sfrigola il burro aromatizzato con pepe nero appena macinato; aggiungete le zucchine, scolate con cura quindi servite le tagliatelle ancora fumanti<br />Tagliatelle, gorgonzola<br /> e <br />ricotta <br />(m) Ingredienti per 6 persone: Per la pasta: g 500 di farina, g 150 di spinaci 5 uova, sale. Per il condimento: g 60 di burro, g 180 di ricotta , g 120 di gorgonzola crernoso, grana padano grattugiato, a piacere un bicchiere di panna liquida <br />Dopo aver lavato gli spinaci (bieta), lessateli in abbondante acqua salata strizzateli e tritateli finemente. Sulla spianatoia disponete circa metà della farina a fontana, al centro della quale sgusciate metà delle uova; aiutandovi dapprima con una forchetta poi con il palmo delle mani impastate, la farina quindi, man mano, cominciate a lavorarla fino ad ottenere un impasto liscio e compatto. Ripetete l'operazione con la restante farina e le uova, aggiungendo gli spinaci; lavorate come sopra ed otterrete un impasto verde. Coprite con una ciotola o con un panno di lino (o pellicola alimentare) e lasciate riposare. Ora, in una padella, sciogliete il burro, poi unite il gorgonzola e la panna liquida, quindi, sempre mescolando con un cucchiaio di legno, lavorate aggiungete la ricotta; alla fine avete una crema liquida, omogenea e liscia. Riprendete i due impasti, spianateli con il matterello tanto da formare sfoglie sottili, da tagliare a listarelle (tagliatelle) larghe circa 1,5 cm di due colori, gialle e verdi. Lessate le tagliatelle in abbondante acqua salata; scolatele appena cotte al dente, adagiatele in una padella capace, dove già sfrigola la crema di formaggio, saltatele un attimo e servitele caldissime.<br /><br />Tagliolini<br />e agoni.<br />(m) Ingredienti per 6 persone. Per la pasta: g 500 di farina, 5 uova. Per il condimento: agoni sotto sale, 2 spicchi di aglio tritati, un dl di olio extra vergine di oliva, sale, 2 cucchiai di prezzemolo tritato <br />Prima di tutto mettete a bagno gli agoni in acqua tiepida; cosicché, dopo circa mezz'ora, potete togliere facilmente la pelle, privarli delle lische e sminuzzarne la polpa. Impastate la farina con le uova, come al solito; dopo averla lasciata riposare avvolta in pellicola alimentare o coperta da una ciotola, con il matterello spianatela tanto da formare una sfoglia sottile, che arrotolate e tagliate finemente, per confezionare tagliolini sottili. Lasciateli aperti, ad asciugare, sopra la spianatoia ben infarinata. Nel frattempo preparate il condimento: in una padella versate l'olio, quindi aggiungete il prezzemolo tritato, l'aglio e gli agoni, lasciandoli marinare per qualche tempo. Ora, lessate in abbondante acqua salata i tagliolini; cotti al dente, scolateli e disponeteli nel piatto da portata, per condirli con il sughetto, appena messo sul fuoco a scaldare e servire caldissimi.<br /><br />Tagliolini <br />o <br />fettuccine <br />e <br />frattaglie. (<br />s) Ingredienti per 6 persone: g 500 di tagliolini o fettuccine (vedi ricetta predente come impastare, g500 di farina e 3/5 uova).Per il condirnento.g 250 di frattaglie miste (fegatini di pollo o di coniglio, creste, bargigli, reni cuori, ovarine - uova non nate, g 80 di carne arrosto avanzata, tritata (a piacere), 3 foglioline di salvia tritata, un bicchiere di vino rosso, 3 cucchiai di olio di oliva, g 115 di funghi secchi (ammollati in acqua tiepida e strizzati), g 20 di burro, g 30 di salsiccia fresca sminuzzata, g 60 di lardo pestato mezza cipolla tritata, grana grattugiato, a piacere sale e pepe di mulinello, una carota tritata, mezza costa di sedano tritata, uno spicchío di aglio tritato, un cucchiaio di prezzemolo tritato <br />Impastate la farina con le uova, come al solito; dopo averla lasciata riposare avvolta in panno di lino o pellicola alimentare o coperta da una ciotola, con il matterello spianatela tanto da formare una sfoglia sottile, che arrotolate e tagliate finemente, per confezionare tagliolini sottiliIn una casseruola, scaldate l'olio e il burro, nei quali mettete a rosolare ilpesto di pancetta; dopo aggiungete il trito delle verdure, poi le frattaglie (precedentemente pulite e tagliate a pezzetti , quindi l'arrosto macinato; regolate di sale e pepe, versate il vino rosso, incoperchiate e lasciate cuocere adagio. Ora, trascorsa circa mezz'ora, unite la salsiccia e i funghi, mescolate con cura e terminate la cottura. Lessate i tagliolini/fetuccine in abbondante acqua salata; scolateli appena vengono a a galla, cotti al dente; conditeli con il sugo di frattaglie e portateli in tavola ancora fumanti.<br />Nota.L'impasto per i tagliolini/fetuccine si può fare anche con un solo tipo di farina, bianca s'intende. A piacere, il condimento colorato dalla polpa o il sugo di pomodoro.<br />PASTA AGLIO E OLIO Il segreto per preparare un'ottima pasta aglio e olio consiste nel passare al forno, per pochi minuti, la pasta già scolata e condita.<br /> <br /> <br />Gnocchetti <br />di ricotta <br />di <br />capra. (b)<br /> Pulite con cura i funghi, poi tagliateli a fettine sottili. In una ciotola intridete la ricotta insieme al formaggio, alla farina uova. <br />Con questo amalgama allungate sulla spianatoia tanti serpentelli, poco più di una matita; tagliateli a rocchettini, quindi confezionateli, sandoli sopra i rebbi di una forchetta (o sul dorso della grattugia), premendo al centro e arrotolandoli. In una padella, mettete a soffriggere 3 cucchiai di olio e il burro; calate funghi e fateli rosolare, profumandoli quasi alla fine con il trito di aglio prezzemolo. Lessate gli gnocchetti in abbondante acqua salata (con l'aggiunta di 2 cuchiai di olio); scolateli appena vengono a galla, conditeli con i funghi serviteli caldissi<br />Gnocchi <br />alla<br /> bava. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: Per gli gnocchi: kg 1,2 di patate, 2 tuorli, g 300 di farina, sale Per il condimento: g 200 di fontina, a dadini, pepe nero di mulinello, a piacere g 60 di burro, sale, un cucchiaio grande di panna liquida. Lessate le patate in acqua salata; dopo circa mezz'ora toglietele, passatele allo schiacciapatate o al setaccio. Sulla spianatoia disponete la farina aperta a fontana, unite la passata di patate e i tuorli, salate appena e impastate. Spolverizzate di farina la spianatoia, prendete l'impasto, come per formare tanti serpentelli, grossi poco più di un cm, tagliateli i rocchetti di circa 1,5 cm di lunghezza quindi, servendovi del retro della tugia o dei rebbi di una forchetta, confezionate gli gnocchi, cavi all'interno per via della pressione del pollice e decorati sul dorso. Lasciateli riposare (asciugare). Nel frattempo, in una padella grande sciogliete il burro, quindi versate panna e fate fondere la dadolata di fontina, a fiamma docile. Lessate gli gnocchi in abbondante acqua salata, scolateli appena vengono a galla, uniteli alla fontina e saltateli in padella; il tempo di condirli e servirli caldissimi. Portate in tavola, a disposizione, il macinino con nero. Varianti nell'impasto degli gnocchi alcuni aggiungono un cucchiaio di olio di oliva come pure il profumo del pepe appena macinato.<br />Gnocchi <br />alla<br />piemontese<br />(s) E importante usare pochissima farina, il minimo indispensabile per ottenere gnocchi teneri. Ingredienti per 6 persone: Per gli gnocchi: kg 1,500 di patate, g300 di farina e sale. Per il condimento: sugo di stracotto parmigiano grattugiato, a piacere, sale.Lessate le patate in acqua salata; dopo circa mezz'ora toglietele, pelatele e passatele allo schiacciapatate o al setaccio. Sulla spianatoia disponete la farina aperta a fontana, unite la passata di patate, salate appena e impastate. Spolverizzate di farina la spianatoia, prendete l'impasto come per formare tanti serpentelli, grossi poco più di un cm., rocchetti di circa 2 cm di lunghezza quindi, servendovi del grattugia o dei rebbi di una forchetta, confezionate gli gnocchi, cavi all'interno per via della pressione del pollice e decorati sul dorso. Lasciateli riposare (asciugare) per qualche tempo. Ora, lessateli in abbondante acqua salata; appena affiorano scolateli con il mestolo forato, quindi conditeli con il sugo di stracotto, parmigiano grattugiato e serviteli fumanti. Invece del sugo di stracotto, si usa condirli anche con burro fuso profumato alla salvia<br />Gnocchi Gratinati, <br />(m) Ingredienti per 6 persone: g 550 di gnocchi di patate (vedì), pangrattato, per foderare la teglia, g 120 di fontina valdostana, affettata, una puntina di spezie varie, g 80 di burro, cannella in polvere, g 40 di grana padano grattugiato, sale e pepe nero di mulinello.<br /> Dopo aver lessato gli gnocchi in abbondante acqua salata, scolateli cotti al dente, quindi disponeteli, a strati in una teglia (o pirofila) già foderata di pangrattato, alternando fettine di fontina, riccioli di nero macinato e cannella grattugiata; terminate spolverizzando di grana grattugiato, altri riccioli di burro, quindi passate in forno 180° per circa 20 minuti. Serviteli dorati e caldissimi.<br />Gnocchi della festa. (m) Piatto tradizionalele del giorno del battesimo. Ingredienti per 6 persone: kg 1 di patate, burro fuso, per condire, g 350 di toma fresca, grana padano grattugiato, a piacere, g 350 di farina, 3 foglie di salvia, 2 uova, sale. Lessate le patate in acqua salata; scolatele, pelatele e passatele al setaccio o nello schiaccíapatate. La purea ottenuta unitela alla farina, già disposta sulla spianatoia, aperta a cratere; qui aggiungete la toma sminuzzata, poi le uova; salate e lavorate con cura fino ad ottenere un amalgama liscio e omogeneo.Ora, formate tanti serpentelli grossi circa come il dito mignolo, tagliateli a tocchettì, quindi ripassateli tra le mani infarinate per confezionarli a mo' di spoletta. In una pentola, fate bollire acqua salata; tuffatevi, poche per volta, i gnocchi e appena vengono a galla scolateli, fate dorare al salvia con il burro fuso passate il tutto in padella con abbondante grana grattugiato. Seviteli ben caldi.<br /> <br />Un piatto antichissimo che appartiene alla nostra storia: ecco cos'è la polenta, ( in tarùsc turnela ) un cibo sorprendente. La preparavano i Latini utilizzando la farina di farro, ma anche quella d’altri cereali come il miglio, il grano saraceno e l'orzo, o ancora la farina di castagne oppure quella ricavata dai legumi. Quando arrívò il mais (o granoturco) dall'America, nella cucina popolare si è presto imposta la tradizione della polenta con la farina gialla. E' soprattutto nel Settecento che si diffonde, specialmente nelle campagne del Nord Italia, come sostituto del pane, contorno o primo piatto ( unico, data la povertà). Oggi la polenta gialla è diffusa un pò dappertutto. Da sempre considerata un cibo povero perché costa poco e sazia molto, la polenta è un alimento davvero sorprendente. E' molto più ricca dal punto di vista nutrizionale dì quanto si possa credere ma allo stesso tempo è anche relativamente poco calorica. Lo sapevano da sempre i nostri nonni. La polenta, la regina della tavola contadina ci ha difeso per centinaia di anni dai tumori ed è persino …si dice…afrodisiaca. Inoltre contrariamente alla credenza comune, non è un attentato alla nostra lìnea: è, infatti, saziante, ma non particolarmente calorica, apporta circa le stesse calorie della pasta, ma il vero problema è, rappresentato da intingoli, salse e condimenti con cui vìene servita vista la sua la sua capacità assorbente, si trasforma allora in una "borriba" calorica e di grassi. Per avere un piatto sano basta accompagnarla con alimenti e sughi semplici e pochi intingoli. La polenta è un ingrediente ideale per una alimentazione sana ed quilibrata. Il segreto di un ottima polenta , con farina appena macinata e di qualità. Non va conservata a lungo perché si altera facilmente e va tenuta in un luogo fresco ed asciutto.<br />( 100 grammi di polenta di mais contiene - 353 calorie, 2,7g di grassi, 81,5g di carboidrati, 8,7 di proteine).<br />Relegata alle mense più povere, dove era accompagnata con il latte, con i fagioli o con l'aringa affumicata, la polenta faceva raramente la sua comparsa sulle tavole dei più benestanti. Ritenevano che fosse un cibo troppo semplice, non adatto ai loro palati raffinati. In realtà è un piatto che, pur rimandandoci alle nostre antiche origini contadine, racchiude in sé una vera e propria "cultura della polenta", oggi totalmente rivalutata. Simbolo di buon umore e di pranzi all'insegna della sobrietà e dell'amicizia, riesce ad accomunare tutti allo stesso tavolo: la sua grande versatilità la fa avvicinare al gusti più svariati, creando accostamenti fantasiosi e stuzzicanti. Dal dolce al salato, è in grado di soddisfare anche i palati più dificili.<br />I rituali della polenta. Per preparare una polenta come vuole la ricetta tradizionale non ci si può sottrarre all'antico rituale, che richiede un'attenzione scrupolosa nella sceltadegli utensili, nella proporzione tra<br />acqua e farina e nei gesti. Il paiolo attaccato alla catena del camino, o sprofondato tra i cerchi della stufa a<br />legna, è ormai solo un nostalgico ricordo. Tuttavia, se si vuole gustare il sapore rustico di una polenta tradizionale, rimane indispensabile l'utilizzo di una pentola di rame. Questo metallo, ottimo conduttore<br />termico, consente una cottura uniforme della farina, mantenendo la temperatura sempre omogenea. Ma forse, il vero segreto per una polenta "doc", risiede in quello che le nonne chiamerebbero "olio di gomito", la forza e la costanza con cui la farina va rimescolata nel paiolo movimenti ampi e circolari devono ruotare sempre nella stessa direzione.<br />Come si prepara la polenta. In commercio esistono vari tipi di farina di granoturco, più o meno selezionate, a grana più o meno grossa: variano a seconda delle abitudini alimentari e delle pietanze che andranno ad accompagnare. La ricetta base della polenta è molto semplice, richiede soltanto una particolare pazienza nella preparazione. Si inizia ad incorporare la farina a pioggia, quando l'acqua salata bolle. E’ molto importante, in questa prima fase, rimescolare energicamente con una frusta, per evitare i grumi. La farina restante va aggiunta solo quando quella già versata si è assorbita completamente. Ad impasto omogeneo si può iniziare a mescolare con il bastone di legno, lasciandola riposare di tanto in tanto. Una polenta a regola d'arte deve cuocere dai 40 minuti alle 2 ore (secondo il tipo di farina): solo così diventerà setosa e digeribile, perdendo quel gusto amarognolo checontraddistingue polente cucinate troppo frettolosamente. Va versata quindi sul tagliere di legno e tagliata con un filo di cotone o con un coltello rigorosamente di legno. Così servita occuperà il posto d'onore sul vostro tavolo.<br />La farina più conosciuta per la polenta è quella gialla, ma non è l'unica.<br />Le più utilizate.<br />FARINA GIALLA. E’ la varietà più comune per fare lo polenta. Si ricava dalla macinazione più o meno fine del mais normale, con separazione dal germe mediante setacciatura. E' detta abburattata quando si macina tutto il granoturco e si separa la crusca. La vitrea, o semola, fioretto, è quella macinata grano grossa. Fumetto invece la farina macinata finissima, adatto per dolci o per l'alimentazíone dell'infonzia. La farina a grana grossa è quella tipica usata nelle valli del Trentíno, in Veneto e in Lombardia, in particolare nella Bergarnasca: dà una polenta classica. In alcune zone è mescolata un quinto di farina di grano saraceno: in questo caso si parla di polenta bruna a farina a grana sottile è tipica delle zone friulane e d’alcune zone venete. La finissima dà una polenta morbida, tipica del Piemonte della Toscona del Lazio e dell'Abruzzo.<br />Mista farina gialla e bianca. Utilizzata nel vergante.<br />FARINA BIANCA .Ottenuta sempre dal mais, ma nella vorietù di colore bianco. Ha le identiche caratteristiche nutrizionali della farina gialla. è tipica sia dei Veneto sia dei Friuli. Si utilizza come la tradizionale farina giallo, ma per le sue caratteristiche di sopore ed aspetto (è di grano grossolano) è odatto per accompagnare sughi e condimenti a base di pesce.<br />FARINA SCURA. Si ricava daI grano soraceno. Lo polenta che si ottiene è soda e ruvida, ed è utilizzata per la polenta tarogna (preparata aggiugendo a fine cottura burro fuso e formaggio che si sciolgono). In realtà, si tratta di un prodotto molto diverso, grano soraceno non un cereale, anche se dal suo seme si ricava farina<br /> <br />Polenta e panna. (b) Dopo il riso al latte…la polenta e panna. Deve essere consumata fumante, appena scodellata, si ricopre di panna liquida fredda; cosicché il contrasto di caldo e freddo dà particolare soddisfazione. Un buon antipasto di montagna.<br />Polenta <br />alla <br />Brisinese.<br /> (n)<br /> Piatto unico, non v'è dubbio; dove si riciclano le carni arrosto avanzate.<br />Ingredienti per 6 persone: una polenta, appena fatta, grana grattugiato, a piacere, carni arrosto, tritate, sale e pepe di mulinello, g 180 di burro. <br />Gran parte del burro scioglietelo in una casseruolina. Dopo aver tolto dal paiolo la polenta, lasciatela raffreddare sulla spianatoia; quando s'è raffreddata tagliatela a fettine e preparatevi a disporle nella teglia (o pirofila) già imburrata. Così, allestite strati di polenta, alternati al trito di arrosto e al bagno di burro fuso, macinatevi pepe, ricoprite l'ultimo strato con formaggio grattuggiato, bagnate il tutto con burro fuso quindi passate in. forno (già caldo a 180°), per circa mezz'ora. Servite la polenta caldissima.<br />Polenta con i fagioli.(n)<br /> Ingredientì per 6 persone: Una polenta già fatta. g 150 di fagioli borlotti secchi, foglioline di salvia, un pizzico di bicarbonato, g 40 di lardo pestato (o cotiche), 4 cucchiai di olio di oliva, uno spicchio di aglio tritato. <br />Già la sera precedente mettete a bagno i fagioli in acqua fredda co pizzico di bicarbonato. Mentre terminate la cottura della classica polenta (non meno di un'ora fuoco, seguitando a mescolare con il bastone), a parte preparate il soffri rosolando nell'olio il pesto di lardo, al quale avete aggiunto la salvia e glio; unite i fagioli e cuoceteli adagio, mescolando pochissime volte per romperli. Ecco, questi fagioli appena scolati dal sughetto, uniteli alla po ta e terminate la cottura. Servite il tutto caldissimo. Potete profumare i fagioli aggiungendo un mazzetto di erbe odorifere rosmarino, timo, maggiorana, alloro, prezzemolo ecc.) In molte case si preferisce unire alla polenta non soltanto i fagioli stufati ma anche tutto il sugo profumato.<br />Polenta <br />con <br />le erbe. <br />(m)<br /> Il Piatto povero: la polenta di primavera e dell'estate; si preparare sul fuoco diei camini delle cantine. Ingredienti per 6 persone: g 500 di erbe selvatiche, tutte quelle che tovate, cardo selvatico, spinaci, costine (bietola), cavolo, sedano, porro, cipollotti cime di rape, ortiche,rapa, lattuga, asparagi, papavero, fiordalisi, primule,salvia, malva, luppolo selvatico, crescione, acetosella, rughetta, porcellane, g 300 di farina gialla , sale. Prima di tutto pulite le verdure appena raccolte, lavatele e tritatele grosgolanamente. In un paiolo mettete a cuocere in abbondante acqua salata le verdure; quando sono lessate allora iniziate a fare la polenta versando la farina gialla nell'acqua verde del bollore. Seguitate a mescolare con il bastone come per cucinare la solita, classica polenta; da tenere piuttosto morbida. Servitela caldissima.<br />Polenta<br /> cuncia.<br />(d) Ingredienti per 6 persone: g 600 di farina gialla, g 80 di fontina, 1,8 litri d'acqua, g 120 di burro, g 200 di toma fresca, 80 di gorgonzola, a piacere, una cipolla tritatta, sale e pepe di mulinello. Da gustare, tutti assìeme, direttamente dalla teglia di terracotta o sulla spianata di legno. <br />In un paiolo di rame, fate bollire l'acqua, salate, quindi versate adagio la farina gialla, seguitando a mescolare con una frusta per evitare la formazioiie di grumi. Fate che la polenta cuocia adagio, seguitando a mescolare, ma questa volta "on un bastone di legno. A parte, tagliate a pezzetti i formaggi e mescolateli. In una padellina, mettete a soffriggere nel burro il trito di cipolla; da roso!are e condire con sale e pepe. Ora, rigirate la polenta sulla spianatoia; lasciatela intiepidire per qualche minuto, poi disponetela a strati entro una teglia da forno (possibilmente di terracotta), alternandoli ai pezzetti di formaggi. Terminata la confezione con l'ultimo strato di polenta, ricopritela di burro fuso e cipolla, forandolaogni tanto in modo che l'umore scenda e insaporisca la vivanda. Mettete in forno (già caldo a 180) e fate rosolare per circa 5 minuti. Servite la polentacaldissima.<br />Polenta <br />e baccalà.<br /> (m)<br /> Ingredienti per 6 persone: una polenta (vedi), g 300 di baccalà, un mestolo di salsa di pomodoro, latte, mezzo bicchiere di vino bianco secco, farina, un mestolino di brodo buono, un cucchiaio di prezzemolo fresco, mezzo dl di olio di oliva, 2 spicchi di aglio schiacciati sale e pepe di mulinello Dopo aver tagliato a riquadri non troppo grandi il baccalà, lasciatelo bagno in acqua e latte almeno un giorno intero, badando di carnbiare sia acqua che latte almeno 2 o 3 volte. Asportate la pelle e le lische, quindi infarinate i pezzi e friggeteli nell'olio bollente, aromatizzato con l'aglio. Nel frattempo, in una casseruola tirate la salsa di pomodoro con poco vino e il brodo. Appena i pezzi di baccalà sono fritti, asciugateli su fogli di carta assorbente quindi tuffateli nel sugo di pomodoro, rigirandoli qualche volta, e fateli cuocere per almeno mezz'ora a tegame coperto.Un attimo prima di servirli, spolverizzate prezzemolo tritato e pepe di mulinello quindi disponeteli sopra le porzioni di polenta, con il sughetto di cottura. In estate l'aggiunta di cipolla affettata sottilmente e di pomodori, da stufare insieme ai pezzi di baccalà.<br />Polenta e<br />chiodini.<br /> (m) Ingredienti per 6 persone: una polenta (vedi), un cucchiaio diprezzemolo tritato, kg 1 di chiodini, un bicchiere di vino bianco secco, un bicchiere di aceto, un mestolino di salsa di pomodoro o pomodoro fresco, mezzo dI di olio di oliva, sale, 2 spicchi di aglio tlitato, sale Dopo aver pulito i funghi chiodini, metteteli a bagno in acqua acidulata con l'aceto. In un tegame di terracotta, soffriggete nell olio il trito d’aglio e prezzemolo a cui aggiungete i chiodini tagliati a pezzetti, irrorate con il vino, regolate di sale, coprite e lasciate cuocere, adagio, per oltre mezz'ora. Pochi minuti prima di spegnere il fuoco, per servirli sopra la polenta, versate la salsa di pomodoro, mescolate con cura quindi portateli in tavola.<br />Polenta e <br />maiale. <br />(n) Ingredienti per 6 persone: una polenta (vedi), meglio se morbida, mezzo dl di olio di oliva, 6 costine di maiale (tagliate a metà), 6 tocchetti di salsiccia fresca , fegato di maiale, tagliato a fettine, 6 fettine di lombo di maiale, una cipolla affettata sottilmente, uno spicchio di aglio tritato, un mestolo di salsa di pomodoro (o 4pomodori maturi, privati della pelle, dei semi e dell'acqua di vegetazione), un ciuffetto di rosmarino tritato, un bicchiere di vino bianco secco,sale e pepe di mulinello. <br />In un tegame di terracotta, fate soffriggere nell'olio la cipolla affettata in sieme al trito di aglio e rosmarino; aggiungete la salsa di pomodoro, regolate di sale e pepe, incoperchiate e lasciate sobbollire per qualche tempo. Ora, aggiungete le carni, per ultimo il fegato, proprio quando le costoline, la salsiccia e il lombo sono cotti a puntino. Irrorate con il vino e terminate la cottura, pronti a servire la polenta, piuttosto morbida, ricoperta dalle carni e dal proprio sugo di cottura.<br />Polenta e porri. (m) Ingredienti per 6 persone: una polenta (vedi) meglio se morbida - robiola, a piacere, tagliata a dadini, g 120 di fontina, tagliata a fettine sottili, toma grassa, a piacere, tagliata a dadini, 12 acciughe sotto sale, 2 porti affettati sottilmente, cucchiai di olio di oliva, g 25 di burro, pepe nero. <br />Innanzitutto dissalate le acciughe in acqua fredda corrente, aprendole e sfilettandole. In un tegame di terracotta, soffriggete nell'olio e nel burro i porri affettati e lasciate stufare, a tegame coperto, fino a disfarli. Ora, aggiungete i filetti di acciughe sminuzzati, mescolate, spolverizzate pepe appena macinato poi unite i formaggi e lasciateli sciogliere. Questo composto, dieci minuti prima di togliere la polenta, versatelo nel paiolo, mescolate ancora, quindi servite. Se avete un buon forno. Mettete la polenta, a strati, in una teglia già imburrata, alternandola ai porri e ai formaggi; da passare in forno per dorarsi.<br /><br />Polenta<br />Fritta. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: una polenta, un mestolino di salsa di pomodoro, 3 cucchiai di olio di oliva, un bicchierino di aceto dì vino buono, 2 cipolle tritate, qualche fogliolina di salvia, 2 spicchi di aglio schiacciati (da togliere), strutto o olio di oliva, per ffiggere, 6 acciughe sotto sale, sale, un cucchiaio di capperi tritati. Dissalate le acciughe sotto un getto di acqua, aprendole e sfilettandole (asportando le teste, la lisca centrale e le code). Sempre sotto l'acqua dissalate i capperi, asciugateli poi tritateli finemente. Dopo aver rigirato la polenta sulla spianatoia, lasciatela raffreddare, quindi tagliatela a fettine aiutandovi con un filo di refe o un coltello bagnato (perché non s'attacchi). Mentre nella padella scaldate lo strutto o l'olio, preparate la bagna, mettendo in una padellina la cipolla tritata a soffriggere, insieme all'aglio (da togliere); appena la cipolla rosola unite i filetti di acciughe sminuzzati, trito di capperi e la salsa di pomodoro; regolate di sale e fate soffriggere. A parte, in una casseruolina, consumate in parte l'aceto profumandolo con la salvia. Questo unitelo al soffritto, mescolate più volte quindi impiegatelo per condire le fette di polenta appena passate nel grasso e fritte. Servite le fette caldissime, profumate dalla bagna.<br />Polenta in <br />bianco.<br /> (b)<br /> per 6 persone: Una polenta(vedi), meglio se morbida, una costa di sedano affettato sottilmente, due cipolla tritate, g 150 di lardo pestato un porro affettato sottilmente, 3 cucchiai di olio di oliva, 3 spicchi d'aglio tritato, sale e pepe di mulinello <br />Mentre nel paiolo finite di preparare la polenta, a parte, in una casseruola, soffriggete nel burro la cipolla, il porro, il sedano e l'aglio; unite il lardo, regolate di sale e pepe, quindi unite il tutto alla polenta, mescolate ancora e servitela caldissima.<br />Polpette di polenta.<br /> (m)<br /> Ingredienti per 6 persone: una polenta (vedi), meglio se tenera, un nonnulla di noce moscata, g 250 di fontina (o groviera), tagliata a dadini,5 uova, pangrattato, g 60 di grana padano grattugiato, olio e burro, per friggere, 2 cucchiai di farina, sale e pepe di mulinello, mezzo dI di latte intero<br />Dopo aver cucinato la polenta, versatela sulla spianatoia e lasciatela rafffreddare. Intanto, in una casseruola, mettete la fontina, il grana, la farina, il latte e 2 uova, profumate con la noce moscata, regolate di sale e pepe,mescolarelasciate cuocere, adagio, per circa 20 minuti. A questo punto unite la polenta, tagliata a pezzettí e terminate la il Ora, il composto versatelo sopra un piano di marmo o di fòrmica, i telo e pareggiatelo, dello spessore di circa 1,5 cm. Quando è freddo, F, con stampini tondi o ovali, passate nel pangrattato, quindi nell'uovo i to (precedentemente con la frusta, condito con un pizzico di sale q pepe macinato), quindi le polpettine friggetele in padella, dove già M l'ofio insieme al burro. Servitele caldissime, dorate<br />.<br />Pulenta <br />d' mat. <br />(n) Ingredienti per 6 persone: g 500 di farina gialla, g 180 di toma, tagliata a dadini, un litro di latte, g 120 di pane di boiva, tagliato a dadini, g 80 di burro, sale grosso. In un paiolo di rame, portate a bollore un litro e mezzo di acqua al latte, salate, quindi preparatevi ad unire la farina gialla, versata a pioggia seguitando a mescolare (almeno all'inizio) con la frusta. Attenzione alla fastidiosa formazione di grumi. Appena la polenta inizia a rassodare, lavoratela con il bastone, mescolando continuamente per circa un'ora. Nel frattempo, in una pentolino sciogliete poco burro, nel quale tostate ì quadretti di pane. Questi, uniteli alla polenta, seguitando a lavorare. Dieci minuti prima di togliere dal fuoco unite la dadolata di toma e il rimanente burro. Versate la polenta nelle scodelle o ciotole monoporzione e portatela in tavola, caldissima e fumante<br />Polenta e<br /> pucia. <br />(b) Piatto tipico del vergante. Ingredienti per 6 persone: g 600 di carne grassa di maiale, g 60 di burro, g 800 un cavolo verza di circa, parmigiano grattugiato, a piacere, 300 di farina gialla, sale Dopo aver tagliato la carne di maiale a dadini, lavate con cura il cavolo e le foglie tritatele grossolanamente. Il tutto mettetelo in una pignatta di terracotta, versate circa 2 litri di acqua, salate, coprite e fate cuocere adagio per circa 30 minuti. Ora calate, adagio, la farina gialla, mescolando continuamente con un bastone e lavorando con cura per evitare la formazione di grumi. Aggiungete il burro e seguitate a cuocere, mescolando spesso, per circa un'ora. Servite la pucia caldissima, versandola nelle ciotole monoporzione, spolverizzata con formaggio grattugiato. (Il giorno dopo, fredda, la pucia potete tagliarla a listarelle e gustarla fritta ì nell'olio bollente).<br /> <br />Burro Se consultate il capitolo dele “Erbe della Nonna” troverete il modo di preparare il burro con tutte le erbe.<br />Salsa piccante. (p) Per pesce e carne (bolliti ed arrosti o alla griglia) Dosi occorrenti per 4 persone : 20 piccoli peperoncini rossi, 2 cucchiai di sale grosso, i cucchiaio di zucchero non raffinato, olio; salsa forte: 1/4 di cucchiaino di pepe di Caienna, 1/2 cucchiaino di sale, 2 cucchiai di aceto, 4 cucchiai di olio, prezzemolo tritato, 10 gr di coriandolo, 4 chiodi di garofano.<br />Salsa dolce. (m) Questa salsa piccante è da usare in piccolissima quantità, per dare tono a piatti poco invitanti. Mettete venti piccoli peperoncini rossi essiccati in un vaso di vetro; cospargeteli con due cucchiai di sale grosso e un cucchiaio di zucchero (meglio se userete quello non raffinato). Bagnate, con aceto bianco quel tanto che basti a coprire completamente i peperoncini, poi uno strato d'olio di un centimetro circa, in modo da isolare il contenuto dal contatto con l'aria. Coprite e lasciate macerare almeno cinque o sei giorni. Ovviamente più lo lascerete macerare e più la salsa diventerà piccante. Lo si, serve con il riso al vapore e con il pesce<br />Salsa forte(p) in una bottiglia mescolate tutti gli ingredienti e lasciateli macerare per una quindicina di giorni circa. Se ne ottiene un condimento da utilizzare a gocce su un piatto di carne fredda,bollita, alla griglia, su un semplice riso lessato o sulle insalate.<br />Sugo verde.<br />(m) Salsa per bolliti misti o sugo verde. Dosi occorrenti per 4 persone :1 bel mazzo di prezzemolo, 1 uovo, 1/2 peperone rosso e 1/2 giallo, 4 acciughe sotto sale, la mollica di 1 piccolo biove, sale, 1 bicchiere circa di olio vergine, aceto, aglio. Mondate il prezzemolo di cui utilizzerete solo le foglie; lavatelo in più acqua e poi stendetelo ad asciugare su un telo pulito esponendolo all'aria ma non al sole. Rassodate un uovo, lasciandolo 8 minuti prima di estrarlo e metterlo in acqua fredda. Mettete a bagno nell'aceto la mollica di pane, e quando è ben inzuppata, toglietela e strizzatela un po'con le mani. Lavate il peperone, fatelo a spicchi ed eliminate filamenti e semi. Lavate e diliscate le acciughe. Ora mettete tutti questi ingredienti sul tagliere e tritateli con la mezzaluna.<br />E’ da sconsigliare nel modo più assoluto, per questa salsa, l'uso del frullatore, poiché è da preferirsi un composto di tanti piccoli pezzi di colori diversi che non una emulsione omogenea. Salate, allungate con l'olio fino ad avere una salsa di giusta consistenza e poi unitevi gli spicchi dì aglio divisi a metà. Potete agevolmente toglierli dopo averli lasciati qualche ora a insaporire il sughino. Se pero gradite il sapore forte e deciso dell'aglio, tritatelo pure e incorporatelo al resto.<br />Sugo rosso.<br />(m) Salsa per bolliti misti o sugo rosso. Dosi occorrenti per 4 persone: 1/2 kg di pomodori, 1 peperone dolce e 1 piccante, 1 cipolla, carota, 2 costole di sedano, 1 pugno di basilico, sale, olio, pepe, peperoncino. Pulite lavate e tritate grossolanamente i pomodori, la cipolla il peperone, la carota, il sedano e il basilico. Mettete il tutto a cuocere in pentola coperta su fuoco molto dolce, aggiungendo un po di acqua se quella dei pomodori non bastasse a mantenere umide le verdure. Quando sono cotte passate il tutto al setaccio, rimettete in pentola e lasciate cuocere a lungo. Rimestate molto spesso e, verso fine cottura, aggiungete il peperoncino piccante sbriciolato (ha sostituito il pepe) e, fuori dal fuoco, un filo di olio. Questa salsa è pronta quando appare ben densa e si può servire sia calda che fredda con i bolliti.<br />Salsa di menta,<br />(b) Per l’agnello e il capretto allo spiedo o alla brace. Dosi occorrenti per 4 persone: 60 gr di foglie di menta, la mollica di 1 panino, 50 di zucchero al velo, 6 cucchiai di aceto bianco non troppo forte, sale. Da usare in accompagnamento a carni cotte allo spiedo o alla brace. Prendete la menta piperita e staccatene le foglie verdi; tritatele finemente con la mezzaluna e mettetele in una salsiera. In una ciotola contenente aceto lasciate la mollica di pane fino a che si è inzuppata. Colatela, mettete a parte l'aceto che servirà più avanti, strizzate la mollica e passatela al setaccio. Aggiungete lo zucchero, meglio se al velo (fate però attenzione che non sia zucchero vanigliato), un pizzico di sale e l'aceto bianco dell'ammollo che avete conservato. Mescolate molto bene tutti questi ingredienti fino ad ottenere una crema liscia e omogenea.<br />Salsa rosa (pomodoro) e salsa viola (barbabietola)<br />(m) Dosi occorrenti per 4 persone 4 pomodori, 1cucchiaio di burro, 1/2 cipolla tritata, 1/3 di cucchiaino di zucchero, timo, sale, peroncino in polvere, 100 gr di panna<br />Salsa viola 200 gr di ricotta, un pezzetto di barbabietola, 1/4 di panna, sale, 1 cucchiaio di ginepro, peperoncino in polvere.<br />Salsa rosa mettete in pentola i pomodori dopo averli scottati, pelati e passati al setaccio. Unite la cipolla tritata molto fine, un pizzico di timo in polvere, il sale, lo zucchero e il burro. Lasciate bollire il tutto molto dolcemente fino ad avere un composto denso. Togliete allora dal fuoco, lasciate intiepidire e incororatevi la panna e il peperoncino in polvere. Servìtela fredda.<br />Salsa viola questa salsa si puo usare, tanto per la fonduta, quanto per intingervi verdure in pinzimonio o per condire riso pilaff. Tritate abbastanza fine la barbabietola, sbriciolate la ricotta e poi passate questi due ingredienti al setaccio, bagnando con un po' di panna se l’impasto risultasse troppo asciutto. Unite la panna rimasta, salate, innaffiate con il ginepro e unite il peperoncino in polvere. Con un cucchiaio di legno amalgamate bene il tutto fino ad avere una salsa di colore uniforme. Essendo la barbabietola quella che dà la tonalità viola, almeno all'inizio, aggiungetela poco alla volta, poiché la quantità da usare deve essere misurata in base, non tanto al sapore che può conferire, ma alla intensità di viola che volete raggiungere. Mettete ogni salsa in una coppetta, preparatene pure una con maionese e servitele in accompagnamento ai cubetti di carne di manzo prefibilmente la punta, controfiletto o il filetto. Naturalmente la carne va cotta nell’olio bollente della fonduta.<br />Salsa d’aglio.<br />(b) Schiacciate nel mortaio cinque spicchi d'aglío, aggiungetedell'olio d'oliva e rimescolate. Quindi mollica di pane inzuppata d'aceto e una presa di sale. Utilizzate questa salsa per condire carni e bolliti.<br />Remolata.<br />(n) In una tazza di maionese incorporate un cucchiaìo di basilico tritato, un cucchìaío di prezzemolo, quattro cetriolini tagliati finemente, alcuni capperi e due spicchi d'aglio. Amalgamate e servite sopra arrosti, carne o pesce.<br />Salsa verde.<br />(b) Tritate alcuni spicchi d'aglio, un uovo sodo, un etto di foglie di prezzemolo e due acciughe salate. Aggiungete capperi, il peperoncino in polvere e legate il tutto con olio d'oliva e aceto, ottima sulle carni bollite.<br />Salsa alla panna.(m) Fate bollire in acqua salata, per cinque minuti, una grossa testa d'aglio divisa in spicchi. Scolatela, sostituite l'acqua e fatela bollire di nuovo. Togliete l'aglio dall'acqua, lavorate l’aglio nel mortaio(o frullate) , uniti due cucchiai di panna, un pezzetto di burro e due prese di prezzemolo tritato. adatta per pesci grigliati.<br />Battuto.<br />(n) Lavorate nel mortaio (o frullate) qualche spicchio d'aglio sbucciato, delle foglie di basilico, sale grosso, un pugno di pinoli e olio d'oliva. Ottenuta una pasta omogenea incorporate del parmigiano grattugiato e conditevi la pasta.<br />Bagna cauda. (b) Soffriggete in olio e burro uno spicchio d'aglio. Appena lo spicchio comincia a imbiondire aggiungete d'acciughe pulite e tritate. Mescolate e cucchiaio d'aceto. Servite la salsa caldissi cavoli o peperoni.<br />Aceto aromatico.<br />(b) Per condire carni e insalate potete preparare aceto aromatico tritando alcune foglie di basilico, 2 cipolline, 2 spicchi d'aglio, 2 chiodi di garofano, 2 grani di pepe e versando il tutto in un litro dí aceto. Dopo due giorni di macerazione filtrate e travasate una nuova bottiglia, che si possa tappare perfettamente.<br />Olio aromatico.<br />(m) In un litro di buon olio d'oliva infilate alcuni spìcchi d'aglio spellati, tappate e lasciate macerare per ai giorni. Tale olio può essere utilizzato freddo insalate oppure in padella per soffritti e arrosti.<br />Burro d'aglio.<br />(b) Un ottimo condimento per carni e pesci grigliati si prepara mantecando un etto e mezzo di burro morbido con 4 spicchi d'aglio schiacciati, 1 cucchiaino di prezzemolo tritato, 2 cucchiai di succo di limone, sale e pepe nero macinato. Questo burro in Spagna è servito come antipasto spalmato su fette di pane tostato.<br />Per insaporire i cereali. L'aglio è un ottimo ingrediente per insaporire i cereali e i legumi secchi. Provate ad aggiungerne uno spicchio anche durante la cottura di miglio o riso<br />IL SEGRETO DELLA NONNA Se volete che l'aglio conservi inalterato il suo gusto sbucciatelo solo all'ultimo minuto, dopo aver già preparato tutti gli altri ingredienti<br /> <br /><br /> <br /> <br /> <br /><br /> da inserire<br /> <br /><br />MARINATURA. Costituiva uno dei pochi sistemi per conservare il pesce quando non esisteva ancora la refrigerazione e probabilmente si chiama così perché un tempo si effettuava con l’acqua di mare. Per prepararla si sistema il pesce in un recipiente coprendolo con aceto o succo di limone, erbe aromatiche, spezie, olio extravergine di oliva, sale. Esistono marinate cotte, molto più rapide ed efficaci, che si possono usare per pezzature più grandi di pesce, e marinate crude, che possono contemplare anche l’uso di aceti di frutta.<br />AFFOGATURA. E adatta a pesci piccoli oppure a trance o filetti di pesci più grandi. Si unge con olio o burro la superficie del recipiente di cottura, quindi si cuoce il pesce in poco liquido (acqua, vino, court-bouillon), facendo attenzione che non bolla, per non alterare la qualità delle carni. Durante la cottura occorrerà bagnare la superficie del pesce perché non asciughi troppo, oppure incoperchiare il tegame.<br />LESSATURA. In uso per pesci medi e grandi, può avvenire semplicemente in acqua salata o in court-bouillon aromatizzato. In passato era molto diffusa la cottura au bleu, con liquido ricco di aceto o di succo di limone, che conferiva alla pelle una singolare colorazione bluastra. E preferibile lessare il pesce dolcemente, evitando bolliture eccessive. Per evitare che diventi stopposo, quando è cotto lo si lascia raffreddare avvolto in un panno umido.<br />BRASATURA. Adatta a pesci di grosse dimensioni, forma sulla pelle una crosta protettiva che impedisce agli elementi nutritivj di fuoriuscire e trattiene le sostanze liquide, rendendo la polpa meno stopposa. In un primo momento si fa rosolare il pesce in burro o in olio extravergine di oliva, quindi si aggiungono verdure tagliate a dadini, bagnando, fino a cottura ultimata, con vino o brodo di pesce. Occorre incoperchiare il tegame, ma non del tutto: questo per evitare che il liquido di cottura si riduca troppo e che la superficie del pesce si intenerisca. Nell’eventualità che si cucinino esemplari dalla pelle particolarmente coriacea e sgradevole, occorre eliminarla e sostituirla con fettine di lardo. Terminata la cottura, la salsa andrà addensata con un’energica bollitura e filtrata prima di versarla sul pesce, nel frattempo tenuto in caldo.<br />FRITTURA Vi si ricorre per pesci di piccole dimensioni o per filetti o trance di pesci più grandi. Per un buon risultato il pesce deve essere ben asciutto e si deve friggere, in olio di oliva o burro chiarificato, a una temperatura di 170°C. Soprattutto per le preparazioni casalinghe, conviene friggere solo il pesce da consumare subito, per evitare sprechi di olio - che va usato una sola volta - e diminuire il tempo di cottura e quindi di esposizione dell’olio al fuoco. In alcune regioni il pesce destinato alla frittura viene prima marinato in olio extravergine di oliva ed erbe aromatiche. Esistono poi vari sistemi di impanatura per evitare che l’acqua che il pesce perde durante la cottura raffreddi l’olio o il burro, con conseguenze poco piacevoli. Il pesce può essere passato nella farina e poi in olio bollente, oppure, dopo l’infarinatura, tuffato un attimo in acqua o latte perché si formi una leggera patina protettiva. Per ottenere una consistenza più croccante lo si può impanare con farina di mais; quando invece si vuole appena una velatura è preferibile usare farina di riso. Dopo il passaggio nella farina si può immergere il pesce in uovo battuto - ottenendo il cosiddetto “pesce dorato”- e, qualora si voglia avere il massimo della croccantezza, ancora nel pangrattato. Un ultimo sistema di impanatura è dato dalla pastella, composto a base di farina stemperata in latte o birra e mescolata a uova, i cui albumi possono essere montati a neve affinché l’amalgama sia più soffice.<br />COTTURA AL SALTO Con questo termine si intende una cottura in padella dove il pesce, per poter cuocere in modo omogeneo, deve essere capovolto anziché immerso nel grasso come avviene nella frittura. Si può usare quindi solo per esemplari o filetti di spessore limitato.<br />GRIGLIATURA E un sistema oggi largamente impiegato, al fine di evitare un consumo eccessivo di grassi, per pesci dalla carne soda e asciutta, interi o a trance, e per molluschi e crostacei. E senza dubbio preferibile disporre di una griglia a legna o carbone, perché così il pesce acquista un ulteriore aroma, e bisogna evitare di salare durante la cottura: lo si farà direttamente nel piatto di portata. In alcune zone, il pesce destinato alla griglia è passato in pangrattato misto a un trito di prezzemolo ed eventualmente aglio: il risultato è senz’altro delizioso, con l’unico inconveniente di un certo sentore di bruciato dovuto al contatto del pane con il carbone.<br />GRATINATURA. A differenza della cottura in forno, in cui il calore si diffonde in modo uniforme, questo sistema permette di cuocere il pesce solo con il calore che proviene dall’alto. A livello professionale si usa la salamandra, una specie di forno aperto percorso nella parte superiore da una serpentina alimentata a gas o con elettricità. Ci si può anche servire di un comune forno, attivando però solo il grill. Le trance o i filetti di pesce, disposti in una teglia unta di olio o burro, possono essere coperti con una salsa, quindi spolverizzati con pangrattato e cosparsi di fiocchetti di burro, perché il pangrattato non bruci. Alcuni aggiungono anche formaggio<br />ARROSTITURA I pesci grossi possono essere arrostiti interi in forno, dopo averli conditi con un filo<br />d’olio e adagiati in una teglia unta, aggiungendo eventualmente sottili fette di patate. L’interno del pesce va salato, pepato e aromatizzato a piacere. Inizialmente il calore deve essere forte, poi si prosegue la cottura a temperatura più bassa, perché si formi all’esterno una crosta croccante e all’interno il pesce rimanga tenero e morbido.<br />COTTURA AL CARTOCCIO. È un metodo che dà ottimi risultati, perché mantiene intatto l’aroma del pesce evitando il disperdersi dei profumi e dei sapori. Come involucro si può usare un pezzo di carta oleata o un foglio di alluminio leggermente unto. Prima di esservi avvolto il pesce può essere fatto saltare in padella, quindi salato, pepato, eventualmente aromatizzato o insaporito con svariati tipi di verdure. Si chiude quindi accuratamente il cartoccio, che al calore del forno gonfierà e dovrà essere aperto solo davanti al commensale.<br />COTTURA AL VAPORE. E un sistema rapido, che permette di mantenere intatte le proprietà organolettiche del pesce, esaltandone nel contempo le caratteristiche aromatiche. A livello professionale si usano appositi forni a vapore, in casa la vaporiera, una pentola sulla quale è sospesa una griglia dove si appoggia il pesce. Il liquido sottostante, acqua o court-bouillon, riscaldandosi libera il vapore che porta a cottura completa il pesce, rendendolo morbido e mantenendo inalterati contenuto proteico, zuccheri e sali minerali. Durante la cottura il grasso si scioglie e quindi si disperde, ma questo nella maggior parte dei casi può essere interpretato come un fatto positivo.<br />COTTURA AL SALE Il pesce cuoce in forno dopo essere stato adagiato in una teglia e ricoperto dj sale o con un impasto di sale grosso, farina e acqua. In quest’ultimo caso si forma una crosta, che dovrà essere rotta a tavola. Occorre prestare molta attenzione a non esagerare con il sale, perché si rischia di compromettere il risultato.<br />STUFATURA La cottura avviene a opera del calore umido prodotto da liquidi quali vino o brodo di pesce, o da condimenti come la salsa di pomodoro. Si può, in un primo momento, far rosolare il pesce, intero o in trance, in olio o burro. Eventuali erbe aromatiche vanno aggiunte solo verso la fine della cottura, perché potrebbero dare alla preparazione un retrogusto amarognolo<br /><br /> <br />Fumetto<br /> E una base di cucina molto concentrata, che serve per preparare salse e zuppe, rinforzare fondi di cottura o, se impiegato in modiche quantità, contribuire alla rifinitura di vari tipi di condimento. Gli ingredienti basilari per allestire un buon fumetto sono gli avanzi (teste, lische, pelle e ritagli, fatta eccezione per le interiora) vanno bene tutte le specie d’acqua dolce. In una pentola dove avrete fatto insaporire per qualche minuto una cipolla e un porro sbucciati, ponete sette etti di lische, un mazzetto guarnito di erbe aromatiche fresche (basilico, prezzemolo, alloro e timo) e un po’ di pepe in grani, che lascerete cuocere per cinque minuti, mescolando affinché non attacchi sul fondo. A questo punto coprite il tutto con acqua fredda, portate a ebollizione e schiumate; abbassate la fiamma e fate sobbollire a fuoco medio per una ventina di minuti. Lasciate raffreddare e passate al colino. Se si vuole un liquido più limpido, l’operazione di filtraggio va ripetuta più volte. Il fumetto così ottenuto può essere conservato in frigorifero per non più di due giorni, oppure qualche mese in congelatore. In tal caso è consigliabile ricavarne cubetti ghiacciati, in modo da poterlo usare anche in piccole quantità secondo l’occorrenza. Logicamente, gli ingredienti forniti sono soltanto indicativi: potrete inserire altre verdure, come sedano, carote e anche una manciata di chiodini secchi, oltre a un pò di vino bianco secco<br />Acqua salata o Court-bouillon. La lessatura è apparentemente uno dei modi più semplici per cucinare il pesce. Perché le carni risultino morbide e gustose sono tuttavia necessari alcuni accorgimenti, a partire dalla preparazione del liquido di cottura. Per i pesci di piccole e medie dimensioni si ricorre generalmente al court-bouillon. Con questo termine si indica la cottura in un liquido non tumultuante e fortemente aromatizzato, che deve essere preparato in anticipo e conservato al fresco fino al momento dell’uso. Gli esemplari di un chilo vanno posti in due litri di acqua fredda che, giunta a ebollizione, sarà fatta sobbollire a fuoco medio per circa 50 minuti. Ovviamente, i tempi di cottura vanno variati tenendo conto delle dimensioni del pesce e anche le aromatizzazioni possono essere in parte modificate secondo i gusti. L’acqua, salata e lievemente pepata, va condita con due decilitri di vino bianco secco (oppure rosso per le carpe e le anguille), 40 grammi di carote tagliate a tocchi e la stessa quantità di cipolle affettate, una piccola costa di sedano (da cui si può prescindere se si vuole un gusto più delicato) e, ancora, un ramo di timo, uno di prezzemolo e un poco di alloro. Il vino può essere sostituito da un decilitro e mezzo di aceto o dal succo di due limoni. In tal caso nella cipolla, tagliata a metà, si infila un chiodo di garofano, mentre non compare il sedano e aumenta la quantità di carote. In questa marinata si cuociono i pesci. Il liquido di cottura, aromatizzato con cipolla sminuzzata (un etto ogni chilo di pesce), timo, sale e pepe, sarà composto per metà di acqua e per metà di latte intero. La base dovrebbe essere costituita da 13 grammi di sale grosso per litro d’acqua dolce, cui si aggiunge eventualmente una foglia d’alloro o un rametto di timo.<br /><br /> <br />AGONE. (0) Alla famiglia dei Clupeidi appartengono sa (Alosa alosa), la cheppia (Alosa fallax nilotica) e l’agone (Alosa fallax lacustris). Specie dalle caratteristiche morfologiche molto simili, hanno corpo allungato e piuttosto compresso ai lati, re azzurro-verde sul dorso e argento sui fianchi e sul ventre, munito di carenatura. Dietro l’opercolo presentano macchia nera che può essere seguita da altre macchioline. Di dimensioni piuttosto ridotte, non superano in genere i 60 centimetri di lunghezza. L’alosa è un pesce di mare, ampiamente nell’Atlantico nordorientale e nel mediterraneo occidentale ma piuttosto raro nelle nostre acque. Molto comune è, invece, la cheppia, salacca o saracc, che nel periodo riproduttivo risale le correnti dei fiumi e che in passato ha avuto notevole eco nella storia alimentare, specie in regioni povere dell’arco alpino. La tradizione orale, i cui contorni sfumano tuttavia nel leggendario, racconta che la salacca abbrustolita, così come l’aringa affumicata, veniva appesa a un filo alle travi del solaio, in modo che penzolasse al centro della tavola, affinché i commensali potessero strofinarvi e insaporire i pezzi di polenta. (nella nostra famiglia si racconta che ad un pranzo con l’agone affumicato. appeso e la polenta per 12 persone, mio bisnonno Guglielmo si adirò così tanto che uscì di casa a 16 anni e si arruolò con la milizia di Garibaldi – e da qui il nostro soprannome “ i garibaldit “,veniamo chiamati così ancora oggi -. L’agone è la varietà stanziale d’acqua dolce della cheppia. Forse un po’ più interessante dei suoi parenti marini, abita i grandi laghi prealpini, ma anche quelli dell’Italia centrale, dov’è stato introdotto in tempi relativamente recenti. Qui forma grandi gruppi gregari e si nutre di zooplancton, larve di insetti e, più di rado, avannotti e alborelle. Ha carni grasse e sapide e viene usualmente cucinato fritto o alla griglia. Gli agoni, detti comunemente sardene o salacc , o, italianizzando, sardelle, costituivano, insieme alla alborelle, una delle principali fonti di alimentazione e di reddito: le battute di pesca davanti alla Sacca , con le enormi reti , impegnavano quasi interamente la famiglia contadina di tutta la popolazione lacustre Ancora oggi qui sono alla base di una sapida cucina, prima fritte e poi stufate in aceto e abbondante cipolla, In alcune area del lago si usa anche asciugare brevemente i pesci al sole per poi riponi per qualche settimana sotto sale; successivamente, i filetti che se ne traggono sono messi sott’olio e usati a mo’ di acciughe per insaporire la pasta o per preparare salse da pesce. Gli agoni venivano anche essiccati al sole e al vento prendono il nome di missurtitt o missoltìtt, italianizzato in missoltini: scaldati sulla griglia o in padella, spellati e poi spruzzati con l’aceto, si servono come antipasto, insieme alla polenta. Aceto e cipolla sono anche ingredienti degli agoni in carpione della cucina lacustre.<br /><br />Filetti di agone <br />in carpione<br /> (M)<br /> Ingredienti: Per 4 persone - 10 agoni un sedano, una carota, una cipolla, timo fresco, salvia, maggiorana, farina di frumento tipo 00, un litro di vino bianco secco, mezzo litro di aceto di vino rosso olio extravergine di oliva, 35 g di zucchero, sale. <br />Tempo di preparazione e cottura: 40 minuti, più il raffreddamento Pulite e desquamate con cura gli agoni, lavateli ripetutamente in acqua corrente, sfilettateli, infarinateli e friggeteli in olio bollente fino a doratura. In una casseruola fate imbiondire in olio la costa di sedano, la carota e la cipolla affettate. Unite il timo, la salvia, la maggiorana, il vino bianco, l’aceto, lo zucchero, un pizzico di sale e cuocete per un quarto d’ora circa (le verdure devono restare al dente).<br />Disponete i filetti di pesce a strati in un contenitore non metallico, ricoprendoli con la marinata bollente. Fateli raffreddare a temperatura ambiente e poi metteteli ir frigorifero, dove si conserveranno anche più di 10 giorni. Serviteli freddi accompagnati da polenta tiepida.<br />Missurtitt con <br />polenta.<br /> (B) Ingredienti: Per 4 persone - 5 missurtitt i (agoni) sotto sale aceto rosato aromatizzato con alloro, olio extravergine di oliva Tempo di preparazione:10 minuti .<br />Scottate sulla piastra i missurtitt salati e, ben caldi, immergeteli in un’emulsione con due parti di olio e una i aceto rosato aromatizzato con alloro (preparato in casa). Serviteli con polenta abbrustolita. Per preparare i missoltini i pescatori puliscono e squamano accuratamente gli agoni, lavandoli più volte sotto acqua corrente. Poi li asciugano, li salano e li fanno essiccare in un primo momento al sole e al vento. Li dispongono quindi in contenitori, alternando strati di pesce con foglie di alloro, che sono un ottimo conservante naturale. Li pressano con un torchio e li lasciano riposare almeno due mesi, perché devono smaltire tutto l’olio di cui sono ricchi. Così preparati, si conservano mesi.<br /> <br />ARBORELLA. (0) Alburnus alburnus è un piccolo ciprinide (massimo 20 centimetri) di sagoma allungata e compressa ai lati, con bocca lievemente rivolta all’insù. Ha una colorazione grigio-verde o verde-azzurro sul dorso e argentata sui fianchi, talora percorsi da una fascia longitudinale più scura; le pinne sono giallo-grigiastre, talvolta con sfumature rossastre. Il corpo è ricoperto di squame sottili e facilmente staccabili, per cui di norma per pulirlo basta strofinano con una pezzuola. Un tempo dalle squame si estraevano cristalli di guanina per la fabbricazione di perle artificiali. L’alborella o àvola o alburno è un pesce piuttosto comune nelle regioni del Nord Italia, e anche nell’area centrale dove è stato introdotto in tempi più o meno recenti. La sua presenza è attestata tanto in corsi d’acqua non impetuosi quanto in bacini lacustri di varia estensione. Nei laghi e nei laghetti (di fondovalle, collinari e di media montagna) vive in gruppi gregari ed è ubiquitaria, effettuando d’inverno migrazioni verticali. Gli spostamenti giornalieri sono invece determinati dai movimenti di sciami zooplanctonici, che costituiscono il suo alimento principale. Nei corsi d’acqua predilige le zone di riva con correnti deboli, dove depone le uova su fondali sabbiosi o ghiaiosi. Essendo molto facile da catturare, l’alborella è pescata anche dai principianti con l’impiego di canne fisse provviste di lenze e galleggianti, innescate con larve di mosca, lombrichi e briciole di pane. Molto praticata è anche la pesca professionale, con reti volanti e da circuizione. In cucina l’ideale è friggere le alborelle, freschissime, in abbondante olio extravergine di oliva, come si fa sul lago Maggiore. Si possono anche cucinare alla griglia dopo averle unte con olio e passate nella farina gialla. In riva ai laghi Maggiore e di Como si trova l’alborella in carpione, con cipolla e aceto. In area gardesana la si conserva anche essiccata o in salamoia. L’essiccazione, pratica in via di scomparsa, avviene al sole, su graticci, per un paio di giorni. Le alborelle secche sono poi conservate insieme a foglie d’alloro in sacchetti di tela o di rete appesi al soffitto di locali freschi e aerati: saranno impiegate per la preparazione del sisàm, piatto di origine trecentesca che prevede una lunga cottura con aceto e abbondante cipolla (sul lago di Ledro si chiamano invece pessate sotto sisàm le alborelle fritte conservate in aceto). Anche per l’alborella in salamoia, si procede dapprima a una parziale essiccazione al sole; i pesciolini sono quindi posti in vasi di vetro (un tempo in ampi contenitori di pietra) con abbondante sale grosso aromatizzato con rosmarino, aglio e alloro. Sminuzzate e soffritte in olio, le alborelle in salamoia costituiscono il condimento della pasta fatta in casa , ossia pasta al torchio, ma anche una succulenta salsa da pesce.<br /><br />Arburell <br />(alborelle) <br />con polenta. <br />(B)<br /> Ingredienti: Per 200 g di farina di mais, i kg (alborelle), 1/2 bicchiere di vino bianco secco, un rametto di rosmarino, i limone, olio extra vergine di oliva, sale, pepe. Preparazione caratteristica del lago; il termine dialettale “arburell” designa l’alborella, un pesce che popola in branchi le acque del lago e che per secoli ha rappresentato una fonte alimentare di primaria importanza per i pescatori/contadini della zona. Scelte delle agole fresche, pulitele, lavatele, asciugatele e ponetele a friggere in una padella di ferro con un po’ d’olio ed il rosmarino; a metà cottura ritirate la padella dal fuoco. Frattanto preparate una polenta morbida e versatela, per un’altezza di un paio di centimetri, dentro una placca disponendovi sopra in bell’ordine le agole. Condite con un giro d’olio, spruzzate con il vino bianco e il succo del limone e, infine, salate e pepate. Passate al forno per circa 15 minuti a temperatura elevata prima di servire caldo<br /><br />ANGUILLA. (0) A differenza di altri anguilliformi esclusivamente marini, come il grongo e la murena, l’Anguilla anguilla nasce nell’oceano, diventa adulta in acque dolci e torna al mare per riprodursi. Secondo la teoria più accreditata, culla di questo pesce singolare, il cui complesso ciclo vitale presenta aspetti non ancora del tutto chiariti, è il mare dei Sargassi, tra le Azzorre e le Antille. Da qui le minuscole larve fogliformi (leptocefali) sono spinte dalla corrente del Golfo alle foci dei fiumi europei, dove si trasformano in cieche, pesciolini trasparenti la cui pesca è ammessa solo per i ripopolamenti degli impianti di acquacoltura. Man mano che si completa la pigmentazione, le giovani anguille risalgono i fiumi e si installano in acque dolci (laghi, lagune, paludi), dove vivono anche diciotto anni, fino alla maturità sessuale. Allora si dirigono verso il mare, per riattraversare l’oceano e deporre le uova; oggi tuttavia si ritiene che non tutte le anguille raggiungano i Sargassi, riproducendosi pertanto, secondo alcuni ittiologi, nel Mediterraneo. L’anguilla ha corpo serpentiforme, cilindrico, molto allungato, con pelle spessa, liscia e viscida, testa affusolata e un’unica pinna corrispondente all’estremità caudale. I maschi possono raggiungere i 50 centimetri di lunghezza, le femmine superare il metro. A maturità, il dorso è bruno-verdastro, il ventre bianco-argenteo. Il periodo più favorevole per la pesca, in condizioni naturali, va dalla seconda metà dell’estate all’autunno, ma nelle paludi del Delta del Po, a Comacchio e nelle lagune venete le anguille sono allevate nelle Valli, nei laghi, specchi d’acqua dolce dove la cattura, tramite sbarramenti detti lavorieri, avviene soprattutto nel periodo di massima richiesta, coincidente con le feste di fine anno. L’anguilla può vivere a lungo fuori dall’acqua, ma dopo la morte la carne si deteriora rapidamente. Da adulta va sempre eviscerata, perché il fegato non è commestibile, ed è opportuno eliminare la testa e l’estremità della coda. Per pulirla, bloccatela con un punteruolo su un piano rigido e spaccatela per il lungo; sfilate la lisca centrale, cui sono collegate tutte le spine, eliminate testa, coda e interiora, e infine lavate a lungo il pesce in acqua corrente per nettarlo dalla morchia scivolosa che lo impregna. Se occorre spellarla, agganciate la mandibola dell’anguilla uccisa a un chiodo a muro, incidete la pelle tutt’intorno alla testa, slabbrate i margini del taglio, afferrate la pelle con entrambe le mani e tirate verso il basso. Pur essendo molto grassa, l’anguilla ha carne delicatissima e poche spine. Si può cucinare arrosto, allo spiedo, fritta (con o senza impanatura a seconda della grandezza), in umido, in brodetto, alla brace, in minestra - con cicoria o lattuga selvatica e verdure di stagione -. ecc. <br /><br />Anguilla in <br />carpione. (M) Ingredienti. Per 4 persone, un’anguilla di un chilo e 2 etti, una carota, una costa di sedano, una cipolla, 4-5 spicchi d’aglio, salvia, alloro, rosmarino, 2 bacche di ginepro, 2 chiodi di garofano, farina di frumento tipo 00, 2 bicchieri di aceto di vino rosso, un bicchiere di vino bianco secco olio extravergine d’oliva, sale, pepe in grani. Tempo di preparazione e cottura: un’ora, più la marinatura .Decapitate l’anguilla e asportatene le interiora. Lavate- la bene e tagliatela a tocchi di quattro-cinque centimetri. Lasciateli riposare in frigorifero per un’ora circa.<br />Preparate la marinata sminuzzando finemente la carota, la cipolla e la costa di sedano. In una casseruola capace fate rosolare con due cucchiai di extravergine il trito assieme all’alloro, l’aglio, il rosmarino, abbondante salvia, le bacche di ginepro, i chiodi di garofano e grani di pepe. Bagnate con l’aceto e il vino, portate a ebollizione e regolate di sale. Infarinate i pezzi di anguilla e friggeteli in abbondante olio extravergine ben caldo, cuocendoli finché la pelle diventerà dorata e croccante. Scolateli, salateli e mette- teli su una griglia. Passateli per cinque minuti in forno pre-riscaldato a 1600, poi metteteli in un contenitore non metallico e copriteli con la marinata bollente. Lasciate raffreddare a temperatura ambiente e trasferite in frigorifero per almeno un giorno.<br />Anguilla marinata<br />(B)<br /> Ingredienti. Per 4 persone, 2 anguille di circa 6 etti l’una una cipolla bianca, 2 spicchi d’aglio, 5-6 foglie di alloro, 3-4 chiodi di garofano, la scorza di un’arancia, farina di frumento, un litro e mezzo di aceto di vino bianco olio di oliva, sale, pepe bianco in grani Tempo di preparazione e cottura: un’ora, più la marinatura.<br />Pulite con molta cura le anguille, eliminando la testa e le interiora. Lavatele, asciugatele e tagliatele a tocchetti di circa cinque centimetri, che passerete nella farina prima di friggerli. Scolateli dall’olio e adagiateli su carta assorbente. In un altro tegame soffriggete la cipolla affettata finemente. Aggiungete l’aceto, l’alloro, l’aglio, la scorza d’arancia tagliata a pezzetti, i chiodi di garofano, qualche granello di pepe. Fate cuocere per una mezz’ora. Disponete i pezzi di anguilla a strati in un recipiente, ricoprendoli completamente con l’aceto aromatizzato. Lasciate riposare in luogo fresco per almeno 24 ore. <br /> <br />BOTTATRICE. (0) La bottatrice (Lota lola o Lota vulgaris) è l’unica rappresentante d’acqua dolce della famiglia dei Gàdidi, cui appartengono i merluzzi. Ha corpo anguilliforme sezione cilindrica, che si assottiglia progressivamente verso l’estremità caudale. La pelle, liscia e ricoperta di un sottile strato di muco, presenta una colorazione grigio-verde sul dorso e più chiara sui fianchi, chiazzati da macchie nere irregolari, e sul ventre. Ha due pinne dorsali, prima poco sviluppata e la seconda allungata fino alla caudale: affine per forma e dimensioni è l’anale; ben sviluppata la caudale, con il bordo lievemente arrotondato. La testa è piuttosto larga e compressa nella parte superiore; l’ampia bocca infera, provvista di piccoli denti, è munita, sotto la mascella, di un barbiglio carnoso più lungo dei due posti davanti alle narici. La taglia media si aggira intorno a 40-10 centimetri, ma i soggetti più grossi arrivano a misurare un metro, per quasi 10 chili di peso.<br />Pesce solitario, la bottatrice è comune soltanto nell’Italia settentrionale, dove abita nei laghi e nei fiumi a corrente debole, spingendosi fino a 200 metri di profondità in fondali ghiaiosi e sabbiosi. Ha abitudini prevalentemente notturne e col buio abbandona la tana spostandosi verso riva alla ricerca di cibo (piccoli crostacei, molluschi, larve di insetti, ma da adulta anche altri pesci). Le ultime ore del giorno sono anche le più propizie alla cattura, che avviene mediante lenze da fondo innescate con pesciolini morti, vermi di terra e anche interiora di pollo. Nonostante abbia carni delicate e gustose, bianche e prive di spine, la bottatrice ha poca fortuna sia nella consuetudini domestiche sia nella ristorazione. A suo sfavore giocano probabilmente una qualche grassezza, la possibile presenza di parassiti nelle carni e un aspetto esteticamente poco accattivante. E un peccato, perché, cucinata come si usa per l’anguilla, ossia essenzialmente alla griglia o in umido, offre bocconi prelibati. Molto interessanti sono anche i filetti fritti, serviti da soli oppure con altre varietà di pesce in un delicato misto di lago. La bosa (è il nome lombardo-veneto della bottatrice) ripiena al forno appartiene al panorama gastronomico del lago trentino di Ledro, mentre la torta di bosine al forno è del lago d’Iseo e la minestra di hbiihachèr (vocabolo impronunciabile del dialetto camuno) un piatto tradizionale nell’altamedia valle dell’Oglio. C’è chi reputa una prelibatezza anche il fegato, grosso e in effetti molto saporito (lo si cucina a fettine spadellato col burro), ma molti ne sconsigliano l’uso.<br />Bottatrice <br />in carpione. <br />(B)<br /> Ingredienti: Per 4 persone. 6 etti di filetti di bottatrice, 3-4 cipollotti freschi (o scalogni), 2 carote, un mazzo di timo serpillo selvatico, farina di frumento, mezzo litro di vino bianco secco, mezzo litro di aceto olio di oliva, sale Tempo di preparazione e cottura: mezz’ora, più la marinatura. C’era una volta, se la trovate. Lavate e asciugate i filetti, eliminando gli eventi frammenti di pelle. Infarinateli e friggeteli leggermente (solo una doratura, così la preparazione non si appesantisce). Passateli velocemente su carta assorbenti trasferirteli in una terrina. Contemporaneamente preparate la marinata, che versata sul pesce ancora caldo. Portate a bollore il v e l’aceto, con una piccola quantità di acqua, e aggiungetevi i cipollotti affettati finemente, le carote tagliai striscioline e il timo, lasciandoli sul fuoco pochi minuti (in questo modo le verdure rimangono croccanti). Aggiustate di sale e versate sul pesce, coprendolo tutto. Lasciate riposare almeno 24 ore prima di sci e servire, preferibilmente come antipasto, i filetti.<br /><br />CARPA. (0) Appartenente alla famiglia dei Ciprinidi, è un pesce originario dell’Europa orientale e dell’Asia, diffuso ora nelle acque dolci di tutto il mondo. In Italia se ne conoscono tipi diversi, tutti riconducibili alla forma capostipite, il Cyprinus carpio. Variabili per sagoma e dimensioni, le carpe presentano un corpo massiccio di forma ovale (meno pronunciato negli esemplari selvatici) e debolmente compresso ai lati; la bocca è dotata di quattro arbigli, due dei quali più lunghi degli altri. Le singole varietà sono distinguibili la squamatura: la carpa comune è in- Lente ricoperta di scaglie che virano bruno-verde al verde-nerastro del dorso, per assumere sfumature argentee chi e di un bianco nitido sull’ad- e; dalle squame della carpa a speco carpa regina, molto grandi e locate per lo più alla base della pinna dorsale, promanano caratteristici riflessi [ci; la carpa nuda, infine, ne è com lente sprovvista. La carpa ha abitudini notturne e privilegia acque a basso contenuto di ossigedebolmente correnti o stagnanti, con dali melmosi e ricchi di vegetazione, a primavera inoltrata depone le uova . D’inverno rallenta le proprie funzioni vitali e cade in un semitorpore, per ire in attività con i primi caldi. Si di invertebrati di fondo, larve di insetti, vegetali e anche di girini e atti. Fino a qualche anno fa era al- a scopo alimentare nelle risaie; attualmente la carpicoltura non è più strettamente connessa alla coltivazione del riso ed è quasi esclusivamente praticata per il ripopolamento. Una ripresa si è avuta tuttavia negli ultimi anni, in alcune località soprattutto del Nord, per iniziativa di immigrati cinesi. Nella cucina europea la carpa è variamente apprezzata. In Italia non è purtroppo tenuta in grande considerazione, probabilmente a causa del suo gusto dolciastro dai lievi sentori di fango, cui si può tuttavia rimediare tenendola in acqua acidulata con aceto, cambiata tre o quattro volte. Per i pesci più piccoli sono indicate ricette analoghe a quelle previste per la tinca: si possono friggere a pezzi, cucinare in carpione o, soprattutto, utilizzarle nei risotti. Sul lago Trasimeno vi è l’usanza della regina in porchetta, preparata grosso modo come si fa col maiali- no, ossia con una farcia di lardo (oppure pancetta o prosciutto abbastanza grasso), finocchio selvatico, rosmarino, aglio, sale e pepe. Anche le uova hanno ampio uso gastronomico e si impiegano per preparare gustose tartine o per condire la pasta. Sempre sul Trasimeno era in uso la zuppa “coi ovi de la regina”, preparata mettendo in una terrina fette di pane raffermo su cui si versava il brodo; il tutto era insaporito con uova di carpa regina fatte soffriggere a parte.<br /><br />Pasta con uova <br />di carpa. <br />(M)<br /> Ingredienti. Per 4 persone. 2 etti e mezzo di pasta tipo fusilli corti 2 etti di uova di carpa un cipollotto, 2 spicchi d’aglio, un ciuffetto di prezzemolo, un cucchiaio di passata di pomodoro, un cucchiaio di panna di capra, vino bianco secco una noce di burro, olio di oliva, sale. Tempo di preparazione e cottura: 45 minuti. Preparate una pentola con un’eguale quantità di acqua e di vino bianco, uno spicchio d’aglio, il cipollotto, una presa di sale un cucchiaio di olio. Immergetevi, a freddo, le uova di carpa, portate a ebollizione e fate cuocere per qualche minuto. Scolate le uova, passatele al tritatutto e mettetele in una padella con l’altro spicchio d’aglio, il burro, la panna di capra e il pomodoro passato. Lessate la pasta in abbondante acqua salata e scolatela al dente. Saltatela in padella con la salsa e servitela con un goccio di olio crudo e una spolverata di prezzemolo tritato.<br />Questo piatto si può preparare anche con le uova di luccio.<br /><br />CAVEDANO. (0) Appartenente alla famiglia dei Ciprinidi, cavédano (Leuciscus cephalus) è il esce d’acqua dolce più diffuso in Italia, caratterizzato da corpo slanciato e affusolato, di sezione quasi circolare, ha grosse squame di colore grigio-scuro sul dorso, che sfumano in tonalità argentee sui fianchi sino a divenire bianche sul ventre. Si attesta su dimensioni medie di 25-30 centimetri, anche se gli esemplari più grossi raggiungono i 60 centimetri di lunghezza per circa quattro chili di peso. soggetti giovani sono onnivori e formano in genere piccoli gruppi, mentre gli adulti sono più solitari e prevalentemente ittiofagi.<br />Ravioli<br />di cavedano. <br />(N)<br /> Ingredienti. Per 4 persone. Per la pasta: 3 etti di farina, 3 uova olio di oliva, sale Per il ripieno: un cavedano di 7-8 etti 3-4 patate olio di oliva, sale, pepe Per la salsa: 2 cetrioli olio di oliva, sale, pepe Per il court-bouillon: un bicchiere di aceto, 3-4 foglie di alloro Tempo di preparazione e cottura: un’ora e un quarto, più il riposo della pasta <br />Pulite il cavedano, lavatelo e mettetelo, a freddo, a in un court-bouillon preparato con l’aceto,<br />litri d’acqua e l’alloro. Lessatelo per circa 10 minuti quando l’acqua prende a bollire. Spegnete il fuoco e raffreddare il pesce nel liquido. Cuocete le patate in abbondante acqua salata, scolatele, sbucciatele e passatele nello schiacciapatate. Preparate il ripieno mescolando la polpa di cavedano tritata, la purea di patate, un filo d’olio, sale e pepe. Impastate energicamente la farina con le uova, un cucchiaio di olio e una presa di sale. Lasciate riposare l’impasto per qualche ora. Ricavatene quindi una sfoglia sottile e, con la farcia già preparata, confezionate ravioli quadrati di circa cinque centimetri. Cuoceteli in acqua bollente salata per pochi minuti, scolateli e saltateli in padella con una crema ottenuta frullando i cetrioli con olio, sale e pepe.<br />Polpette di cavedano. <br />(B) Ingredienti: Per 4 persone. 3 etti di filetti di cavedano mezz’etto di scalogno, una manciata di punte di bruscandoli (germogli di luppolo), 10 g di maggiorana, brodo di pesce, 30 g di pane bianco, un albume d’uovo, 2 etti di panna da cucina Per il contorno 2 etti di insalata mista in foglie, aceto, olio extravergine di oliva, sale, zenzero in polvere. Tempo di preparazione e cottura: mezz’ora.<br />Passate i filetti di pesce al mixer e unitevi l’albume d’uovo, mescolando il tutto a freddo. Incorporate delicatamente al composto la maggiorana e lo scalogno tritati, il pane precedentemente ammorbidito con un pò di panna di capra, la restante panna leggermente montata. Salate, pepate e mescolate bene finché l’amalgama diventa cremoso. Formate delle polpettine e cuocetele nel brodo di pesce. Servitele, guarnendole con i bruscandoli, su un piatto dove avrete disposto l’insalata condita con una olio di noci, aceto e sale . <br />Oppure. Si fanno con la polpa dei cavedani, latte, aglio spremuto, prezzemolo tritato, formaggio e pane grattugiati, uova, sale e pepe. Verso fine cottura si spruzzano con un goccio di vino bianco. Si servono caldissime. Il cavedano è presente nelle nostre acque interne. Frequenta per lo più acque correnti, ivi compresi i torrenti di montagna, che condivide in genere con le trote; data la sua estrema adattabilità ambientale, è però possibile incontrano in acque lacustri o stagnanti e anche presso le foci dei fiumi dove, per le sue abitudini alimentari, si è guadagnato la nomea di “spazzino delle acque”. A differenza di molti suoi simili è contraddistinto da un’alta tollerabilità a condizioni di inquinamento ambientale. Di carattere sospettoso, combattivo e irrequieto, rappresenta una preda piuttosto ambita dai pescatori sportivi, mentre in cucina è cibo meno apprezzato di altri a causa dell’eccessiva liscosità: più pregevoli sono in genere gli esemplari provenienti dal centro dei laghi e pescati assieme ai coregoni. Pur avendo numerose spine, che possono essere eliminate sfilettandoli o passandoli in olio bollente, i cavedani hanno carni bianche e saporite, adatte per essere cotte ai ferri o alla griglia. In alternativa diventano, finemente tritati, ingrediente di polpette o ripieni, la cottura in umido con piselli o fagioli , il cavedano al guazzetto.<br /><br />COREGONE. (0) Della numerosissima famiglia dei Coregonidi sono documentate in Italia due sole specie. La Lavarello. (0) Noto come coregone, lavarello o lavareto (Coregonus lavaretus), fu introdotta nella seconda metà dell’Ottocento dalla Svizzera nei laghi prealpini (dove è oggetto di ripopolamento per il considerevole valore commerciale) e attualmente è diffusa anche nei laghi vulcanici laziali. E un ibrido, derivante da incroci fra il coregone azzurro (C. wartmanni coeruleus), il coregone bianco (C. schinzii helveticus) e il coregone marena (C. maraena). Ha sagoma affusolata e lievemente schiacciata ai lati; il corpo, ricoperto di grosse squame circolari, ha colorazione di base argentea, dorsalmente più scura e verdastra, e quasi bianca sul ventre. E dotato di una piccola pinna dorsale adiposa e di bocca terminale di minuscole dimensioni. Sebbene la lunghezza massima sia di circa 80 centimetri e il peso di quattro chili, più comuni sono i soggetti di 30-40 centimetri. Predilige le acque pelagiche lacustri e relativamente fresche, che frequenta in piccoli gruppi gregari, spingendosi a poche decine di metri di profondità. L’alimentazione è costituita in prevalenza da zooplancton, ma anche da larve di insetti.<br />Il lavarello ha carni bianche, prive di spine, molto magre e facilmente digeribili. La loro bontà aumenta d’estate, quando i pesci sono più corpulenti, mentre a ridosso della riproduzione, che avviene a n’ fibrose. Al lavare1 lo si adattano tutte le preparazioni previste per la trota e il pesce persico. Può pertanto essere cucinato in svariate maniere: intero alla griglia, al forno, al cartoccio o lessato, sfilettato al burro o alla piastra, tritato per farne polpettine, ripieni per ravioli, condimenti per pasta e risotti, oppure ridotto a mousse per delicati antipasti; è eccellente in unione con verdure di stagione o anche con i funghi. Per questa sua duttilità, e per il minor radicamento nella tradizione popolare, che consente maggior libertà d’espressione al cuoco, nelle aree dei grandi laghi prealpini è l’ingrediente che più ha innescato la fantasia della ristorazione di territorio. Interessante anche l’affumicatura, che a Garda è stata reintrodotta dalla locale Cooperativa pescatori proprio sul lavarello, ridando vita ad una forma di conservazione un tempo in auge per il luccio. L’altra varietà italiana di coregone è la bondella (C. macrophthalmus), documentata in tre dei grandi laghi prealpini (Maggiore, Lugano e Como) dov’è stata introdotta soltanto negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Originaria del lago di Neuchtel, si differenzia dal lavarello per le dimensioni più piccole e per la presenza di branchiospine più sottili, allungate e numerose. Per il resto, sembra abbastanza arduo determinare con precisione il suo aspetto morfologico e cromatico, in quanto sinora pare essere la specie europea dotata delle caratteristiche più tutti.<br />Filetti di lavarello<br /> alla <br />crema di limone. <br />(M)<br /> Ingredienti. Per 4 persone. 2 lavarelli un rametto di timo, un rametto di rosmarino, qualche foglia di salvia, fumetto di pesce, il succo di 4 limoni, farina di frumento tipo 00 2 noci di burro, 2 bicchieri di olio extravergine di oliva, sale, pepe Per il fumetto: ritagli e scarti di pesce, 2 carote, una cipolla, un ciuffetto di prezzemolo, una foglia d’alloro, vino bianco secco Tempo di preparazione e cottura: 50 minuti .<br />Senza privarli della pelle, pulite i lavarelli in modo ricavarne quattro filettj, che passerete nella farina. Preparate il fumetto con gli ingredienti indicati e quantità d’acqua pari al vino. Fate una citronette emulsionando, con una presa di sale e un pizzico di pepe succo di limone, l’olio extravergine e le erbe anche tritate. Scaldate in una padella una noce di burro e ponete filetti di lavarello infarinati, avendo l’accortezza di girarli sul lato senza pelle. Cuocete per circa tre minuti da entrambi i lati. Bagnate con la citronette e aggiungete un mestolo di fumetto. Dopo pochi minuti, i filetti, tenendoli in caldo, e aggiungete al conte della padella una noce di burro, lasciando restringere un poco. Impiattate i filetti e conditeli con la salsa. <br />Oppure. condire i lavarelli, fritti previa doratura, con una salsa a crudo di acciughe diliscate, peperoni, prezzemolo, aglio, pinoli, capperi, cetriolini sotto aceto, olio, pepe<br />Lavarello di <br />lago <br />in umido (N). Ingredienti. Per 4 persone. 4 filetti di lavarello del lago, di 2 etti, 2 etti e mezzo l’uno 2 pomodori da salsa,una piccola cipolla, un ciuffo, di prezzemolo, 2 cucchiai di capperi sotto sale, un limone, farina di frumento tipo 00, 2 noci di burro, 2 cucchiai di, olio extravergine di oliva, sale. Tempo di preparazione e cottura. mezz’ora. <br />Prendete i filetti di lavarello e, senza pellarli, infarinateli e sistemateli in un tegame con l’olio e una noce di burro. Portateli a cottura dolcemente salandoli da entrambe le parti. Togliete i filetti dal tegame; buttate il grasso di cottura, sostituitelo con l’altra noce di burro e fatevi colorire la cipolla tritata finemente. Unite i pomodori, privati della pelle e dei semi e schiacciati, i capperi dissalati e il limone pelato a vivo, scartando la parte bianca della buccia, e tagliato a pezzetti.<br />Fate scaldare leggermente il tutto, spolverate con prezzemolo tritato e servite<br /><br />Luccio. (0)Tradizionalmente descritto come simbolo di voracità (ma si tratta di una convinzione da ridimensionare), l’Esox lucius popola tanto gli ambienti lacustri e le acque fluviali a corrente modesta quanto le acque stagnanti ricche di vegetazione, particolarmente adatte alla posa delle uova e al procacciamento del cibo (altri pesci, rane, piccoli mammiferi e uccelli). In Italia ne è attestata un’unica specie, ormai rarefatta causa il degrado se non la scomparsa dei luoghi più confacenti alla riproduzione. Il luccio ha corpo allungato, che in età adulta può superare il metro, con pinna dorsale in posizione arretrata, vicina alla caudale, e livrea mimetica, di colore bruno-verde puntinato di macchie più scure sul dorso e ventre bianco o giallognolo. Il muso, appiattito, termina in una tipica forma a becco d’anatra; la bocca, ampia e dalla dentatura molto sviluppata, permette di azzannare agevolmente le prede. Benché non sia scientificamente provato, è convinzione diffusa che le uova di luccio, deposte a migliaia siano tossiche. Non allevabile, anche se si sono fatti notevoli sforzi per aumentarne la popolazione, la specie è assai ambita dai pescatori, professionisti e non, per la bontà e la delicatezza delle carni. Queste possono essere cucinate in molti modi (bollite, grigliate, al forno) e non richiedono particolari attenzioni, tranne che nella fase di pulitura, dato che gli esemplari adulti sovrabbondano di spine. Una delle ricette più interessanti, il luccio in salsa, servito con polenta abbrustolita, costituisce un antipasto pressoché immancabile della ristorazione tradizionale. Altra ricetta, il luccio in salsa si prepara irrorando le carni lessate con un soffritto di olio e acciuga (curiosamente impiegata come eccezione marinaresca alle alborelle in salamoia o alla sardelle sott’olio), insaporendo con la cannella e lasciando riposare a lungo affinché le carni di questo pesce, sempre piuttosto sode, si ammorbidiscano. L si cucina anche in umido, tagliato a pezzetti e stufato nel pomodoro, oppure alla griglia, con la pelle annerita dal contatto con le braci. Il luccio, la tinca e il persico sono i pesci privilegiati per lo spiedo.<br />Pasta con uova di luccio. <br />(M)<br /> Ingredienti: Per 4 persone, 4 etti di pasta lunga – fatta in casa, un etto di bottarga di luccio (uova del pesce salate,pressate e stagionate) una cipolla, mezz’etto di carote, 40 g di buccia di zucchine, mezz’etto di mela verde, una manciata di pangrattato olio extravergine di oliva, pepe nero<br />Tempo di preparazione e cottura: mezz’ora In una padella rosolate con qualche cucchiaio d’olio, senza farla imbiondire, la cipolla tritata. Aggiungete in rapida successione le carote e la buccia di zucchine tagliate a julienne e, dopo un paio di minuti, la bottarga affettata il più finemente possibile.<br />Lessate la pasta in abbondante acqua salata, scolatela al dente e trasferitela nella padella insieme alla mela verde tagliata a listarelle. Il sapore selvatico del luccio e il carico di sale piuttosto consistente sono ammorbiditi dai sapori dolci delle carote e della buccia di zucchine appena scottate e dal dolce asprigno della mela verde, aggiunta praticamente a crudo.<br />Saltate il tutto accompagnando con una leggera spolverata di pangrattato. Mettete nei piatti e rifinite con una macinata di pepe e un filo di olio crudo.<br /> “ Se volete cimentarvi con la preparazione della bottarga, procedete così. Dovete procurarvi un luccio femmina nel mese di dicembre, periodo in cui un 30% del peso del pesce è dato dalle uova. Dopo aver estratto con delicatezza le due sacche ovipare, facendo molta attenzione a non romperle, mettetele in salamoia in un recipiente che permetta la piena distensione delle sacche (che sono sviluppate in lunghezza) e la scolatura (con una griglia o mantenendo inclinato il contenitore per accumulare a parte il liquido che si forma per effetto del sale e dello zucchero). Preparate una miscela composta per l’80% di sale grosso e per il 20% di zucchero semolato, mescolatela a bacche di ginepro, pepe nero e coriandolo pestati grossolanamente, e con questa ricoprite le sacche ovipare. Pressatele quindi con un peso di circa due chili e lasciatele riposare per un periodo variabile dai quattro ai sette giorni, secondo la dimensione delle sacche, Ogni giorno dovrete rivoltarle le sacche, ricoprirle con la miscela aromatica e pressane nuovamente. Quando vedete che le sacche hanno raggiunto una compattezza piuttosto sostenuta, essiccatele sistemandole su una griglia in un forno statico per 24 ore. Fatele quindi affumicare leggermente e, qualora non le usiate subito, mettetele sotto vuoto.”<br />Gnocchi di luccio. <br />(M)<br /> Ingredienti: Per 4 persone. un luccio di un chilo, una carota, un gambo di sedano, una cipolla, un porro, un ciuffo di timo, 3 etti di mollica di pane fresco senza sale 4-5 cucchiai di olio extravergine di oliva, sale, pepe nero in grani Tempo di preparazione e cottura: 2 ore, più il riposo in frigorifero .<br />Pulite con estrema cura il luccio, lavatelo e asciugatelo. Con le parti di scarto, la testa e le lische, preparate un fumetto. Mettetele in una pentola contenente un litro e mezzo d’acqua assieme a cipolla, carota, porro, sedano, timo e grani di pepe. Portate a bollore e cuocete per un’ora e mezza. Intanto sfilettate il luccio e tagliatelo con il coltello a fettine sottili. Battetele e mettetele in una terrina, unendo la mollica di pane sbriciolata, l’olio, qualche fogliolina di timo, sale e pepe. Mescolate bene con le mani (la mollica di pane è un ottimo legante). Formate delle palline di circa due centimetri di diametro e mettetele in frigorifero per una mezz’ora. Filtrate il brodo con un panno di lino, riversatelo nella pentola e portatelo a ebollizione. Assaggiate per verificare che sia gustoso e, quando è bollente, distribuitelo nelle fondine, aggiungendo gli gnocchi. Se preferite potete mettere prima gli gnocchi e poi aggiungere il brodo bollente, che non deve essere abbondante. Lasciate intiepidire prima di servire. Questi gnocchi sono ottimi coperti da una julienne di porri fritti croccanti. <br />Luccio <br />alla paesana. <br />(M)<br /> Ingredienti: Per 4 persone, un luccio di un chilo, 4 patate, mezz’etto di pomodoro, sale, coriandolo in polvere (facoltativo) Per il court-bouillon: 80 g cli carote, 80 g di sedano, 80 g di cipolle, 4 foglie di alloro, un bicchiere di vino bianco, un bicchiere di aceto di vino bianco, sale, pepe in grani Per la salsa: 2 acciughe sotto sale 20 g di capperi, vino bianco secco, mezzo bicchiere di olio extravergine di oliva Tempo di preparazione e cottura: un’ora.<br /> Preparate il court-bouillon immergendo tutti gli ingredienti in una pentola con due litri d’acqua. Bollite per una ventina di minuti, lasciate raffreddare e filtrate il liquido. Pulite e sfilettate il luccio, toglietegli la pelle, spinatelo, immergetelo nel brodo e portatelo a cottura.<br />Intanto lessate le patate (con la buccia) e preparate la In una casseruola scaldate l’olio, fatevi sciogliere l’acciuga dissalata e diliscata, aggiungete i capperi tritati cuocete, senza mai soffriggere, bagnando con il vino. Pelate le patate, tagliatele a fette e disponetele nel piatto di portata. Sminuzzate il luccio e sistematelo al centro. Condite con la salsa, guarnite con il pomodoro tagliato a cubetti e, a piacere, insaporite con il coriandolo. Se preferite, potete sostituire le patate con la polenta. <br />Oppure. una variante di questa ricetta: il luccio alla moda di mia madre.. Si scaldano in una casseruola una noce di burro e qualche cucchiaio d’olio, rosolandovi una cipolla affetta, carote, sedano e zucchine tagliate a julienne e due sottili fette di prosciutto crudo. Si regola di sale e pepe e cuoce per qualche minuto prima di unire il luccio precedentemente lessato in un fumetto preparato con acqua, cipolle, carote, sedano, alloro, vino bianco e granelli di pepe.<br />Polenta <br />Con<br /> Luccio. <br />(N)<br /> Ingredienti: Per 4 persone, un luccio di circa un chilo e mezzo, una cipolla, 2 carote, un gambo di sedano, 2 foglie di alloro, aceto di vino bianco, un chiodo di garofano, qualche granello di coriandolo, pepe in grani. Per la salsa: un etto e mezzo di alborelle (o acciughe) salate, 2 spicchi d’aglio, olio extravergine. Per la polenta: 3 etti di farina di mais integrale, sale Per il condimento e la decorazione: basilico, timo, maggiorana, il succo di un limone (facoltativo), olio extravergine di oliva, sale, pepe. Tempo di preparazione e cottura: un’ora e un quarto, più il raffreddamento. <br />In una pesciera mettete acqua, un cucchiaio di aceto, le verdure e le spezie. Fate bollire per una decina di minuti e immergetevi il luccio, cuocendo per altri 15-20 minuti. A cottura ultimata, scolate il pesce e lasciatelo raffreddare. Poi sfilettatelo con cura e tagliatelo a piccoli pezzi.<br />In un paiolo portate a bollore un litro d’acqua, salate e poca alla volta versate la farina, continuando a mescolare per 30-40 minuti fino a ottenere una polenta di consistenza non troppo densa. Dissalate le alborelle, privatele della testa e della coda e sminuzzatele. In una padella fate scaldare due cucchiai d’olio con gli spicchi d’aglio; aggiungete i pezzetti di alborella e cuocete per due-tre minuti. Disponete la polpa del luccio in una terrina. Condite con sale, pepe e le alborelle con il loro fondo di cottura, aggiungendo, a piacere, il succo di limone.<br />Disponete la polenta al centro di un piatto di portata molto caldo, adagiatevi i pezzi di pesce, decorate a piacere con le erbette aromatiche ed un filo di olio crudo.<br />Luccio <br />In<br /> salsa.<br />(D) Ingredienti: Per 4 persone, un luccio di circa un chilo, 3 acciughe sotto sale un finocchio, una carota, un gambo di sedano, una cipolla, uno spicchio d’aglio, una manciata di prezzemolo, un etto e mezzo di capperi, un limone, mezzo bicchiere di aceto, mezzo chilo di olio di oliva, sale, pepe<br />Tempo di preparazione e cottura: 40 minuti, più il riposo .<br />Eviscerate il luccio e lessatelo in acqua salata aromatizzata con pezzi di carota, sedano, cipolla, finocchio e scorza di limone. Quando è cotto, lasciatelo raffreddare nel brodo. Nel frattempo mettete in un tegame l’olio e le acciughe dissalate, diliscate e pestate, mescolando con una forchetta fino a quando non saranno sciolte. Pestate molto finemente l’aglio e il prezzemolo e uniteli alle acciughe, sempre mescolando. Aggiungete l’aceto e i capperi e fate addensare il tutto a fuoco bassissimo. Scolate dall’acqua di cottura il luccio, spellatelo ed eliminate ogni lisca, cercando di non sbriciolarlo. Mettete i filetti in una terrina a strati, condendo ogni strato con sale, pepe, succo di limone e la quantità di salsa necessaria a coprirlo. Mescolate delicatamente e lasciate riposare per almeno due giorni, a recipiente coperto, in un posto fresco. Potete servire con fette di polenta abbrustolita. Oppure. si prepara la salsa con peperoni, cipolline, capperi, acciughe: si tagliano a pezzetti e li si cuoce in abbondante olio, aggiungendo un po’ di aceto. Si versa la salsa sul pesce lessato e tagliato a bocconcini, lasciando riposare per almeno 24 ore prima di servire.<br />Luccio in umido.<br /> (S)<br /> Ingredienti: Per 6 persone, 2 lucci di 6 etti l’uno, 4 pomodori pelati, una carota, un gambo di sedano, una cipolla, 2 spicchi d’aglio, un cucchiaio di farina di frumento, un cucchiaio di Marsala secco una noce di burro, olio di oliva, sale, pepe. Tempo di preparazione e cottura: un’ora .<br />Pulite, desquamate, diliscate e tagliate i lucci in trance di circa un etto e mezzo. Steccatele, salatele e pepatele. Soffriggete in mezzo bicchiere di olio un battuto di carota, sedano, cipolla e aglio. A doratura, unite i pomodori schiacciati con una forchetta e aggiustate di sale e pepe. Addensate il sugo con la farina e il burro, mescolate, unite le trance di pesce e cuocetele dolcemente da entrambe le parti. Bagnate con il Marsala, lasciate evaporare e servite con polenta. <br />Proveniente dall’estremità occidentale della Sicilia, il Marsala compare con discreta frequenza nelle cucine dell’Italia settentrionale. Piace a noi “polentoni” come agli inglesi che, nel Settecento, se ne fecero promotori. <br /><br />PESCE PERSICO. (0)Il pesce persico (Perca fluviatilis), detto anche perca o persico reale, è una delle più apprezzate varietà d’acqua dolce. Si tratta di una specie autoctona del settore nordorientale del bacino padano, nel quale la sua presenza è documentata da secoli. Dall’area padano-veneta e dei laghi alpini, il persico è stato successivamente introdotto al Centro e al Sud, dove ha trovato condizioni favorevoli al suo sviluppo. E contraddistinto da una livrea policroma, che cambia in rapporto all’ambiente: dorso generalmente bluastro o verde-oliva, fianchi percorsi da fasce trasversali di tonalità più scura, addome tendente al bianco. Sgargianti sono le pinne, di colore rosso-aranciato, con la prima dorsale che presenta una macchia nera presso gli ultimi raggi: alcuni di questi sono armati di spine, il che richiede un minimo di cautela nel maneggiare il pesce. La sagoma ellittica, più o meno compressa lateralmente, termina sul dorso con una gibbosità abbastanza pronunciata; il muso arrotondato è provvisto di bocca ampia lievemente rivolta verso l’alto. Gli esemplari più grossi raggiungono i 35 centimetri di lunghezza e i due chili di peso. Il pesce persico popola tanto i fiumi di pianura a corrente debole quanto i laghi collinari e montani. Qui effettua migrazioni verticali, spostandosi a profondità via via maggiori coi sopraggiungere del freddo. Le abitudini di vita e dietetiche mutano dai giovani agli adulti: i primi si spostano in gruppi gregari, cibandosi di zooplancton e microfauna acquatica, mentre i secondi sono generalmente solitari e ittiofagi, ma secondo l’ambiente possono notevolmente modificare i propri costumi. La posa delle uova avviene tra aprile e maggio in acque basse e ricche di vegetazione. In tale occasione le femmine distendono tra i rami delle piante lunghi nastri di muco atti a proteggere le uova e a facilitarne l’ossigenazione. Il prelievo dei nastri ovarici consente anche l’unica possibile forma di ripopolamento in ambienti artificiali: dopo che le uova si sono dischiuse, si effettua la reimmissione degli avannotti nel loro habitat naturale.<br />Il grande valore gastronomico del persico ne fa una preda tradizionale della pesca sportiva, per la quale si impiegano canne da lancio innescate con vermi, pesciolini o materiali artificiali; diffuso è anche l’uso della nassa. In commercio è solitamente reperibile già sfilettato, poiché le spine della pinna dorsale ne rendono complicata la pulitura. I filetti, impanati o infarinati, si prestano alla frittura. Sul lago Maggiore prima di metterli nell’olio bollente si passano in uovo battuto, farina bianca e pangrattato. Sul Garda si infarinano e si fanno rosolare in padella col burro, unica variazione ammessa a una cucina di pesce pressoché interamente incentrata sull’olio. Sul lago di Como i filetti dorati decorano a raggiera il risotto, mentre sul lago d’Iseo la polpa è fusa col riso in cottura. Appartenente alla famiglia dei Pèrcidi è anche il lucioperca o sandra (Stizostedion lucioperca), dalla morfologia tendenzialmente simile al persico ma che può raggiungere dimensioni ben superiori (gli esemplari di vent’anni misurano anche 120 centimetri per un peso di 12 chili). Originario dell’Europa orientale, fu immesso in Italia, dov’è alquanto raro, agli inizi del Novecento. Ha carni saporite e poco liscose, che però necessitano di cotture relativamente prolungate causa la loro durezza: con questo accorgimento, gli si adattano le ricette del persico e del luccio. Di altra famiglia, ma solitamente accomunati al persico per ragioni onomastiche sono il persico trota o boccalone (Micropterus salmoides) e il persico sole (Lepomis gibbosus). Ambedue qualificati come Centrarchidi e importati dal Nordamerica a fine Ottocento, sono documentati nei nostri laghi collinari e di pianura. Il primo, di taglia media, ha livrea verde-scuro dorsalmente, bianca sul ventre; il secondo, di dimensioni più ridotte, presenta una colorazione verdastra sul dorso e arancione sul ventre, con presenza di variopinte macchie irregolari. Sebbene abbiano un certo valore economico, persico trota e persico sole non vanno confusi col persico reale, le cui carni, morbide e delicate, hanno caratteristiche organolettiche nettamente superiori.<br />Frittelle <br />di persico. <br />(M) Ingredienti: Per 4 persone. 4 etti di filetti di pesce persico, mezz’etto di tinca affumicata, mezzo chilo di patate, un rametto di timo, un ciuffo di salvia, olio di oliva, sale, pepe. Tempo di preparazione e cottura: 45 minuti.<br />Lavate i filetti di persico, asciugateli con cura, cuoceteli a vapore e passateli al tritatutto.<br />Lavate le patate senza pelarle, ponetele in una pentola contenente acqua fredda, lessatele, quindi sbucciatele e passatele nello schiacciapatate. Mettete il pesce in una ciotola. Aggiungete un’uguale quantità di passato di patate, un po’ di tinca affumicata per dare sapore, timo e salvia tritati finemente. Aggiustate di sale e pepe e lavorate l’impasto sino a farlo diventare omogeneo.<br />Formate delle frittelle delle dimensioni di due noci, passatele nel pangrattato e friggetele in abbondante olio bollente per pochi minuti. Scolatele, asciugatele su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso, salate e servite.<br />Persico alla brace. (M) Ingredienti: Per 4 persone, un chilo di piccoli pesci persico, 4 cucchiai di olio extravergine di oliva, sale, pepe, Tempo di preparazione e cottura: mezz’ora. <br />Preparate una ricca brace, preferibilmente con i sarmenti recuperati dalla potatura delle viti.<br />Lavate e asciugate i pesci e gettateli sopra la brace. Trascorsi pochi minuti toglieteli, ripulendoli da pelle, lische, interiora. Conditeli semplicemente con olio extravergine crudo, sale, pepe. Se volete, potete aggiungere un trito di aglio prezzemolo.<br />Persico<br />e/o <br />Lucioperca con <br />verdure. <br />(M) Ingredienti: Per 4 persone, un Persico o lucioperca di circa 6 etti, 2 carote, un peperone giallo, un peperone rosso, 2 zucchine, 2 patate medie, uno spicchio d’aglio vestito, un ciuffetto di erba cipollina, un rametto di aneto olio extravergine di oliva, sale, pepe Tempo di preparazione e cottura: un’ora.<br />Pulita il pesce e ricavatene dei filetti. Cuoceteli in forno a vapore per 7-8 minuti e, mentre sono ancora caldi, privateli della pelle e delle lische. Disponeteli in una ciotola e conditeli con olio, sale, pepe e un trito di erba cipollina e aneto. Lavate accuratamente le verdure e tagliatele a dadini. Scottatele separatamente in acqua bollente, scolatele e fatele saltare in padella con olio caldo e aglio in camicia. Mettete le verdure al centro del piatto, disponetevi sopra il persico e/o lucioperca e condite con un filo di extravergine, guarnendo con l’aneto e l’erba cipollina. <br />Oppure. Pulite e sfilettate il pesce, mettete nella padella un cucchiaio di olio i filetti di pesce e dopo 7-8 minuti aggiungete il succo di due limoni ( o un bicchiere di vino bianco) e servite ben caldo con le verdure precedentemente cotte. <br />Riso <br />con <br />filetti di persico. <br />(M)<br /> Ingredienti: Per 4 persone, 120 g di riso, 6 etti di pesce persico, un ciuffetto di salvia, 2 uova, 2 manciate di pangrattato, mezzo bicchiere di latte, una manciata di parmigiano reggiano grattugiato, 80 g di burro, sale. Tempo di preparazione e cottura: 50 minuti .<br />Battete in un recipiente le uova con il latte e un pizzico di sale. Pulite, lavate accuratamente e asciugate il pesce. Ricavatene dei filetti e passateli prima nel composto di latte e uova e poi nel pangrattato. Lessate il riso in abbondante acqua salata per circa un quarto d’ora.<br />Nel frattempo rosolate in un tegame il burro e la salvia, unitevi i filetti impanati e fateli dorare da entrambe le parti. Scolate il riso al dente, sistematelo in una pirofila, spolveratelo con il parmigiano e disponetevi sopra i filetti con il loro condimento. <br />Oppure. Rosolate in un tegame il burro e la salvia, unitevi i filetti impanati con al sola farina 00 e fateli dorare da entrambe le parti. Serviteli con una spruzzata di limone.<br /><br />TINCA. (0) La tinca appartiene alla vasta famiglia dei Ciprinidi, che annovera altri comuni pesci d’acqua dolce commestibili, come l’alborella, il barbo, la carpa, il cavedano. Raggiunge una lunghezza massima di 60 centimetri, per un peso di circa due chili. La sagoma è massiccia e ovaliforme, lievemente compressa ai lati; il dorso presenta una colorazione bruno-verdastra, che sfuma in tonalità dorate sui fianchi, mentre il ventre, nettamente più chiaro, è bianco o giallognolo; le pinne brunorossicce sono poco sviluppate in lunghezza e hanno forma arrotondata. E un pesce comune in laghi, fiumi, fossati, ma predilige le acque stagnanti o debolmente correnti, a fondo finissimo e ricche di vegetazione, dove si ciba di vermi, pezzetti di alghe, larve, molluschi e detriti. Anche in questi ambienti poco luminosi si muove molto agevolmente grazie ai due barbigli, ricchi di terminazioni di senso, posti ai lati della bocca. La pesca, un tempo coincidente con il periodo di mietitura del grano, si pratica oggi da aprile a ottobre, poiché d’inverno la tinca rallenta le proprie funzioni vitali e cade in una sorta di letargo, rifugiandosi nel fango e ritornando in piena attività soltanto con i primi tepori. Sebbene la tinca tolleri bene bassi tenori<br />di ossigeno e, fra le specie autoctone, sia una delle meno esigenti dal punto di vista ambientale, la sua presenza si sta rarefacendo in Italia. Probabilmente questo graduale assottigliamento è da imputarsi all’introduzione nelle nostre acque di specie alloctone (il pesce gatto, ad esempio) di cui patisce la concorrenza alimentare o, addirittura, la predazione; ma il diradamento potrebbe essere connesso anche alla pesca illegale con trama- gli o alla scomparsa di molti degli ambienti stagnanti naturali, favorevoli alla sopravvivenza della specie. Dato il suo elevato valore commerciale, la tinca è oggetto di allevamento in stagni, spesso insieme con le carpe, benché la produzione risulti di modesta entità a fronte di quella di altri pesci, come la trota. In Piemonte, si tratta di una tradizione antichissima che si fa risalire al XIII secolo, quando pressoché tutti i contadini della zona possedevano una “tampa”, cioè uno stagno dove raccoglievano le acque piovane per abbeverare il bestiame, e vi tenevano pesci per soddisfare il proprio fabbisogno o, in epoche un po’ più recenti, per commercializzarli. Le tinche, allevate - un tempo, anche da noi alla Mot del Sant - in un molti laghetti scavati nelle terre argillose si connotano per la livrea marcatamente giallo-rossiccia e per una lieve gibbosità all’altezza delle prime vertebre cervicali. Presente in molti tavole regionali, la tinca ha carni morbide e saporite, che ben si prestano a numerose preparazioni. È vero però che, al pari di altri pesci che vivono in acque palustri, può talora presentare un gusto vagamente fangoso attenuabile, come vuole la credenza popolare, facendole bere una cucchiaiata di aceto o, più convenientemente, facendola spurgare per qualche giorno in acqua tersa. In Piemonte la tinca è cucinata per lo più fritta, con aggiunta di foglie di salvia, oppure la tinca costituisce la base di un saporito risotto, ricco di erbette di stagione: è Ia memoria delle coltivazioni di riso che in queste zone furono tentate fra il Cinquecento e il Seicento. <br />Risotto <br />con la <br />tinca <br />(M)<br /> Ingredienti: Per 4 persone, 3 etti e mezzo di riso vialone nano una tinca da 5-6 etti un gambo di sedano, una carota, 75 g di cipolle, 1-2 spicchi d’aglio, 3 etti di erbette, un etto e mezzo di prezzemolo, una foglia di alloro, un rametto di rosmarino, un mazzetto di odori (rosmarino, salvia, timo), un litro di brodo vegetale, mezzo bicchiere di vino bianco secco, parmigiano reggiano olio extravergine di oliva, sale, pepe. Tempo di preparazione e cottura: un’ora. <br />Sventrate e pulite la tinca, senza squamarla. Lavatela in acqua corrente e lessatela a metà cottura in acqua salata e aromatizzata con un mazzetto di odori. Nel frattempo tritate il sedano, la carota, le cipolle, il rosmarino e soffriggeteli (con lo spicchio d’aglio intero, che poi eliminerete) in olio extravergine per quattro-cinque minuti. Tritate quindi il prezzemolo e le erbette, uniteli al soffritto e cuocete il tutto per un quarto d’ora. Togliete la tinca dal brodo di cottura, spinatela e mettetela nel tegame del soffritto. Bagnate con il vino, facendolo evaporare, unite il riso e portate a cottura aggiungendo via via il brodo vegetale. Mantecate con un goccio di olio e una manciata di parmigiano e servite. Il riso: vialone nano, semifino a granello perlato, arborio, carnaroli o baldo.<br />Tinche fritte.<br /> (S)<br /> Ingredienti: Per 4 persone, 12 tinche di circa un etto l’una, 12 foglie di salvia, un ciuffo di insalata verde, una manciata di pomodorini, 2 limoni, 2 manciate di farina di frumento tipo 00 olio di oliva, sale. Tempo di preparazione e cottura: mezz’ora.<br /> Eviscerate le tinche, lavatele in acqua corrente e asciugatele accuratamente con un canovaccio. Mettete nel ventre di ciascuna un pizzico di sale e una foglia di sai via. Quindi passatele appena nella farina. Scaldate l’olio in una padella e adagiatevi le tinche Cuocetele lentamente sei minuti per parte. Salate, toglietele dalla padella e adagiatele su carta da cucina pei far assorbire i olio in eccesso. Trasferite i pesci su un piatto di portata guarnendo cor spicchi di limone, insalata finemente affettata e pomo. dormi tagliati a metà.<br />Tinche in umido. (D)<br /> Ingredienti: Per 4 persone, 4 tinche di circa un etto e mezzo l’una, 4 pomodori da sugo, una cipolla bianca,uno scalogno, una carota, una costa di sedano,olio di oliva, sale, pepe. Tempo di preparazione e cottura: 45 minuti .<br />Lasciate le tinche per qualche tempo in acqua limpida, dopo di che procedete alla loro pulizia. Evisceratele, squamatele a lavatele in acqua corrente. Tenete in serbo le teste per la preparazione della salsa. Sbollentate i pomodori, pelateli e tagliateli a tocchetti. Preparate un trito finissimo con la carota, lo scalogno, il sedano e la cipolla e fatelo soffriggere in una casseruola con olio di oliva. Allungate il soffritto con qualche cucchiaio d’acqua, aggiustate di sale e pepe e unite le teste dei pesci. Dopo circa mezz’ora di cottura a fuoco medio, passate la salsa nel passaverdura e trasferitela in un altro tegame, in cui adagerete le tinche, facendole cuocere a fuoco vivace per circa un quarto d’ora.<br /><br /> <br />ANTIPASTI E STUZZICHINI. In questa parte descriviamo quelle preparazioni che, contenendo più di un pesce, non possono trovare posto nei capitoli dedicati alle singole specie. L’ordine alfabetico ci fa cominciare dagli antipasti, serie di piatti freddi o caldi serviti in apertura del pranzo allo scopo per lo più solo teorico di risvegliare l’appetito predisponendolo ad accogliere le “vere” portate del servizio, secondo il concetto francese di hors d’oeuvre. Per analogia, e visto che nella nostra epoca i due generi tendono a sovrapporsi, agli antipasti “da tavola” abbiniamo quegli stuzzichini con cui si accompagna l’aperitivo, si riempiono le pause durante il lavoro o lo studio e, sempre più spesso, ci si ristora nell’intervallo di mezzogiorno. Parrebbe, questa, un’abitudine indotta dalle logiche e dai ritmi delle società postindustriali, tant’è che per definirla si attinge senza ritegno alla moderna koiné anglofona, parlando di break, snack, appetizer. E invece un costume antico, profondamente radicato negli stili di vita europei, a ogni latitudine. Ne sono testimonianza le tapas spagnole come lo smòrgasbord scandinavo, i mezzès greco-turchi e gli zakouski russi; o, per restare in Italia, cicheti veneti, tajut friulani e l’infinita serie dei “cibi da strada”. Il contenuto di questa parte è residuale: molte delle ricette riportate finora si prestano al ruolo di antipasto-fuoripasto esattamente come i piatti che stiamo per presentare e che, ripetiamo, se ne distinguono solo perché composti da pesce misto. <br />FRITTI. Serviti per l’aperitivo, antipasto o piatto centrale . La frittura è uno dei metodi di cottura più applicati ai piccoli pesci, ai filetti dei pesci di medie dimensioni. Per far sì che la materia prima risulti asciutta e croccante, bisognerà proteggerla con un’impanatura e diversificare i tempi di cottura secondo la consistenza. I pesci di dimensioni ridotte entrano spesso a far parte di variegate fritture. Anche la cottura, date le dimensioni del pescato, non richiede che pochi minuti. Sulle sponde del lago Maggiore (piemontese) e del Garda (la trentina, la bresciana e la veronese) e nel Lariano (la provincia comasca con esclusione della fascia meridionale, appartenente alla Brianza). I pesci privilegiati sono, in questo caso, le alborelle e gli agoni infamati, i filetti di bottatrice e di persico passati prima nell’uovo battuto e poi nel pangrattato. Rispetto ai pesci di mare, da cuocere esclusivamente in olio di oliva, il grasso di frittura può essere costituito anche da burro, naturale o chiarificato, cioè depurato dalla caseina e privato dell’acqua. Lo stesso condimento caratterizza le fritture di pesci di fiume nelle regioni del Nord, soprattutto in Piemonte e Lombardia, mentre al Centro-Sud si frigge in oli di oliva, preferendo quelli di produzione locale. I pesciolini si immergono nel grasso bollente interi, senza eviscerarli, dopo averli leggermente infamati; per pesci un po’ più grandi il rivestimento può essere costituito dalla doratura (farina e poi uovo battuto), dalla panatura (uovo e poi pangrattato) o, più raramente, dall’impastellatura (farina mescolata ad acqua o latte o uova, a volte aromatizzata con erbe o spezie).<br /><br />Carpionata del lago. (S) Per 4 persone, un chilo di pesci d’acqua dolce (trote, tinche, alborelle), una cipolla grande, qualche spicchio d’aglio, rosmarino, salvia, farina di frumento, 2-3 cucchiai di vino rosso, un bicchiere di aceto mezzo litro di olio di oliva, sale. Tempo di preparazione e cottura: un’ora, più la marinatura. In un tegame fate soffriggere in olio la cipolla affettata finemente e due spicchi d’aglio. A doratura, innaffiate con l’aceto e con il vino rosso e fate evaporare. Aggiungete i rametti di salvia e mezzo bicchiere d’acqua e cuocete per qualche minuto. Lasciate raffreddare.<br />Intanto pulire i pesci, lavateli e asciugateli con un canovaccio. Inserite un rametto di rosmarino e uno spicchio d’aglio nel ventre di ciascuno e infarinateli. Friggeteli in olio di oliva, girandoli da entrambe le parti fino a ottenere una doratura uniforme. Asciugateli su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso e sistemateli in una terrina. Coprite con la marinata preparata precedentemente e conservate in frigorifero per almeno 24 ore: ogni giorno che passa la preparazione diventa più saporita e appetibile. Potete preparare la carpionata anche facendo soffriggere la cipolla affettata e tutti gli odori di cui disponete; unite il pesce e rosolatelo da entrambe le parti, versate l’aceto e cuocete per qualche minuto. Lasciate raffreddare e sistemate il tutto in un contenitore di coccio, stipando bene e facendo in modo che la marinata copra completamente il pesce. Un’altra variante prevede di cuocere il pesce direttamente nella marinata, senza farlo prima friggere: in questo caso quando la carpionata è pronta si versa direttamente sul pesce l’olio crudo. Se preferite una marinata meno forte potete mescolare una dose ridotta di aceto a un’eguale quantità di vino bianco.<br />Pasticcio<br /> di <br />pesce <br />di lago. (M)<br /> Ingredienti: Per 8-10 persone, un chilo di filetti di pesce di lago (lavarello, cavedano, persico...), una cipolla, lauro, rosmarino, timo selvatico, poca salvia, gelatina, un bicchierino di brandy, una bottiglia di Marsala secco mezzo chilo di burro, olio di oliva, sale. Tempo di preparazione e cottura: un’ora, più il riposo in frigorifero.<br /> Pulite, eviscerate e diliscate i pesci. Fate imbiondire in olio la cipolla affettata finemente. Aggiungete le erbe e i filetti di pesce e portate a cottura. Alla fine bagnate con il brandy e mezzo bicchiere di vino e aggiustate di sale. Togliete dal fuoco e fate raffreddare.<br />A parte preparate una gelatina con tre parti di acqua e una parte di Marsala secco. Versatene due dita in stampini individuali e lasciate raffreddare. Sciogliete il burro a bagnomaria sul fuoco. Passate il pesce prima al tritatutto e poi al setaccio. Aiutandovi con una spatola, aggiungete poco per volta il burro sciolto al pesce. Amalgamate molto bene con la frusta e fate riposare per un quarto d’ora sul piano più basso del frigorifero.<br />Riempite un - sac à poche - con l’impasto e con la bocchetta dentata versatelo negli stampini. Mettete in frigorifero per una mezz’ora. Quando la gelatina rimasta sarà fredda (non densa) gelatinate il paté.<br />Fritto di pesci d’acqua dolce. (S)<br /> Ingredienti: Per 4 persone, 8 etti di pesci d’acqua dolce – per lo più grossi- : lucci, piccole anguille, ecc,. farina di frumento tipo 00 un litro di olio di oliva, sale. Tempo di preparazione e cottura: 40 minuti. Eviscerate e pulite i pesci, lavateli in acqua corrente e asciugateli con cura. Passateli nella farina eliminandone l’eccesso. In una padella capace scaldate bene l’olio e tuffatevi i pesci. Abbassate la fiamma e portatela a intensità media: in questo modo i pesci — tenete presente che quelli di acqua dolce richiedono un periodo di cottura più lungo rispetto ai pesci di mare — soffriggeranno senza bruciare o attaccare al fondo. Cuocete per una decina di minuti. Prelevate i pesci dalla padella con una schiumarola e poggiateli su un foglio di carta assorbente. Regolate di sale e servite subito. In questa frittura possono rientrare anche altri tipi di pesci come il lucioperca, la tinca o la carpa. Nella versione più tradizionale erano presenti anche le stricce (lasche), oggi in disuso perché di difficile reperibilità.<br />Frittura <br />di <br />pesciolini. <br />(M) Ingredienti: Per 4 persone, 8 etti di piccoli pesci di fiume farina, olio extravergine di oliva, sale. Tempo di preparazione e cottura. mezz’ora.<br /> I pesci possono essere cavedoni, alborelle, vaironi, sanguinerole (ormai rarissime,caratterizzate da una striscia scura sul dorso e dalla colorazione rossastra del ventre), piccoli barbi. Puliteli tutti, privandoli delle viscere. Sciacquateli in acqua corrente, asciugateli bene e infarinateli. Scaldate l’olio in un tegame e versatevi i pesci, lasciandoli per cinque-sette minuti. Ultimata la cottura, la polpa dei pesci dovrà risultare morbida e l’esterno croccante. Prelevate i pesci dal tegame con una schiumarola, sgocciolateli e adagiateli su un foglio di carta assorbente per asciugare l’unto in eccesso. Regolate di sale e servite la frittura ben calda con spicchi di limone.<br /><br /> Il termine minestra deriva dal verbo latino minestrare (la radice è la stessa di minister, in origine servo addetto alla mensa, coppiere) e allude all’antico costume secondo cui un membro autorevole della famiglia travasava con il mestolo, distribuendolo nelle scodelle dei commensali, il contenuto di una zuppiera. Sebbene sia vivanda profondamente radicata nella tradizione italiana e ampiamente frequentata sia nelle regioni costiere sia nell’entroterra, permane una certa flessibilità o addirittura incertezza nel definire cosa sia una minestra. Infatti, benché il vocabolo indichi a rigore un primo piatto a base di verdura e cereali (riso o pasta) di consistenza media- mente brodosa, fuor d’ogni precisione lo stesso nome compete anche a piatti asciutti o ad altri in cui quasi non compaiono le verdure.<br />Le minestre di pesce possono essere preparate con singole specie è il caso, ad esempio, della minestra di anguilla o di quella di bianchetti — oppure con più varietà. In tal caso la tradizione, se di tradizione si può parlare, risale alle cucine popolari, le case delle massaie o le barche dei pescatori, dove con i pesci più piccoli e liscosi, di modesto valore commerciale, si allestivano piatti a un tempo semplici, nutrienti e gustosi, che non richiedevano eccessive attenzioni. Privati soltanto delle viscere, i pesciolini erano cotti in un acqua aromatizzata con odori e verdure; dopo averli passati, vi si aggiungeva la base amidacea. Non essendoci alcuna rigidità nella scelta dei pesci da minestra, ovviamente si darà la precedenza alle specie più saporite. I brodi di pesce sono solitamente chiamati fumetti o court-bouillon. Ciò che li distingue dalle minestre è la consistenza, più cremosa nelle seconde e acquosa nei primi. Di norma i brodi di pesce servono da base per preparare zuppe o insaporire fondi di cottura, ma in alcuni casi, uniti a vari tipi di pasta secca o a paste fresche, come i passatelli, diventano ottimi primi piatti. Come per le minestre, ai brodi di un solo tipo di pesce<br /><br />Minestra di pesce <br />misto. <br />(D)<br /> Ingredienti: Per 6 persone, 3 etti di pasta corta da minestra, 4 etti di pesce da zuppa, 4 pomodori maturi (oppure 3 etti di pomodori pelati), una cipolla rossa, 5 spicchi d’aglio, 5 foglie di salvia, un ciuffetto di prezzemolo, un pezzetto di peperoncino, 2 bicchieri di olio extravergine, di oliva, sale, pepe. Tempo di preparazione e cottura: un’ora e un quarto. Pulite i pesci (trota, cavedano, tinca, carpa quello che trovate ) senza eliminate le teste. Adagiateli in una pentola contenente un soffritto preparato con olio, cipolla, aglio, peperoncino prezzemolo e salvia. Quasi a fine cottura passate il pesce, rimettetelo in pentola e incorporate la pasta. Eventualmente il pesce, dopo essere stato insaponito nel soffritto, potrà essere bagnato con un po’ di vino bianco, fatto evaporare a fuoco vivace prima di abbassare la fiamma e proseguire la cottura. In tal modo la minestra avrà un gusto affine a quello della zuppa di pesce.<br />Zuppa di pesce dell’isola. (M) Ingredienti: Per 6 persone, 4 pesci persico, 2 bottatrici, un’anguilla, un luccio, 3 piccole trote, 2 cavedani di media grandezza un gambo di sedano, 2 carote, 3 cipolle, uno spicchio d’aglio, un ciuffetto di prezzemolo, erbe aromatiche, 2 etti di polpa di pomodoro, una presa di zafferano, farina di frumento, crostini di pane casereccio, brodo di pesce, mezzo bicchiere di vino bianco secco, olio di oliva, sale, peperoncino in polvere (facoltativo). Tempo di preparazione e cottura: 2 ore, <br />Pulite, sfilettate e diliscate i vari tipi di pesce. Preparate un brodo con i resti, testa e lische comprese (escluse le interiora), aggiungendo le carote, il sedano, le cipolle e le erbe aromatiche.<br />Tagliate a fette i filetti di pesce, infarinateli e friggeteli in un po’ di olio in cui avrete fatto appassire un battuto di aglio, cipolla e prezzemolo. Bagnate con il vino e lasciate evaporare. Unite quindi la polpa di pomodoro e il brodo di pesce e bollite fino a restringere l’insieme. A questo punto aggiungete una presa di zafferano, salate e, a piacere, insaporite con un pizzico peperoncino. Servite la zuppa caldissima su crostini di pane casereccio abbrustoliti e agliati.<br />Lo zafferano potrebbe essere interpretato come un omaggio alla più celebre e meno praticata, ormai — specialità lombarda, il risotto alla milanese. Se ne avete la possibilità, procuratevi questo aroma (è una pianta erbacea originaria dell’Asia minore, coltivata in Italia soprattutto sugli altopiani abruzzesi) in forma di stimmi essiccati: sono carissimi ma “rendono” molto più dello zafferano polverizzato, e non possono essere contraffatti.<br />Zuppa di pesce di lago. (M)<br /> Ingredienti: Per 4-6 persone, 2 trote salmonate, 2 pesci persico, 2 lucioperca, 3 etti di gamberi di lago 2 pomodori, una carota, una cipolla, 2 spicchi d’aglio, un ciuffetto di prezzemolo, 2 foglie d’alloro, pane in cassetta, olio extravergine di oliva, sale Tempo di preparazione e cottura: 2 ore e un quarto. <br />Eviscerate, diliscate e sfilettate tutti i pesci e tagliateli a pezzi. Ponete le lische e le teste in una pentola d’acqua aromatizzata con la cipolla, la carota, i pomodori, le foglie di alloro e i gambi di prezzemolo. Dopo un’ora e mezza filtrate il brodo ottenuto. A questo punto spadellate i filetti lievemente infarinati con aglio e olio extravergine. Unite i gamberetti di lago, ricoprite il tutto con il brodo filtrato e lasciate sobbollire per una decina di minuti. Servite la zuppa con crostoni di pane caldo in cassetta e un trito di prezzemolo fresco.<br />ZUPPA DEL SASS. (M)<br /> Ingredienti: Per 10 persone, 3 chili di pesce misto di lago (tinca e altri variabili secondo stagione: lasca, coregone, anguilla, persico reale, luccio), 4 grossi pomodori da salsa, una grossa cipolla, 2 spicchi d’aglio, un peperoncino, un ciuffo di mentuccia, 20 fette di pane raffermo di un paio di giorni, olio di noci, sale, pepe, Tempo di preparazione e cottura: 50 minuti<br />Eviscerate i pesci, diliscateli e tagliateli a pezzi. Mettete in pentola l’olio extravergine, la cipolla affettata, il peperoncino e le foglie di mentuccia. Quando l’olio di noci si scalda aggiungete i pezzi di pesce e soffriggeteli a fuoco medio. Coprite con acqua calda, alzate la fiamma e incorporate i pomodori tagliati a pezzi. Regolate di sale e pepe e bollite il tutto per circa mezz’ora, lasciando la pentola lievemente aperta. Abbrustolite le fette di pane integrale raffermo e insaporitele con l’aglio. Disponete due fette in ogni fondina e adagiatevi due o tre pezzi di pesce e un mestolo del brodo di Cottura. Condite con un filo di olio extravergine crudo e portate in tavola. Si può preparare questa zuppa anche con latterini, scardole, granchi e gamberi di fiume, insaporendola ulteriormente con aglio, prezzemolo e basilico. I monaci/pescatori di un tempo raccomandavano di cuocerla in acqua di lago.<br />Cannelloni al pesce di lago. (M)<br /> Ingredienti: Per 4 persone. Per la pasta: 3 etti di farina di frumento tipo 00, 3 uova, sale Per il ripieno e il condimento: un chilo di pescato del giorno (persico reale, boccalone, tinca o carpa..), mezz’etto di bottarga di muggine 4 etti di zucchine, uno scalogno, mezzo peperoncino, 2 foglie di alloro olio extravergine di oliva, sale, pepe Tempo di preparazione e cottura: un’ora e un quarto.<br />Versate la farina a fontana sulla spianatoia. Mettete al centro le uova precedentemente battute in una terrina con un po’ di acqua tiepida e un pizzico di sale. Impastate fino a ottenere un composto omogeneo, avvolge- telo in un panno umido e lasciatelo riposare per una mezz’ora.<br />Pulite, lavate e sfilettate il pesce. Con le teste e le lische preparate un brodo che servirà per la cottura dei filetti. Soffriggete in olio l’alloro, parte dello scalogno affettato e il peperoncino a pezzetti. Unite i filetti di pesce e portate a cottura con aggiunte successive di brodo di pesce, aggiustando di sale e pepe. Tirate la sfoglia sottile e tagliatela in quadrati di una dozzina di centimetri dilato. Cuoceteli leggermente in acqua salata, scolateli e stendeteli sulla spianatoia. Ponete su ogni quadrato di pasta un po’ di polpa di pesce e arrotolatelo a cannellone. Cuocete in forno, senza aggiungere condimenti, per cinque-sei minuti.<br />Nel frattempo lavate e asciugate le zucchine, tagliatele a dadini e rosolatele in olio e scalogno, continuando poi la cottura con il brodo di pesce (a cottura, devono risultare morbide). Qualche minuto prima di toglierle dal fuoco, aggiungere metà della bottarga. Togliete i cannelloni dal forno, copriteli con le zucchine e, prima di servire, grattugiate la rimanente bottarga<br /><br />Tagliolini al sugo di pesce. (M)<br /> Ingredienti: Per 4 persone. Per la pasta: 4 etti di farina di frumento tipo 00, 3 uova intere e 2 tuorli, sale Per il condimento: 4 etti di tagliolini all’uovo, 4 etti di pesci di lago (persico, anguilla, tinca, trota..)un etto di purea di pomodoro fresco, mezz’etto di trito di cipolla, sedano e carota, erbe fini (prezzemolo, dragoncello, cerfoglio, erba cipollina), zafferano in fili, un etto di panna da cucina olio extravergine di oliva, sale. Tempo di preparazione e cottura: un’ora e mezza. Disponete la farina a fontana sulla spianatoia, al centro mettete le uova intere, i tuorli e una presa di sale. Amalgamate le uova incorporando poca per volta la farina e manipolate a lungo l’impasto, fino a ottenere una massa liscia ed elastica. Avvolgetela a palla, copritela con un telo e fatela riposare in luogo fresco per una mezz’ora. Intanto pulite e sfilettate i pesci, che varieranno a seconda del pescato della giornata. Riprendete l’impasto, stendetelo sulla spianatoia infarinata e, con il mattarello, tirate una sfoglia sottilissima. Arrotolatela e, con un coltello a lama lunga molto affilata, tagliatela alla larghezza di un paio di millimetri. Adagiate i tagliolini su un telo infarinato e lasciateli asciugare. In un tegame fate appassire in olio extravergine il trito di cipolla, sedano e carota. Aggiungete la purea di pomodoro, la panna, lo zafferano e, infine, i filetti di pesce in ordine di cottura. Lasciate cuocere pochissimi minuti, aggiustate di sale e legate la salsa con olio ed erbe aromatiche. Lessate i tagliolini per due-tre minuti in abbondante acqua salata, scolateli e conditeli con il sugo di pesce<br /><br />Altro <br />Arburel. (m)<br /> Piccoli di pesci d’acqua dolce, appena nati. Ingredienti per 6 persone: kg 1 d’avanotti, olio dì oliva per friggere, mezzo litro di latte, foglioline di salvia tritate, il succo di un limone . Sale. <br />Mettete a bagno gli avanotti nel latte, lasciandole almeno un'intera notte. Il giorno dopo riprendetele, sgocciolatele dal bagno, asciugatele sopra un canovaccio e passatele nella farina. Intanto, in una padella alta, sfrigola abbondante olio. Qui friggete gli avannotti: un attimo e sono dorati, da togliere, scolare con la mestola forata, asciugare su fogli di carta assorbente e portare in tavola, spolverizzati con trito freschissimo di foglioline di salvia e il profumo del succo di limone.<br /> Tutti i tipi di pesce. Agone, Coregoni, Trota, Persico, Luccio, ecc.<br />Pesce in carpione. <br />(b) Si pulisce il pesce, se volete togliete anche la testa e lalisca, passatelo nell’uovo e po’ nella farina si frigge leggermente ( se si vuole leggero leggermente bollito) e si lascia asciugare su una carta assorbente.. Per il carpione Si prepara mettendo in padella poco olio, nel quale rosolate il trito di aglio e cipolla, profumato con la foglia di alloro. Appena la cipolla imbiondisce, calate l'aceto forte, poi la salvia, irrorate con poco vino e 2 bicchieri di acqua, quindi fate asciugare e insaporire per pochi minuti. Versate il sugo caldo (ma non bollente) sopra il pesce e lasciate marinare per alcune ore, in un locale fresco. Servite il carpione con tanti contenitori a disposizione dei commensali. Certamente è un piatto ideale per i mesi più caldi. (L'aggiunta di succo di limone e anche di poca scorza grattugiata addolcisce il piatto. Inoltre, c'è chi preferisce usare vino bianco Moscato, invece del rosso).<br />Salsa al vino bianco<br /> (m) Per tutti i pesci. Dosi occorrenti per 4 persone 30 gr di burro, 30 gr di farina, 1 bicchiere circa di vino bianco frizzantino secco (della sacca), sale, rafano della spelonca. <br />Sciogliete in un tegame burro e mettetevi ad imbiondire la farina, mescolando per non fare grumi. Quando questi due elementi sono bene amalgamati, unite, sempre mescolando, tanto vino quanto ne occorre per dare al composto la consistenza di una salsa. Salate, lasciate cuocere 4 minuti unitevi una bella cucchiaiata di rafano appena grattato, immergetevi il pasce e cuocete quanto basta.<br />Base per pesci di lago. (m) Fate lessare o al vapore il pesce e poi aggiungete a freddo la salsa. Dosi occorrenti per 4 persone 50 gr di capperi, 50 gr di olive verdi, 2 cucchiai di olio, 1 pezzetto di cipolla, 60 gr di tonno, 3 tuorli di uovo sodo, 3 acciughe, prezzemolo, sale, pepe, aceto.<br /> Liberate la cipolla dalle foglie esterne, lavate i capperi per togliere loro il gusto di salamoia, snocciolate le olive e, dopo aver tritato tutto finemente mettete a soffriggere nell'olio, su fuoco dolce. Quando tutti gli ingredienti si saranno ammorbiditi, togliete dal fuoco, unite il tonno e i tuorli, le acciughe e il prezzemolo che intanto avrete tritato ben bene (o, meglio ancora, avrete pestato nel mortaio). Aggiungete sale, pepe e uno spruzzo d'aceto e impastate con un cucchiaio di legno caldo.<br />0<br /><br /><br /><br /> <br />A Animali da cortile, selvaggina e carne.<br />Agnellino <br />con <br />salsa di rafano.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di carré di agnello giovane, 4 foglioline di salvia, mezzo porro affettato sottilmente, un ciuffetto di rosmarino, una costa di sedano affettata, g 40 di burro, una carota affettata, 3 cucchiai di olio di oliva. Per la salsa: g 400 di mele renette, 2 bicchieri di brodo buono, g 40 di rafano (cren) grattugiato un bicchiere di aceto buono, g 25 di zucchero. sale e pepe di mulinello.<br />Pulite le mele, pelandole e asportando i torsoli. In una casseruola mettete il carré di agnello, dove già avete disposto l'olio e riccioli di burro; profumate con le verdure, regolate di sale e pepe, coprite e lasciate cuocere in forno (già caldo a 180') per circa 40 minuti. Ogni tanto, con un cucchiaio riprendete il fondo di cottura e umettate la carne. Nel frattempo preparate la salsa; frullando la polpa delle mele tagliata a pezzetti, insieme al rafano grattugiato, allo zucchero e all'aceto buono; umettate con il brodo e stemperate a dovere. La carne appena cucinata, tagliatela a fette, quindi disponetela in una teglia (o pirofila), ricopritela con la salsina e ripassate in forno per pochi minuti. Servite la vivanda caldissima, bagnandola con il fondo di cottura<br />Agnello <br />o <br />capretto <br />al forno <br />(m) Ingredienti per 6 persone: kg 1,2 di agnello/capretto (le parti che preferite), g 80 di burro, 2 rametti di rosmarino, mezza bottiglia di vino bianco secco, 4 spicchi di aglio, sale e pepe di mulinello, 2 dl di olio di oliva. <br />Dopo aver lavato in acqua corrente i pezzi di agnello, asciugateli, steccateli con ciuffetti di rosmarino e fettine di aglio, quindi disponeteli nella teglia, dove già avete messo l'olio e il burro, a riccioli; irrorate di vino bianco, coprite e passate in forno (già caldo a 180`), ricordando di rigirare i pezzi (per uniformarne la cottura) e nsaporirli con il fondo. Cinque minuti prima di togliere l'agnello dal forno, scoperchiate e telo dorare. Servitelo caldissimo, appena sfornato.<br />Agnello <br />al timo Ingredienti per 6 persone:un bel coscotto di agnello, 4 spícchi di aglio schiacciati, g 40 di burro, 2 rametti di rosmarino, 2 bicchieri di vino bianco secco, un mazzetto di foglie di timo tritate , sale e pepe di mulinello <br />Disponete il cosciotto nella casseruola capace, insieme agli spicchi di aglio, al rosmarino e al trito di timo; punteggiate qua e là riccioli di burro, regolate di sale e pepe, incoperchiate e mettete in forno (già caldo a 1800) per circa 40 minuti. A metà cottura, irrorate con il vino bianco, rigirate il pezzo (per uniformarne la cottura) e terminate. Da portare in tavola fumante, umettato dal fondo di cottura, con un accompagnamento di verdure a vostro piacimento.<br />Anatra <br />farcita.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: una anatra, 2 uova, g 300 di carne arrosto (avanzata), un nonnulla di noce moscata, g 100 di lardo (o pancetta), g 100 di riso (già lessato in acqua salata), g 100 di salsiccia sbriciolata, un rametto di rosmarino, una cipolla tritata, 3 cucchiai di olio di oliva, g 30 di burro, brodo, se necessatio, un cucchiaio di prezzemolo tritato, sale e pepe di mulinello, uno spicchio di aglio tritato. <br />Dopo aver pulito l'anatra, fiammeggiatela per togliere la fastidiosa peluria; tagliate via le zampe, il collo e la testa. In una padella, mettete a rosolare nel burro il trito di cipolla, insieme :0 carne arrosto passata al tritacarne, al lardo e alla salsiccia. Tutto questo soffritto, una volta freddo, versatelo in una ciotola dove amalgamate il riso appena lessato, l'aglio e il prezzemolo tritati, le uova, profumate con la noce moscata, regolate di sale e pepe, quindi con questo composto farcite l'anatra. Con ago e filo di cotone richiudete il taglio, disponete l'anatra in una casseruola, dove già frigge l'olio, aromatizzate con il rosmarino, coprite e lasciate cuocere adagio per circa 2 ore. Ogni tanto, se necessario, umettate con del brodo, perché non asciughi troppo; regolate ancora di sale e pepe e preparatevi a servire la vivanda caldissima, dopo averla tagliata a pezzi.<br />Anatra con i capperi.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: una anatra, un bicchiere di vino bianco, g 60 di burro, 2 cucchiai di capperi sotto sale, 2 spicchi di aglio schiacciato, brodo, una costa di sedano affettata, tartufo bianco, 2 foglie di alloro sale e pepe di mulinello. <br />Sotto un getto di acqua dissalate i capperi. Pulite accuratamente il tartufo con uno straccetto umido, se necessario anche con uno spazzolino morbido Dopo aver pulito l'anatra (privata della testa, del collo, delle zampe e delle interiora, poi fiammeggiata), legate le ali a ridosso del corpo e adagiatela nella teglia (o pirofila); aggiungete riccioli di burro, gli spicchi di aglio e il sedano, infine le foglie di alloro. Coprite e fate cucinare. Circa a metà cottura, sgrassate parzialmente il fondo, bagnate con il vino e spol verizzate i. capperi; ogni tanto rigirate l'anatra, bagnate con gocce di brodo e proseguite; regolate di sale e pepe, quindi preparatevi a servire l'anatra caldissima, umettata con il fondo di cottura (che avete precedentemente passato al setaccio) e ricoperta da lamelle sottilissime di tartufo bianco<br />Anatra muta farcita. <br />(m)<br /> Ricetta che, in parte, ricorda la tradizione dell’alto vergante. Ingredienti per 6 persone: una anatra (ripulita e sventrata, g 60 di lardo (o pancetta) pestato, 2 cucchiai di trito misto (salvia, prezzemolo,rosmarino), conservando fegato, rognoni, ventriglio e cuore), g 150 di polpa di maiale macinata, 2 cipollotti tritati, g 150 di polpa di manzo (o vitello)macinata,, 2 spicchi di aglio schiacciati, una foglia dì alloro, 2 uova, cannella, g 20 di funghi secchi, noce moscata, un bicchierino di vino Marsala, sale e pepe nero di mulinello, 2 cucchiai di grana grattugiato. <br />Mettete a bagno i funghi secchi in acqua tiepida; una volta ammollati, strizzateli. Non essendone più capaci, le nuove generazioni acquistano l'anatra dal pollivendolo o dal macellaio, chiedendogli (per piacere) di disossarla; raccomandatevi che conservi le interiora. In una casseruola, rosolate in pochissimo olio e burro le carni macinate e le interiora tagliate a pezzetti, umettandole con il vino. Ora, in una ciotola capace mettete le carni a ggiungete il pesto di lardo, il trito odoroso, le verdure, i funghi, le uova e il formaggio; profumate con noce moscata, regolate di sale e pepe e amalgamate con cura. Farcite l'anatra richiudete l'apertura con ago e filo, quindi disponetela in un tegame, dove già frigge olio e burro, profumate con gli spicchi di aglio, pezzetti di cannella e una foglia di alloro sminuzzata, coprite e mettete in forno (già caldo a 180') lasciandola almeno un'ora. Ricordate di rigirarla ogni tanto e di umettarla con il fondo di cottura. Servitela caldissima, affettata.<br />Anatra profumata.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un'anatra per la marinatura: mezzo dl di olio di oliva, 4 foglioline di salvia, 2 limoni, il succo, una foglia di alloro, un mazzetto di prezzemolo tritatogrossolanamente, pepe in grani, sale, uno spicchio di aglio schiacciato. Per farcitura e cottura: g 25 di burro, una carota, a pezzi, un limone, una cipolla, a pezzi, noce moscata, una foglia d’alloro, 2 bicchieri di vino bianco secco, fette di pane raffenno abbrustolite in forno (otostate in padella con poco burro), un mestolino di brodo, una arancia, la sola scorza, sale, g 60 di prosciutto crudo tagliato a dadini. <br />Dopo aver pulito a dovere l'anatra (vedi), mettetela a marinare per alcune ore in un bagno di olio e succo di limone, aromatizzato con l'aglio, l'alloro, il prezzemolo, la salvia e i grani di pepe; ricordate di salare. Ogni tanto rigiratela, per uniformarne la marinatura. Una volta che l'avete estratta dal bagno, farcitela con riccioli di burro (precedentemente amalgamato con la scorza grattugiata e il succo di un limone, raspatura di noce moscata e un pizzico di sale). Cucite l'apertura con ago e filo di cotone, legate le ali a ridosso del petto, infilzatela nello spiedo e cucinatela sul fuoco (o nel più moderno girarrosto). Una volta che l'avete cucinata, tagliatela a pezzi; asportate parte delle ossa della carcassa e conservate le briciole che si faranno durante la suddivisione; tutto questo ponetelo in una casseruola, sopra un fuoco leggero, versate il vino bianco, poco brodo, poi la scorza di arancia; unite la dadolata di prosciutto, la foglia di alloro, i pezzi di cipolla e carota quindi lasciate sobbollire, a tegame coperto, per circa 40 minuti. Questo sugo profumato, passatelo al setaccio; riponetelo nel tegame, unilevi i pezzi di anatra, fate insaporire bene, rigirandoli spesso, poi serviteli accompagnati da fette di pane abbrustolite<br />Animelle di vitello <br />al zurla. (<br />n) Ingredienti per 6 persone: 2 animelle (pari a circa kg 1), un tartufo bianco, mezzo dI di olio di oliva, fette di pane raffermo abbrustolite (o sofflitte nel burro), un mestolino di salsa di pomodoro (aromatizzatacon i classici odori l'alloro e il pepe) ,sale e pepe di mulinello <br />Pulite a dovere il tartufo umettandolo con uno straccetto; se necessario adoperate anche uno spazzolino morbido. Lavate le animelle (per pelarle conviene sbollentarle in acqua), asciugatele con un canovaccio quindi tagliate a pezzetti o a fettine. In una padella scaldate l'olìo; qui rosolatevi le anímelle, salando e pepando. Dopo pochiminuti, sgrondate l'olio, versate la salsa di Pomodoro, aggiugete il tartufo affettato e lasciate insaporire, a tegame coperto, per mezz'ora. Servite le animelle caldissime e fumanti accompagnate a fette di pane abrustolite.<br />Animelle di agnello. <br />(n) Ingredíentí per 6 persone:5 animelle, 2 uova, un mestolino di salsaPiccante (vedi salse), farina, un tartufo bianco , burro per friggere, sale. <br />Pulite a dovere il tartufo umettando con uno straccetto se occorre adoperate anche uno spazzolino morbido.<br />Dopo aver sbollentato i n acqua salata le animelle, privatele della pellicina esterna, Poi affettatele. Queste, una volta passate ncll'uovo sbattuto e infarinate, friggetele in padella nel burro. Intanto, in una casseruola mettete a scaldare la salsa piccante, al quale dovete aggiungere il tartufo affettato mescolate delicata mente e fate insaporire. Una volta che avete disposto le fettine di animelle irroratele con la salsa e portate in tavolale nel piatto da portata.<br />Arrosto ai fegatini. <br />(a) Detto anche del Re. Ingredientí per 6 persone:: kg 1 di carne da, arrosto (legata) Per la rifinitura: soliti odori, g 180 di fegatini di pollo (o di coniglio), 2 cipollotti tritati, un bicchierino di vino marsala un ciuffetto di rosmaino tlitato, g 30 di burro una foglia di' alloro, 2 cucchiai di panna, foglionine di timo, sale. <br />Dopo aver cucinato a dovere l'arrosto, riprendete il fondo di cottura, passatelo al setaccio, versatelo in una padellina, quindi aggiungete i fegatini, tagliati a fettìne, poi il trito di cipollotti, rosmarino e timo, smínuzzate a foglia di alloro ate cuocere adagio, bagnate con il vino , aggiungete burro e farina e su ghetto versate adagio, seguitando a mescolare. Passate al setaccio e questo versatelo sopra le fette dell'arrosto e portate in tavola.<br />Arrosto alle nocciole <br />della spelonca. <br />(n)<br /> La salsa alle nocciole, vedrete, si usa i n molte ricette vergantina, come per il coniglio, ad esempio. Ingredienti per 6 persone: kg 1 di carne per arrosto (legata), soliti odori.<br />Per la rifinitura:12 nocciole sgusciate, tostate in forno, g 40 di burro, un cucchiaio di farina, tostata in forno , mezzo bicchierino, di vino bianco. (vino rosso per la carne rossa) <br />Mentre state cucinando l'arrosto, quasi al termine, togliete il fondo di cottura, versatelo in una padellina, sopra fuoco leggero, aggiungetevi le nocciole tostate (lasciate intere, tritate finemente o pestate), così la farina, poi il burro ammorbidito sopra una fonte di calore e il vino ; mescolate a dovere e fate insaporire. Questa salsina versatela sopra l'arrosto e terminate la cottura. Vi servirà per le fette di arrosto.<br />Arrosto al tonno. <br />(m) Ingredienti per 6 Persone: kg 1 di carne da arrosto (legata), soliti odori. Per la rifinitura:g 180 di ventresca di tonno, 2 uova sode solo i tuorli, un cucchiaio di capperi sottaceto. pepe nero macinato 3 cucchiai di olio extra vergine di oliva , se è di noci ancora meglio.<br />Proprio quando l'arrosto sta finendo di cuocersi, togliete dalla casseruola il fondo, versatelo in un mortaio (pestatelo beb bene, se volete usate il frullino), aggiungete la ventresca, i tuorli d'uovo rassodati, i capperi e il pepe nero appena macinato, allungate con l'olio e frullate a dovere. Con questo sugo coprite le fette di arrosto, prima di portarle in tavola. Se lo volete più ricco invece dell'olio legate con mezzo bicchiere di panna liquida.<br />Arrosto <br />de’ <br />sciuri.<br />(b)<br /> Così detto per la scelta pregiata del taglio della carne. Meglio se il pezzo è grande; tanto, con la rimanenza si possono preparare saporite polpette. Ingredienti per 6 Persone: 2 kg di polpa di manzo o vitellone, 3 cucchiai di olio,Una foglia di alloro, g 30 di burro, un rametto di rosmarino<br />2 spicchi di aglio (meglio vestito cioè con la pellicina) , grasso di rognone (strutto, o lardo pestato), sale e pepe di mulinello.<br />Disponete la carne in una casseruola, insieme agli ingredienti sopra citati. Inizialmente, si è soliti rosolare la carne, a fiamma allegra; una volta rigirato il pezzo per uniformarlo, abbassate il fuoco e fate cucinare a tegame coperto. Circa a metà cottura, ricordate di eliminare il grasso che affiora sul fondo di cottura; quindi terminate. Servite l'arrosto affettato, bagnandolo con il sugo (precedentemente passato al setaccio). A volte se questo è troppo liquido lo si rassoda con poca farina. Si può aromatizzare la carne con vino (bianco o rosso a seconda dei gusti) lasciandolo evaporare.<br />Arrosto arrotolato. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 2 di copertina (di pancia) o scaramella. Per la farcita: g 120 di lardo pestato (o pancetta),g60 di grana grattugiato, g60 fette di salame cotto sminuzzate, 2 spicchi di aglio, un cucchiaio di prezzemolo tritato, un cucchiaio di capperi sottaceto, un cipollotto affettato sottilmente, 2 uova un cucchiaio di trito profumato, misto(basilico, rosmarino, timo, origano,salvia, menta, erba di San Pietro). Per la cottura: g40 di burro, una cipolla a pezzi, una carota a pezzi, mazzetto profumato (alloro, rosmarino esalvia legati assieme), un bicchiere di vino bianco secco una costa di sedano, a pezzi, sale e pepe <br />Sopra il tavolo distendete il pezzo di carne, largo e non troppo spesso, salate e pepate quindi preparatevi a farcírlo. In una ciotola amalgamate insieme al pesto di lardo il trito delle verdure profumate, unite i capperi, poi le uova, il salame sbriciolato e il formaggio grattugiato. Questo composto spalmatelo sopra la carne, la quale va arrotolata e legata strettamente (fatevi dare dal macellaio quella rete elastica che usano per preparate gli arrosti o i polpettoni). Disponete il pezzo in una casseruola, unite il burro. poi i classici odori, regolate di sale e pepe, coprite e fate cuocere, a fiamma allegra. Appena s'è rosolato, abbassate il fuoco, bagnate con il vino bianco, lasciate evaporare poi terminate la cottura (a fuoco basso) per circa 2 ore. Servite l'arrosto affettato.<br />Arrosto <br />di <br />manzo. <br />(b) Ingredienti per 6 persone: kg 1 di polpa di coscia, mezza cipolla tritata, g 80 di lardo pestato, un mestolino di brodo. un goccio di aceto, uno spicchio dì aglio, 3 cucchiai di olio di oliva, 3 acciughe già dissalate e sfilettate, un cucchiaino di senape in polvere. Per la salsa: 3 cucchiai di olio extra vergine di oliva, un cucchiaio di senape in polvere 2 cucchiai di aceto buono, 4 filetti di acciughe già dissalati, sale e pepe. <br />Sia la carne che gli ìngredienti vanno messi nella casseruola, a fuoco basso, per iniziare la cottura, a tegame coperto e bagnando ogni tanto con gocce di brodo. Il tempo che l'arrosto sia cotto e si toglie dalla casseruola, si affetta e si dispone nel piatto da portata; il fondo di cottura si passa al setaccio, poi si rimette sul fuoco, in una padellina; con questa crema preparate la salsa, il bagnet, aggiungendo olio, aceto, senape ed acciughe, da sciogliere e stemperare insieme. Versate il bagnete caldo e profumato sulle fette di arrosto e servite.<br />B <br />Bistecche <br />al <br />zurla.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: 6 fette di filetto o controfiletto di manzo, g 180 di fagioli bianchi (detti di Spagna), un dI di olio di oliva, uno spicchio di aglio tritatoi, un mestolo di bagnet rosso verde a piacere, un cucchiaio di prezzemolo tritato, un pizzico di noce moscata, sale e pepe. <br />Se i fagioli sono secchi, metteteli a bagno già la sera precedente in con un pizzico di bicarbonato. In una ciotola ponete le fette di carne, spolverizzatele con il trito prezzemolo, di aglio e profumate di noce moscata, salate e ricoprite con l'olio. Lasciate marinare per alcune ore. Intanto, in una casseruola, lessate i fagioli in abbondante acqua salata. Cucinati a puntino, toglieteli dal bollore e scolateli. Nel camino (adesso è più facile trovare una griglia da forno) collocate la griglia sopra braci medie; arrostitevi la carne, rigirandola e salandola soltanto alla fine. Le bistecche disponetele nel piatto da portata, tutt'intorno mettete i fagioli, bagnate il tutto con bagnet e portate in tavola.<br />Bocconcini <br />dal <br />zurla. <br />(b) Ingredienti per 6 persone: g 500 di polpa di manzo, g 30 di burro, tagliata a, 5 pomodori maturi, pezzetti o a dadini, farina, brodo, una cipolla tritata, 2 cucchiai di capperini, uno spicchio di aglio tritato, una foglia di alloro, 3 cucchiai di olio di oliva, sale e pepe di mulinello. <br />Nella padella, dopo aver scaldato l'olio e il burro, soffriggetevi il trito di cipolla e aglio; appena imbiondisce calate i bocconcini di carne (precedentemente infarinate) e lasciate cuocere adagio. Ora, unite la pol a dei pomodori frantumata con le dita, poi versate il p brodo (almeno un mestolo) e cucinate. Dieci minuti prima di togliere dal bollore calate i cappermi e l'alloro (da togliere); regolate di sale e pepe, quindi servite. ( nella preparazione si può aggiungere un buquet di profumi con foglioline di salvia, erba cipollina, foglie di basilico e rosmarino, piacere).<br />Bocconcini <br />d' la <br />perpetua. <br />(n)<br /> Ingredienti per 6 persone: 12 fettine di petto di gallina, g 30 di burro, farina, 2 foglie di alloro g 40 di olio di oliva, 2 spicchi di aglio (da togliere). Per la marinatura: 6 acciughe salate, 3 foglie di salvia (legate e da togliere), 4 cucchiai di olio di oliva, 2 limoni, il succo e poca scorza grattugiata, uno spicchio di aglio (da togliere), sale e qualche grano pepe verde. <br />Dissalate le acciughe sotto un getto di acqua, quindi apritele e sfilettatele, asportando teste, lisca centrale e code. Nella padella, dove già frigge l'olio e il burro profumati con l'alloro e l'aglio, rosolate li pezzetti di carne (precedentemente passate nella farina), poi sgocciolatele e asciugatele su fogli di carta assorbente. Ora, in una casseruola fate sciogliere i filetti di acciughe nell'olio, dove già frigge lo spicchio di aglio e la foglia di alloro (da togliere entrambi), calate, i grani di pepe, unite scorza di limone grattúgìata, irrorate con il succo di due limoni; mescolate più volte, poi questo sughetto profumato sopra le fettíne. Lasciate marinare (riposare) qualche ora (guai a metterle in frigorifero), quindi servitele.<br />Bocconcini <br />d' la <br />suocera.<br />(n) Ingredienti per 6 persone: 12 fettine di petto di pollo, un limone, il succo e parte della scorza grattugiata, farina, 4 cucchiai di olio dì oliva, misto di erbe profumate (erba dì San Pietro, origano, timo, maggiorana ecc.), 2 cipollotti tritati, una costa di sedano tritata (meglio se del cuore), un cucchiaio di capperi sottaceto, vino bianco secco, 2 cucchiai di trito dì prezzemolo, un cucchiaio di farina, 3 foglioline di salvia tritate, rosmarino tritato, sale e pepe. <br />In una padella scaldate l'olio, poi rosolatevi le fettìne di pollo appena pas-J sate nella farìna; un attimo, per non asciugarle troppo. Scolatele e conservatele a parte, al caldo del vapore acqueo di una pentola. Nello stesso olio già caldo rosolate il trito profumato delle verdure, compresa la scorza del limone grattugiata; dopo un minuto calate le fettine, irroratele con il vìno bianco, spolverizzate la farina, regolate di sale e pepe, quindi mescolate accuratamente per amalgamare il sugo. Per ultimo versate il succo di limone, aggiungete i capperíni e terminate dì cuocere, a tegame coperto. Servite le scaloppine caldissime e fumanti.<br />Bollito <br />della domenica <br />o <br />piemontese (m) Per 8 persone: 500 g di scaramella (biancostato), 500 g di testina, 500 g di muscolo (tenerone), 500 g di coda, 500 g di lingua di manzo, mezza gallina pulita e fiammeggiata, un cotechino di circa 300 g. Per il brodo di cottura: 10 litri d’acqua, una grossa cipolla, 2 coste , di sedano, 3 spicchi d’aglio , un rametto di rosmarino, 5 gambi di prezzemolo, 10 grani di pepe nero, sale grosso. Il bollito piemontese è un piatto conviviale che vuole dosi piuttosto consistenti: il dosaggio proposto è quello minimo per una buona riuscita.<br />Procuratevi tre pentole, di cui una più grande che riempirete di 10 litri d’acqua. Portatela ad ebollizione con tutti gli ingredienti per il brodo di cottura. Travasate quindi tre litri di questo brodo nella seconda pentola e mettetela sul fuoco. Nel primo pentolone in ebollizione ponete, a fuoco molto alto, scaramella, coda, lingua, muscolo e gallina; dopo 10 minuti abbassate il fuoco e continuate la cottura per due ore e mezza a coperchio abbassato. Ma la gallina è già cotta dopo un’ora e 15 minuti: ricordatevi di toglierla dalla pentola e di tenerla in caldo. Ponete, sempre a fuoco molto alto, la testina nella seconda pentola già contenente i tre litri di brodo bollente; dopo 10 minuti abbassate il fuoco e continuate la cottura per tre ore circa. Con una forchetta bucherellate il cotechino e mettetelo nella terza pentola, in acqua fredda non salata; portate ad ebollizione e cuocete per un’ora. Riassumendo: nella pentola grande sono state lessate cinque carni diverse, compresa la gallina, in sette litri di brodo; nella seconda pentola, in tre litri di brodo, abbiamo portato a cottura la testina; nella terza pentola abbiamo cotto il cotechino. È importante seguire questa procedura che a prima vista appare complessa, perché è indispensabile conservare, di ognuno degli ingredienti, la singolarità del gusto: il grasso della testina o le spezie del cotechino non devono intaccare il sapore delle altre carni. A cottura terminata togliete dalle pentole i pezzi di bollito, sgocciolateli e serviteli caldissimi, affettandoli alla presenza dei commensali e accompagnandoli con le salse (anche se l’intenditore preferirà intingere la carne semplicemente nel sale. Tempo di preparazione e cottura: 3 ore e mezza.<br />Bollito <br />misto.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 500 dì carne di manzo,spalla e culatta, g 500 di carne di vitello, come coda, lingua, testina, punta di petto, mezza costa di sedano, pepe in grani, qualche gambo di prezzemolo, una cipolla, tagliata a metà, uno spicchio di aglio, una carota, salgrosso. <br />Fate attenzione che i tagli dì carne siano ben puliti. Ora, in una pentola grande mettete molta acqua, unite le verdure tagliate a pezzi, sale grosso e portate quasi a bollore; a questo punto potete calare la carne prima quella dì manzo (più consistente), poi - dopo circa un'ora quella di vitello. Toglietela dal bollore, affettatela e servitela così fumante, spolverizzata di sale grosso e pepe a disposizione. A fianco, portate ciotole o salsiere con vari bagnet (vedi capitolo delle salse) Il Bollito si può arricchire non soltanto nell'aggiunta di altri tagli di carne, come la gallina o il cappone, insaccati dì maiale quali salami, cotechiní, zampone, mortadelle di fegato; ma anche nelle verdure odorifere e nelle spezie, come timo, salvìa, chiodi di garofano, noce moscata ecc. Se avete tempo provatelo lessando le carnì separatamente, cioè il manzo in un bollore, il vitello in un altro, poi ancora i volatili ecc.<br />Bollito <br />salato.<br />(b)<br /> Sale uguale conservazione: così, fin dall'antichità. Oggi sopravvive l'usanza di preparare carne salata, non soltanto vaccina, ma anche di pecora o capra, cervo e camoscio. Le montagne conservavano le carni a marinare nel sale entro contenitori di pietra ollare (del monte rosa); la collina o la pianura, invece, impiegava barili di legno o olle di terracotta. <br />Con questa carne si allestisce la vivanda raccontata qui di seguito. Ingredienti per 6 persone: kg 2 di carne salata, una cipolla affettata, latte, sale, un kg di patate. Mettete a bagno fin dalla sera prima la carne nel latte, per farle perdere parte del sale. L'indomani, bollitela in abbondante acqua. A parte, in altra pentola, lessate le patate in acqua salata. Toglìete dal bollore sia la carne che le patate e servitele assieme, ancora fumantì; così i commensali ríproveranno l'emozìone dei nostri vecchi: carne e patate appena sbucciate, il tutto fumante. Volendo esagerare portate in tavola la ciotola con bagnet. (rosso e verde)<br />Brasato<br /> al vino <br />rosso. <br />(m).<br /> Come dire il piatto importante nato sulle colline ricoperte da vìgneti del vecchio Piemonte. Il vino Barbera, appunto, giovane e gagliardo. Il resto della ricetta lo potete seguire subito dopo Ingredienti per 6 persone: kg 1 di polpa magra di manzodellacoscia o girello di spalla, g 120 di lardo (o pancetta) pestato, g 30 di burro, un pizzico di cannella, un chiodo di garofano, 2 cipolle tritate, 3 cucchiai di olio di oliva, una carota tritata, un cucchiaio di prezzemolo tritato, mezza costa di sedano tritata, 2 foglie di salvia, un pizzico di noce moscata, un rametto di rosmarino, una bottiglia di vino , una foglia di alloro, brodo di carne, 2 spicchi di aglio , sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver tagliato il lardo a listarelle sottili, praticate dei tagliettí (picco asole) sul pezzo di carne e riempiteli (farcite) con il lardo, quindi legate con lo spago, per mantenerlo compatto durante la cottura. In una casseruola, mettete il pezzo di manzo a rosolare insieme al burro all'oliO; rigirando più Volte per dorarlo uniformemente. Ora aggiungete trito misto di aglio, rosmarino, prezzemolo e salvia, regolate di sale e pepe profumate con raspatura di cannella e il chiodo di garofano, quindi lasciate insaporire, a fiamma docile, per circa 20 minuti, a tegame semi-coperto. Togliete dal bollore la carne, poi aggiungete il trito di sedano, carota cipolla, salatela e riponetela sul fondo della casseruola. Rigirate il pezzo più volte, bagnatelo con il vino , coprite e lasciate cuocere adagio per almeno 3 ore; se necessario, versate gocce di brodo caldo. La carne, prima di toglierla dal fuoco, deve risultare assai morbida. Una volta cucinata a dovere, slegatela, affettatela, disponete le fette in un grande piatto da portata, ricoprite con il fondo di cottura, dopo averlo passato al setaccio, e portate in tavola. (Si può marinare la carne qualche ora prima della cottura, anche la sera precedente, mettendola a bagno nel vio, profumato con gli aromi in polvere).<br />Brasato <br />di <br />cavallo. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di polpa di coscia di cavallo, 2 chiodi di garofano, g 80 di lardo, tagliato a listarelle, un pò di cannella grattugiata, una cipolla affettata, 2 cucchiai di olio di oliva, una carota affettata, g.30 di burro, uno spicchio di aglio tritato, farina, una costa di sedano affettata, mezza bottiglia di vino rosso, un rametto di rosmarino tritato, sale e pepe di mulinello, una foglia di alloro sminuzzata. <br />La carne di cavallo lardellatela, appunto, con listarelle di lardo (precedentemente passate nel sale e nel pepe macinato), poi disponetela nella casseruola (meglio se di rame) insieme agli odori (cipolla, carota, sedano , aglio, alloro, rosmarino, chiodi di garofano e raspatura di cannella); versate l'olio, aggiungete il burro a riccioli, spolverizzatevi sopra un cucchiaio di f arina, irrorate vino rosso, regolate di sale e pepe, coprite e lasciate cuocere, adagio, per almeno 3 ore. Quando la carne è cucinata a dovere, toglietela, affettatela e disponetela nel piatto da portata; il fondo di cottura passatelo al setaccio, ripassatelo sul fuoco per restringerlo appena, versatelo sopra la carne e portate in tavola.<br />Brasato <br />di manzo <br />al vin russ <br />d’ la <br />saca .<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di polpa di bue, g 60 di pancetta tagliata a listarelle, una carota, affettata, farina, 3 cucchiai di olio, un bicchierino di vino bianco, g 30 di burro, sale e pepe di mulinello, un mestolo di brodo. Per la marinatura: una bottiglia dì Barolo, uno spicchio di aglio, una cipolla, 2 chiodi di garofano, una carota, una foglia di alloro, una costa di sedano, 3 grani di pepe <br />Dopo aver steccato il pezzo di carne con listarelle di pancetta e rondelline di carota, adagiatelo in una ciotola; unite tutti gli ingredienti profumati per la marìnatura e versate il vino Barolo. Ogni tanto rigirate la carne, per unìformarne la frollatura. Il giorno dopo, tolta dal bagno, infarinate la carne e rosolatela in una casseruola con l'olio e il burro; aggiungete il liquido della marinatura, regolate di sale e pepe e lasciate cuocere per più di 3 ore. Quando vedete che la marinatura è evaporata quasi dei tutto calate il brodo, poco per volta. Terminato di cuocere, togliete la carne, affettatela e disponetela nel piatto da portata; intanto, il fondo di cottura passatelo al setaccio, riponetelo sul fuoco, aggiungete il vino bianco, mescolate un attimo quindi versatelo sopra il brasato e portatelo in tavola.<br />Brasato <br />d’ San Pedar .(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di Polpa di manzo o di vitello 2 Pomodori maturi, g 30 di burro, mezzo dI di olio di oliva, 2 spicchi dì aglio schiacciati, 2 rametti di rosmarino, 2 mestoli di brodo leggero, una cipolla tagliata a pezzi, 5 foglie di basilico, 2 carote affettate, un mazzetto di gambi di prezzemolo, un cuore di sedano, a pezzi, un rametto di salvia, un perone rosso, farina, una foglia di alloro, 2 zucchine affettate, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver legato i rametti di rosmarino a ridosso della carne, fate rosolare in una casseruola, dove già frigge l'olio profumato con l'aglio. Appena la carne è colorita uniformemente, togliete sia l'aglio che il rosmarino. Ora, aggiungete le verdure; regolate di sale e pepe, versate il brodo, coprite e fate cuocere, adagio, per almeno 3 ore. Mezz'ora prima di terminare la cottura, unite l'alloro, la salvia, il basilico gambi di prezzemolo. Tolta la carne, affettatela e mettetela in disparte. Nel fondo dì cottura, dopo aver levato i gambi di prezzemolo, il rametto di rosmarino salvia e la foglia di alloro, stemperate un cucchiaio di farina e il burro, rimettete il sugo sul fuoco, lasciandolo insaporire su fiamma docile. Passate il tutto al setaccìo, rimettete il sugo sul fuoco, immergetevi la carne tagliata a fette, quindi preparatevi a servirla, immersa dal fondo di cottura caldissimo.<br />C <br />Camoscio<br />o<br />capriolo <br />d’ <br />mutaron<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di spalla di camoscio. Per la marinatura: 2 carote a pezzetti, una costa di sedano a pezzetti, un rametto di rosmarino pitato, 2 spicchi di aglio schiacciati, 2 bicchieri di aceto buono, alcune fogliolin, di salvia, grani dì pepe e sale. Per la cottura: 2 cipolle tritate, g 90 di burro, un cucchiaìno di zucchero, farina, 3 cucchiai di olio di oliva, un mestolino di brodo, sale e pepe di mulinello <br />Mettete a marinare la carne di camoscio con verdure, ( precedentemente tagliata a pezzettì) già il giorno prima della sua cottura: profumate e grani di pepe; ìl tutto bagnato dall'aceto. Ogni tanto rigirate pezzo, per uniformarne la frollatura. In una casseruola (ideale se di terracotta), fate soffriggere in poco burro trito di cipolla; il tempo che ha preso colore e aggiungete un cucchiaio farina e circa g 30 di burro, mescolate più volte e lasciate soffriggere. Versatevi. sopra il brodo caldo, unite lo zucchero e continuate a mescolare e cucinare adagio, per qualche minuto. Ora, spegnete il fuoco. Dopo aver scolato i pezzi di camoscio dalla marinatura, infarinateli e passateli in padella a rosolare, dove già frigge il burro rìmasto e l'olio. Dopo circa 20 minuti la carne comincia a cuocersi a puntino, ma soprattutt ha perso parte del suo grasso. Così, scolate i pezzetti dì carne dall'unto tuffateli nel sugo delle cipolle, regolate di sale e pepe, coprite, riprendete il calore e terminate di cucinare. Attenzione a che non asciughi troppo l'umido, altrimenti provvedete con sorsi di brodo o con acqua. Servite la carne nel piatto da portata, ricoperta (glassata) con il fondo di cottura passato al setaccio.<br />Camoscio<br />o<br />capriolo stufato <br />cun ‘l <br />lorgna. <br />(m) Una cottura, con la presenza della cipolla e del sangue dell'animale per legare la salsa. Ingredienti per 6 persone: kg 1 di camoscio, coscia o spalla, in ununico pezzo, 3 foglie di alloro, 5 bacche di ginepro, 2 bottiglie di vino rosso, una noce moscata, un frammento di cannella, mezzo cucchiaino di misto spezie detto (coriandolo, semicarvi, garofano, anice stallata, noce moscata, cannella), un dl di olio di oliva, una costa di sedano tritata, una carota tritata, g 100 di sangue di camoscio, o di maiale, 2 cipolle tritate, g 80 di fegato di camoscio tritato, o di maiale, 4 chiodi di garofano, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver tagliato a pezzetti la carne del camoscio, lasciatela marinare una intera notte a bagno nel vino rosso, appena salata e pepata. Il giorno dopo, mettete a soffriggere in una casseruola l'olio insieme al trito di sedano, carota e cipolla; appena rosola unite i pezzetti di carne, sgocciolati, versate l'altra bottiglia di vino, aggiungete tutti gli aromi, coprite e lasciate cuocere, a fiamma docile, per almeno 2 ore. Cotto il camoscio a puntino, toglietelo dal bollore, affettatelo e disponetelo nel grande piatto da portata; nel frattempo, il fondo di cottura lo arricchite con il sangue e il fegato tritato finemente, mescolate più volte, quindi passate il tutto al setaccio e con questa crema saporosa ricoprite le fette di carne, portandole in tavola accompagnate da fette di polenta.<br />Capocollo <br />di <br />vitello, l<br />orgna <br />e <br />rusma<br />.(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di capocollo di vitello, un peperone tagliato a quadretti, il cuore di un sedano affettato, uno spicchio di aglio affettato, 2 rametti di rosmarino, un terzo di cavolfiore, tagliato a pezzetti, g 60 di lardo tagliato a listarelle, una melanzana, tagliata a dadinì, g 30 di burro, 2 chiodi di garofano, 2 cucchiai di olio di oliva, un pezzetto di cannella frantumato, 3 cucchiai di aceto buono, sale e pepe di mulinello, un cucchiaino di zucchero, brodo. Per la marinatura: 2 carote affettate, mezzo dl di olio di oliva, 12 cipolline (bianche e schiacciate), una bottiglia di vino rosso, 2 zucchine affettate , pepe di mulinello. <br />Dopo aver steccato (lardellato) il capocollo con fettine di aglio e listarelle di lardo, addossatevi i rametti di rosmarino e legate strettamente. «o" mettete la carne a marinare, spolverizzata di pepe appena macinato, irrorata di olio e di vino rosso, fin dalla sera precedente. Ora, in una casseruola, soffriggete nell'olio e nel burro il pezzo di capocollo, rigirandolo spesso, versatevi sopra il liquido della marinatura, aggiungete poco zucchero, mescolate e lasciate evaporare, almeno in parte. Una volta che avete tolto parte del grasso che affiora, regolate di sale e pepe, profumate con chiodi di garofano e cannella, versate un mestolino di brodo, incoperchiate e lasciate cuocere, adagio, per alcune ore. Quasi al termine, aggiungete le verdure, distanziandole le une con le altre secondo la compattezza e, di conseguenza, il tempo di cottura; perciò iniziate dalle carote, poi calate le cipolline, le zucchine, il peperone, il sedano, il cavolfiore e la melanzana. Servite il capocollo affettato, ricoperto dal sugo morbido delle verdure.<br />Cappone <br />in <br />gelatina <br />(m). Da consumarsi il giorno di Santo Stefano. Ingredienti per 6 persone: un cappone, una costa di sedano, una carota, una cipolla, pepe in grani. Per l'accompagnamento: cipollotti affettati, valerianella, uova sode, tagliate a spicch. Per la gelatina: g 250 di muscolo di bue, 2 zampetti di vitello, una cipolla, una carota, mezza costa di sedano, un ciuffetto di prezzemolo, 3 chiodi di garofano, mezza foglia di alloro, 4 grani di pepe, ossa di pollo, un bicchierino di vino Marsala, 2 chiare d'uovo. <br />Dopo aver fiammeggiato il cappone, lavatelo e mettetelo a bollire in abbondante acqua salata, profumata con pezzi di sedano, carota, cipolla e qualche grano di pepe. Con il brodo ottenuto cucìnate agnolotti o pasta in brodo. Con il cappone preparate il pranzo di Natale; ma ciò che rimane il giorno dopo lo portate in tavola immerso nella gelatina. Ecco, per ottenerne della ottima (e naturale), mettete nella pentola gli odori (sedano, carota e cipolla - steccata con i chiodi di garofano - tagliati a pezzi), poi le erbe profumate, quindi la carne affettata, lo zampetto e le ossa di gallina; lasciate insaporire e prender colore, mescolando, poi versate almeno 3 lìtrì dì acqua e fate bollire (ricordandovi di togliere la schiuma che si forma ai bordi della pentola). A metà cottura regolate di sale e proseguite per alcune ore. Spegnete il fuoco, passate il brodo nel colino fine e lasciate raffreddare; il grasso che affiora, consolidandosi, toglietelo. Per chiarificare maggiormente la gelatina, in una casseruola sbattete con la frusta le chiare d'uovo con il vino bianco; a queste aggiungete, sempre sbattendo, il brodo freddo. Rimettete sul fuoco e portate a ebollizione, seguitando a lavorare con la frusta, per separare la chiara dal brodo che si è fatto limpidissimo. Ora, passatelo in una garza fine e versatelo sopra i pezzì di cappone. Il piatto mettetelo in frigorifero e gustatelo dopo qualche ora.<br />Cappone <br />in <br />salmì <br />(n)<br /> Ingredienti per 6 persone: un cappone (conservate il fegato), mezzo 1 dì vino rosso, 3 cucchiai di olio di oliva, brodo, g 30 di burro, 10-12 cipolline bianche e schiacciate, un rametto di rosmarino, una carota affettata, una foglia di alloro, mezzo cuore di sedano affettato, 2 spicchi di aglio schiacciati, g 20 di funghi secchi (ammollati in acqua), un bicchierino di vino cotto misto ad un cucchiaio dì farina, grappa, sale e pepe. <br />Tagliate il cappone a pezzi ed escludete la carcassa. In una casseruola, dove già frigge l'olio e il burro, calate i pezzi di cappone, profumate con aglio e un mazzetto legato di rosmarino e alloro (da togliere), quindi fate insaporire e prender colore. Ora, aggiungete il vino rosso e il bicchierino di vino cotto misto grappa, lascìando evaporare; il grasso che affiora toglietelo. Unite un mestolino di brodo, regolate di sale e pepe, incoperchiate e fate cuocere. Dopo circa mezz'ora, togliete dal bagno l'aglio e il mazzetto profumato; al loro posto disponete le cipolline, poi le verdure affettate, i-funghí e il fegatello del cappone affettato, mescolate il tutto con poca farina e con questa salsa (se preferite; da passare al setaccio) ricoprite i pezzi di cappone e serviteli caldissími. Chi non ama troppo il profumo dell'aglio (per alcuni persino indigesto rosola gli spicchi lasciandoli vestitì, con la pellicina.<br />Cappone lesso <br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: un cappone,un mazzetto di prezzemolo, g 60 di lardo, in un'unica fetta,finocchietto selvatico, una manciata di fieno maggengo(raccolto in maggio), bacche di ginepro ,una costa di sedano, un rametto di rosmarino,una carota, una foglia di alloro,la scorza di mezzo limone una cipolla steccata con 2 chiodi di,pepe in grani, garofano, sale grosso.<br />Dopo aver fasciato il cappone con la fetta di lardo, mettetelo a bollire ìn abbondante acqua (da salare circa a metà cottura con sale grosso). E importante profumare l'acqua, quindi la carne, utilizzzate una bella manciata di fieno maggengo (scelto pulito e senza sgradevoli odori), a cui aggiungete tutti gli altri ingredienti profumati. Quando il cappone è cotto a puntìno, toglietelo dal bollore, con un canovaccio ripulitelo di eventuali frammenti di fieno rimasti attaccati, tagliatelo a pezzi e servitelo in tavola accompagnandolo con le salse che preferite, rosse che verdi, più o meno piccanti; oppure con la antica mostarda d'uva (vedi salse).<br />Capretto <br />al <br />forno (n)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1,2 di capretto, tagliato a pezzi, 2 rametti di rosmarino,5 spicchi di aglio, 4 foglie di alloro. Per il condimento: mezzo dI di olio di oliva, una cipolla tritata, 3 spicchi di aglio schiacciati, una carota tritata, un mazzetto di timo, una costa di sedano tritata, un cucchiaio di prezzemolo tritato, vino bianco secco , un ciuffetto di rosmarino tritato, sale, 2 foglie di alloro giovani, tritate. <br />Per prima cosa conviene togliere alla carne di capretto il forte sentore di selvatico e di stalletto. Cosi, mettete in una pentola il pezzo di carne, insieme alle foglie di alloro, agli spicchi di aglio e al rosmarino, regolate di sale, coprite e e fate sbollentare per circa mezz'ora. Intanto, a parte, in una grande teglìa rosolate nell'olio tutti gli ingredienti tritati assieme quindi calate i pezzi dei capretto, sgocciolati dalla loro acqua fatta in precedenza e passate in forno (già caldo a 180°), rigirando spesso i pezzi e irrorandoli con vino bianco. Servite il capretto ancora fumante.<br />Carne <br />con i <br />porri <br />o <br />“Tapelug” <br />(m) Se al posto del manzo si cucina la carne di puledro o cavallo si chiama Tapelug. Ingredienti per 6 persone: g 500 di polpa di manzo macinata; (o di vitello), un bicchiere di vino rosso, g 30 di burro, 4 poni affettati sottilmente, 2 cucchiai di olio di oliva una cipolla tritata, uno spicchio di aglio tritato sale e pepe. <br />In una padella ampia, mettete a rosolare nell'olio e nel burro il trito di cipolla e aglio; appena han preso colore unite i porri affettati e fateli cuocere coprite,bagnandoli con circa la metà del vino. Dopo circa 30 minuti calate la carne macinata e, sempre a fuoco leggero, procedete nella cottura; profumate con altro vino rosso, mescolate più volte e terminate. Servite la vivanda caldissima, accompagnandola a fette di polenta arrostita.<br />Carne <br />dal<br /> bacan. <br />(b)<br /> Un piatto della tradizione contadina. ingredienti per 6 persone:kg 1 di polpa di vitello, tagliata a pezzi, una rapa, affettata, a piacere, coste di cardo tagliate a pezzettí, a piacere, rosmarino, salvia, farina, mazzetto odoroso (rosmarino, prezzemolo, tìmo ecc.), 4 cucchiai di olìo di oliva, g 60 di lardo pestato, 2 chiodì di garofano, una foglia di alloro, 3 grani di pepe nero, 2 foglioline dì salvia, brodo buono, un porro affettato, una bottiglia di vino rosso (ideale il Barbera), 3 cipollotti affettatì, 2 carote affettate, alcune coste di sedano affettate, sale e pepe di mulinello <br />Dopo aver infarinato i pezzi di carne, metteteli a rosolare in una casseruola, dove già frigge nell'olio il pesto di lardo, profumato con salvia e alloro. Tolto il grasso che s'è formato in superficie, calate le verdure, aggiungete il mazzetto profumato e le spezie, regolate di sale e pepe, coprite e cucinate a fuoco leggero, irrorando con piccole quantità di brodo. Intanto, a parte, sobbollite il vino rosso, che poi versate nella casseruola della carne e delle verdure, togliete il coperchio e terminate la cottura, con le verdure ammorbidite. Ora. la carne disponetela nel piatto da portata, "glassatela" con il fondo di cottura passato al setaccio (comprensivo delle verdure) e servitela.<br />Carne saporita, <br />in <br />umido.<br /> (n) Piatto del rìciclo, per impiegare le carni rimaste il giorno della festa. Ingredienti per 6 persone:g 800 di carne (boffito, arrosto, pollo, tacchino, ad esempio), 300 di cipolline, trito dì erbe profumate, come timo, maggiorana, salvia, rosmarino ecc., un cucchiaio di zucchero 2 bicchieri di aceto di vino, brodo di carne, sale e pepe di mulinello. <br />Tagliate la carne a pezzetti o a fette. Dopo aver tritato le cipolline, mettetele in una casseruola di terracotta, per cucinarle nell'aceto; dopo qualche minuto versate alcuni mestolini di brodo, per mantenere il sugo morbido. Ora unite il trito delle erbe profumate, regolate di sale e pepe, mescolate più volte e lasciate cuocere, a tegame coperto, per circa mezz'ora. Aggiungete lo zucchero, quindi i pezzetti di carne, mescolate ancora, regolate nuovamente e terminate la cottura, insaporendo il tutto . Servite l'umìdo caldissimo e fumante.<br />Il Carpione. <br /> Dalle nostre parti si fa tutto in carpione, pesci di lago, selvaggina, carne, uova e verdure.<br />( In) <br />Carpione.<br />(b)<br />Alla<br />Mama Gin Ingredienti per 6 persone:zucchine, crocchette di carne fritte carote, rane, pesci di fiume o di lago, baccalà, scaloppine di carni varie (coniglio, tacchino, vitello) uova fritte. Per il carpione: una cipolla tritata, un bicchiere di aceto di vino rosso, 2 spicchi di aglio tritati, 2 rametti di salvia, una foglia di alloro, mezzo bicchiere di vino rosso, 3 cucchiai di olio di oliva, grani di pepe nero. (in singole teglie) <br />Affettate o tagliate a rondelle le verdure. Innanzitutto sia le verdure che le carni vanno fritte nell'olio (le carni precedentemente panate o infarinate). Anche le uova si friggono al tegamino. Una volta scolate e asciugate sopra fogli di carta assorbente, disponetele lin differenti contenitori per marinarle nel carpione. Il carpione si prepara mettendo in padella poco olio, nel quale rosolate il trito di aglio e cipolla, profumato con la foglia di alloro. Appena la cipolla imbiondisce, calate l'aceto forte, poi la salvia, irrorate con poco vino e 2 bicchieri di acqua, quindi fate asciugare e insaporire per pochi minuti. Versate il sugo caldo (ma non bollente) sopra le vivande e lasciate marinare per alcune ore, in un locale fresco. Servite il carpione con tanti contenitori a disposizione dei commensali. Certamente è un piatto ideale per i mesi più caldi. (L'aggiunta di succo di limone e anche di poca scorza grattugiata addolcisce il piatto. Inoltre, c'è chi preferisce usare vino bianco Moscato, invece del rosso).<br /> La Cassuola, ingredienti principali carne e verza, tipico piatto dei mesi invernali.<br />(La) Cassoeula<br /> Un piatto invernale. Ingredienti per 6 persone: g 600 di costine di maiale, tagliate a pezzi, g 180 di carote, g 250 di salsiccia, una cipolla, g 100 di cotenne fresche, g 20 di burro, uno zampetto di maiale, un cucchiaio di olio di oliva, un orecchio, vino biancosecco, , 2 salamini da cuocere, un cucchiaio di salsa di pomodoro, kg 1 di cavolo verza, brodo, g 200 di sedano, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver lavato accuratamente le foglie diverza, tritatele e mettetele ad "asciugare" in una pentola, con la sola acqua rimasta; attenzione. però che non attacchino al fondo. Fiammeggiate lo zampetto, l'orecchio e le cotiche, per eliminare la fa stidiosa peluria, ripulendole con un canovaccio. Spaccate a metà lo zampetto, mentre orecchio e cotiche tagliateli a listarelle. In una pentola piena di acqua salata, lessateli a dovere; trascorsa circa un'ora sono pronti e sgrassati. Intanto, in una casseruola capace, soffriggete il trito di cipolla insieme al burro e all'olio. Appena dora, calate le costine, poi la salsiccia tagliata a rondelle e i salamini; lasciate insaporire, quindi versatevi sopra vino bianco e fate asciugare, a fuoco leggero. Togliete dalla casseruola le carni e nel fondo rimastounite il sedano e le carote affettati, aggiungete il sugo di pomodoro sciolto in pochissimo brodo, regolate di sale e pepe, incoperchiate e fate cuocere, adagio, ricordandodi mescolare ogni tanto. Aggiungete il trito di verza, mescolate, poi adagiatevi sopra le carni. Solitamente si fa affiorare parte del sugo di cottura scuotendo appena il tegame, si ricopre con il coperchio e si lascia stufare per un'ora e più. E' importante ricordarsi di togliere con un cucchiaio il grasso superfluo che viene a galla. La cassoeula va servita caldissima e fumante, "collosa" ma non liquida, versatela in ciotole di terracotta, accompagnandola a fette di pane nero (segale); meglio ancora se a polenta. (le possibilità di personalizzare il piatto sono infinite: dall'aggiunta di pancetta - o lardo - pestata o di carne dioca; dal profumo di alloro o di timo, alla polpa di po odori maturi.)<br />Cassuola <br />ad Brisin .<br />(m)<br /> Specialità con l'oca. Ingredienti per 6 persone: g 500 di oca, una cipolla tritata, g 500 di costine di maiale, 4 spicchi di aglio schiacciati, uno zampetto di maiale, g 750 di cavolo verza, g 40 di burro, sale e pepe di mulinello. <br />Dal macellaio fatevi tagliare l'oca a pezzi; così, a metà, le costine e lo zampetto. In una casseruola capiente (ideale se di rame), soffriggete nel burro il trito di cipolla; appena questa imbiondisce calate i pezzi di carne, regolate di sale e pepe e fate rosolare anch'essi a fiamma allegra. Unite gli spicchi di aglio, versate tanta acqua fino ad immergere le carni, incoperchiate e procedete nella cottura, adagio, per circa 3 ore. Nel frattempo, lavate con cura le foglie di verza, affettatele finemente ed aggiungetele alle carni in bollore; mescolate, regolate nuovamente di sale e pepe, mescolate più volte e terminate la cottura, dopo circa mezz'ora. Servite la vivanda caldissima. ( si possono aggiungere erbe profumate e spezie)<br />Frattaglie Un tempo si faceva grande uso delle cosidette frattaglie ed affini es: fegato(di tutti gli animali), milza e lingua (bue), intestini (agello e vitellino), cervello (di tutti gli animali)<br />Cervella, vuncin <br /> e <br />salvia <br />(b) Un piatto semplice, ma gustosissimo. Ingredienti per 6 persone: g 600 di cervella di vitello, 3 cucchiai di olio di oliva, un cucchiaio di aceto buono, g 30 di burro, una foglia di alloro, un rametto di rosmarino,un limone, il succo,4foglioline di salvia, farina, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver lavato accuratamente la cervella, mettetela in una casseruolo, con poco aceto, il succo di limone e una foglia di alloro; copritela di acqua e fatela bollire. Scolatela, privatela della pellicina esterna e tagliatela a fettine. In una padella grande, soffriggete nel burro e nell'olio la salvia e il rosmarino. Salate e pepate le fettine di cervella, passatele nella farina poi 'r nel grasso bollente. Rigiratele per dorarle da ambo i lati e servitele caldissime.<br />Cervo <br />al <br />ginepro.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di carne di cervo (ideale la coscia), chiodi di garofano, una carota, 8 bacche ginepro pestate, una cipolla, una bottiglia di vino rosso, una costa di sedano, 2 cucchiai di olio di oliva, una foglia di alloro, g 30 di burro, un rametto di rosmarino, un bicchierino di Grappa (o Brandy), un pezzetto di cannella,sale, grani di pepe nero. <br />Dopo aver disossato la carne di cervo tagliatela a pezzetti, quindi mettete, la a marinare in una ciotola capiente, insieme alle verdure tagliate grossolamente e alle spezie; versate vino rosso e lasciate frollare per alcune ore, meglio se un giorno intero, a ciotola coperta. Ogni tanto, ricordate di girare, i pezzi di carne, per marinarli uniformemente. Ora, mettete a scaldare in una casseruola l'olio e il burro; scolate dal bagno i pezzi di cervo (la marinatura conservatela), salate e rosolate, fiamma vivace. Irrorate il tutto con la Grappa e fate evaporare. A questo punto, abbassate il fuoco, aggiungete il bagno della marinatura,coprite e cucinate adagio, per alcune ore: almeno due. Togliete i pezzi di carne e disponeeli nel piatto da portata; il fondo di cottura pasatelo al setaccio, poi versatelo sopra la carne e servitelo.<br />Cima <br />della<br /> nonna.<br />(n) Ingredienti per 6 persone: kg 1 di pancetta di vitello, un cucchiaio di prezzemolo tritato, g 200 di cervella di vitello,uno spicchio di aglio tritato, g 80 di animelle, g180 di carne arrosto avanzata (vitello opollo) , 2 foglie di basilico tritate3 carote, 2 cucchiai di grana grattugiato, g 60 di lingua salmistrata, a dadini, 6 uova, g 30 di burro, sale e pepe di mulinello.<br />Lessate le carote, scolatele e lasciatele raffreddare, scolatele, privatele,pellicina e tritatele In acqua bollente scottate animelle e cervella; In altro tegame, bollite in acqua salata 4 uova, fino a rassodarle; e dopo pochi minuti toglietele, sgusciatele e tagliatele a spicchi. Dal macellaio avete acquistato la carne di vitello, che vi siete fatti preparare, con un taglio orizzontale capace di creare una tasca. Ora, in una ciotola mettete animelle e cervella tritate, aggiungete la carne arrosto, anch'essa macinata; unite il formaggio grattugiato, poi il trito d'aglio, prezzemolo e basilico; regolate di sale e pepe e con 2 uova te il composto, lavorando con un cucchiaio di legno. Man mano che farcite la tasca di vitello con il composto, carote lessate, la dadolata di lingua salmistrata e gli spicchi di uova soda Cucite i lembi dell'apertura con ago e filo di cotone, quindi adagetela in una teglia (o pirofila), dove già soffrigge il burro; rosolate poi mettete in forno (già caldo a 180') e lasciate cuocere per almeno un paio di ore. Tolta la cima dal forno (e dalla teglia) mettetela sopra un taglierino pressatela con un piatto grande e dei pesi, così da asciugarla all'interno. Servite la cima fredda, affettata<br />Collo <br />d'oca<br /> ripieno.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: 6 colli d'oca, g 30 di burro, g 60 di carne di oca macinata, farina, g 120 di polpa di maiale macinata, latte se necessario,, 4 uova, g 40 di pangrattato, una cipolla tagliata a pezzi, un cucchiaio di prezzemolo tritato, una foglia di alloro, un rametto di maggiorana (o timo) tritata, 2 chiodi di garofano salè e pepe di mulinello. <br />Dopo aver fiammeggiato il collo dell'oca, svuotatelo per quantopossibile senza romperlo. Ora, in una ciotola preparate il ripieno: con la polpadel collo, la carne di oca e di maiale macinata, aggiungete pangrattato, profumate con prezzemolo e maggiorana, unite le uova (precedentemente montate con la frusta), la farina e il burro, quindi impastate con un cucchiaio di olio, legno per ottenere un amalgama liscio e compatto. Se risultasse troppo duro aggiungete poco latte. Con questo ripieno farcite i colli, poi con ago efilo di cotone cucite le estremità. Intanto, in una pentola, avete messo abbondante acqua salata aromatizzata con la cipolla, l'alloro e i chiodi di garofano. Qui lessate i colli di oca, afiamma docile perché non si rompano. Dopo circa un'ora toglieteli, lasciaateli raffreddare e serviteli affettati, caso mai ricoperti di gelatina.<br />Colombi arrostiti.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: 12 colombi giovani, g40 di burro,Erbe profumate varie (salvia, prezzemolo rosmarino, basilico, origano, menta, timo, maggiorana ecc.) tritate assieme, sale e pepe di mulinello <br />Dopo aver pulito e spennato i volatili, tagliando le punte delle ali e le zampe, si aprono per togliere le interiora poi, una volta conditi all'interno con sale, pepe, e trito profumato di erbe, metteteli in padella a cuocere nel burro. Sono gustosissimi accompagnati da polenta arrostita o fritta.<br />Coniglio <br />al <br />finocchio.<br /> (m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un coniglio, 3 spicchi di aglio intero, ciuffettí di finocchio selvatico (oppure foglie di finocchio domestico, tagliate a pezzi) mezzo dI di Olio di oliva, un rametto di rosmarino, g 120 di lardo, tagliato a fette, sale e Pepe di Mulinello. <br />Pulite il coniglio , farcitelo con le foglie del finochietto selvatico o 4 foglie del finocchio, le fettine di lardo e gli spicchi dì aglio cucite con ago e filo di cotone. In una teglia adagiate il coniglio, irrorate con l'olio, regolate di sale e pepe e profumate con il rosmarino, quindi rosolate a dovere, da ambo i lati facendoglí prendere colore. Abbassate la fiamma, coprite e lasciate cuocere adagio, per circa un'ora. Dovrebbe risultare morbido, essendosi cucinato con la sua acqua. Si usa servirlo intero, da aprire e tagliare a pezzi a tavola, mettendo da parte il ripieno profumato.<br />Coniglio <br />in <br />salmì. <br />(b) Ingredienti per 6 persone: un coniglio, un ciuffetto di salvia, un dl di olio di oliva, 3 chiodi di garofano, 4 cucchiai di aceto, un bicchiere di vino rosso, un pizzico di cannella, una cipolla affettata, sale e pepe di mulinello. <br />Lavate il coniglio sotto acqua corrente; asciugatelo con un canovaccio e tagliatelo a pezzi. In un tegame di terracotta, disponete i pezzi di coniglio, irrorateli con l'aceto , il vino, poi con l'olio, quindi profumate con la cipolla, la salvia, i chiodi di garofano, la cannella, regolate di sale e pepe, coprite e lasciate marinare l'intera notte. Il giorno dopo mettete il tegame sul fuoco e a fiamma bassa cuocete il coniglio. Servitelo caldissimo.<br />Coniglio <br />al<br /> fil da fer. <br />(n)<br /> ingredienti per 6 persone: un coniglio, 2 rametti di rosmarino, Grappa piemontese, 2 ramettí di salvia, una cipolla, tagliata a pezzi, 3 cucchiai di olio di oliva, 2 spicchi di aglio schiacciati, g 80 di lardo pestato, g30 di burro, grappa, sale e pepe. <br />Dopo aver pulito il coniglio (ma senza lavarlo), ìrroratelo con Grappa piemontese e lasciatelo frollare per un gìorno intero, in un locale fresco. L'indomani, prendete una teglia di terracotta, disponetevi il coniglio, profumate con cipolla, spicchi di aglio e rametti di rosmarino (accoppiati a quelli di salvía), aggiungete l'olio e riccioli di burro e fate rosolare a puntino, rigirando il coniglio per cuocerlo uniformemente. Coprite abbassate la fiamma e procedete nella cottura. Trascorsa mezz'ora versate un mezzo bìcchiere di Grappa (preso dalla marinatura), togliete il coperchio e terminate ìl lavoro, mentre il distillato evapora. Servìtelo caldissimo.<br />Coniglio <br />alla <br />francese.<br /> (m) Ingredienti per 6 persone: un coniglio, un rametto di maggìorana, 3 cucchìai di olio, un bicchiere di vino bianco secco, g 30 di burro, 5 cucchìaì di senape, bacche di ginepro, un bicchiere di latte intero ua foglia di alloro, sale e pepe di mulinello.<br />Dopo aver tagliato a pezzì il coniglio, mettetelo in una teglía a rosolare nell'olio e nel burro, a fuoco allegro; rigirando i pezzi più volte per uniformarne la cottura. Appena dorano, abbassate la fiamma, regolate di sale e pepe, profumate con bacche dì ginepro, alloro e maggiorana, coprite e lasciate cucìnare lentamente. Dopo cìrca 20 minuti, scoperchìate, irrorate con vino bianco, unite la senape e fate asciugare; da ultìmo, aggiungete il latte; mescolate più volte e preparatevi a servire il coniglio disponendo i pezzi in un piatto da portata; il fondo di cottura passatelo al setaccio, versatelo sopra il coniglio e servite.<br />Coniglio <br />al <br />Limone<br />(m) Ingredienti per 6 persone:un coniglio. Per la marínatura:un bicchìere dì aceto bianco, un rametto di tìmo, 4 limoni, il succo e parte di scorza grattugiata , un rametto di maggiorana, mezzo dl di olio di oliva una foglia dì alloro sminuzzata, pepe nero di mulinello, foglie di basilico. Per la cottura: g 80 di lardo (o pancetta) pestato, un mestolino di sugo arrosto (fondo di cottura) di, g 40 di burro, uno spicchio di aglio, sale epepe di mulinello, un rametto di rosmanno, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, un bicchierino dì Brandy. <br />Per far perdere al coniglio il sapore selvatico, immergetelo in acqua ínacidita con l'aceto e lasciate macerare. Dopo qualche ora, togliete il coniglio, asciugatelo, tagliatelo a pezzi quindi mettetelo a marinare in una ciotola ampia, irrorato dal succo dei limoni e poca scorza grattugiata; unite l'alloro, le foglie di basilico, timo e maggiorana; macinate abbondante pepe nero e bagnate il tutto con l'olio. Coprite e lasciate marinare per alcune ore. Ogni tanto rigirate i pezzi frollarli uniformemente. Ora, in una padella rosolate nel burro il pesto di lardo, quindi calate i pezzi di coniglio, aggiungete il rosmarino e lo spicchio di aglio (da togliere, versate il Brandy e, a fiamma allegra, fate evaporare; unite il sugo de1la marinatura, poi quello di arrosto, regolate di sale e pepe, incoperchiate, abbassate il fuoco e cucinate a dovere. Qualche minuto prima di togliere dal fuoco e portare in tavola, spolverizzate con prezzemolo tritato (che avete tenuto qualche tempo a bagno nel succo di limone). Servite il coniglio disposto sopra il piatto da portata (già scaldato in forno), ricoprendolo ("glassandolo") con il fondo di cottura passato al setaccio<br />Coniglio <br />alla <br />contadina.<br />(m) Credenze contadine dicono che il coniglio grida sempre "timo, timo", intendendo dire che di questa erba è ghiotto consumatore. Non lesinare la presenza del timo anche in questo piatto. Ingredienti per 6 persone: un coniglio di circa 2 kg, un cucchiaio di prezzemolo tritato, un altro fegato (di coniglio o di pollo), 3 foglioline di salvia, g 60 di pancetta pestata, 2 filetti di acciughe sott'olio 2 cipolle affettate, un cucchiaino di farina, g 20 di burro, 2 bicchieri di vino rosso, 3 cucchiai di olio di oliva, un mazzetto profumato (rosmarino, <br />Pulite il coniglio, privato delle zampe, della coda e della testa; apritelo, asportate le interiora, conservando il fegato, quindi lavatelo con cura e gliatelo a pezzi. In una casseruola mettete a soffriggere nel burro e nell'olio la cipolla affettata e il pesto di pancetta, mescolate con un cucchiaio di legno e appena han preso colore calate i pezzi di coniglio, per rosolarli a dovere, più volte. Aggiungete il mazzetto profumato, irrorate il tutto con il rosso e lasciate che asciughi; regolate di sale e pepe, coprite e portate a termine la cottura, a fiamma docile. Pochi minuti prima di spegnere il fuoco, prendete un taglierino, tritatevi sopra il fegato del coniglio ed un altro, sempre di coniglio o di pollo, insieme agli spicchi di aglio, al prezzemolo, alla salvia e ai filetti di aciughe; questo trito unitelo al fondo di cottura del coniglio, aggiungete la farina ed un goccio di vino rosso, mescolate a dovere così che i pezzi di coniglio s'insaporiscano, poi serviteli caldissimi e profumati.brodo di carne salvia, foglie di alloro, timo), 2 spicchi di aglio, sale e pepe di mulinello.<br />Coniglio <br />san <br />Martin.<br /> (b)<br /> Ingredienti per 6 persone: un coniglio, un pezzo di polpa di zucca gialla, una cipolla, 3 foglie di cavolo nero, una carota, g 150 di lardo, 4 cucchiai di olio di oliva, un porro, 2 coste di sedano, g 30 di burro, g 100 di spinaci (o bietole), un rametto di rosmarino, un mazzetto di prezzemolo, 3 bicchieri di vino rosso (ideale il Barbera), foglie di basilico, un cucchiaino di zucchero, 2 foglie di alloro, spezie miste (3 grani di pepe nero, 2 chiodi digarofano, un pezzetto di cannella) mezzo finocchio, un peperone dolce, sale. <br />Dopo aver lavato il coniglio in acqua corrente, asciugatelo con un canovaccio, tagliatelo a pezzi e questi metteteli in una casseruola, insieme a 3 cucchiai di olio e alle verdure affettate o tagliate a pezzi; profumate con prezzemolo, basilico e alloro, aggiungete circa metà del lardo pestato, coprite e fate cuocere adagio. In una padella, a parte, soffriggete in pochissimo olio e burro l'aglio togliere prima che annerisca) e il rosmarino, a cui aggiungete il rimanente lardo pestato. Togliete dalla casseruola i pezzi di coniglio (parzialmente cucinati) e calateli nella padella, irrorate con il vino rosso, unite pochissimo zucchero, spolverizzate le spezie, mescolate più volte e proseguite nella cottura. Le verdure lasciate nella casseruola passatele al setaccio, quindi rimetetele sul fuoco a sobbollire adagio ed insaporire. Portate il coniglio in ciotole di terracotta monoporzione: sul fondo disponete polenta appena cucinata (magari già condita con latte, grana grattugiato e pochissimo olio crudo) al centro collocate pezzi di coniglio, umettate con qualche cucchiaiata di salsa e servite<br />Coniglio "douls <br />e <br />brusch" <br />(dolce <br />e <br />acido). <br />(b) Ingredienti per 6 persone: un coniglio di 2Kg, 3 chiodi di garofano, 3 cucchiai di olio di oliva, 3 bacche di ginepro, 2spicchi di aglio schiacciati, un frammento di cannella, un rametto di rosmarino, un pizzico di noce moscata, mezza bottiglia di vino rosso (ideale il Barbera), 10 noci finemente pestati, 12 cipolline bianche (ideali della varietà, un dl di aceto forte), un cucchiaio di cacao amaro, sale, 2 cucchiai di zucchero<br />Dopo aver tagliato il coniglio a pezzi, rosolatelo in padella, dove già frigge l'olio profumato con rosmarino e spicchi di aglio. Rigirate e cuoceteli uniformemente. Ora, in una casseruola (possibilmente di rame), deponete ì pezzi di coniglio appena rosolati, versate tanto vino rosso fino a coprirli, quindi aggiungete aceto forte, spolverizzate sia il cacao che lo zucchero, profumate con chiodi di garofan bacche di ginepro, raspatura di noce moscata e di cannella, salate, coprite e fate cuocere adagio. Dopo circa un'ora il coniglio è cucinato; così, togliete i pezzi e disponeteli nel piatto da portata (preriscaldato in forno); nel fondo di cottura (passato al setaccio) aggiungete le noci e qualche cipollina. Rimettete sul fuoco a sobbollire, quindi contornate il coniglio di cipolline, ricoprendo il tutto con la salsa, e servite.<br />Coniglio <br />cui <br />paivrun.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone:, un coniglio di circa 1,8 kg, 4 Peperoni dolci,brodo di carne, g 50 di burro,3 cucchiai di olio di oliva, 3 acciughe sotto sale, g 60 di grasso di rognone di vitello, 2 spicchi di aglio tritati, un ciuffetto di rosmarino, una foglia di alloro, mezzo bicchiere di aceto di vino, sale e pepe di mulinello. <br />Dissalate le acciughe sotto un getto di acqua corrente, quindi sfilettatele togliendo le teste, la lisca centrale e le code. Lavate i peperoni, privateli del picciolo centrale, dei semi e delle coste bianche, poi tagliateli a listarelle o a riquadri non troppo grandi. Pulite il coniglio, privato delle zampe, della coda e della testa; apritelo, asportate le interiora, conservando il fegato, quindi lavatelo con cura e tagliatelo a pezzi. Ora, in una casseruola di terracotta sciogliete circa la metà del burro, quindi soffriggetevi il pesto di grasso di rognone e rosmarino; dopo pochi attimi calate i pezzi di coniglio, profumate con la foglia di alloro sminuzzata, rigirate i pezzi e fate cuocere, a fiamma allegra, bagnando ogni tanto con mestolini di brodo. A parte, in una padella rosolate nel restante burro sia l'olio che ì filetti di acciughe, stemperandoli con il dorso di una forchetta per scioglierli. Unite i peperoni, l'aglio tritato, regolate di sale e pepe e fate che soffriggano, bagnandole con gocce di aceto. Il tempo che i peperoni si cuociano (dopo circa 15 minuti). Abbassate la fiamma sotto il coniglio, unite i peperoni ed il loro sughetto, mescolate più volte e terminate la cottura, regolando ancora di sale. Servite il coniglio ancora fumante.<br />Coniglio farcito, <br />in <br />crosta.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: un coniglio, un rametto di rosmarino, g150 di lardo (affettato), oppure prosciutto, 3 uova, un pizzicodi spezie miste (chiodi di garofimo, cannella, noce moscata) in polvere , g 80 di grana grattugiato, 2 rettangoli di pasta sfoglia, grandi abbastanza per avvolgere (racchiudere) il conigli, g 800 di spinaci, un tuorlo d'uovo, 3 cucchiai di olio, burro, per ungere la teglia , uno spicchio di aglio, g 25 di burro, sale e pepe nero di mulinello. <br />Lavate gli spinaci e sbollentateli in acqua salata; scolateli, strizzateli e tagliateli grossolanamente. Pulite il coniglio (togliendo testa e zampe), praticate un taglio lungo tutto il corpo, in modo da poterlo aprire interamente e sdraiarlo sopra una spianatoia (o il marmo della tavola). Ora, cospargete sulla carne sale e pepe nero, arricchendo la concia con spezie miste in polvere e ricoprite il tutto con circa la metà del lardo, tagliato a fettine. In una padella, soffriggete nell'olio e nel burro gli spinaci, insieme all'aglio e al rosmarino, poi aggiungete il rimanente lardo, tagliato a listarelle Tutto questo soffritto ponetelo in una ciotola, unite il formaggio gratuggiato, poi le uova, quindi impastate a dovere con un cucchiaio di legno per ricavarne un composto omogeneo; da stendere (disporre) sopra le fettine di lardo. Chiudete il coniglio, avvolgetelo nei due riquadri di pasta sfoglia, tutt'intorno saldate la pasta e, arricciandola, formatene un cordoncino. Disponetelo in una teglia, già imburrata, lucidate la sfoglia pennellando sopra chiara d'uovo montata con un goccio di acqua, ricoprite con un fogli di carta stagnola e passate in forno (già caldo a 180') per circa un'ora, Servite il coniglio in crosta tagliato a fette.<br />Coniglio<br /> in <br />carpione.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: un coniglio, già pulito, mezzo dl di olio di oliva, g 800 di zucchine, tagliate a dadini . Per la carpionatura: mezzo litro di aceto buono,foglie di salvia, un dl di vino bianco secco, un rametto di rosmarino, una carota affettata, un frammento di cannella, 2 cipolle, un mazzetto misto di prezzemolo, alloro,timo e maggiorana, una costa di sedano affettata, 3 chiodi di garofano, grani di pepe, 3 spicchi di aglio, sale. <br />In una pentola capace, versate 2-3 litri di acqua, aromatizzata con no cipolla steccata con chiodi di garofano, una carota, una costa di s edano, foglie di salvia, uno spicchio d'aglio, la cannella, grani di pepe e un mazzetto odoroso; aggiungete circa un dI di aceto, poi il vino bianco, salate poi portate a ebollizione. Qui, tuffatevi il coniglio e ì cuocetelo; spegnete il fuoco e fate che raffreddato nell'acqua del bollore. A parte, in una padella, soffriggete nell'olio la dadolata di zucchine, mi non troppo; scolatela quando è ancora duretta, al dente, poi asciugatela su fogli di carta assorbente e mettetela in una ciotola. In una casseruola, versate un goccio di olio e rosolatevi l'altra cipolla affettata, insieme a 2 spicchi di aglio tagliati a fettine; calate tutto l'aceto rima. sto, diluitelo con altrettanta acqua, regolate di sale e portate a bollore. Una volta ristretto, aspettate che il bagno intiepidisca poi versatelo sopra la da. dolata di zucchine. Aggiungete le rondelline di carota e le fettine di sedano. Ora, scarnite il coniglio e i pezzetti uniteli alle verdure, lasciando marinare il tutto per un giorno intero. Il giorno dopo, servite il coniglio in carpione, scolandolo dal bagno; aecompagnato dalle verdure.<br />Coniglio <br />in <br />civet. <br />Il coniglio si cucina, come la lepre; vedi ricetta.<br /><br />Coniglio <br />in <br />umido <br />(alla cacciatora) <br />(b) Ingredienti per 6 persone:un coniglio, un bicchiere di vino rosso, 6 pomodori maturi (privati della pelle, dei semi e dell'acqua di vegetazione), una carota affiettata, 2 cipolle grosse affettate, 2 coste di sedano affettate, g 120 di lardo pestato, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver pulito e lavato con cura il coniglio, tagliatelo a pezzi. Intanto, in una casseruola soffriggete nel lardo pestato le verdure affettate; il tempo che ìmbìondiscono e potete calare i pezzi di coniglio; mescolate e fate rosolare anch'essì. Ora, bagnate con il vino rosso, abbassate la fiamma e fate asciugare appena. Unite la polpa dei pomodori, regolate di sale e pepe e terminate la cottura, a tegame coperto. Se dovesse asciugare troppo versate del brodo o soltanto dell'acqua tiepida. Si può aggiungere dell'aglìo e del rosmarino nella preparazione.<br />Coniglio<br />al <br />forno.<br />(m) Dosi occorrenti per 4 persone: 1/2 cipolla, 1/2 peperone dolce, 1 cucchiaio di capperi, 2 acciughe, prezzemolo, il fegato, il cuore e lo stomaco del coniglio (si possono usare anche le interiora del pollo), il succo di. 1 limone, sale, farina, burro e (facoltativo) pepe. <br />Pulite, lavate e tritate finemente la cipolla, il peperone, i capperi, le acciughe, il prezzemolo e le frattaglie del coniglio. Fate rosolare molto lentamente nel burro tutto questo trito e portatelo a cottura allungando ogni tanto con un cucchiaio di acqua, perché non attacchi. Alla fine, mantecatevi una noce di burro intrisa di farina, bagnate con il succo del limone e lasciate ancora qualche minuto al fuoco perché la salsa si addensi. Servitela calda, in salsiera, in accompagnamento a un piatto di coniglio/maiale al forno<br />Coniglio stufato. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un coniglio, un peperone dolce (giallo o rosso) tagliato a listarelle, 2 spicchi di aglio, 2 rametti dì rosmarino, 3 foglie di verza affettate, g 120 di lardo pestato, mezzo 1itro di vino bianco, una cipolla affettata, un mazzetto odoroso (timo, alloro, rosmarino, salvía, basilico, maggiorana), un porro affettato, 3 coste di sedano affettate, 5 filetti di acciughe dissalati, 2 carote affettate, brodo, se necessario, un ciuffetto di prezzemolo (con i gambi) <br />In un tegame, rosolate il coniglio tagliato a pezzi con spicchi di aglio e rosmarino; il tempo che perda parte della sua acqua.Togliete i pezzi dal bagno, asciugateli e preparatevi a cucinarli.Nella casseruola (possibilmente di rame), soffriggete il lardo pestato, a cui aggiungete la cipolla, il porro, il sedano, le carote, il peperone e la verza, quindi profumate con il prezzemolo; calate i pezzi di coniglio, regolate di sale e pepe, bagnate con vino bianco e fate cucinare, fino a che il vino non e parzialmente evaporato. Ora, unite i filetti di acciughe, coprite e proseguite nella cottura badando che non asciughi troppo (caso mai versate gocce di brodo). Quando il coniglio è cotto a dovere, togliete i pezzi e disponeteli nel piatto da portata; passate al setaccio (o nel passaverdure) il fondo di cottura, regolate (se necessario) di sale, riportate a sobbollire, quindi versate la salsasopra la carne e portate in tavola.<br />Coppa <br />di <br />maiale. <br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di capocollo, una foglia di alloro, g60 di lardo (o pancetta) tagliata a, un dl di vino bianco secco, listarelle e a dadini, un cucchiaino di zucchero, uno spicchio di aglio affettato, un mestolo di brodo buono, di carne, ciuffetti di rosmarino, un cucchiaio di cetriolini sottaceto, affettati, mezzo al di olio di oliva, alcune carotine sottaceto affettate, 2 bicchieri di aceto buono, alcune cipolline sottaceto, una cipolla steccata con2 chiodi garofano, g40 di burro, farina, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver steccato il pezzo di capocollo con fettine di aglio, i rosmarino e listarelle di lardo, irrorate con un bicchiere di aceto, profumate con pepe nero in grani, legatelo stretto, bagnatelo di olio, copritelo con scodella e lasciatelo marinare almeno un giorno. Nella casseruola (possibilmente di rame), soffriggete nell'olio la cipolla steccata, l'alloro e la dadolata di lardo; appena han preso colore unite il capocollo, bagnatelo prima con l'aceto poi con il vino bianco, spolverizzate lo zucchero e fate evaporare ed assorbire, rigirando il pezzo per rosolarlo uniformemente. Abbassate il fuoco, versate il brodo, regolate di sale e pepe, coprite e cuocete adagio. Si badi a togliere con una mestolo forato il grasso che s'è formato sul fondo di cottura. Ora, aggiungete cetriolini, carotine e cipolline, poi un cucchiaio abbondante di farina e il burro; mescolate e lasciate fondere, quindi servite la coppa di maiale affettata, contornata dalle verdure e dalla salsa profumata.<br />Cosciotto <br />di <br />agnello<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un cosciotto di agnello di circa 2 kg, 2 carotine affettate, g 60 di lardo pestato,, una cipolla affettata, un rametto di rosmarino tritato, un cuore di sedano affettato, un ciuffetto di timo tritato, un al di olio di oliva, mezzo litro di vino bianco secco, 4 spicchi di aglio affettati, sale e pepe di mulinello, <br />Dopo aver lavato con cura il cosciotto asciugatelo con un canovaccio e disponetelo sul fondo di una teglia da forno, versate l'olio, unite lardo pestato, le fettine di aglio e il trito di rosmarino e timo, regolate di sale pepe, poi tutt'intorno disponete le fettine di carota, cipolla e sedano quindi mettete in forno (già caldo a 180') per circa 45 minuti, forse qualche minuto in più. Servite l'agnello caldissimo . Provate ad arricchire questo piatto con castagne lessate: circa mezzo kg, da bollire in acqua salata, profumata con mezza foglia di alloro sminuzzata, poi bagnate il tutto con un bicchierino di Rhum (o grappa) mescolato a poco vino Marsala (o vino cotto), un paio di minuti prima di togliere dal forno il cosciotto.<br />Cosciotto <br />di<br /> maialino.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1,5 di cosciotto di maialino, 4 spicchi di aglio, una manciata abbondante di fieno maggengo, raccolto a maggio (scelto e annusato perché non abbia cattivi odori e sia profunato), una bottiglia di vino bianco , un mazzetto profumato (timo, maggiorana, rosmarino e salvia), g 80 di lardo pestato, spezie miste in polvere (cannella, noce moscaia, chiodi di garofano), 3 coste di sedano, 4 carote, 3 cipolle, sale e pepe di mulinello. <br />Tritate insieme le verdure e gli spicchi di aglio. Dopo aver liberato il pezzo di cosciotto della pelle e del grasso, disossatelo. il pesto di lardo, poi unite In una casseruola (meglio se di rame), sciogliete la carne e le verdure tritate; mescolate e una volta che han preso colore, versate il vino bianco, regolate di sale e pepe, incoperchiate e lasciate cucinare adagio per circa 3 ore. Ricordate, ogni tanto, di rigirare il cosciotto. Ora, prendete un foglio di carta vegetale, inumiditelo con dell'acqua, strizzatelo, quindi apritelo sopra la spianatoia; disponetevi il fieno maggengo, poi il cosciotto, profumate con il mazzetto odoroso, ricoprite con altro fieno e il foglio di carta arrotolatelo su se stesso, ripiegatene le estremità e passate in forno (già caldo a 140°) per altre 2 ore almeno. Il fondo di cottura va passato al setaccio e conservato caldo, a parte. Quando il cosciotto è cucinato a puntino, sfasciatelo, affettatelo, disponetelo nel piatto da portata, umettatelo con la salsa e servitelo caldo.<br />Cosciotto <br />di <br />montone <br />al forno.<br />(m) Ingredienti per 6 persone:kg 1, 5 di cosciotto di montone (un pezzo), mezzo dl di olio di oliva, una bottiglia di vino bianco secco ,2 cucchiai di trito di aglio e rosmarino, sale e pepe di mulinello <br />In una casseruola capace soffriggete nell'olio caldo il cosciotto di motone , rigirandolo spesso per uniformarne la doratura. Spolverizzate il trito profumato, bagnate con il vino e, a fiamma allegra, fate asciugare.<br />A questo punto regolate di sale e pepe, ricoprite il cosciotto con dell'acqua e cucinate per circa 40 minuti. Ora, passate in forno (già caldo a 180') e terminate la cottura; ricordandovi di rigirare il cosciotto. Servitelo caldissimo, affettato e irrorato con il fondo.<br />Costolette <br />di <br />maiale ripieno.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: 6 costolette di inaiale, 6 fette di prosciutto, 2 uova sbattuto, pangrattato, 6 fette sottili di gorgonzola, burro per friggere, 6 foglioline di salvia, sale. <br />Tagliate le Costolette orizzontalmente, così da ricavarne una tasca; farcitele con una fetta di prosclutto, una di gorgonzola e la fogliolina di salvia; fermate le "pagine" di carne con uno stecchino, passate le costolette nell'uovo sbattuto (appena salato), poi nel pangrattato, quindi friggetele in padella, nel burro. Servitele caldissime, appena asciugate con carta assorbente.<br />Cotechino <br />con <br />le lenticchie.<br />(n)<br /> Ingredienti per 6 persone: 2 cotechini, g 300 di lenticchie, una costa di sedano tritata, una foglia di alloro, un pizzico di bicarbonato, 3 pomodori maturi (privati della pelle, dei semi e dell'acqua di vegetazione), g 60 di lardo pestato, una cipolla tritata, una carota tritata, sale e pepe di mulinello. Già la sera precedente mettete a bagno le lenticchie in acqua con pizzicodi bicarbonato. Il giorno dopo, nella casseruola soffriggete il lardo. pestato insieme alle verdure; dopo pochi minuti calate le lenticchie appena scolate, poi la polpa dei pomodori; fate rosolare, quindi coprite con acqua, copritete e cucinate a fiamma debole. A parte, in altro tegame, lessate i cotechini (precedentemente forato con un ferro da calza, evitando che si rompano); trascorsi circa 15 minuti toglieteli dal bollore e uniteli alle lenticchie; regolate di sale e pepe e termine la cottura. Servite i cotechini affettati, accompagnati dalle lenticchie e relativo ghetto.<br />Crocchette <br />di pollo <br />e ricotta.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 400 di carne di pollo (lessa o arrostita)macinata, mezzo limone, il succo e parte della scorza grattugiata, g300 di ricotta (di Carpugnino), 2 uova, 5 foglie di salvia tritate, pangrattato, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, olio di oliva, per friggere, 2cipollotti tritati, burro per friggere, pepe nero di mulinello, sale. <br />In una ciotola ampia mettete la carne di pollo macinata, unite la ricotta profumate con i cipollotti, la salvia, il prezzemolo e il pepe nero appena macinato, poi aggiungete la scorza e il succo di limone; sgusciatele impastate con cura, fino ad ottenere un composto omogeneo e morbido; dividere (confezionare) in tante palline grosse come noci, da passare al pangrattato e friggere in padella, dove già frigge l'olio e il burro. Dopo averle asciugate in carta assorbente, servitele ancora fumanti<br />Cosciotto saporito. (b) Prendete un cosciotto (capretto, agnello, tacchino, cappone ecc.), disossatelo e riempite il vuoto creatosi con spicchi d'aglio crudo. Ricucíte attentamente e fate cuocere in forno. L'aglio renderà questo piatto molto saporito.<br />F <br />Fagioli in pignatta. <br />(b)<br /> Utilizzare una pignatta di terracotta, a bocca più stretta del fondo, con quattro manici disposti ortogonalmente. Ingredienti per 6 persone: kg 1 di fagioli saluggini (di Saluzzo), un rametto di rosmarino g 500 di pancetta fresca, 2 spicchi d’aglio, 3 foglie di alloro. Sale e pepe di mulinello Mettete i fagioli nella pignatta, con l'olio, l'aglio, il rosmarino, l'alloro e la pancetta salata e pepata, arrotolata strettamente e legata come un salame; quindi coprite con l'acqua. Secondo la tradizione andrebbe cotto al fuoco decrescente dei forni a legna dei paesi di campagna, oppure sulla brace dei camini; in città si cucina nel forno con fuoco più forte all'inizio e man mano si decresce sino a cottura. Servite con la pancetta affettata.<br />Fagioli in pentola.<br />(b)<br /> Ingredienti: g 300 di fagioli bianchi secchi, una costa di sedano, g 500 di cotenna di maiale, una carota, 2 zampetti di maiale, 3 foglie di lauro e 3 di salvia, un orecchio di maía1e, un rametto di rosmarino, una cipolla, 3 spicchi di aglio,sale e pepe di mulinello, <br />Dopo aver bruciacchiato (fiammeggiato) la cotenna, gli zampetti e l'orecchio di maiale, raschiateli bene per elimìnare la fastidiosa peluria. Ora, tagliate la cotenna a riquadri di circa 10 x 20 centimetri, quindi spalmateli con un trito composto da uno spicchio di aglio e le foglioline del rosmarino, regolati di sale e pepe. Arrotolate i riquadri come fossero salamini e teneteli in forma legando con un filo di refe. Nella pentola mettete i rotolini, gli zampetti tagliati a pezzetti, l'orecchio del maiale, i fagioli, la cipolla, la carota, una foglia di alloro, la salvia e gli spicchi di aglio avanzati. Coprite con circa 3 1 di acqua e lasciate cucinare proprio come nella ricetta precedente. Servite ad ogni commensale un rotolino, un pezzetto di zampetto, uno d'orecchio e parte dei fagioli.<br />Fagggiano alle <br />prugne.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un bel fagiano, un rametto di rosmarino.12 prugne secche, un rametto di salvia, un bicchiere di vino bianco, 2 mestoli di brodo, leggero (sgrassato o vegetale), g 20 di burro, 3 cucchiai di olio di oliva,sale. Già la sera precedente mettete a bagno le prugne nel vino. Dopo aver nettato con cura il fagiano, fiammeggiatelo per eliminare la fastidiosa peluria e tagliatelo a pezzi. In una padella, mettete a friggere il burro insieme all'olio; calate i pezzi del fagiano e rosolateli da ambo i lati, profumando con la salvia e il rosmarino, poi regolate di sale.Appena hanno preso colore, versate il brodo, abbassate il fuoco e fate cuocere adagio, lasciando asciugare (evaporare) in parte.Pochi minuti prima di togliere dal fuoco aggiungete le prugne ammorbidite i nel vino, mescolate più volte e terminate. I pezzi di fagiano disponeteli tutt'intorno nel piatto da portata; il fondo di cottura passatelo al setaccio, quindi versatelo sopra alla carne, prima di servire.<br />Faggiano al vino.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: un fagiano,3 cucchiai di olio di oliva, g 60 di burro,una cipolla affettata, g 60 di pancetta, tagliata a dadini, una carota affettata, 2foglie di alloro, 2 coste di sedano affettate, 2 spicchi di aglio pestati, un porro affettato, un rametto di rosmarino, alcune foglie di salvia, un bicchiere di vino Marsala, mezzo bicchiere di vino bianco secco, fegatini di pollo, sale e pepe di mulinello. <br />Pulite il fagiano, conservando il fegato. In una casseruola, mettete poco burro, poi il fagiano; ricoprite con la dadolata di pancetta, profumate con una foglia di alloro, gli spicchi di aglio e il rosmarino, coprite e lasciate cucinare. Tolto il coperchio, irrorate con il vino Marsala, regolate di sale e pepe e fate evaporare. Nel frattempo, in una padella, rosolate nel burro e nell'olio le verdure affettate, aromatizzate con foglie di salvia e una di alloro. Dopo pochi minuti calate il fegato del fagiano tagliato a fettine, così quelli di pollo, anch'essi affettati; bagnate con il vino bianco e fate evaporare. Ora, passate al setaccio i fegatini e le verdure, poi rimettete sul fuoco per addensare appena la crema ottenuta. Il fagiano, una volta tagliato a pezzi, disponetelo nel grande piatto portata (già scaldato in forno), ricoprite con la salsa e servite.<br />Fagottini profumati.<br />(m) Sopra ogni fettina di carne di manzo, sistemate due spicchi d'aglio sminuzzato, prezzemolo tritato, pepe, una fettina di formaggio e una di salame o di prosciutto cotto. Arrotolate la fettina di carne su se stessa e legatela col filo di cotone. Fate rosolare gli involtini in poco olio e quindi aggiungete un po' di salsa di pomodoro. Servite la carne ben calda.<br />Fagiano in salmì.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un fagiano 2 spicchi di aglio, un rametto di rosmarino, 60 di pancetta (o lardo) affettata, 6 foglioline di salvia, sale, una foglia di, alloro. Per il salmì: una cipolla tritata, 4 cucchiai di olio di oliva, una costa di sedano tritata, g 30 di burro, una carota tritata, un bicchere di Brandy, 2 ciuffetti di rosmarino trìtato, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver pulito con cura il fagiano, asportate il fegato e mettetelo in disparte. Strofinate sale grosso sulle pareti interne, poi disponetevi gli spicchi d'aglio, la salvia, l'alloro e il rosmarino; richiudete il ventre e fasciate l'anim le con le fette di pancetta, fermandole con stecchini. In una teglía (o pirofila), scaldate insieme circa metà dell'olio e del burro poi rosolate il trito di sedano, carota, cipolla e rosmarino. Ora, calate il fagiano, regolate di sale e pepe e fate rosolare. Mettete la teglia in forno (già caldo a 180') e proseguite nella cottura rigirando ogni tanto il fagiano per uniformarlo e bagnarlo con il fondo di cottura. Intanto, in un altro tegame più piccolo, soffriggete nel restante olio e burro il trito delle verdure rimaste, così degli odori; unite il fegato del (affettato); salate, pepate e cucinate. Trascorsi pochi minuti, irrorate con il Brandy, quindi lasciate evaporare. Questo soffritto passatelo al setaccio e tenetelo in caldo. Cotto a puntíno il fagiano, toglietelo dal forno, tagliatelo a pezzi, disponetelo nel piatto da portata, umettate con la salsa calda e servite.<br />Faraona in salimì. La ricetta è la medesima del cappone in salmi (vedi);<br />oppure potete adottare quella del fagiano.<br />Faraona al Mamma Gin. (b)<br /><br />Ricetta del 700 Ingredienti per 6 persone: una faraona piuttosto polposa, altrimenti per 6 non basta (conservate il fegato), 2 coste di sedano tritate, un cucchiaio di farina, g 60 di lardo (o pancetta) pestato, un mestolino di brodo, uno spicchio di aglio, un bicchiere di sugo di arrosto (fondo bruno), una foglia di alloro, 4 filetti di acciughe dissalate, un rametto di rosmarino, un fegato di maiale, un bicchiere di vino Marsala secco, Una cipolla tritata, sale <br />In una casseruola ampia, mettete la faraona, dove già frigge il lardo pestato, aromatizzate con aglio, rosmarino e alloro, versate un goccio di acqua, coprite e lasciate lessare il volatile. Nel frattempo, in una padella soffriggete sia il fegato del fagiano che quello di maiale, entrambi affettati, insieme al trito di cipolla, sedano e rosmarino, spolverizzatevi sopra la farina, bagnate con il brodo, aggiungete il sugo di arrosto e lasciate cuocere. Dopo circa 10 minuti unite i filetti di acciughe sminuzzati, poi irrorate il Marsala e fate evaporare. Questo sugo va passato al setaccio e conservato al caldo. La faraona quando è cucinata, tagliatela a pezzi, disponetela sul piatto di servizio, versatevi sopra la salsa e portate in tavola.<br />Fegato a d'oca<br />(m)<br /> Secondo la tradizione di csa Andrechen. Ingredienti per 6 persone: 2 fegati di oca, piuttosto grossi, g 60 di burro, un tartufo bianco, un pizzico di noce moscata, 2 cipolle tritate, un mestolino di brodo, un cucchiaio di prezzemolo tritato, sale e pepe di mulinello. <br />Pulite con cura il tartufo, se necessario con uno spazzolino morbido. Dopo aver nettato i fegati, asportando la sacchetta del fiele e i tendini, steccateli con alcune listarelle di tartufo. In una casseruola, dove già sfrigola il burro, fate rosolare il trito di cipolla e prezzemolo; a cui aggiungete i fegati; profumate con raspatura di noce moscata, regolate di sale e pepe quindi bagnate con il brodo e fate cuocere, adagio. Trascorsa circa un'ora, proprio al termine della cottura, ricoprite con fettine sottili di tartufo e servite al più presto.<br />Fegato cum scigul. <br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di fegato di vitello, 3 cipolle affettate, farina, g 60 di lardo, un bicchiere di vino secco, 2 spicchi di aglio tritati, un nonnulla di spezie miste (cannella, noce moscata, chiodi di garofano, pepe nero,polvere, un cucchiaio di prezzemolo tritato , g 40 dì burro, 2 cucchiai di olio di oliva sale. Tagliate a fettine o a pezzetti il fegato di vitello. In una padella, soffriggete nel burro e nell'olio il lardo pestato i. trito di aglio e prezzemolo. Appena han preso colore unite le cipolle affettate e lasciate ad averle appassite e colorate. Ora, potete aggiungere il fegato, cospargete una cucchiaiata di farina profumate con le spezie, mescolate più volte, quindi bagnate di vino rosso lasciate sobbollire adagio: il tempo che si asciughi almeno in parte, adesso salate, mescolate. Dieci minuti sono sufficienti per cuocere il fegato.<br />Fegato in salsa d'uovo.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 600 di fegato di vitello, affettato, farina, g60 di toma fresca, mezzo bìcchiere di latte intero, g 40 di burro, un limone, il succo e parte di scorza grattugiata, 3 cucchiai di olio di oliva, un ciuffetto di foglioline di salvia, un pizzico di noce moscata, 3 tuorli d'uovo, sale e pepe di mulinello. In una ciotola sbattete i tuorli con la toma fresca e il latte; a cui succo di limone e parte di scorza grattugiata; lavorate con un cucchiaio di legno, profumate con noce moscata e, condite il composto con sale e pepe. Nella padella grande, soffriggete nel burro e nell'ofio il fegato appena infarinato. Trascorsi pochi minuti (il tempo che abbia terminato di espellere acqua e sangue), abbassate il fuoco, poi unite la salsa appena preparatamescolate più volte e portate in tavola il fegato, ancora fumante e profumato.<br />Fegato e salsiccia <br />(b) Ingredienti per 6 persone: g 400 di fegato di vitello affettato, g250 di salsiccia fresca sminuzzata, 2 cucchiai di olio di oliva, burro, , un bicchiere di vino bianco secco, sale e pepe di mulinello. <br />In una padella, dove già frigge il burro, cuocete le fettine di fegato appena infarinate. Rigiratele per uniformarne la cottura. In un altro tegame scaldate l'olio; qui cucinate la salsiccia. Ora, in una casseruola (ìdeale se di rame) mettete sia il fegato che la salsiccia, bagnate con il vino bianco e fate evaporare. Un attimo prìma di servire la vivanda salate e pepate poi portate in tavola.<br /><br />Filetti di manzo in rete.<br />(m)<br /> Si può utilizare anche ilcontrofiletto. Ingredienti per 6 persone: 6 filetti di manzo pari a circa kg 1, una foglia di alloro, g 200 di fegatini di pollo, una bottiglia di vino rosso, una cipolla tritata, mezza costa di sedano tritata, 2 mestoli di fondo di cottura di stracotto brasato , una carota tritata, rete di maiale, un mestolo di brodo g 120 di burro, sale e pepe di mulinello. Dopo aver pulito i fegatini tagliateli a fettine, quindi profumateli con il trito delle verdure. I 6 filetti vanno insaporiti con sale fino e pepe appena macinato, poi copriteli con i fegatini e le verdure, avvolgeteli con la rete e soffriggeteli in padella, dove già frigge circa la metà del burro, insaporiti dalle foglie d’alloro sminuzzata. (conservandoli a parte, al caldo), Dopo pochi minuti togliete i filetti (conseversate il vino rosso, mescolate più volte e fate che asciughi; aggiungete fondo di cottura, diluite con del brodo, mescolate ancora e proseguite nella cottura fino ad ottenere una crema liscia; alla quale dovete aggiungerti restante burro, per farlo sciogliere e mescolare con cura. Con questa salsa ricoprite i filetti e serviteli caldi.<br />Filetto alla Brisinese.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: 6 fette difiletto o controfiletto discretamente spesse, g 120 di burro, il succo di un limone, g 25 di funghi secchi, pangrattato uno spicchio di aglio tritato, 2 uova, un cucchiaio di prezzemolo tritato, sale, un tartufo bianco. <br />Mettete a bagno i funghi in acqua tiepida; appena ammollati strizzateli. pulitecon cura il tartufo, ripulendolo con uno spazzolino tenero o con uno straccetto umido. Ora, tritate i funghi insieme all'aglio, al prezzemolo e al tartufo. In una padella, sciogliete poco burro, quindi soffriggetevi il trito, versate succo di limone, salate e lasciate cucinare pochi minuti. Battete i filetti, rivestitele con il trito appena insaporito, da ambo le parti, poi passatele nel pangrattato, tuffatele nell'uovo (sbattuto e appena salato), ripassatele nel pangrattato e preparatevi a soffriggerle, nel rimanente burro. Servite il filetto caldissimo.<br />Visciag o maiale alle mele <br />(n) Ingredienti per 6 persone: un lombo di maiale, g 60 di burro, farina, 2 cucchiai di olio di oliva, una cipolla tritata (o a dadini), un bicchiere di vino bianco secco, una carota tiitata (o a dadini), 4 mele renette, una costa di sedano tritata (o a dadini) , sale e pepe di mulinello. <br />Sbucciate le mele, asportate i torsoli e ta liatele a fettine sottili. Dopo aver infarinato il lombo, mettetelo in una casseruola a rosolare, dove già soffrigge nell'olio e in circa metà del burro il trito di sedano, carota e cipolla. Rigirate il pezzo più volte, per uniformarne la cottura, quindi irrorate con il vino bianco e fate asciugare. Ora, calate qualche fettina di mela, regolate di sale e pepe e lasciate cucinare, adagio, per circa 10 minuti. Affettate il lombo e disponetelo nel piatto da portata; il fondo di cottura passatelo al setaccio, rimettetelo sul fuoco e versatelo sopra la carne; intanto, in una padellina, rosolate in pochissimo burro le restanti fettine di mela; disponetele attorno alle fette e servite<br />Truc truc in salmì <br />(b) Ingredienti per 6 persone: 6 filetti di tacchino, g 50 di burro, farina, sale e pepe di mulinello<br />Per la salsa: un bicchiere di vino Marsala secco, un tartufo bianco, g 40 di burro.<br /> Pulite accuratamente il tartufo con uno straccetto umido; se necessario anche con uno spazzolino leggero. Nella padella, dove già sfrigola il burro, rosolate da ambo le parti i filetti di tacchino (precedentemente battuti, schiacciati) appena infarinati e conditi con sale e pepe. Una volta cucinati, manteneteli al caldo, in disparte. Al fondo di cottura aggiungete il vino Marsala, poi il burro; mescolate pìù volte e con questa salsa glassateli. Ultimo tocco, davvero speciale: ricoprite i filetti con lamelle finissime di tartufo.<br />Filetto di vitello<br />(m)<br /> Una vivanda ricca, tipica delle cucine nobili e borghesi. Ingredienti per 6 persone: 6 filetti di vitello d'un certo spessore, un bicchierino di vino Marsala misto di Rhum, farina, 3 mestoli di fonduta (vedi), g 60 di burro, g 400 di funghi porcini (ideali se piccoli), foglie di salvia, uno spicchio di aglio, una foglia di alloro, sale e pepe di mulinello, g 80 di pasticcio di fegato. <br />Pulite con cura i funghi porcini, poi tagliateli a pezzetti o affettati. In una casseruolina saltateli con poco burro, aromatizzato di alloro, aglio e pepe macinato. Scaldate la fonduta e tenetela pronta. Prendete i filetti, praticate un'asola al centro con un coltellino affilatissimo e qui collocate un cucchiaino di paté di fegato, poi richiuso fermando con uno stecchino. Nella padella, rosolate nel burro, profumato con alloro e salvia, i i appena infarinati; da rigirare, per cuocerli uniformemente. Piuttosto gnateli con il misto di MarsalaeRhum e fate asciugare. Disponete i filetti nei piatti da portata, togliete lo stecchino, ricopriteli con i funghi, quindi versate la fonduta e portateli in tavola ancora fumanti.<br />Filetto in salsa brusca <br />(n). Ingredienti per 6 persone: 6 filetti di manzo, sale, g 60 di burro. Per la salsa:, 2 uova sode, un cucchiaio di aceto forte, un cucchiaio di senape, sale e pepe di mulinello, g 60 di olio extra vergine di oliva.<br /> In una padella, rosolate nel burro i filetti, da ambo i lati, salateli e mateneteli al caldo. Nel frattempo, in una ciotola mettete il trito delle uova sode, al unite la senape, l'aceto e l'olio, regolate di sale e pepe, mescolate più e con questa salsa sfiziosa ricoprite i filetti e portate in tavola.<br />Finanziera, <br />o boscaiola (b). Questo piatto antico e popolare, propone frattaglie e ínteriori. Ieri il consumo di certi sottoprodotti era un'esigenza; oggi, per llestire, questo splendido piatto bisogna prenotarsi sia dal pollivendolo che dal macellaio e, fortunati, se potrete trovarli tutti in un tempo ragionevole e insieme.<br />una pietanza del 700. Ingredienti per 6 persone: g 120 di filone di vitello (midollo spinale detto schienale), g 200 di polpa di manzo, g 120 di animelle, un cetriolo, g 120 di fegatini dì pollo, g 10 di funghi sott'olio, mezza cervella di vitello, g 60 di burro, g 100 di creste e bargigli di gallo, un bicchierino di vino Marsala secco, g 100 di testicoli di toro, un mazzetto di prezzemolo, farina, 2 cucchiai di aceto di vino, sale e pepe. Pulite la cervella (lavandola in acqua corrente fredda e eliminando la pellicina e le vene) e le animelle anch'esse messe a bagno in acqua corrente. Le creste, i bargigli, le animelle e i testicoli si lessano in acqua quando si pelano facilmente, si tolgono dal bollore, si nettano e si lasciano in acqua salata, per mantenerli bianchi. In una casseruola capace mettete a sbollentare il filone, insieme alla cervella, in acqua salata aromatizzata con l'aceto e un mazzetto dì prezzemolo.Il tutto, dopo averlo sgocciolato e asciugato, tritatelo assieme ai fegatini e alla polpa di manzo, al cetriolo ed ai funghi sott'olio, per poi passarlo in padella, appena infarinato, a soffriggere nel burro caldo. Mescolate più volte e lascìate cuocere adagìo, quindi irrorate con il Marsa la e dopo pochi minuti servite la finanziera ancora fumante. ( si possono aggiungere dei piselli, poi un uovo e il formaggio parmigiano grattugiato, oppure aromatizzare il burro soffriggendogli insieme un trito di aglio e cipolla . O aggiungere in cottura, prezzemolo tritato e succo di limone).<br />I <br />Involtini di foglie di vite.<br />(b) Ingredienti per 6 persone:g 500 di carne avanzata (bollito, arrosto stracotto ecc.) , foglie di vite, mostarda piccante (o senape o bagnet verde), 2 cucchiai di prezzemolo tritato, sale e pepe di mulinello, 2 uova.<br /> Dopo aver macinato finemente la carne avanzata, mettetela in una ciotola, per amalgamarla al prezzemolo tritato e alle uova; regolate di sale e pepe e impastate con cura. Le foglie di vite, una volta che le avete ben lavate, utilizzatele per contenere la farcita: arrotolandole, ripiegando le estremità e legandole con filo di<br />refe. Questi involtini tuffateli nell'acqua bollente salata e dopo circa 10-15 minuti scolateli e serviteli caldi, accompagnati da mostarda piccante, senape o bagnet verde.<br />L'aggiunta di cipollotti tritati.<br /><br />M <br />Manzo all’arancia.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: kg 1 di polpa di bue (dal posteriore), 3 chiodi di garofano, un dI di olio di oliva, 2 bicchieri di vino bianco secco, g 60 di burro, 3 arance, uno spícchio di aglio pestato, farina, se necessaria,un rametto di rosmarino, sale. Nella casseruola (possibilmente di rame) soffriggete nell'olio e nel burro il pezzo di carne, aromatizzando con l'aglio, i chiodi di garofano e il rosmarino. Rigiratela spesso per colorirla uniformemente, poi irroratela con il vino bianco, salate e fate asciugare. Abbassate il fuoco, coprite e cucinate, adagio, per circa 3 ore. Nel frattempo, spremete le arance e conservatene il succo. La pelle di queste, toglietela senza il bianco e mettetela a lessare in acqua bollente; quando è morbida, scolatela e tagliatela a listarelle sottili. Appena la carne è cucinata a puntino, toglietela dal bagno, affettatela e disponetela nel piatto da portata. Il fondo passatelo al setaccio, riponetelo sul fuoco, per amalgamarvi il succo di arancia e le listarelle di scorza, rigirate più volte e versatelo sopra la carne, un attimo prima di servire<br />P <br />Pe ad purcel. (b)<br /> Ovvero zampetti di maiale fritti. Un piatto tipico dei giorni in cui si macella e lavora il maiale. Ingredienti per 6 persone: 4 zampetti di maiale, la scorza di mezzo limone,mezzolitro dì aceto (possibilmente bìanco) ,una foglia di alloro, mezzo 1itro di vino bianco secco, un cucchiaio di zucchero una costa di sedano, sale, un ciuffetto di prezzemolo. Per friggerli. 3 uova sbattute, g 120 di burro, pangrattato, pepe nero di mulinello, a piacere un dI di olio di oliva, sale e pepe. Pulite a dovere gli zampetti, passandoli sulla fiamma per bruciare le fstidíose setole, quindi lavateli e - volendo - spaccateli a metà (lavoro da lasciar fare al macellaio, aiutato dalla sega elettrica). Oppure teneteli interi, ma allora consigliamo di fasciarli con dei riquadri di tela, perché in cottura non si rompano. Ora, mettete gli zampetti fasciati entro una pentola capace, aggiungete le verdure odorifere, l'aceto e il vino, quindi 2 o 3 litri di acqua fredda, zuccherate e salate. Incoperchiate ìl tegame e lasciate cucinare, adagio. Appena la carne si sta staccando, togliete gli zampetti dal bollore, sfasciateli e fateli intiepídíre. Poi passateli nell'uovo (precedentemente sbattuto con un pizzico di sale), rvoltateli nel pangrattato e friggeteli in padella, dove gìà sfrigolano l'olio e il burro. Il tempo di dorare la panatura, allora toglieteli, asciugateli sopra fogli di carta assorbente e serviteli subito, caldissimi. Per molti è indispensabile spolverizzarli con pepe nero appena minacinato.<br />Polpettine della nonna.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone:g 500 di carne di manzo o di vitello, uno spicchio di aglio tritato, macinata, un cucchiaio di prezzemolo tritato, 2 uova, aceto buono, un pizzico di - noce moscata, di cannella, di chiodo dì garofano in polvere -, olio di oliva per friggere, 3 bacche di ginepro pestate, 5 foglioline di menta, foglioline di salvia, una cipolla tritata, sale e pepe nero di mulinello, farina. In una ciotola mettete la carne macinata, alla quale aggiungete, oltre alle uova, tutti gli ingredienti profumati (noce moscata, cannella, chiodo di garofano, ginepro, menta, aglio e prezzemolo); regolate di sale e pepe e amalgamate con cura. Con questo composto preparate confezionate tante polpettine, più o meno cilindriche, da passare nella farina e soffriggere (dorare) nell'olio buono. Se volete potete aromatizzarle prima con aceto di vino buono e cipolla tritata. La stessa cosa si può fare dopo, durante la frittura, almeno per l'aceto (da irrorare mentre le polpettine friggono nell'olio), ma se non fate attenzione la cipolla si cuoce troppo e diventa amara. Allora conviene passare le polpettine prima in una casseruola con cipolla tritata e aceto (per insaporirle a dovere), poi passarle in padella, per la frittura finale. Asciugatele su carta assorbente e portatele in tavola caldissime.<br />Polpettine (frisse)<br />al vino rosso(b)<br /> Ingredienti per 6 persone:g 300 di polpa di maiale, g 120 di polmone (o cervella), g 150 di fegato dì maiale, strutto per friggere (oppure, secondo i l burro e olio), g 200 di salsiccia fresca, 2 uova , una foglia di alloro, g 40 di grana padano grattugiato, un rametto dì rosmarino, un bicchiere di vino rosso, un goccio di brodo buono, un pizzico di noce moscata, sale e pepe dì mulinello, rete (omento) di maiale. <br />Dopo aver tritato insieme le carni e le interiora, amalgamate il tutto con le uova e il formaggio grattugiato, profumate con noce moscata, regolate di sale e pepe e mescolate con un cucchiaio di legno, per ottenere un composto omogeneo. Da questo ricavate tante palline grosse come una noce, avvolgetele nella rete di maiale, quindi friggetele nello strutto, aromatizzato dall'alloro e dal rosmarino. Asciugate le frisse e lasciatele raffreddare. Ora, in una padella, sciogliete poco burro, poi mettete a rosolare le poltette, bagnate con vino rosso e poco brodo, coprite e lasciate cuocere circa 20 minuti. Servite la vivanda caldissima.<br />Fricassea di carni <br />(n)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 500 di carni miste (maiale, agnello,gallina o pollo), tagliate a dadini medi, una costa di sedano tiitata, g80 dì lardo pestato, 4 cucchiai di olio, una cipolla tritata, un mazzetto odoroso (crbe varic), una carota tritata, un bicchiere di vino bianco, Per la fricassea: 2 uova, foglie di salvia tritate, un limone, il succo e parte della scorza grattugiata, un cucchiaio di prezzemolo tritato, un nonnulla di noce moscata, g 30 di toma fresca, g 30 di grana grattuggiato, mezzo bicchiere di latte intero, sale e pepe di mulinello. <br />Nella casseruola ampia, mettete a soffriggere il pesto di lardo insieme a sedano, carota C Cipolla tritati; dopo qualche minuto i cubetti di carne, profumate con le erbe, irrorate vino bianco e lasciate cuocere adagio. Intanto, in una ciotola, amalgamate con le uova il trito di salvia e prezzemolo aggiungete toma tritata, formaggio grattugiato, poco limone; profumate con pepe macinato, noce moscata e scorza di limone gratuggiati, salate e lavorate con un cucchiaio di legno. Dopo circa 40 minuti le carni sono cotte a puntino so che affiora sul fondo, così pure le erbe profumate; unite la fricassea ( lo spezzatino) mescolate più volte e portate in tavola.<br />Frittura<br /> Ingredienti per 6 persone: g 200 di salsiccia, a dadini, una foglia di alloro, g 700 di lombo di maiale, g 200 di fegato di maiale affetiato, a dadini, g 100 di polmone affiettato, g 40 di burro, un rametto di timo, un bicchiere di vinobianco secco, 3 cipolle affettate, sale e pepe di mulinello. Sbollentate il polmone in acqua salata, poi tagliatelo a fette. Il fegato liberatelo della sacchetta del fiele e dei tendini, quindi affettate. In una padella grande, soffriggete nel burro le cipolle, profumando l'alloro e il timo; appena ìmbiondiscono, aggiungete il lombo e il polmone lasciate rosolare. Ora, versate vino bianco e fate evaporare, almeno in parte. Unite il fegato affettato e la salsiccia sminuzzata, regolate di sale e pepe, terminate la cottura mescolando spesso. Servite la frittura caldissima<br />G <br />Galantina di pollo.(m) Un piatto che va bene anche per l’antipasto, opppure durante l’estate per pranzi a base di carni o vegetali grigliati e freddi o in carpione. Un pollo medio/grande, g100 di vitello niacinato, mezzo bicchiere di vino Marsala secco, g 60 di prosciutto cotio a dadini, g 60 di pistacchi secchi (ammollarli in acqua), g 40 di lardo, a dadini, g 30 di tartufo a pezzetti, un foglietio dì colla di pesce, Un goccio di Brandy, sale e pepe di mulinello. Per il brodo: sedano, carota e cipolla (steccato con 2 chiodi di garofano), ossa del pollo. Per la gelatina: Un litro di brodo, un bicchierino di vino Marsola, 2 fogIiettì di gelatina. Dal macellaio, fate disossare il pollo (conservate le ossa, vi serviranno per il brodo); una volta questa operazione si svolgeva in casa, ma oggi il tempo è limitato e l'abilità lascia a desiderare. Piuttosto, fiammeggiatelo per eliminare la fastidiosa peluria, pulitelo e apritelo sopra il piano dei tavolo. Nel frattempo, in una pentola mettete tre 1 di acqua salata, calate le ossa del pollo, profumate con le verdure e preparate il brodo. In una ciotola capiente mettete la carne macinata, unite la dadolata di lingua salmistrata e di prosciutto cotto, irrorate con il Brandy, aggiungete a colla di pesce (precedentemente sciolta a bagnomaria nel vino Marsala), poi i pezzetti di tartufo e i pistacchi; regolate di sale e pepe, amalgamate con cura e con questo composto farcite il pollo. Dopo che lo avete fasciato avvolto in un telo sottile di lino, legatelo strettamente con spago fino, come fosse una caramella, quindi mettetelo a cuocere nel brodo, per circa un'ora. Appena è cucinato, togliete la galantina dal brodo, mettetela sotto pressione (con un piatto sopra appesantito da un ferro da stiro o quant'altro) e mentre raffredda, si asciuga. Ora, liberatela dal telo, affettatela e ponetela nel grande piatto da portata, in un locale fresco (oppure in frigorifero). Per ottenere la gelatina, scaldate il brodo buono e portatelo a ebollizione; pegnete il fuoco, scioglietevi i foglietti di gelatina, profumate con il Marsala e lasciate raffreddare del tutto. Questa gelatina ponetela in frigorifero per alcune ore (almeno 4) prima di utilizzarla. Riprendete la galantina di pollo, ricopritela con cubetti (o trito) di gelatina e portate in tavola.<br />Galletto all'aceto <br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: un galletto, una cipolla tritata, un dl di olio di oliva, un porro affettato, un cucchiaio di zucchero, una carota tritata, un bicchiere di aceto, una costa dì sedano tritata,2 mestoli di brodo, Un rametto di timo3 pomodori maturi (privati della pelle, dei semi e dell'acqua di vegetazìone) tagliati a dadini, 2 spicchi di aglio tritati, un rametto di rosmarino, una foglia di alloro, un cucchiaio diprezzemolo tritato, sale e pepe di mulinello. <br />In una casseruola mettete poco olio, appena frigge rolsolatevi le cipolle e il porro, la carota e il sedano, profumando con il rosmarino, l'alloro, il timo.Intanto, in una padella dorate il galletto (ben salato e pepato) nell'olio pochi minuti, quindi unitelo al soffritto odoroso. Sempre nel tegame di prima dove avete rosolato il alletto, sciogliete lo zucchero e versate l'aceto; mescolate pffi volte e portate a bollore; giungete il brodo e fate sobbollire per altri minuti. Questo sugo versatelo sopra il galletto, mescolate il tutto e cucinate ancora per altri 30 minuti. Pochi attimi prima di togliere dal fuoco, calate la dadolata di spolverizzate prezzemolo tritato e preparatevi a servire il galletto, pezzi, sia caldo che freddo.<br />Galletto al vino. <br />(m) Ingredienti per 6 persone: un galletto, 3 cucchiai di olio di oliva, g 30 di burro, g 120 di lardo, tagliato a listarelle o dadini (o mezzo 1 di vino rosso (ideale il Barbera), farina bianca, una cipolla affettata, un mestolino di brodo buono, 2foglie di alloro, sale e pepe di mulinello. <br />In una casseruola (possibilmente di rame), rosolate nel burro e nell'olio lardo insieme alla cipolla affettata e all'alloro. Aggiungete il galletto tagliato a pezzi, rosolate anch' esso, poi bagnateli con il vino rosso; il tempo che evapora e potete spolverìzzare di farina, Versate il brodo, regolate di sale e pepe e terminate la cottura. Servite il galletto caldissimo e fumante. (questa vivanda si può accompagnare, secondo tradizione di Massino, con rocchetti di salsiccia lessata a parte; oppure cipolline e funghi trifolati e carciofini in agro.<br /> Piatto antico, con carne di bestia vecchia, quando alle spalle, si contavano tante ore di lavoro nei campi. Per molti era la carne più avicinabile per il prezzo relativamente basso.<br />Giura. <br />(b) Ingredienti per 6 persone: kg 1 di polpa di vacca, un ciuffetto di foglioline di salvia, una cipolla, un cucchiaino di chiodi di garofano, una carota, grani di pepe nero, una costa di sedano, 2 cucchiai di olio di oliva, un rametto di rosmarino, 4 spicchi di aglio, sale e pepe. <br />Innanzitutto tagliate la carne a pezzettoni. In una pentola (che abbia il coperchio che sigilla) versate l'olio, quindi disponete parte della carne alternandola alle verdure; procedete così, a strati, profumando con le spezie; salate, coprite e mettete sul fuoco. E importante che non fuoriesca il vapore altrimenti la carne non si stufa a dovere. Dopo circa 3 ore è cucinata a puntino. morbida e bagnata dal sugo delle verdure. Servitela caldissima, accompagnata da patate lessate (a parte) o, come suecede spesso, da fette di polenta.<br />I <br />Insalata di zainpetti e bollito.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: 2 zampetti di vitello, spaccati a metà, 2 coste di sedano, uno bottiglia di vino bianco, altrettanta acqua, un porro, 2 cipolle, 3 foglie di alloro, 5 chiodi di garofano, una carota, sale grosso. Per il bollito: carne gommosa, sedano, carota e cipolla, sale grosso, grani di pepe. Per il condimento: olio extra vergine di oliva, 3 cipollotti affettati, capperini sottaceto, 4 filetti di acciughe dissalate, un cucchiaio di prezzemolo tritato, aceto di vino, foglioline di salvia tritate, sale e pepe nero di mulinello <br />In una pentola, fate bollire gli zampetti versando il vino ed altrettanto acqua salata (ciò che serve per coprirli) aromatizzati con sedano, cipolla, porro, alloro e chiodi di garofano. Quando sono lessati a scarniteli e tagliateli a listarelle. Queste ponetele in una grande insalatiera. A parte, in un altro bollore di acqua profumata con classici odori, lessate la carne gommosa. Anche questa, appena cotta, va tagliata a listarelle o fettine e unita a quella degli zampetti. Ora, finalmente, potete condire i come fareste in altre occasioni, e cioè con sale, pepe, aceto e olio arrícchendo con erbe profumate, capperini e acciughe. Lasciate macerare qualche ora prima di servire. Quest’insalata consumata il giorno dopo; rinnovare, con prezzemolo nuovo, appena tritato..<br />Intingolo di fegatinì e funghi.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 300 di un misto di rognoní, fegatini, una foglia di alloro, creste e cuori di pollo, farina, g 300 di funghi porcinifireschi, un bicchierino di Brandy, g 30 di burro, un bicchiere di vino Marsala, una cipolla tritata, un tartufo bianco, 3 cucchiai di olio di oliva, polenta calda e liquida<br />Pulite a dovere i funghi, poi tagliateli a pezzetti.Pulite pure il tartufo umettandolo con uno straccetto; se necessario, adoperate anche uno spazzolino leggero. Dopo aver nettato le interiora, tagliatele a fettine e preparatevi a rosolarle in padella, dove già frigge il burro e olio, insieme al trito di cipolla e alla foglia di alloro. Aggiungete i funghi e spolverizzate la farina; mescolate più volte, quindi versate sia il Brandy che il Marsala e lasciate evaporare. Toglícte le carni (conservandole al caldo) e passate il fondo di cottura al setaccio, poi rimettetelo sul fuoco a scaldarsi. In ciotole di terracotta monoporzione, disponete qualche cucchiaiata di polenta, versate le carni, bagnate con il sugo, ricoprite con lamelle finissime di tartufo e portate in tavola.<br />Intingoli di zampetto alle erbe.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: 2 zampetti di vitello, spaccati a metà, olio di oliva , un quarto di litro di aceto, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, un quarto di litro di acqua, foglie di salvia e di sedano, un quarto di vino rosso, 2 spicchi di aglio schiacciatì, 2 chiodi di garofano, un mazzetto di spinaci, 2 foglie di alloro, un mestolo di brodo, 2 grani di pepe, sale e pepe di mulinello, 2 cucchiai di zucchero. <br />Lavate con cura gli spinaci e tagliateli grossolanamente. In una pentola lessate gli zampetti con aceto, vino e acqua salata, aromatizzate da chiodi di garofano, alloro e grani di pepe; aggiungete lo zucchero, fate cuocere. Quando la carne si stacca, scolateli dal bagno, scarniteli e poi tagliate la polpa recuperata a pezzetti non troppo grossi. Ora, in una padella, fate soffriggere nell'olio il trito di prezzemolo, aggiungere le foglie di sedano e di salvia, spicchi d’aglio e spinaci, lasciate soffrigge per qualche minuto, poi calate la carne (da rosolare e insaporire anch'essi, regolate di sale e pepe, versate il brodo e terminate la cottura. Servite l'íntingolo ancora fumante.<br />Involtini. <br />(s) Ingredienti per 6 persone: g 400 di fegato di vitello, g 120 di burro, per friggere, g 400 di salsiccia fresca, sminuzzata, un mestolino di brodo, g 30 di parmigiano reggiano grattugiato, un mestolino di salsa di pomodoro, 3 bacche di ginepro, un mestolino di fondo di cottura dello stracotto o del brasato, g100 di uva sultanina, rete di maiale, sale. Mettete a bagno l'uva sultanina. Dopo aver tritato finemente il fegato versatelo in una ciotola grande, aggiungete la salsiccia, il formaggio grattugiato, l'uva passa ammollata e strizzata poi le bacche di ginepro pestate. Lavorate con cura con uu cucchiaio di legno, fino ad ottenere un composto uniforme. Ora, tagliate la rete di maiale a riquadri, disponetevi al centro mucchietto del composto, avvolgete la rete così da formare tanti involtiní poi friggerli nel burro caldissimo. Appena dorano, bagnateli con dopo pochi minuti unite il sugo di pomodoro e anche quello di carne, regolate di sale e fate cuocere, adagio, per circa 20 minuti, quindi portate i tavola.<br />l <br />Lepre alle erbe.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: una lepre, un cucchiaio di farina, g 150 di lardo (o pancetta), tagliato a fettine, una bottiglia di vino bianco, g 60 di funghi freschi, tagliati a pezzetti, g 50 dì burro, un mestolino di brodo, 3 cucchiai di olio, 2 acciughe sotto sale, una cipolla tritata, mezzo bicchiere di aceto, una carota affettata, un cucchiaio di trito misto di rosmarino, mazzetto profumato (alloro, rosmarino, salvia, timo, prezzemolo, basilico), sale e pepe di mulinello. <br />La lepre, pulita, fatela frollare alcuni giorni in frigorifero. Dissalate le acciughe sotto un getto d’acqua corrente, apritele per sfilettarle, privandole delle teste, della lisca centrale e delle code. Asciugatele sopra un canovaccio. Nettate anche i funghi, lavati, asciugati e tagliati a pezzetti. In una ciotola mettete un bicchiere di vino, versate l'aceto, poi i filetti d’acciughe sminuzzati e il trito misto di salvia, rosmarino e timo; lasciate marinare. Tagliate la lepre a pezzi e mettetela in una casseruola, insieme al lardo affettato, con pochissimo burro e l'olio; aggiungete il trito di cipolla e I.e rondelline di carota, quindi lasciate insaporire. Ora, cspargete di farina, profumate con il mazzetto profumato (da togliere) e versate circa metà del vino, lasciandolo asciugare. Unite i funghi, bagnate ancora con un bicchiere di vino, aggiungete il brodo e fate cucinare adagio. Appena la lepre vi pare cotta a puntino calate il vino della marinatura con le acciughe, unite una noce di burro, regolate di sale e pepe e terminate. La lepre servitela nel piatto da portata; il fondo di cottura passatelo al setaccio, versatelo sopra i pezzi e portate in tavola.<br /><br />Lepre e rape<br />ai <br />bourdung <br />specialità <br />di <br />Brisino<br />(b) Ingredienti per 6 persone: una lepre, già frollata in frigofero, una bottiglia di vino bianco secco, 2 spicchi di aglio tritato, una costa di sedano, 5 bacche di ginepro, una fglia di alloro, un ciuffetto di foglie di salvia, un rametto di rosmarino, 3 cucchiai di olio di oliva, 2 rape bianche tritate, 2 cipolle tritate, un mestolo di brodo, una carota tritata, un bicchiere di salsa di pomodoro, sale <br />In una casseruola, mettete a marinare la lepre tagliata a pezzi, profumate con salvia e bacche di. ginepro; salate, coprite con vino bianco e frollare per un giorno intero. In un tegame di terracotta, soffriggete nell'olio il trito delle verdure; è imbiondito unite i pezzi di lepre (sgocciolati dalla marinatura), irrorate brodo tiepido poi . un bicchiere di vino bianco recuperato dalla marinatura quindi lasciate cucinare adagio. Terminata la cottura, togliete i pezzi di lepre, per disporli sopra il piatto da portata; il fondo di cottura, Prima passatelo al setaccio, poi sul fuoco per aggiungervi la salsa di Pomodoro, mescolate, quindi versate sulla carne e portate in tavola. (Invece della salsa di pomodoro si può usare la polpa di pomodori maturi, sminuzzata con le dita oppure renderla piccante; allora si aggiunge peperoncino rosso pestato.).<br />Lepre lorgna.<br />(d)<br /> Ingredienti per 6 persone; una lepre 2 bottiglie di vino, 3 chiodi di garofano, vino rosso ideale se vecchio, 5 bacche di ginepro, una cipolla affettata, una carota affettata, un rameno di maggiorana, 2 coste di sedano a pezzetti, g60 di lardo pestato, g60 di burro, un cucchiaio di prezzemolo tritato, 2 rametti di salvia, una cipolla tritata, 2 rametti di rosmaino, uno spicchio di aglio tritato, 3 foglie di alloro, sale e pepe di mullinello. Mettete la lepre a frollare alcuni giorni in un locale fresco, ideale la cantina buia (ma quelle di città tra rumore e gas tossici non sono proprio consigliabili; allora è preferibile il frigorifero). Dopo aver pulito la lepre, privata della Pelle, delle zampe, della testa della coda, apritela per asportare le interiora, conservando il fegato; così<br />pure il suo sangue. Lavate accuratamente la lepre, poi tagliatela a pezzi. Questi una ciotola grande, ricoprite con il vino rosso, quindi aggiungete (sedano, carota e cipolla, prezzemolo, salvia, rosmarino, alloro, garofano, bacche di ginepro e maggiorana). Lasciate la lepre marinare almeno una intera notte. Il sugo della marinatura, dopo, ricordate di filtrarlo. Il giorno appresso, mettete a rosolare nel burro il trito di cipolla; appena si imbiondisce calate i pezzi di lepre scolati dalla marinatura, regolate di sale e pepe e lasciate cuocere per qualche minuto a fuoco allegro. Il tempo che la carne sia sbiancata, allora versate vino della marinatura e proseguite adagio nella cottura, aggiungendone di volta in volta che si asciuga. Nel frattempo, cuocote appena il fegato della lepre, toglietelo dal fuoco tritatelo, aggiungete il sangue della lepre poi il trito di aglio, versate tutto sui pezzi di carne; rimescolate ancora e terminate la cottura. La lepre va servita ancora fumante, bagnata con il proprio sugo di cottura.<br />Lepre in <br />salmì.<br />(n)<br /> Ingredienti per 6 persone: una lepre, frammenti di cannella, vino bianco, 2 bottiglie di vino rosso, 2 carote, 3 coste di sedano, g 80 di burro, 2 cipolle, un mestolo di brodo, 2 foglie di alloro, tartufo bianco, se possibile, 4 grani di pepe nero, sale.<br /> Sventrate la lepre, asportate le interiora e mettetela a frollare, completamente della pelliccia, per alcuni giorni in frigorifero (almeno una settimana). Una volta scuoiata, tagliate la lepre a pezzi e lavatela occuratamente con il vino bianco (da buttare). In una casseruola (possibilmente di terracotta), mettete i pezzi di carne unite le verdure tagliate a tocchetti, ricoprite con il vino rosso e marinare per alcune ore. Ora, mettete da parte la lepre, filtrate il vino rosso e le verdure passatela nuovamente in una casseruola (caso mai quella utilizzata in precedenza aggiungete il burro e lasciate rosolare a fiamma bassa; unite la le late di sale e fate rosolare anch'essa, rigirando i pezzi per cottura. A questo punto bagnate con il vino rosso appena filtrato, coprite e cucinate. Il vino asciuga, in parte; allora occorre umettare il tutto con brodo esagerare) e terminare la cottura. Sgocciolate la carne, il fondo passatelo al setaccio; rimettete a sobbolllire, sia il sugo che la carne, mescolate con cura e lasciate marinare nel fondo denso. Consigliamo di assaggiare (consumare) la lepre in salmì il giorno dopo, ben inteso riscaldata.<br />Lesso del lunedì.<br />(m)<br /> Piatto del riciclo. Ingredienti per 6 persone: g 600 di carne (bollita o arrosto), un rametto di rosmarino tritato, 4 cucchiai di olio di oliva, foglie di salvia tritate, una cipolla affettata, un bicchiere di vino bianco secco, un rametto di timo tritato , sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver tagliato la carne a dadini, mettetela a soffriggere in padella con olio e cipolla affettata. Trascorsi circa 10 minuti, profumate, con le erbe odorose tritate anch'esse, irrorate vino bianco e lasciate cucinare adagio; regolate di sale e pepe, me scolate più volte e portate in tavola.<br />Lingua al vino.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di lingua di vitello, 2 spicchi di aglio, una bottiglia di vino bianco secco, una foglia di alloro, una costa di sedano, 3 chiodi di garofano, una cipolla, 2 grani di pepe, una carota, sale<br />Per la salsa: g 25 di funghi porcini secchi, 4 pomodori maturi passati al setaccio, g 30 di burro, 3 cucchiai di olio di oliva, una cipolla tritata, un mestolino di brodo, una costa di sedano tritata, un bicchiere di vino bianco secco, uno spicchio di aglio tritato, un cucchiaio di farina, un cucchiaio di prezzemolo tritato, sale e pepe di mulinello.<br /> Mettete a bagno i funghi in acqua tiepida; dopo un paio di ore, scolateli e strizzateli. In una pentola collocate la lingua (precedentemente lavata con cura), copritela con il vino bianco ed altrettanta acqua salata, unite le verdure tagliate, profumate con i chiodi di garofano, i grani di pepe, l'aglio e l'alloro, quindi fate cuocere, adagio. Dopo circa 2 ore la lingua è lessata a dovere (forse qualcosa in più). Intanto, in una casseruola soffriggete nel burro e nell'olio il trito delle verdure, unite la polpa dei pomodori passata al setaccio, bagnate con il brodo, poi con il vino; dopo pochi minuti di bollore calate i funghi, mescolate ancora, quindi spolverizzate il tutto con la farina. Regolate di sale e pepe e terminate la cottura. Una volta che avete scolato la lingua, asportate la pelle, affettatela e disponetela nel piatto da portata, per ricoprirla con il fondo di cottura.<br />Lingua di vitello sanato. (s) Come dire animali allevati esclusivamente con latte naturale. Ingredienti per 6 persone: una lingua di sanato, un mestolo di bagnet verde (vedi), 2 1itri di brodo di verdure <br />Dopo aver lessato la lingua nel brodo di verdure, toglietela dal brodo, asportate la pelle, affettatela e servitela ricoperta dal bagnet verde.<br />Lingua in bagna verde.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: una lingua di vitello, sale grosso, sedano, carota e cipolla, un mestolo di bagnet verde (vedi capitolo salse) Lessate la lingua in abbondante acqua salata, aromatizzata con gli odori Cotta a puntino, togliete la pelle, tagliatela a fette e disponetela nel piatto da portata; ricopritela con il bagnet verde, lasciate marinare alcune ore in frigorifero, quindi servitela fredda.<br />Lingua in salsa al limone.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: 2 lingue di montone, mezzo 1 di vino bianco secco, 2 cipolle, un limone, il succo, una costa di sedano, g 40 di burro. una carota, farina, 3 cucchiai di olio di oliva, sale e pepe di mulinello.<br />Pulite con cura le lingue, mettetele a lessare coperte da acqua salata; appena sono cotte, scolatele, passatele a rosolare in unacasseruola con pochissimo olio profumato dalla presenza delle cipolle, del sedano e della carota tagliati a pezzetti. A questi a iungete il vino e poca tiepida, poi il succo di limone; regolate di sale e pepe, coprite e lasciate cuocere, adagio. Cotte a dovere, estraete le lingue, privatele della pelle, affettatele e od, sponetele nel grande piatto da portata; il. fondo di cottura passatelo al taccio, aggiungete il burro e poca farina, riscaldate il tutto, mescolando volte e con questa salsa umettate le fette di lingua e servite.<br />Lingua in salsa fredda.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: una lingua di vitello, 2 spicchi di aglio affettati, 3 acciughe salate, una cipolla, una costa di sedano, un rametto di rosmarino tritato finemente, una foglia di allorotritata finemente, sale grosso, 4 cucchiai di olio di oliva,un bicchiere di aceto. Dissalate le acciughe in acqua corrente, quindi apritele (per sfilettarle) asportando teste, lische e code. Innanzitutto lessate la lingua coprendola con acqua salata, aromatizzata delle verdure odorifere. In una padellina, soffriggete nell'olio le fettine di aglio, a cui unite i filetti di acciughe sminuzzati. Fate insaporire, mescolando. La lingua, appena cotta a dovere, toglietela dal bagno, spolverizzatela con il trito di alloro e rosmarino, bagnatela con l'aceto di vino bianco e lasciate marinare, per alcune ore, rigirando spesso la carne, per uniformarne la frollatura. Nettate la lingua togliendo la pelle, affettatela, disponetela nel piatto da p ortata, irroratela con il fondo di cottura e servitela<br />Lingua lessa e peperoni.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: una lingua di vitello, 6 peperoni dolci, sedano, carota e cipolla, salsa detta bagna buona (vedi), un 1 di vino bianco secco, sale. <br />Mettete a lessare la lingua in circa 2 litri di acqua salata, versate il vino bianco, profumate con le verdure e cucinate. Intanto, sopra la graticola arrostite i peperoni (precedentemente privati dei piccíolo, del torsolo centrale ricco di semi e delle coste bianche); così da pelarli facilmente e da tagliarli a listarelle non troppo strette. Appena la lingua è lessata, togliete la pelle, affettatela e disponetela nel piatto grande da portata a strati alternati con le listarelle di peperoni; ricoprite con la salsa e lasciate marinare per alcune ore. Servite la vivanda fredda.<br />Lingua salmistrata.<br />(n) Ingredienti per 6 persone: una lingua di vitello, 4 chiodi di garofano, salnitro, frammenti di cannella, sale fino e grosso, 5 grani di pepe nero, vino Barbera, 2 foglie di alloro <br />Dopo aver soffregato la lingua con salnitro e sale fino, collocatela in una teglia di terracotta (o pirofila), spolverizzatela di sale fino e aggiungete ogni tanto salnitro, incoperchiate e lasciate marinare per circa 3 giorni. A questo punto, sobbollite vino rosso Barbera (meglio 2 litri che uno aromatizzandolo con cannella, chiodi di garofano, grani di pepe e foglie di, alloro; lasciatelo raffreddare, poi versatelo sopra la lingua fino a coprirla, coprite e "abbandonate" il tutto per altri giorni (almeno 4). sgocciolata, lessate la lingua in abbondante acqua. Servitela fredda, privata della pelle e affettata. Gli accompagnamenti da suggerire sono infiniti: dalle salse, più o meno piccanti, alle verdure lessate, caramellate, in agrodolcé. ( si può utilizzare anche la lingua di maiale (3 o 4 per raggiungere il necessario)<br />Lombata di agnello.<br />(b)<br /> Ingredienti,per 6 persone: 6 lombatine (costolette) di agnello, un ciuffetto di erba cipollina tritata, g 250 di zenzero (rizomi), un bicchierino di Brandy, 5 cucchiai di olio di oliva, un ciuffetto di timo tritato, mezza cipolla tritata, g 40 di burro, uno spicchio di aglio tritato, sale e pepe di mulinello Dopo aver pulito i rizomi di zenzero, pelandoli, affettateli e passatelii padella, a rosolare nell'olio bollente, insieme al trito di cipolla, di aglioc erba cipollina; regolate di sale e pepe e lasciate cuocere adagio. Per smag re l'intingolo versate il bicchierino di Brandy. A parte, in un'altra padella, soffriggete in pochissimo olio le lombatinti di vitello, dopo averle spolverizzate di sale e pepe. Il fondo di cottura unitelo al sugo dello zenzero, profumate con il timo lasciate sobbollire. Ora, le lombatine disponetele nel piatto da portata, tutt'intorno fettine di zenzero, bagnate il tutto con il fondo di cottura e portate in tavola.<br />Lombata di vitello allo spiedo. <br />(b) Ingredienti per 6 persone: kg 1 di lombo di vitello (con relativoosso), uno spicchio di aglio tritato, un nonnulla di noce moscata, un dl di olio di oliva, sale, 6 acciughe (già dissalate e sfilettate)<br /> In una ciotola ampia mettete a marinare il pezzo di lombata con sale e noce moscata, ricoprite con le fettine di aglio e i filetti di acciughe bagnate con l'olio e lasciate riposare per alcune ore; ogni tanto pezzo di carne. Quando lo spiedo è pronto, con braci consistenti. infilzate la lombata alla spiedo e mettetela ad arrostire, adagio, umettandola ogni tanto con penellate della marinatura. Servitela caldíssima, tagliata a fette.<br />Lombo di maiale.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: kg I di lombo di maiale, una foglia di alloro, g 30 di burro, mezzo bicchiere di panna liquida, 3 cucchiai di olio di oliva, un mestolino di brodo, 2 spicchi di aglio, g 150 di nocciole, un rametto di rosmarino, sale e pepe di mulinello. Mettete in una teglia, a rosolare nell'olio e nel burro il pezzo di lombo, aromatizzato dall'aglìo, dal rosmarino e dall'alloro. Il tempo che prenda colore uniformemente, rigirando più volte, e allora versatevi sopra la panna liquida, aggiungete il brodo e fate cuocere adagio; dopo, regolate dì sale e pepe e procedete nella cottura, passando la te forno (già caldo a 180°). Quando l'arrosto vi pare cotto, togliete il lombo, affettatelo e disponetelo nel piatto da portata; il fondo di cottura passatelo al setaccio, unite le nocciole (precedentemente tostate in forno e tritate finemente), mescolate più volte e fate insaporire. Questa salsa versatela sopra la carne e portate in tavola<br />M <br />Manzo della nonna.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di polpa di manzo, 3 cucchiai di olio di oliva, 2 cipolle tritate, mezzo bicchiere di aceto, 2 acciughe sotto sale, un cucchiaio di farina, un cucchiaio diprezzemolo tritato, 2 cucchiai di capperini sott'aceto, uno spicchio di aglio schiacciato, sale e pepe di mulinello, g 40 di burro. <br />Innanzitutto dissalate le acciughe sotto un getto di acqua corrente, apritele e sfilettatele, asportando le teste, le lische e la coda. In una casseruola mettete a cuocere la carne di manzo insieme a olio e burro, aromatizzando con il trito di cipolla e prezzemolo, filetti dì acciughe sminuzzatì e aglìo. Il tempo di rosolare la carne, rigirandola più volte, e.potete aggiungere aceto diluito in poca acqua; regolate di sale, incoperchiate e portate a termine la cottura. Dieci minuti prima di togliere il tegame dal fornello, stemperate nel fondo di cottura poca farina, per addensare la salsa. Affettate la carne, disponetela nel piatto da portata, ricopritela con la salsa e terminate decorando con capperiní sott'aceto. Da servire tiepida o fredda.<br />Manzo della suocera.<br /> (b)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di capocollo di manzo. Per la marinatura: un rametto di rosmarino, un al di olio di oliva, g 60 di lardo, tagliato a listarelle, un bicchiere di aceto<br />foglioline di salvia, pepe nero macinato. Per la cottura: una cipolla tritata, 3 cucchiai di olio di oliva, 3 acciughe, sfilettate e dissalate, un bicchiere di aceto di vino rosso, 2 spicchi di aglio tritati, un cucchiaio di farina, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, g 25 di capperini sott'aceto, foglie di salvia tritate, sale e pepe di mulinello, g 40 di burro.<br />In una ciotola capace mettete a marinare il pezzo di capocollo (già steccato con rosmarino, salvia e listarelle di lardo), umettato dall'aceto, spolverizzato di pepe nero e bagnato dall'olio; coprite con un coperchio e riposare (frollare) per alcuni giorni. Riprendete la carne, disponetela sul fondo di una casseruola (dove frigge il burro e l'olio), insieme al trito di cipolla, aglio, prezzernolo salvia; aggiungete i filetti di acciughe sminuzzati, regolate di sale e pepc lasciate rosolare, rigirandola più volte per uniformarne la cottura. Versate l'aceto rosso e un bicchiere di acqua tiepida, coprite e seguite nella cottura. Quando la carne vi pare cotta a puntino, toglietela, affettatela e dissponetela nel piatto da portata. Nel frattempo, il fondo di cottura rassodatelo e legatelo con poca farina quindi passatelo sopra le fette di manzo; decorate con i capperini e portate in tavola<br />Manzo <br />alle barbabietole (rape) <br />rosse.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: kg 1 di polpa di manzo, g 40 di burro, 6 rape rosse, mezzo bicchiere di vino rosso, g 80 di lardo, tagliato a listarelle, brodo buono, un rametto di rosmarino, sale e pepe di mulinello, una foglia di alloro. <br />Dopo aver pelato le rape rosse, grattugiatele e il ricavato passatelo in telo fine, per pressarlo e filtrarne il succo. In questo, disposto in un contenitore capace, mettete a bagno la carne dopo averla steccata con listarelle di lardo e condita con sale e pepe, profumando con alloro e rosmarino; coprite e lasciate marinare per un giorno almeno. Ora, riprendete il manzo, rosolatelo nel burro caldo (dove avete già soffritto il rimanente lardo), poi aggiungete il succo delle rape, coprite e fate cuocere, adagio, per circa un'ora. Se rischia di asciugare troppo versate gocce di brodo (o acqua) e terminate con il vino rosso. Servite la vivanda caldissima e fumante; affettata e umettata dal suo fondo di cottura, passato al setaccio.<br />Manzo <br />alle noci.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di polpa di manzo, una cipolla tritata, uno spicchio di aglio, un bicchiere di vino Marsala secco, 12 noci, i soli gherigli dal fondo di cottura., g 30 di burro, la mollica di una michetta, brodo, se necessario, mezzo bicchiere di aceto, sale. <br />Mettete il pezzo di carne in una casseruola, a rosolare nel burro, profumando con cipolla tritata. Rigirate il pezzo più volte per cucinarlo uniformemente. Intanto, pestate nel mortaio i gherigli di noci insieme all'aglio, a cui aggiungete mollica di pane imbevuta nell'aceto; stemperate con il vino Marsala, regolate di sale e con questa salsa ricoprite il pezzo di manzo; coprite e lasciate cuocere, adagio, per circa un'ora e mezza. Se dovesse asciugare troppo, versate piccole quantità di brodo. Servite la carne affettata, ricoperta<br />Manzo stufato<br />(b) Ingredienti per 6 persone: kg 1 di polpa di manzo, un chiodo di garofano, una cipolla tritata, un nonnulla di cannella, una carota tritata, una bottiglia di vino rosso, una costa di sedano tritata, uno spicchio di aglio tritato, mezzo bicchiere di latte intero o panna, un mazzetto profumato alloro e salvia rosmarino, sale e pepe di mulinello. In una casseruola capiente (meglio se di rame), rosolate nell'olio e nel burro il trito delle verdure, profumate con spezie, calate la polpa di manzo tagliata a pezzetti (o dadini) e cucinate. Dopo circa 10 minuti, versate il vino rosso, coprite e procedete. Trascorsa circa un'ora e mezza, spegnete il fuoco e lasciate riposare per una intera notte.Il giorno dopo, riprendete la casseruola, riponetela sul fuoco e lasciate cuocere per altro tempo. Pochi minuti prima di servire la vivanda, unite il latte, mescolate con cura, quindi affettate la carne, disponetela nel piatto da portata, passate al setaccio il fondo di cottura, versatelo sopra la carne e servite.<br /><br />Masarà della nonna. <br />(b) (un termine per dire bagnato, inzuppato, ammollato) Ingredienti per 6 persone: 4 salamini d'la duja (conservati nel grasso d'oca o di maiale), g 60 di lardo (o pancetta) pestata, g 30 di burro, 2 cucchiai di olio di oliva, 2 cipolle affettate, g 300 di patate, g 300 di zucchine 6 pomodoti maturi (privati della pelle dei semi e dell'acqua di vegetazione)sale, <br />Pulite le patate (anche pelate) e zucchine, quindi taglia tocchetti o affettatele. Sul fuoco mettete una casseruola, dove nell'olio e nel burro fate soffriggre la cipolla; appena dora, unite i salamíni, rigirateli un paio di volte, qui aggiungete la polpa dei pomodori frantumata con le dita, poi le patate ci zucchine; versate un mestolo di acqua calda, regolate di sale, coprite e lasciate cuocere, adagio, per almeno un'ora. Servite la masarà caldissima e fumante.<br />Medaglioni<br /> di filetto<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di filetto di vitello (o carré), g 25 di funghi secchi (precedentemente ammollati in acqua), g30 di burro, 2 cipollotti affettati, 4 cucchiai di olio di oliva, un cucchiaio di prezzemolo tritato, uno spicchio di aglio affettato (datogliere), uno spicchio di aglio tritato, un cucchiaio di capperini sott'acetom ciuffetti di rosmarino, un limone, il succo, un sedano, il solo cuore, 2 cucchiai di aceto, 5 foglie di salvia,farina, sale. <br />Affettate sottilmente il filetto, tanto da ricavarne numerose scaloppine (medaglioni). Queste, passatele nella farina e saltatele in padella in pochissimo olio e burro, profumato con aglio e rosmarino. A parte, in una casseruola, fate rosolare nell'olio il trito fine di sedano, salvia, cipollotti e funghi; dopo che han preso colore, asciugandosi, aggiungete il succo di limone e l'aceto, regolate di sale, unite il trito di aglio e prezzemolo, calate i capperini, mescolate più volte e fate insaporire la gustosa salsa. Servite le scaloppe (medaglioni) con il loro fondo di cottura, ricoprendole dell'umidino profumato<br />Milza, cipolle e patate <br />(b) Ingredienti per 6 persone:g 600 di milza di bue o di vitello, g 20 di strutto, g 60 di lardo (o pancetta), 3 cipolle affettate, un rametto di rosmarino, 6 patate uno spicchio di aglio, sale.<br /> Pestate assieme il lardo con il rosmarino e l'aglio. Dopo aver lavato accuratamente la milza, mettetela in una pentola a lessare in abbondante acqua salata; trascorsi 10 minuti, scolate, liberate la milza della pellicina, affettatela e preparatevi a cucinarla. In una padella soffriggete il pesto di lardo, rosmarino e aglio con lo strutto appena sciolto, al quale aggiungete le cipolle affettate e le fettine di milza, regolate di sale, mescolate e lasciate dorare. Ora, potete unire le patate (precedentemente pelate e tagliate a pezzetti), versate un bicchiere di acqua, coprite e lasciate cuocere adagio, per circa un'ora. Servite la vivanda caldissima.<br />Milza <br />ripiena <br />della <br />mamma<br />Gin.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: una milza di vitello, 3 uova, 4 fegatini dì pollo (o di coniglio), g 40 di burro, g 30 di parmigiano grattugiato, una cipolla tritata, 3 spicchi di aglio tritato, un cucchiaio di prezzemolo tritato, una carota tritata, un cucchiaio di capperi sotto sale, mezza costa di sedano tritata, 4 foglie di salvia, un ciuffetto di rosmarino tritato, cipolla, sedano, alloro, una acciuga sotto sale, per aromatízzare l'acqua di cottura, g 60 di mollica di pane bagnata nel latte, sale e pepe di mulinello. <br />Lavate l'acciuga salata sotto un getto di acqua, per sfilettarloe privarla della testa, della lisca centrale e della coda. Anche i capperi vanno lavati. La milza va tagliata orizzontalmente, per ottenere una tasca; dalla togliete parte della polpa interna, da tritare insieme ai fegatini di quindi passare in una padellina, dove già soffrigge nell'olio il trito di cipolla, carota, sedano e rosmarino, insieme ai filetti di acciuga sminuzzati. Ora, questì ingredienti vanno mescolati (amalgamati) con la mollica pane imbevuta nel latte, le uova, il formaggio grattugiato, il trito di prezzemolo, le foglie di salvia e i capperi; regolate di sale e pepe e la con un cucchiaio di legno fino ad ottenere un composto omogeneo, da utilizzare come farcitura della milza. Cucite la tasca con filo di cotone mettete il tutto a lessare (cuocere) in abbondante acqua salata e profumate per almeno un'ora. Appena la milza vi risulta cucinata a puntino, lasciate raffreddare nel suo brodo; dopo, affettatela e servitela accompagnando con una preziosa insalatina mista, a foglie tagliate fini, condite con aglio e acciughe. ( al posto dei fegatini di pollo si può utilizzare avanzi di carne lessata o arrosto, tritata.)<br />Noce di vitello.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di noce di vitello, un mestolo di brodo buono, 4 cucchiai di olio di oliva, 4 cucchiai di aceto forte, g 30 di burro, 4 cucchiai di pangrattato, uno spicchio di aglio tritato, sale, 6 acciughe salate. <br />Dissalate le acciughe sotto un getto di acqua corrente, quindi aprendole e asportando teste, lische e code. In una casseruola, soffriggete nell'olio e nel burro, che già frigge il trito di aglio e i filetti di acciughe sminuzzati. Lasciate insaporire per qualche minuto, il tempo che le acciughe si sciolgono,sa crema. Ora, calate il pezzo di carne, regolate di sale, versate l'aceto, spolverizzate di pangrattato, coprite e portate a termine la cottura. Appena vi pare cucinata a puntino, toglietela dalla casseruola, affettate e disponetela nel piatto da portata, bagnatela con il fondo di cottura pasta al setaccio.<br />Noce di vitello ai funghi.<br />(m) Ingredienti per 6 persone:kg 1 di noce di vitello , g 25 di burro, un cucchiaio di trito misto odoroso (salvia,prezzemolo, aglio, rosmarino, timo, maggiorana, erba cipollina ecc.) 2 cucchiai di olio. Per la crema di funghi: un mestolo di brodo, un bicchiere di vino bianco secco, g 300 di funghi porcini, un cucchiaio di farina, un cucchiaio di trito odoroso (vedi sopra), mezzo bicchiere di panna liquida, un cipollotto affettato sottilmente, g 25 di burro, sale e pepe di mulinello.<br />Pulite i funghi, lavateli, asciugateli e tagliateli a pezzetti. Nella casseruola (possibilmente di rame), mettete a cuocere la noce di vitello con poco olio e burro, profumando con trito odoroso; regolate di sale pepe, coprite e fate rosolare a dovere. Intanto, a parte, preparate la crema di funghi; soffrigendo in padella, con pochissimo burro, il trito odoroso e il cipollotto affettato; a cui aggiungete i pezzetti di funghi e il vino bianco. Mescolate più volte e lasciate evaporare. Legate il sugo con poca farina e la panna liquida. L'arrosto di vitello tagliatelo a fette, disponetelo nel piatto da portata, versatevi sopra la crema di funghi e servite in tavola<br />O <br />Oca <br />alle <br />castagne <br />della spelonca. <br />(b) Ingredienti per 6 persone: un oca giovane, una cipolla tritata, 50 di prosciutto, una carota tritata, cucchiaio di prezzemolo tritato, un limonela scorza, 4 foglioline di salvia tritate, una foglia di alloro, g 100 di burro, una bottiglia di vino bianco secco, castagne arrostite e sgusciate, un mestolino di brodo, ìn nonnulla di noce moscata, sale e pepe di mulinello, un bicchierino di Grappa. Pulite accuratamente l'oca, privandola delle interiora (ma il fegato conservatelo a parte) e fiammeggiandola. Preparate la farcita, tritando assieme il prosciutto con il fegato dell'oca (precedentemente privato della sacchetta del fiele), prezzemolo e salvia. In un mortaio (chi non lo possiede può semplificare l'operazione usando Il mortaio di legno, (oggi il mixer), ma il risultato sarà certamente diverso, troppo cremoso) pestate questo trito con circa 40g di burro, profumo di noce moscata, sale, caldarroste e Grappa. Con l'amalgama farcite l'oca, richiudetela con ago e filo, quindi disponetela in una teglia (o pirofila), dove già frigge nel rimanente burro, il trito di cipolla e carota; il tutto profumato dalla scorza di limone e dall'alloro. Dopo che la carne si è ben rosolata, versate il vino bianco, poi il brodo, regolate di sale e pepe, incoperchiate e fate cuocere adagio, per alcune ore (almeno 3). Togliete l'oca dal tegame, disponetela nel piatto da portata, fate asciugare un attimo il fondo di cottura, passatelo al setaccio, quindi versatelo sopra l'animale, per umettarlo e profumarlo. Servite al più presto.<br />Oca alla contadina. <br />(b) Ingredienti per 6 persone: un'oca giovane, polenta, affettata e arrostita, 3 spicchi di aglio pestati, g 20 di sale grosso, alcuni ciuffetti di rosmarino. Pulite l'oca, privata delle interiora, fiammeggiata e tagliata a pezzi, mettetela a cucinare in una teglia (o pirofila) insieme a un mestolo di acqua tiepida, agli spicchi di aglio, al rosmarino e al sale grosso; coprite e lasciate cucinare (se preferite, in forno) per alcune ore, non meno di due. Sgocciolate i pezzi e disponeteli in una casseruola, bagnate con il fondo di cottura (più o meno sgrassato) e lasciate raffreddare. Si serve, accompagnata da fette di polenta. (Si può riscaldarla, prima di portarla in tavola.).<br />Oca alla pieu. <br />(m) Ingredienti per 6 persone: un'oca giovane, g 250 di polpa di vitello, macinata, una cipolla tritata, g 150 di riso, uno spicchio di aglio tritato, g 60 di lardo (o pancetta), a fette, un cucchiaio di prezzemolo tritato, sale e pepe. Per la cottura: g 60 di burro, 2 foglie di alloro, una cipolla affettata, un rametto di timo, una carota affettata, un mestolino di brodo, 2 coste di sedano affettate.<br />Dopo aver pulito accuratamente l'oca, fiammeggiandola e asportando le interiora, farcitela con questo ripieno, formato dalla carne di vitello macinata, amalgamata al trito delle verdure e al riso (precedentemente scottato in acqua bollente), condito con sale e pepe. Chiudete l'oca con ago e filo, bardatela con le fette di lardo, fermate con stecchini e disponetela in una teglia, qui unite il trito delle verdure, aggiungete riccioli di burro e lasciate rosolare l'animale, rigirandolo più volte per cucinarlo uniformemente; versate 2 bicchieri di acqua tiepida, coprite e procedete nella cottura. Una volta che l'oca vi pare cotta a puntino, toglietela dal tegame (conservandola al caldo del forno); di cottura aggiungete il brodo, per sgrassarlo; passatelo al setaccio,vel lo sopra l'oca e servite.<br />Oca con le verze.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un'oca giovane, una cipolla tritata, g 60 di burro, 3 cucchiai di olio di oliva, rosmarino tiitato, 2 foglie di alloro, un limone, la scorza, 4 cucchiai di aceto di vino, 2 bicchieri di vino bianco secco, sale e pepe di mulinello, un cavolo verza, sale e pepe. Pulite l'oca come si conviene, tagliatela a pezzi e mettetela a rosolare in una teglia (o pirofila), con riccioli di burro e il trito di rosmarino. Regoli di sale e pepe, aromatizzat con la scorza di limone, versate vino bianco; coprite e fate cuocere, adagio, per alcune ore. Dopo aver pulito la verza, lavatela, tagliatela grossolanamente e saltate in padella, con pochissimo olio, il trito di cipolla e il profumo dell'alloro, spolverizzate sale e pepe e lasciate cuocere. Ora, la verza unitela all'oca, mescolate più volte, bagnate con l'aceto e sfumare pochi minuti, prima di servire.<br />Oca farcita.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un'oca giovane, un nonnulla dì cannella grattugiata, g 120 di salsiccia fresca, 2 chiodi di garofano pestati, 12 marroni arrostiti, g 120 di lardo (o pancetta), a fette, g 40 di burro, sale e pepe di mulinello. Pulite l'oca, fiammeggiatela, asportate le interiora (conservando il fegato). Una volta liberato il fegato della sacchetta del fiele, tritatelo insieme alla salsiccia; poi unite i marroni pestati e il burro, profumate con le spezie (cannella, chiodi di garofano e pepe), salate e con questo composto farcite l'oca, introducendo il composto dal collo. Bardate l'oca con le fette dì lardo, fermate da stecchini; infilzatela nello spiedo e cuocetela arrosto, a fuoco piuttosto basso. Servitela a pezzi, accompagnandola al ripieno.<br />Oca in gelatina.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un’oca giovane, 2 carote tritate, g 80 di lardo pestato, 2 rametti di timo, un rametto di rosmarino tritato, 4 bacche di ginepro pestate, una cipolla tritata, mezzo 1 di vino bianco secco, 2 spicchi di aglio tritati, gelatina (vedi), 2 coste di sedano tritate , sale e pepe di mulinello. Nettate accuratamente l'oca, asportandone le interiora e fiammeggiando; le ali strettamente al corpo e mettetela in una casseruola alta (possibilmente di rame), dove già avete disposto lardo pestato e il trito di cipolla, aglio e rosmarino; ricoprite l'oca con le altre verdure tritate, condite con sale e pepe e fate cucinare, adagio, per circa mezz'ora: il tempo di rosolare. Ora, versate il vino bianco, incoperchiate e procedete nella cottura (servono almeno 2 ore). Togliete l'oca dal fuoco, tagliatela a pezzetti, ricopritela con la gelatina e passatela in frigorifero alcune ore, prima di servirla.<br />Oca sotto grasso.<br />(m) Ingredienti per 6 persone:un'oca, rametti di rosmarinorametti di salvia, sale. <br />Dopo aver nettato l'oca, privandola delle interiora e fiammeggiandola, adagio, aiutati da un bisturi, liberatela della pelle e del grasso sottocutaneo. La polpa, scarnita dalle ossa, tagliatela a riquadri. In una pentola, mettete a fondere il grasso e la pelle (tagliata a listarelle), insieme a rametti di salvia e di rosmarino. Appena il grasso è fuso, prendete un vaso di vetro (ieri erano di terracotta), versate poco grasso, poi disponete con cura i riquadri di polpa di oca, alternandoli al grasso ancora caldo, così fino alla fine del contenitore. Chiudete con il coperchio e lasciate riposare in un luogo buio e fresco. Già dopo 20 giorni la carne è commestibile, tenera e profumata.<br />P <br /> Un piatto che negli anni 40 non mancava mai, almeno una volta alla settimana era presente nell’alimentazione. Tra i piccoli volatili (alcuni sono protetti) sono compresi i tordi, le allodole, i beccafichi e gli ortolani (assai rari).<br />Passarit in casseruola.<br />(n) Ingredienti per 6 persone: 12 passeri , un bicchiere di vino bianco secco , 12 fette di lardo , g 30 di lardo pestato, foglie di salvia, 12 fette di pancetta, sale e pepe di mulinello. <br />Pulite pazientemente i passeri, spennandoli, privandoli delle zampe asportandone le interiora (ma i fegatini vanno conservati). Ecco, i fegatini avvolgeteli nella fetta di pancetta, quindi sistemateli all'interno dei volatili, insieme ad una fogliolina di salvia. Il passero bardatelo con una fetta di lardo, fissandola con lo stecchino.Ora, in una padella capace sciogliete il pesto di lardo, disponetevi i passeri, irrorate con vino bianco, regolate di sale e pepe e fate cuocere a tegame coperto. Serviteli caldissimi, accompagnati da fette di polenta arrostita, o appena cotta<br />Pernice a la San Salvadur.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone.3 pernici, g 120 dì pancetta affettata, un nonnulla di noce moscata grattugiata, g 100 diriso, gi 1 à lessato,2 cucchiai dì olio di oliva, 3 bacche dì ginepro pestate, g 30 di burro, un bicchierino di Grappa, 3 chiodì di garofano pestati, un nonnulla di cannella in polvere, sale.<br />Dopo aver pulito con cura le pernici (se cacciate di fresco, togliete le interiora e lasciatele frollare in frigorifero con il piumaggio), lavatele, asciugatele con un canovaccio e conditele (all'interno) con sale fino. A parte, preparate il ripieno amalgamando il riso lessato con bacche di ginepro e chiodi di garofano pestati, profumate ulteriormente con cannella e noce Moscata, lavorate con un cucchiaio di legno e con questo composto farcite le pernici. Ora, fasciatele (bardatele) con fettine di pancetta, puntandole con uno stecchino; quindi mettetele in padella, a rosolare nell'olio e nel burro. Rigírate ì volatili più volte per uniformarne la cottura, irrorateli con la Grappa e lasciate evaporare; ricoprite con un coperchio e terminate la cottura, a fuoco tenue, per almeno un'ora. Servite le pernici caldissime, ancora fumanti<br />Pernici ai tartufi.<br />(m)<br /> ingredienti per 6 persone:3 pernici, una foglia di alloro, 3 foglioline dì salvia, g 30 di grana padano grattugiato, 6 fette di prosciutto, uno spicchio di aglio ffitato, g 40 di burro, un mestolino di brodo, se necessario, un bicchiere di vino bianco secco un tartufo bianco, se possibile, mezzo bicchielino di Brandy, sale e pepe di mulinello.<br /> Nettate il tartufo bianco, aiutandovi con uno spazzolino leggero e uno straccetto umido. Dopo aver curato la pulizia delle pernici, conservate i fegati in disparte. All'interno dei volatili spolveri ate sale fino e collocate una fogliolina di salvia; condite anche l'esterno con sale e pepe macinato, quindi fasciate le pernici con due fette di p rosciutto ognuna, fermandole con uno stecchino. In una casseruola, rosolate nel burro le pernici, a fiamma allegra, rigirando il tutto e profumato dalla presenza dell'alloro; versate il vino bianco, ìrrorate con il Brandy e procedete nella cottura in forno, a tegan coperto. Appena vi paìono cucinate a puntino, toglietele dalla casseruola (mant( nendole al caldo); una volta passato al setaccio il fondo di cottura rímett( telo sul fuoco, cucinandovi insieme i fegati delle pernìci tagliati a pezzett Anche quest'ultimi passateli al setaccio e la crema ottenuta amalgamatel, con il trito dì aglio e ìl formaggio grattugiato. Se la salsa vi pare tropp( densa, allungatela con brodo caldo. Servite le pernici, liberate dalle fette di prosciutto e ricoperte dalla salsa Particolare non di poco conto, certo, la regale presenza dì fettine sottifissime di tartufo bianco.<br />Pernici in salmì.<br />(m)<br /> ingredienti per 6 persone: 3 pernici, 2 foglie di alloro, 2 cipolle affettate, un rametto di rosmarino, 2 carote affettate, g 40 dì burro, 3 coste di sedano affettate. Per il condimento: g 40 di burro, un bìcchiere di vino Marsala secco, 2 cucchiai di olio di oliva, sale e pepe di mulinello. Dopo aver curato la pulizia delle pernici, conservate i fegati in disparte. Nel ventre dei volatili spolverìzzate sale e pepe di mulinello, poi farciteli con la metà circa del trito di sedano, carota e cipolla, profumando coli fogliolìne dì rosmarino. Ora, collocate i volatili in una casseruola, per rosolarli nel burro, insieme alle foglie di alloro. Rigirate spesso e quando han preso colore copritete e lasciate cuocere adagio. Nel frattempo, in un altro tegame soffriggete nel burro e nell'olio il rimanente trito di verdure; aggiungete i fegati, tagliati a pezzetti, bagnateli con il vino Marsala, regolate di sale e pepe e fate asciugare.La salsa passatela al setaccio, quindi unitela alle pernici, mescolate più volte. Servìte i volatili caldìssimi e fumanti.<br />Petto d'anatra ai pinoli.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: g 800 di petto di anatra, un mestolo di brodo, farina, g 25 di pinoli, g 40 di burro, sale e pepe di mulinello, un bicchiere di vino passito della spelonca. <br />Dopo aver infarinato la carne, passatela a rosolare in padella, dove già frigge il burro; condite con sale e pepe, irrorate vino passito e lasciate evaporare, a fiamma allegra. Abbassate il fuoco e procedete nella cottura, versando brodo poco per volta. 10 minuti prima di servire la vivanda, aggiungete i pinoli e lasciate insaporire. Portate in tavola il petto di anatra affettato, ricoperto (glassato) dal fondo di cottura e dai pinoli.<br />Pech alla montanara(<br />b)<br /> Ingredienti per 6 persone: mezza mammella di vacca, una costa di sedano a pezzetti, una cipolla tagliata a metà steccata con 2 chiodi di garofano, prezzemolo tritatoa piacere, una carota a pezzi , sale grosso, 2 spicchi di aglio, sale e pepe.<br />Ponete la mammella in un recipiente di terracotta, ricopritela di sale grosso e lasciatela marinare per almeno 4 giorni. Quando decidete di cuocerla, mettete in una pignatta capace 3 litri di anite gli odori (escluso il prezzemolo) e portate a bollore; a questo punto calate la mammella (pulitela del sale e asciugata), coprite e lessate a fuoco debole. Appena vi pare cucinata a puntino, toglietela dal bollore, asciugatela e mettetela sotto la pressione di un discreto peso, per eliminare l'ulteriore liquido rimasto. Ora, tagliatela a dadini o a fettine sottili, spolverizzarla di prezzemolo tritato e servitela fredda, come antipasto o di accompagnamento ad insalata mista<br />Petto di faraona.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: 6 petti di faraona, un mestolo dì sugo dì carne, una carota, tagliata a listarelle (o a dischettì sottili), 2 rametti di timo, 4 patate, una zucchina, tagliata a listarelle (o a rete (omento) di maiale, sale e pepe di mulinello, un bicchiere di vino rosso, erba cipolline, un tartufo bianco. Pulite il tartufo con uno spazzolino leggero e uno straccetto umido. I petti di faraona tagliateli a metà, nel senso orizzontale: per farcirli con listarelle di zucchina e carota (precedentemente sbollentate in acqua salata; regolate di sale e pepe, rìchìudete le due pagine, avvolgete ogni petto, con la rete di maiale e passate in padella, a rosolare. Dopo qualche minuto aggiungete vino rosso e fate asciugare, quindi versate il brodo, profumate con rametti di timo e proseguite nella cottura. Sopra una placca da forno stendete un foglio di alluminio, collocatevi fettine di patate disposte come tanti petali di un fiore, al centro delle quali sovrapponete fettíne di tartufo; umettate con riccio li di burro e passate in forno (già caldo a 180 ° ). Ora, preparate i piatti con le fette di patate e il tartufo, a fianco mettete il petto di faraona ricoperto dal fondo di cottura; terminate decorando con spolvero d’erba cipollina tritata.<br />Piccioni della nonna.<br /> (b) Ingredienti per 6 persone: 6 piccioni giovani, una cipolla tritata, un mestolo di brodo, un trito di prezzemolo, un bicchiere di vino bianco, la mollica di una michetta (ammollata nel latte), una foglia di alloro un rametto di salvia, 4 uova, un rametto di rosmarino, rete (omento) di maiale, g 100 di lardo pestato (o grasso di bue), pangrattato, g 250 di funghi freschi (g 50 di funghi secchi ammollati in acqua tiepida), sale e pepe di mulinello. <br />Nettate i funghi accuratamente, quindi tagliateli a pezzetti o fettine. Dopo aver pulito i piccioni, asportate le zampe e le punte delle ali, quindi lgateli strettamente a ridosso del torace e metteteli in una casseruola capiente, per bagnarli nel vino e nel brodo, profumando il tutto con alloro, rosmarino e salvia; salate e fate cuocere adagio, per circa mezz'ora. Nel frattempo, in una ciotola amalgamate il lardo pestato con i funghi, la cipolla e il prezzemolo tritati, unite la mollica di pane poi le uova, regolate di sale e pepe e mescolate il composto. Togliete i piccioni dal bollore, scolateli, asciugateli, ricopriteli con l'amalgama e avvolgeteli nella rete. Così confezionati adagiateli in una teglia (o pirofila), spolverizzate pangrattato e passate in forno (già caldo a 180 °) per almeno 20 minuti. Serviteli caldissimi, bagnati dal fondo di cottura, precedentemente passato al setaccio.<br />Piccioni <br />a la sciura.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: 6 piccioni giovani, 2 rametti di rosmarino, un limone, 7 foglie di alloro, 6 fette di lardo (o pancetta), g 40 di burro, 12 foglioline di salvia, un bicchiere di vino Marsala secco, 6 spicchi di aglio, sale e pepe di mulinello. Per il condimento: 6 cipollotti affettati, un mestolo di brodo, 6 fegatini di pollo, poco vino Marsala, g 120 di altre interiora (creste, granelli,ovarine, cuoticini), g 30 di burro, un cucchiaio di farina. Sale. <br />Dopo aver pulito i piccioni, asportate le zampe e le punte delle ali, farciteli con foglioline di salvia e mezzo spicchio di aglio ciascuno, quindi frizionateli con la polpa del limone, salate, pepate e avvolgeteli in una fettìna di lardo. Nella teglia alternate i piccioni a cíuffetti di rosmarino, a foglie di alloro e a spicchi di aglio (da togliere), umettate con riccioli di burro e mettete in forno (già caldo a 180°); dopo pochi minuti, bagnate con il vino Marsala e lasciate cucìnare a dovere. Nel frattempo, in una padellina mettete a soffriggere i fegatini di pollo - nettatì e tagliati a fettine - insieme al trito delle altre interiora e ai cipollottí affettati; versate il brodo, aromatizzate con il Marsala e fate ínsaporire, mescolando spesso; quasi al termine aggiungete il burro crudo, appena impastato con pocliìssìma farina, e terminate.Servite i piccioni caldissimi acconipagnati dal fondo di cottura<br />Piccione arrosto.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: 6 piccioni giovani, 10 foglioline di salvia, g 120 di lardo pestato (o pancetta), 2 rametti di rosmarino, g 60 di pangrattato, sale e pepe di mulinello, 2 spicchi d’aglio. Dopo aver pulito i piccioni, asportate le zampe e le punte delle ali, togliete le interiora (conservando i fegati, da rimettere nel ventre), salate, pepate e passateli in una casseruola ampia, dove già frigge il pesto del lardo e rosolateli. Rigirateli spesso, uniformando la cottura, quindi spolverizzateli con il trito (appena preparato) composto di pangrattato e verdure odorose e portate a termine la cottura (sia al fuoco che in forno). Serviteli caldissimi, con il fondo di cottura.<br />Pollastro. <br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: un pollo novello di cortile, un cucchiaio di prezzemolo tritato. g 60 di burro, sale e pepe di mulinello, 2 cipolle tritate Per la salsa: g 30 di burro, 2 mestotini di brodo, una cipolla tritata, farina, 2 carote tritate, un grappolo di uva acerba, un cucchiaino di prezzemolo tritato, 3 tuorli d'uovo, uno spicchio di aglio tritato, sale, 2 chiodi di garofano pestati. Dopo aver nettato il pollo, il fegato conservatelo (ripulito della sacchetta del fiele), pestatelo e impastatelo con il burro, a cui aggiungete il trito delle cipolle e del prezzemolo; regolate di sale e pepe, mescolate con cura e con questo composto farcite il pollo; adagiatelo sopra il fondo di una teglia (o pirofila) appena imburrata e mettete in forno (già caldo a 180') per almeno un'ora. Ora, preparate la salsa, rosolando in una padella il trito di cipolla, carota, a lio e prezzemolo insieme al burro; profumate con i chiodi di garofano pestati, salate e fate cucinare adagio; unite la farina (poca) stemperata nel brodo, mescolate più volte e fate asciugare; quindi passate tutto al setaccio. In poca acqua bollente, scottate un attimo gli acini di uva acerba: scolateli, uniteli alla salsa; aggiungete i tuorli, mescolate e reparatevi a impiegare p questa salsa, versandola sopra il pollo, tagliato a pezzi prima di essere servito.<br />Pollo a la muntagnit.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: un pollo, un dl di olio di oliva, una cipolla, mezza bottiglia di vino , bianco secco, una carota, 8 pomodori maturi , una costa di sedano, uu spicchio di aglio, brodo di carne, un rametto di rosmarino, una foglia di alloro, sale e pepe di mulinello. Dopo aver pulito il pollo, caso mai fiammeggiandolo per eliminare la fastidiosa peluria, tagliatelo a pezzi. Sopra il fuoco mettete una casseruola per soffriggere nell'olio il trito fine di cipolla, carota, sedano, aglio, rosmarino e alloro. Lasciate rosolare, mescolando più volte, quindi calate i pezzi soffriggeteli a fiamma vivace. Dopo aver versato il vino, coprite e fate cuocere adagio, a incoperchiato. Aggiungete la polpa dei pomodori sminuzzata, regolate di sale e pepe e terminate la cottura aggiungendo, se ce bisogno, gocce di brodo caldo. Servite il pollo ancora fumante, con il sugo. ( si può portare in tavola il pollo alla cacciatora fresco e profumato con foglioline di basilico, messe all'ultimo momento), servire<br />Pollo della nonna, <br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: un pollo novello di cortile, g 30 di burro, mezza bottiglia di vino bianco secco, 3 cucchiai di olio di oliva, un mestolo di brodo, un cucchiaio di prezzemolo tritato, un pizzicodi noce moscata, un limone, il succo, 2 spicchi di aglio, un cucchiaio di farina, sale e pepe di mulinello.<br />Dopo aver pulito accuratamente il pollo, fiammeggiandolo pure, lavateasciugatelo e tagliatelo a pezzetti.In una casseruola ampia, mettete a soffriggere il burro; ora, unite i pezzi di pollo, profumate con la noce moscata grattugiata di fresco, regolate di sale e pepe e fate insaporire per alcuni minuti, mescolando spesso con un cucchiaio di legno. Sgocciolate i pezzi di pollo, conservandoli in caldo e nel fondo di cottura aggiungete la farina (precedentemente sciolta in poco vino) e il rimanente vino; mescolate e lasciate asciugare, almeno in parte. Qui, di nuovo, riponete i pezzi di pollo e terminate la cottura, ogni tanto con brodo caldo. Un paio di minuti prima di servirlo, spolverizzate prezzemolo tritato fumate con succo di limone e portate in tavola. ( si possono aggiungere funghi porcini, tagliati a pezzetti; come della polpa di alcuni pomodori maturi)<br /><br />Pollo al verde.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: un pollo giovane, 2 spicchi dì aglio (ideale un aglio selvatico), farina, g 80 di bietola selvatica, 2 cucchiai d’olio, un cucchiaio odoroso (rosmarino e salvia tritati), g 30 di burro, un bicchiere di latte intero, 2 cipollotti affettati sottilmente, un mestolino di brodo di verdure, un ciuffetto di erba cipollina tritata, mezzo limone la sola scorza grattugiata, sale e pepe di mulinello, un cucchiaio di prezzemolo tritato. Servitelo caldissimo. <br />Dopo aver nettato il pollo, tagliatelo a pezzi; questi infarinateli quindi dorateli in padella, dove già sfrigolano insieme olio e burro, profumati dai cipollotti. Appena sono rosolati, potete versare il brodo, regolate di sale e pepe, aromatizzate con la scorza del limone, aggiungete tutte le verdure, più o meno odorose, tritate; versate il latte e portate a termine la cottura. L'erba cipollina, tritata anch'essa, e pochissimo prezzemolo teneteli da parte, per spolverizzarli alla fine, un attimo prima di portare in tavola.<br />Pollo arrosto.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: un pollo novello, 2 spicchi di aglio, 2 cucchiai di olio di oliva (o una noce distrutto), vino bianco (o brodo), se necessario, sale e pepe di mulinello, alcuni ciuffetti di rosmarino. <br />Dopo aver pulito il pollo, conditelo all'interno con abbondante sale fino e pepe appena macinato; introducete gli spicchi di aglio e ciuffetti di rosmarino, legatelo stretto e mettetelo a cuocere, in una casseruola, dove già frigge l'olio (o lo strutto); rigirate spesso il pollo per uniformarne la cottura (sul fuoco o al forno), caso mai bagnando con gocce di vino (o brodo) perché non asciughi troppo. Appena ha preso un bel colore servitelo, tagliato a pezzi. Solitamente si accompagna con tocchetti di patate cotte in forno, presenti nella casseruola proprio mentre si cucina il pollo. Allora conviene profumare anche le patate con rosmarino e fettine d’aglio.<br />Pollo con i peperoni.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: un pollo novello, 2 filetti di acciughe, dissalate, una cipolla tritata, un bicchiere di vino bianco secco, 3 spicchi di aglio tritati, 3 peperoni dolci, un cucchiaio di capperi, 6 olive nere, snocciolate, sale. Pulite i peperoni, privandoli del torsolo centrale, dei semi e delle coste bianche; quindi tagliateli a riquadri di circa 3 cm di lato. Nettate il pollo e sbollentatelo in abbondante acqua salata; dopo circa mezz'ora scarnitelo, tagliate la polpa a pezzetti e preparatevi a proseguirne la cottura in padella, dove avete messo a soffriggere il trito di cipolla e aglio insieme ai capperini, alla polpa delle olive nere (tritata anch'essa) e ai filetti di acciughe sminuzzati; calate la polpa del pollo, bagnate con il vino bianco, mescolate più volte, coprite e proseguite. Venti minuti prima di spegnere il fuoco aggiungete i peperoni e fate insaporire anch'essi. Servite la vivanda caldissima e fumante.<br />Pollo in agro.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un pollo, una costa di sedano, un bicchiere di vino bianco secco, g 30 di burro, mezzo bicchiere di aceto di vino, 2 chiodi di garofano, un limone, tagliato a fette, grani di pepe nero, 3 foglie di alloro, brodo di carne, 5 cipolline di Ivrea, sale, una carota, Dopo aver pulito il Pollo, fiammeggiatelo per eliminare la fastidiosa peluria e tagliatelo a pezzi. Questi metteteli in una casseruola, ricoprendoli con il vino bianco, l'aceto, le fette di limone, le foglie di alloro, la carota, il sedano e le cipolline tagliati a pezzetti, riccioli di burro, chiodi di garofano e grani di pepe, coprite e cuocete adagio, cercando di sgrassare con una ramina (o mestolo forellato); regolate di sale e se necessario aggiungete qualche mestolino di brodo. Dopo circa un'ora e mezza il pollo è ben cucinato, da servire caldo, ricoperto dal sugo di cottura.<br />Pollo in fricassea.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un pollo novello, un limone, il succo, 3 cucchiai di olio di oliva, 3 tuorli, g 30 di burro, un cucchiaio di prezzemolo tritato, una cipolla tritata, un mestolo grande di brodo, sale. Dopo aver nettato il pollo, anche fiammeggiandolo, tagliatelo a pezzi. In una padella grande, rosolate nell'olio e nel burro la cipolla tritata, calate i pezzi del pollo e fate insaporire e dorare appena. Versatevi sopra il brodo, regolate di sale, icoprite e fate titriadagio per almeno un'ora. A parte, in una ciotola, sbattete con la frusta i tuorli insieme al succo limone. Spegnete il fuoco, unite la salsina di tuorli e succo di limone, "decorate con prezzemolo tritato, mescolate più volte, quindi servite il pollo ancora caldissimo<br />Pollo in umido<br />(b) Ingredienti per 6 persone: cosce di pollo giovane, una costa di sedano, una cipolla, 3 cucchiai di olio di oliva, una carota, un bicchiere di vino bianco secco, un mestolo di brodo, mazzetto odoroso (alloro, rosmarino, timo ecc. La farcita: di polpa di maiale macinata, g 60 di grana grattugiato, di salsiccia fresca sminuzzat, un cucchiaio di trito misto profumato, di salame a dadini, (rosmarino, salvia, prezzemolo, aglio, basilico ecc.), di fontina a dadini, uovo, un po’ di noce moscata, mollica di una michetta (bagnata nel latte),sale e pepe di mulinello. <br />Disossate le cosce di pollo, roteando l'osso ed estraendolo dolcemente.In una ciotola, mescolate assieme la carne macinata con la salsiccia; unite dadolata di salame e di fontina, profumate con noce moscata, aggiungete formaggio grattugiato, la mollica di pane ammollata, il trito odoroso, la noce moscata grattugiata all'istante e l'uovo; regolate di sale e pepe, quindi amalgamate il tutto aiutandovi con un cucchiaio di legno e con questo composto farcite le cosce di pollo. In una padella grande, mettete a soffriggere nell'olio il trito delle verdure; appena han preso colore collocatevi le cosce, per rosolarle. Pochi minuti e potete versare il vino (che fate asciugare), quindi il brodo, coprite e finite la cotturae. Portate la vivanda caldissima, bagnata dal proprio sugo di cottura.<br />Pollo lesso. (m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un pollo, una carota, a pezzi, costa di sedano, a pezzi, 2 foglie di alloro, una cipolla tagliata a metà e steccata, sale grosso e pepe in grani, un chiodo di garofano.<br />Dopo aver nettato il pollo come si conviene (o averlo acquistato già pulito, mettetelo nella pentola, copritelo di acqua, unite gli odori, aggiungete n, grosso e pepe in grani, quindi portate a bollore. almeno all'inizio: di schiumare il più possibile il brodo, affiorano impurità e cascami grassi. pena il pollo vi pare cucinato a puntino, scolatelo, tagliatelo a pezzi o disponetelo nel piatto da portata e servitelo accompagnandolo con la saliera e il macinino. Il brodo, discretamente buono utilizzatelo per altre vivande.<br />Pollo ripieno.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: un pollo, 3 michette di pane, g 60 di grana grattugiato 2 bicchieri di latte, 2 spicchi di aglio affettati, un cucchiaio di prezzemolo tritato, 2 uova, mazzetto odoroso (alloro, timo rosmarino, erba cipollina) sale grosso, g 200 di salame (oppure salsiccia), sale e pepe di mulinello. Nettate il pollo Come si conviene, quindi farcitelo con un ripieno formato dal pane ammollato nel latte (ma poi, strizzato) amalgamato con il salame tritato (o pestato), il formaggio grattugiato, il prezzemolo, le fettine di aglio e le uova; il tutto condito con sale e pepe. Ricucite con ago e filo l'apertura e preparatevi a cucinarlo. Ora, mettete il pollo in una pentola, ricoprite di acqua salata, unite il mazzetto di erbe profumato e fate lessare. Servite il pollo caldissimo, appena scolato; tagliato a pezzi e accompagnato da qualche salsina.<br />Polmone e fegato <br />di<br /> maiale <br />con <br />polenta. (b) Vivanda tipica dei giorni dell'uccisione del maiale, quando le parti più facilmente deperibili si consumano immediatamente, cucinate a pochi passi dai lavori norcini. Ingredienti per 6 persone: polmone e fegato del maiale, 4 cipolle affettate, g 100 di lardo, mezzo bicchiere di salsa di pomodoro, 2 spicchi di aglio, un mestolo di brodo, un rametto di rosmarino, polenta, morbida, un mazzetto odoroso (alloro, rosmarino, timo, maggiorana, salvia ecc.), sale e pepe. <br />Pestate insieme circa metà del lardo con l'aglio e il rosmarino. Nettate il fegato (asportando il sacchetto del fiele) e affettatelo sottilmente. Anche il polmone tagliatelo a fette (o a dadini). In due differenti padelle, rosolate il pesto di lardo, profumato dall'aglio dal rosmarino e rosolatevi il fegato (pochi minuti) e lessatevi il polmone (servono almeno 10 minuti); entrambi regolateli di sale e pepe. In una padella grande soffriggete il restante lardo pestato insieme alle cipolle affettate e al mazzetto odoroso. Aggiungete il polmone lessato, versate la salsa di pomodoro e fate insaporire; dopo qualche tempo calate il brodo e lasciate cucinare adagio. Per ultimo, unite il fegato, regolate di sale e pepe, mescolate più volte e terminate. Servite questa vivanda semplice e popolare insieme a polenta piuttosto morbida.<br />Polpettone con <br />peperoni.<br /> (b) Ingredienti per 6 persone: g 400 di polpa di maiale, 2 uova sode, g 400 di polpa di vitello, 3 peperoni dolci , una cipolla tritata, 2 pomodori maturi, 4 cucchiai di olio di oliva, g 80 di grana grattugiato, 3 foglie di basilico, una carota tritata, sale e pepe di mulinello. g 60 di pisellini lessati. Nettate i peperoni, privandoli del torsolo, dei semi e delle coste bianche amare. La polpa tagliatela a listarelle o a riquadri. Macinate la carne, quindi mettetela a rosolare in una padella, dove già sfrìgola nell'olio il trito di cipolla; mescolate e lasciate insaporire. Spegnete il fuoco e amalgamate il formaggio grattugiato, regolate di sale pepe, quindi il composto adagiatelo sopra un foglio di carta vegetale inumidito (o un telo dì cotone); al centro disponete i pisellini e il trito di carota, collocate le uova sode (appena sgusciate), ricoprite dell'amalgama, fasciate il polpettone, quindi ne fermate gli estremi e il corpo con filo di refe. Ora, mettete a lessare il polpettone in acqua abbondante e salata (meglio ancora nel brodo). Dopo circa: 40 minuti toglietelo dal bollore, sfasciatelo e, una volta freddo, affettatelo, disponendo quest'ultime nel grande piatto da portata. Nel frattempo, avete messo sul fuoco a soffriggere in pochissimo olio e profumate con le foglie di basilico, regolate di sale e peperonì e la polpa dei pomodori, e e lasciate cuocere. Questa salsa disponetela a fianco del polpettone e servite. La presenza, nell'ìmpasto, di fegatini di pollo e di interiora varie, tritaté, saltate in padella con pochissimo burro e profumate da una goccia di Brandy<br />Polpette <br />d' Mamma Gin.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: g 600 di polpa di vitello (o vitellone) macinata, g 30 di burro, farina 2 mele, un bicchiere di vino rosso, 2 uova, g 60 di zucchero, 3 cucchiai di olio di oliva, sale.<br /> Prima di tutto sbucciate le mele, privandole del torsolo, quindi grattugiatele o passatele al setaccio. A parte, sciogliete lo zucchero nel vino rosso. In una ciotola ampia mettete la carne macinata; unite la polpa delle mele e le uova, regolate di sale e impastate aiutandovi con un cucchiaio di legno. Con questo composto formate tante pallottole o cilindretti; da passare nella farina e rosolare in una padella ampia, dove già frigge il burro e l'olio; lasciate dorare, quindi umettatele con il vino rosso, coprite e terminate la cottura. Passata mezz'ora sono pronte, per essere servite caldissime, bagnate dal sughetto.<br />Polpette.<br />(n)<br /> Ingredienti per 6 persone: 12 fettine di lombo di maiale, g 60 di burro, g 350 di salsiccia fresca, un bicchiere di vino bianco secco, un cucchiaio di prezzemolo tritato, 2 uova, uno spicchio di aglio tritato, un mestolino di sugo di pomodoro, g 60 di grana grattugiato, sale e pepe. <br />Dopo aver assottigliato le fettine con il batticarne, preparatevi a riempirle con un composto formato da salsiccia sbriciolata, a cui aggiungete formaggio grattugiato, trito di aglio e prezzemolo, uova, sale e pepe; impastate con un cucchiaio, quindi mettete al centro di ogni fettina parte del ripieno; arrotolate la carne e fermatela con uno stecchino o filo di refe. In una padella grande, rosolate nel burro le polpette (o involtini), lasciate che prendano colore (dorino), poi bagnatele con il vino bianco e fate che evapori; ora aggiungete la salsa di pomodoro, salate, mescolate più volte e terminate di cuocere. Servite la vivanda caldissima, umettata dal proprio fondo di cottura. Al posto del sugo di pomodoro si può utilizzare la sola polpa, infranta, di pomodori maturi.)<br />Pasticcio <br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 250 di fegato di vitello, g 100 di polmone di vitello, farina, un bicchiere di vino rosso secco, un mestolino di brodo, g 150 di cuore, g 150 di rognoni, g 120 di coppone di maiale, g 120 di burro, una cipolla tritata, una costa di sedano affettata, una carota tritata, una foglia di alloro, sale e pepe di mulinello, 2 bacche di ginepro, un bicchierino di vino Marsala secco. <br />Dopo aver pulito i rognoni, metteteli a bagno in acqua fredda, per farli perdere grasso e sangue; scolateli e scottateli in acqua salata per un paio di minuti, quindi affettateli. In una padella grande, soffriggete in poco burro il trito delle verdure, profumando con l'alloro e le bacche di ginepro; appena han preso colore unite il polmone, tagliato a pezzetti e infarinato, rosolate un attimo, poi versate parte del vino rosso e fate evaporare. Ora, potete aggiungere il brodo e continuare nella cottura. Il fegato, il cuore, i rognoni e il coppone tagliateli a fettine sottili, infarina te il tutto e rosolateli in padella, nel rimanente burro; ricordate di irrorarli con vino rosso. Questo umido unitelo al polmone, regolate di sale e pepe, mescolate più volte, bagnate con vino Marsala e terminate di cucinare. Servite la prustinenga caldissima, caso mai con fette di polenta arrostita. (Lo stesso piatto potete cucinarlo con interiora di maiale, ad esempio; anche con quelle di agnello).<br />Q <br />Quaglie <br />della<br /> nonna.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone:12 quaglie, g 60 di burro, 12 fettine di lardo, un bicchierino di vino Marsala secco, un mazzetto odoroso (gambi di prezzemolo, foglie di basilico e foglie di salvia) sale e pepe di mulinello. Per il condimento: g 40 di burro, g 300 di riso, già lessato, un cucchiaio di farina, g 30 di grana grattugiato un mestolino di brodo, tartufo bianco, a piacere. <br />Dopo aver pulito accuratamente le quaglie, fiammeggiatele e passatele in un canovaccio. Ogni volatile bardatelo (avvolgetelo) in una fettina di lardo, fermata con uno stecchino o con filo di refe. In una padella (o casseruola ampia), soffriggete in poco burro le quaglie, profumando con il mazzetto odoroso e condendo con sale e pepe. Appena han preso colore, bagnatele con il vino Marsala, coprite e lasciate cuocere, adagio. Nel frattempo, in una casseruolina mettete poco burro (precedentemente impastato con la farina); il tempo che sia sciolto e calate il brodo, mescolate e fate addensare la salsa. Questo intingolo versatelo sopra le quaglie. Trascorsi pochi minuti, togliete i volatili dalla padella, mantenendoli al caldo; passate al setaccio il fondo di cottura e conservatelo caldo. Ora, una volta cucinato il riso al dente, scolato e amalgamato con il formaggio grattugiato, disponetelo nel grande piatto da portata; al centro collocatevi le quaglie, bagnate con il sugo e servite<br />Quagliette,<br /> o <br />involtini <br />di <br />carne <br />di <br />vitello.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: 12 fettine di polpa di vitello, pari a g 500, uno spicchio di aglio tritato, 12 fettine sottili di lardo (o prosciutto crudo) , un cucchiaio di prezzemolo tritato, 2 foglie di salvia, g 120 di carne di arrosto o bollito rimasto, tritato, 2 foglie di erba di San Pietro, un ciuffetto di foglie di sedano, una cipolla tritata, mezza carota tritata, g 60 di mollica di pane, g 30 di burro, latte, per bagnare la mollica, mezzo dl di olio di olive, 4 fette di salame sminuzzate, un rametto di rosmarino, un cucchiaio di parmigiano, mezzo bicchiere di vino bianco secco, un mestolo di brodo di carne, 3 tuorli, sale e pepe di mulinello. <br />Battete appena le fettine di carne, poi adagiatevi la fettina di lardo. A parte, preparate il ripieno unendo in una ciotola capace la carne macinata, il salame sminuzzato, la mollica di pane inumidita nel latte, il formaggio grattugiato, tutte le erbe e le verdure profumate e i tuorli; regolate di sale e pepe, mescolate con cura e con l'amalgama ottenuto farcite le fettine; arrotolatele, chiudete le estremità con degli stuzzicadenti, quindi gli involtini passateli in padella, dove già sfrigolano l'olio e il burro, profumati dal rarnetto di rosmarino. Dopo qualche minuto, rigirati più volte e rosolati uniformemente, bagnate gli involtini con il vino bianco, versate il mestolo di brodo, coprite e terminate di cuocere. Serviteli caldi. ( si può arricchire questo piatto con polpa di pomodori).<br />R <br />Rollata <br />di <br />vitello. <br />(b) Ingredienti per 6 persone: g 800 di polpa di vitello, in un'unica fette, un ciuffetto di rosmarino, g 150 proscíutto crudo (o pancetta coppata), una cipolla affettata sottilmente, g 60 di burro, g 120 di fontina stravecchiaa fettine sottili, 2 cucchiai di olio di oliva, brodo di carne, 2 spicchi di aglio, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver tritato assieme l'aglio il rosmarino, schiacciate con il batticarne la fetta dì vitello, spolverizzatela con sale, pepe e il trito disponetevi il prosciutto, poi le fettine sottili di fontína, quindi arrotolate il vitello e legatelo stretto con spago o filo di cotone. Intanto, in una casseruola, avete scaldato insieme il burro e l'olio; unite la e appena ha preso colore adagiatevi il rotolo e rosolate anche questo rigirandolo più volte, per insaporirlo a dovere; ogni tanto versate gocce di brodo, coprite e lasciate cuocere, a fuoco basso. Servite la rollata affettata, bagnata dal fondo di cottura. (Invece del brodo si può inumidire la carne con vino bianco secco).<br />Rotolo <br />di <br />pollo.(<br />b)<br /> Ingredienti per 6 persone: 2 petti di pollo, una cipolla tritata, g 20 di prosciutto cotto in 2 fette, 3 foglie di basilico tritate, g 120 di salame fresco, 2 spicchi di aglio tritati, g 80 di pisellini, un cucchiaio di prezzemolo tritato, 3 uova, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver tagliato i petti di pollo in orizzontale, per aprirli maggiormente, stendetevi sopra ad ognuno una fetta di prosciutto cotto, quindi di farcita preparata amalgamando il salame con la cipolla, il basilico, l'aglio e ilprezzemolo; aggiungete i pisellini e le uova, regolate di sale e pepe composto lo disponete sulle fette di prosciutto, arrotolate stret petti di prosciutto, legateli con filo di refe, avvolgeteli in un foglí vegetale (o oleata) quindi metteteli a cuocere in abbondante acqua. Trascorsa un'ora, togliete i rotoli dal bagno, sfasciateli, affettate sateli in frigorifero, per servirli dopo alcune ore.<br />Rustiscià <br />(b)<br /> L'ennesimo piatto dei giorni della macellazione del maiale. Ingredienti per 6 persone: g 250 di polpa di maiale;, g 40 di burro, g 150 di cuore di maiale, un bicchiere di salsa di pomodoro, g 200 di polmone di maiale, un mestolo di brodo, g 120 di salsiccia fresca, sale, una cipolla tritata. Sale e pepe. <br />Le carni tagliatele a pezzetti.In una casseruola (o in una padella con le pareti alte), soffriggete nel burro il trito di cipolla; appena ha preso colore unite i pezzetti di carne, regolate di sale, versate la salsa di pomodoro, poi il brodo; coprite e cuocere adagio fino a quando il sugo si è parzialmente asciugato. Servite la vivanda caldissima, insieme a fette di polenta.<br />S <br />Saccoccia con la <br />ricotta.<br />(m)<br /> Si può farla anche con una lingua di vitello. Ingredienti per 6 persone: kg 1 di fiocco di punta di vitello, 3 cucchiai di olio di oliva, 2 spicchi di aglio, g 40 di burro, un rametto di salvia, un tuorlo, un rametto di rosmarino, un bicchiere di latte intero, un rametto di timo, sale e pepe di mulinello, un bicchiere di vino bianco secco. Per Ia farcita: g 300 di petto di pollo (o di tacchino)macinato , g 60 di grana grattugiato, un cucchiaio di prezzemolo tritato g 250 di ricotta, un ciuffetto di maggiorana tritata, 2 uova, sale e pepe di mulinello. <br />In una ciotola, impastate con cura la carne di pollo macinata, insieme alla ricotta e al formaggio, profumate con prezzemolo, maggiorana e pepe, salate e legate il tutto con le uova. Alla punta di vitello praticate un taglio orizzontale, così da creare una tasca; spolverizzate sale e pepe, farcitela con il composto appena amalgamato, arrotolate i lembi, fermandoli strettamente con del filo di refe, quindi passate la saccoccia in una casseruola, per rosolarla nel burro e nell'olio, e profumato con l'agilo. Versate vino bianco e lasciate evaporare; ora verate sopra il trito odoroso (che avete preparato pestando assieme salvia, timo e rosmarino) e proseguite nella cottura. Trascorsi 15 minuti, togliete la carne dal fuoco; nel fondo di cottura stemperate il tuorlo insieme al latte; pochi minuti e la salsa è pronta (passata al setaccío) per ricoprire (glassare) la saccoccía. Servitela ancora fumante.<br />Salsiccia brasata. (b) Ingredienti: per 6 persone: g 600 di salsiccia fresca, polenta piuttosto liquida, mezza bottiglia di vino rosso, un cucchiaio odoroso di trito misto(rosmarino, salvia, alloro, basilico), un cucchiaio di farina. <br />Dopo aver tagliato la salsiccia in 6 pezzi, arrotolatela e fermatela attraversandola con uno stecco di legno. Queste spirali, forellate con i rebbi di una forchetta, mettetele in padella, così che perdano parte del grasso. Il grasso colatelo via, versate il vino rosso e lasciate cuocere adagio, per almeno 10 minuti. Togliete la salsiccia dal bollore (conservandola al caldo) e nel fondo di Innosio- aggiungete il trito odoroso, poi la farina; mescolate più volte, tanto da addensarlo, passatelo al setaccio e con la salsa ottenuta umettate i pezzi di salsiccia, un attimo prima di portarli in tavola, al centro di un nido formato dalla polenta.<br />Salsiccia <br />con i <br />chiodini. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 350 di salsiccia fresca, 2 spicchi di aglio tritati, un bicchiere di vino rosso, un cucchiaio di prezzemolo tritato, kg 1 di funghi chiodini, mezzo dl di sugo di pomodoro, un bicchiere di aceto, mezzo bicchiere di vino bianco secco, g 30 di burro, 3 cucchiai di olio di oliva, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver nettato i funghi chiodini, tagliate i gambi e le teste, quindi metteteli a bagno in acqua e aceto. Intanto in una padella avete calato la salsiccia (precedentemente forellata con i rebbi di una forchetta) tagliata a tocchetti, per far perdere parte dél grasso. Una volta eliminato, versate il vino rosso e lasciate cuocere adagio. Ora, sgocciolate i funghi e rosolateli in padella, nell'olio e nel burro profumati con l'aglio e il prezzemolo; versate la salsa di pomodoro, regolate di sale e pepe, irrorate con vino bianco e fate cucinare, adagio, per almeno 20 minuti, a tegame coperto. Quando la salsiccia è pronta, unitela ai funghi, mescolate più volte e terminate. Da servire ancra fumante.<br />Salsiccia in umido.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 500 di salsiccia fresca tagliata a tocchetti, una carota tritata, 2 mestoli di, sugo di pomodoro (o polpa passata al setaccio), mezzo dl di olio di oliva, una cipolla tritata, una puntina di spezie miste da arrosto, una costa di sedano tritata, pepe nero di mulinello. <br />I pezzetti di salsiccia, dopo averli forellati con i rebbi di una forchetta metteteli a sgrassare in un tegame con le pareti antiaderenti. Versate via il grasso che cola e lasciate rosolare. Nel frattempo, in una padella, soffriggete nell'olio il trito, di cipolla, delle verdure, appena ha preso colore aggiungete la salsiccia, versate il sugo di pomodoro profumate con le spezie e il pepe macinato, mescolate più volte, coprite e lasciate cuocere adagio. Servitele caldissime.<br />Scaloppine <br />al <br />formiaggio.<br />(m) Ingredienti per 6 persone: 12 scaloppine di vitello, 12 fettine di prosciutto, burro, per ungere la teglia, 12 foglioline di salvia, 12 fettine di toma fresca , mezzo bicchierino di vino Marsala, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver imburrato le pareti di una teglia, disponetevi le fettine di vitello, ricopritele con il prosciutto, poi il formaggio, infine la fogliolina di salvia; spolverizzate sale e pepe, copritee mettete in forno (già caldo a 180-200°). In 25-30 minuti si cuociono a puntino. Ricordate, però, di umettarle, quasi al termine della cottura, con gocce di vino Marsala. Servitele caldissime.<br />Scaloppine <br />di<br /> maiale.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: 12 scaloppine di carne di maiale, un peperone tagliato a quadretti, mezzo dl di olio di oliva, un cucchiaio di capperini sott'aceto, 3 cipollotti affettati sottilmente, 3 filetti di acciuga sott'olio, sminuzzati, uno spicchio di aglio affettato, un limone, il succo, 6 olive nere la sola polpa tritata grossolanamente, sale e pepe di mulinello.<br />Nettate il peperone dolce, asportando il torsolo centrale con i semi; poi le coste bianche; la polpa tagliatela a listarelle piuttosto larghe, quindi, nell'altro verso, per formare tanti riquadri. In una padella grande, soffriggete nell'olio le fettine di cipollotti e aglio, ai quali aggiungete i quadretti di peperoni, la polpa delle olive, i capperini e le Ora, calate le scaloppine e lasciate insaporire per pochi minuti, rigirandole; irrorate succo di limone, spolverizzate sale e pepe, coprite e lasciate cuocere a puntino. Servite le scaloppine caldissime<br />Scaramella tiepida <br />(b) La scaramella è un taglio di carne bovina, sottogola, lato interno o esterno, verso la pancia). Ingredienti per 6 persone: kg 1 di scaramella, foglie di sedano, una cipolla steccata con 2 chiodi di garofano, mezzo porro meglio le foglie verdi, pepe in grani, un mazzetto di gambi di prezzemolo, sale. Per il condimento: fettine di lingua salmistrata (vedi), g 40 di burro, quadretti di testina lessata (vedi), pepe nero macinato, 6 patate lessate , mezzo limone, il succo. Per il bagnet: olio extra vergine di oliva, un cucchiaio di capperini tritati , un limone il succo, pocorafano appena grattugiato, un cucchiaio di prezzemolo tritato, un uovo sodo tritato. <br />In abbondante acqua salata lessate la carne, profumandola con le verdure e pepe in grani. Una volta cucinata, scolatela, affettatela e disponetela nel piatto grande ó~ portata, ricoperta da una fettina di lingua e dalla dadolata di testina. A fianco collocate fette di patate lessate, ricoperte da una salsina preparata un attimo prima: sul fuoco avete sciolto il burro, al quale aggiungete succo di limone e pepe nero macinato. Il bagnet fate presto a prepararlo, mescolando nell'olio tutti gli ingredienti, è importante che risulti piuttosto liquido. Il bagnet versatelo sopra la carne, quindi portate in tavola.<br /> Si può utilizzare tutta la selvaggina.<br />Selvaggina all'uva.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: kg 1 di carne di selvaggina (fagiano, come lepre, volatili in genere o quant'altro), g 30 di uva passa (ammollata in acqua tiepida), la mollica di tre michette, un limone, pelato e tagliato a fettine, un mestolo di brodo buonodi carne. In una padella grande, sopra fiamma bassissima, versate il brodo; aggiungete la mollica di pane sminuzzata, poi l'uva passa e le fettine di limone; mescolate più volte e lasciate insaporire. Ora, calate i pezzetti di carne di selvaggina, mescolate il tutto e fate cuocere adagio, a tegame coprite. Caso mai aggiungete del brodo. E’ importante che il fondo di cottura risulti piuttosto denso.Un attimo prima di spegnere il fuoco e servire la vivanda, c'è chi aggiunge grani di pepe rosa: delicato, ma dal profumo piccante e pungente<br />Sottofiletto <br />al <br />basilico. <br />(b)<br /> E' un taglio posteriore del vitello, per farne scaloppine. Ingredienti per 6 persone: 12 fettine di sottofiletto, 12 fettine di lardo (o pancetta) g 40 di burro, 12 foglie di basilico, pepe nero in grani, mezzo bicchierino di vino Marsala secco, sale. <br />In una padella, rosolate (saltate) nel burro le scaloppine di vitello, aromatizzando con grani di pepe. Ora, in una teglia (o pirofila) disponete le fettine, copritele con il lardo poi con le foglie di basilico, quindi passate in forno (già caldo a 180'). Ricordate di bagnarle con lacrime di vino Marsala. Servitele caldissime e fumanti<br />Sottofiletto alle <br />verdure <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di sottofiletto di vitello, 2 spicchi di aglio, burro, per ungere il fondo della teglia, una foglia di alloro, una cipolla tritata, 3 cucchiai di senape in pasta,, una carota tritata, g 60 di panna liquida, una costa di sedano tritata, un cucchiaino di timo in polvere, un rametto di rosmarino, un bicchiere di vino bianco, sale e pepe di mulinello. <br />In una teglia (o pirofila), imburrate il fondo, poi fatevi soffriggere le verdure tritate; appena rosolano calate il pezzo di carne e rigiratelo più volte, per uniformarne la cottura. Versate vino bianco, profumate con l'alloro, il rosmarino e l'aglio, regolate di sale e pepe e passate in forno (già caldo a 180'), per cucinare a dovere. Quando il sottofiletto vi pare cotto (ma non troppo), mettete in disparte la carne (mantenendola al caldo), quindi togliete le verdure odorose, passate il fondo al setaccio, riponete sul fuoco (docile), unitevi prima la senape poi la panna, profumate con il timo in polvere, mescolate più volte e fate asciugare un attimo. Servite il sottofiletto affettato, ricoperto dalla salsa appena preparata<br />Spezzatino della <br />Nonna.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: g 500 di polpa di manzo, tagliata a bocconcini, una costa di sedano tritata, un bicchiere, abbondante, di vino rosso, g 60 di lardo (o pancetta), a dadini, g 30 di burro, g 120 di cipolline, una cipolla tritata, una carota tritata, sale e pepe di mulinello.<br /> Pulite le cipolline, lavatele ed asciugatele con un canovaccio. In una padella ampia, soffriggete nel burro la dadolata di lardo e i bocconcini di manzo, insieme al trito di verdure. Dopo qualche minuto versate il vino rosso, incoperchiate e lasciate cucinare adagio, per almeno tnezz'ora. A questo punto aggiungete le cipolline, regolate di sale e pepe, incoperchiate di nuovo e terminate la cottura. Servite lo spezzatino caldissimo. ( in stagione si possono aggiungere la polpa di pomodori maturi frantumata con le dita. Come pure funghi porcini tagliati a pezzetti, profumati con prezzemolo tritato; allorè preferibile non utilizzare le cípolline).<br />Spezzatino <br />di <br />vitello, <br />(m) Occorrono: 1 kg. di carne magra di vitello, 4 cucchiai d'olio d'oliva, 10 grossi spicchi d'aglio, 2 cucchiai di pane grattato, 4 cucchiai di salsa di pomodoro ristretta, 1 bicchiere di vino rosso, 1/2 bicchiere di acqua, riso, sale e pepe. Tagliate il vitello a dadini regolari e fatelo dorare nell'olio caldo. Aggiungete aglio, pane grattato, pomodoro e cuocete lentamente per 7 minuti. Salate e pepate, rimescolando spesso. Unite l'acqua, il vino e fate bollire per un'ora. Accompagnate questo gustoso piatto con riso bollito.<br />Spezzatino <br />o <br />fricandò. <br />(m) Dal macellaio trovare delle rifiniture della carne e scampoli di tagli, da ridurre a piccoli pezzetti. Ingredienti per 6 persone:kg 1 di carne di manzo, di tagli misti, 3 cucchiai di aceto di vino (copertina dipetto, collo, stinco, ritagli del filetto), una carota tritata, un porro affettato (o cipolla), g 60 di lardo (o pancetta) pestato, mezza costa di sedano tritata, g 30 di burro, un bicchiere di vino rosso, 2 cucchiai di olio di oliva, g 250 di cipolline bianche, 2 rametti di rosmarino, 3 patate, 5 spicchi di aglio schiacciati (da togliere), sale e pepe di mulinello. <br />In una casseruola, mettete a rosolare nell'olio e nel burro il pesto di lardo a cui aggiungete i pezzetti di carne, poi profumate con rosmarino Wwk gli spicchi di aglio schiacciati (da togliere). Durante la cottura, dopo vanno mescolate, bagnate con aceto e lasciate evaporare. Aggiungete il porro affettato e il trito di carota e sedano, regolate di sale e pepe e a fiamma docile appassite le verdure; ora bagnate con il vino unite un mestolo o due di acqua calda, coprite e lasciate in cottura (dopo circa 2 ore). Nel frattempo, pelate le patate e tagliatele,". tocchetti. Le cipolline pulitele, unitele ai tocchetti di patata e questi aggiungeteli al fricandò, circa a metà cottura; regolate di sale e terminate. Questo piatto servitelo ancora fumante. (Tra le erbe profumate, la presenza di foglie di salvia e di alloro. Molti preferiscono il sugo colorato da salsa di pomodoro diluito in poco brodo caldo.)<br />Stracotto <br />alla montanara. (m)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 800 di polpa di manzo o di vitellone, 4 acciughe salate, g 30 di burro, una foglia di alloro, 3 cucchiai di olio di oliva, 2 bacche dì ginepro pestate, una cipolla affettata, 4 cucchíai di aceto buono, una carota affettata, mezzo I di brodo di carne, una costa di sedano affettata, sale e pepe di mulinello, un cucchiaio di senape in pasta. <br />Prima di tutto, pulite le acciughe sotto un getto di acqua fredda, aprendole per sfilettarle e rivandole delle teste, delle lische e delle code. In una casseruola (possibilmente di rame), rosolate nel burro e nell'olio il pezzo di manzo, rigirandolo più volte per uniformarne la cottura; calate le verdure affettate e lasciate che asciughino. Sulla polpa di manzo spalmate riccioli di senape, disponetevi sopra i filetti di acciughe sminuzzati con le dita, poi la foglia di alloro spezzettata e il pesto di bacche di ginepro; bagnate il tutto con l'aceto, regolate di sale e pepe quindi lasciate asciugare. Trascorsi pochi minuti, versate il brodo, incoperchiate e fate sobbollire adagio, per almeno 2 ore. Quando pensate che la carne sia cucinata a puntino, toglietela, affettatela e disponetela nel piatto da portata; il fondo, poi, passatelo al setaccio, riponetelo sul fuoco per asciugarlo appena, quindi versatelo sopra lo stracotto e dopo portate in tavola.<br />Stracotto <br />della Zia Santina. <br />(s) Ingredienti per 6 persone: kg 1 di culatta di manzo (o di vitellone), un mazzetto odoroso (alloro, rosmarino, 3 cucchiai di olio di oliva, g 30 di burro, salvia, timo, maggiorana, erba cipollina ecc.), una cipolla tritata grossolanamente, 2 bicchieri di vino rosso (ideale Nebbiolo), una costa di sedano affettata, 4 topinambur lessati, sale e pepe di mulinello. <br />In una casseruola (preferibilmente di rame), mettete a rosolare la carne dove già frigge l'olio e il burro; rigirate il pezzo per uniformarne la cottura, quindi calate le verdure affettate, profumate con il mazzetto e lasciate insaporire il tutto. Trascorsi 10 minuti, bagnate con poco vino e fate asciugare; ora, regolate di sale e pepe, coprite e procedete, adagio. Ogni tanto, se necessario, irrorate altro vino rosso. Intanto, in una pentola, lessate in acqua salata i rizomi di topinambur; cotti al dente, scolateli, pelateli e tagliateli a fette sottili. Appena lo stracotto vi pare a puntino, toglietelo dalla casseruola, affettatelo e disponetelo nel piatto da portata, contornandolo con le fettine di topinambur; il fondo di cottura passatelo al setaccio, rimettetelo sul fuoco, mescolando spesso, quindi versatelo sopra la carne e servite<br />Stufato <br />della Zia Domenica. <br />(d) Ingredienti per 6 persone: kg 1 di polpa di vitellone o vitello, un bicchiere di vino Marsala secco, g 60 di lardo (o pancetta) pestata,, una scorzetta di limone, una cipolla tritata, g 12 di fegatini di pollo (o di vitello), g 30 di burro, sale, mezzo bicchiere di latte fresco. <br />Nettate i fegatini, asportando la sacchetta del fiele, quindi lavateli, asciugateli e affettateli. Intanto, in una casseruola, soffriggete nel burro e nel lardo pestato il trito di cipolla; il tempo che sia imbiondita e potete calare il pezzo di polpa; da salare e rigirare più volte per uniformarne la cottura. Dopo circa 20 minuti, aggiungete latte fresco, poi vino Marsala; profumate con scorza di limone, coprite e fate cuocere adagio, a fiamma docile. Per ultimo, 10 minuti prima di spegnere il fuoco e servire lo stufato, calate le fettine di fegatini e terminate. Mentre affettate la carne e la disponete nel piatto da portata, lasciate asciugare un attimo il fondo (precedentemente passato al setaccio), per servirvene da baganre le fette.<br />Stufato <br />di asino.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: un pezzo della coscia di asino 2 kg, più grande è, e migliore sarà il risultato tanto la carne rimanente la impiegherete per altre vivande, g 80 di lardo o pancetta pestata, sale e pepe di mulinello. Per la marinatura: 2 bottiglie di buon vino rosso, del migliore, 3 chiodi di garofàno, 3 cipolle affettate, un frammento di cannella, 2 carote affettate, un mazzetto odoroso (alloro, timo, prezzemolo, salvia ecc.), 2 coste di sedano affettate, 5 grani di pepe nero, Per l'accompagnamento: polenta piuttosto morbida. <br />Il pezzo di coscia di asino mettetelo a marinare in una teglia annegato nel vino rosso. Coprite, ponete in un luogo fresco e lasciate frollare per 3 giorni almeno. Il giorno che decidete di cucinarlo, togliete dal bagno la carne e tagliatela a pezzotti, quindi mettete in una casseruola lardo pestato e, una volta sciolto, potete calare le verdure e le spezie; quando han preso colore, prima versate circa 2 mestoli di Barbera della marinatura e dopo i pezzi di asino, regolate di sale e pepe, coprite, poi fate cuocere adagio, per alcune ore: non meno di 5. E' necessario (e questo è l'unico trucco per ottenere uno stufato vero, antico, spegnere il fuoco circa ad ogni ora, lasciando raffreddare; così il vino viene assorbito dalla carne, ammorbidendola. Si riaccende il fuoco e si riporta a lentissimo bollore. La carne va servita affettata, bagnata dal fondo di cottura (precedente. mente passato al setaccio) e accompagnata da polenta piuttosto morbida.<br />Stufato di puledro.<br />(b) Piatto della tradizione, da consumarsi per la cena di Natale. Da cuocersi nel forno a legna. Ingredienti per 6 persone: 6 costolette di puledro, papi a circa g 800, mezza bottiglia di vino rosso, g 500 di patate, g 60 di lardo pestato, una foglia di alloro sminuzzata, uno spicchio di aglio tritato, brodo di carne, 3 cucchiai di olio di oliva , sale e pepe di mulinello, <br />Sbucciate le patate, tagliatele a tocchetti e mettetele a bagno in acqua fredda. In un tegame di terracotta o di rame stagnato, soffriggete nell'olio il trito d’aglio insieme al pesto di lardo; unite le costolette, disponete pezzetti di foglia di alloro, rosolatele girandole almeno un paio di volte, regolate di sale e pepe, poi versate il vino rosso e lasciate evaporare. A questo punto aggiungete un mestolo di brodo, incoperchiate e lasciate cuocere, adagio. Ogni tanto, rigirate le costolette, aggiungete i tocchetti di patate, versate altro brodo, mescolate più volte e terminate la cottura<br />T <br />Tacchinella alla garibaldina. (b)<br /> Il piatto preferito di mio bisnonno paterno. Ingredienti per 6 persone: una tacchinella tagliata a pezzi, mezza bottiglia di vino rosso, g 60 di lardo pestato, g 400 di funghi porcini freschi, g 40 di burro, un mestolino di brodo buono di carne, 2 foglie di alloro, sale, 2 rametti di rosmarino. Per la salsa: 2 spicchi di aglio tritati, un ciuffetto di foglioline di timo tritate, 2 cucchiai ai prezzemolo; tritato, un pugno di erba di San Pietro tritata, 4 foglioline di salvia tritate, 2 acciughe salate, un ciuffetto di foglioline di maggiorana tritate, un cucchiaio di farina, 30 di burro. <br />Dopo aver pulito i funghi accuratamente, lavateli, asciugateli e tagliateli a Dissalate le acciughe sotto un getto di acqua fredda, apritele per sfilettarle, privandole delle teste, della lisca e delle code. In una casseruola, mettete a rosolare i pezzi di tacchinella nel burro,insieme al pesto di lardo profumato con rosmarino e alloro. Il tempo di far prendere colore (rigirandoli più volte) e potete versare il vino rosso.Nel frattempo, a parte preparate la salsa: tritando assieme verdure, erbe profumate e filetti di acciughe; amalgamate il tutto con poca farina e il burro,messo a cuocere su fiamma docile; mescolate più volte e lasciate insaporire per qualche minuto. Con questa salsina odorosa umettate i pezzi di tacchinella, un attimo prima di servirli in tavola.<br />Tacchinella ripiena<br />(b)<br /> Ingredienti per 8 persone: una tacchinella giovane di circa 4 kg, 2 chiodi di garofano, 2 peperoni dolci, un limone, 4 fegatini di pollo, un cucchiaio di farina, g 200 di riso Vialone nano, noce moscata, g 200 di burro, 4 grani di pepe, 3 bicchieri di vino bianco secco, un cucchiaio di parmigiano 2 mestoli di brodo buono, grattugiato, una cipolla, 2 cucchiai di panna liquida una costa di sedano, 2 foglie di alloro, sale e pepe. <br />Dopo aver pulito la tacchinella, fiammeggiata per eliminare la fastidiosa peluria, apritela con un bisturi affilato, poi adagio, con pazienza, staccate la carne dalla carcassa, fino a liberarla (disossarla); sopra e sotto irrorate sale Una volta puliti i fegatini, privandoli della sacchetta del fiele, tagliateli a dadini, quindi rosolateli in una padellina, con pochissimo burro. Ipeperoni liberateli del torsolo, dei semi e delle coste bianche, a tagliateli a pezzettoni; questi metteteli a scottare sopra una piastra rovente o nel forno caldo, per pelarli facilmente, poi tagliateli a dadini. In una casseruola scaldate dell'acqua salata, buttate a lessare il riso per pochi minuti, poi toglietelo e mettetelo in una ciotola, insieme a 100 g di burro, unitamente ai fegatini e ai peperoni. Questa farcia ponetela entro la tacci poi richiudetela cucendo con filo di refe. In una casseruola capace adagiate la tacchinella, poi aggiungete riccioli di burro, la foglia di alloro sminuzzata, la cipolla tritata grossolanamente, sedano a pezzetti, i chiodi di garofano e il pepe in grani. Quindi rosolate a fiamma allegra, per alcuni minuti: il tempo che prenda colore; allora versate il vino, coprite e fate cuocere, abbasando la fiamma, per circa 3 ore. Ora togliete dal bollore la tacchinella, conservandola al caIdo, buttate i pezzi di cipolla e di sedano, passate al setaccio (filtrate) il fondo di rimettetelo sul fuoco, aggiungete il brodo, stemperatevi la farina e mescolando, cuocete per pochi minuti, addensando la salsa, succo di limone e unendo latte tiepido, mescolate di nuovo e lavoro. Il tacchino, disposto in bella mostra nel grande piatto da portata lo dei punti di cucitura; a parte sciogliete il burro rimasto, quindi sopra la tacchinella, bagnate il tutto con la salsina fine, (mettete in forno caldo a 200°) per pochi minuti e servite<br />Tacchino stufato <br />della <br />nonna.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: un tacchino giovane, tagliato a pezzi. una costa di sedano tritata,<br />farina, mezzo bicchierino di vino cotto secco, g 60 di lardo pestato, una cipolla tritata, un fiammentino di cannella, g 40 di pancetta, tagliata a dadini, 2 chiodi di garofano, 2 cucchiai di olio di oliva, 2 bicchieri di vino bianco o rosso come preferite, una nocciola di burro, 3 spicchi di aglio schiacciati, g 25 di funghi secchi, ammollati in acqua tiepida, un rametto di rosmarino, 2 foglie di alloro brodo buono se necessano, una carota tritata, sale e pepe di mulinello. <br />In una casseruola capace, mettete a rosolare nell'olio e nel burro il pesto il lardo; appena ha preso colore, aggiungete i pezzi di tacchino, poi la dadolata di pancetta, spicchi di aglio e il profumo del rosmarino e dell'alloro. Quando anche la carne del tacchino ha cambiato colore, abbassate la fiamma, unite le verdure tritate, mescolate e fate imbiondire; ora, calate i chiodi di garofano e la cannella, irrorate con vino cotto e lasciate evaporare; versate il vino, aggiungete i funghi appena ammollati (con l'acqua del bagno), regolate di sale e pepe, coprite e cucinate, a fuoco docile. Ogni tanto controllate che non asciughi troppo, altrimenti potete umettare con piccole quantità di brodo. Dopo circa un'ora la vivanda è cotta a dovere, da servire ai commensali caldissima, ricoperta dal proprio fondo.<br />Tapluc dal barba.(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 800 di carne di somarino macinata, 2 foglie di alloro, un cavolo verza di circa g 500, un rametto di rosmarino, g 60 di lardo (o pancetta) pestato, 2 bicchieri di vino rosso (ideale il Nebbiolo) g 50 di burro, brodo di came,3 spicchi di aglio schiacciati, sale e pepe di mulinello. <br />Dopo aver nettato il cavolo, lavatelo sotto un getto di acqua corrente, poi tritatelo grossolanamente. In una casseruola di rame stagnato, mettete a rosolare nel burro il lardo pestato; appena ha preso colore unite gli spicchi di aglio schiacciati, le foglie di alloro sminuzzate e il rametto di rosmarino; fate insaporire poi calate la carne macinata, regolate di sale e pepe, mescolate più volte e lasciate cucinare per pochi minuti, quindi versate il vino rosso, un mestolo di brodo, coprite e cuocete adagio, per circa un'ora e mezza.. Servite il tapeluc caldissimo e fumante, accompagnato da polenta fatta. ( La ricetta così come viene preparata oggi prevede una parte somaro o di mulo e altra di manzo o di cavallo. Invece del rosmarino c'è chi preferisce aggiungere semi di finocchio soltanto la punta di un cucchiaino. Servitelo con fette di polenta fritta).<br />Testina <br />di <br />maiale.<br />dal<br />Barba<br />Zaveri(m) Ingredienti per 6 persone: una mezza testina di maiale, 3 foglie di alloro, 4 spicchi di aglio schiacciati, 4 chiodi di garofàno pestati, 10 grani di pepe, sale grosso, alcuni frammenti di cannella In una pentola capace, mettete la mezza testa di maiale, copritela con acqua fredda, versate un pugno di sale grosso, poi le spezie e le foglie dialloro. Fate bollire adagio per alcune ore, non meno di 4, badando di schiumare almeno all'inizio con una mestola forata. Certi che le carni gelatinose si staccano facilmente dalla carcassa, spegnete il fuoco, scolate dal brodo e scarnite la testa, tagliando la polpa in bocconcini medi (meglio, dadini, se riuscite). Ora, in una teglia (ideale se di terracotta) disponete i bocconcini, ricopriteli con del brodo di cottura (gelatinoso) e lasciate raffreddare in un locale fresco o in frigorifero. Servite il piatto freddo, come antipasto o come curioso contorno, insieme ad insalatina fresca.<br />Tonno di coniglio.(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: un coniglio, un rametto di rosmanno,mezzo sedano, foglie di alloro, un porro, foglie di timo, una carota, foglie di basilico, un ciuffetto di prezzemolo, 6 grani di pepe nero, una cipolla steccata con 2 chiodi dìgarofano, 20 spicchi di aglio, g 200 di olio extra vergine di oliva, parecchie foglie di salvia, sale. <br />In una pentola mettetevi tanta acqua (4-5 litri), aromatizzate con pezzi di sedano, cipolla steccata con il chiodo di garofano, carota, prezzemolo, salvia, rosmarino, alloro, timo e basilico, grani di pepe e poco sale; lasciate bollire fino ad ottenere un brodo sensibilmente ridotto, poi calate il coniglío e lasciatelo cuocere il tempo necessario che la carne si stacchi da sola dalle ossa. Allora, toglietelo dal bagno, lasciatelo raffreddare, quindi scarnitelo con pazienza, recuperando ogni pezzetto di carne, anche le briciole I pezzetti più grandi vanno ridotti a dadi grossi quanto una noce, quindi salate e pepate tutta la carne. Entro una teglia di terracotta disponete uno strato di polpa di coniglio (sotto conviene mettere i frammenti più piccoli), sopra collocate alcuni spicchi di aglio interi ed alcune foglie di salvia, bagnate con abbondante olio (perché la carne possa inzupparsi) e ricominciate l'operazione, con un altro strato di carne, altri spicchi di aglio, altre foglie di salvia e altro olio. Cercate di terminare la preparazione mettendo in bella vista i pezzi più belli. Incoperchiate e lasciate riposare in frigorifero almeno una intera notte, badando di aggiungere altro olio, per essere sicuri che ne assorba tutto il possibile, risultando tenero e oleoso proprio come il tonno. Dovendo portare in tavola la teglia, conviene sostituire le foglie di salvia, che si sono certamente annerite. Anche l'olio, se affiora vistosamente, va tolto.<br />Tordi allo spiedo. (m) Ingredienti per 6 persone: 12 tordi, 13 fette di pane raffenno, 12 foglie di vite, burro, 12 fettine di lardo, sale, <br />Dopo aver tolto le piume ai piccoli volatili, fiammeggiateli per eliminare la fastidiosa peluria, quindi strofinateli con un canovaccio, lavateli ed asciugateli. Togliete gli occhi e le zampette, ma non le interiora (così come vogliono i puristi). Ricordate di conservare le teste, ripiegandole sotto un'ala, con il becco che si conficca nel fianco. Ora, ogni animaletto spolverizzatelo di sale, ricopritene la pancia con la fettina di lardo, avvolgete il tutto in una foglia di vite, quindi con uno stecchino fermate la bardatura (oppure con filo di refe) e preparatevi a infilzarli nello spiedo, alternandoli alle fette di pane. A fuoco vivace, cucinateli arrosto, umettando ogni tanto con una pennellata di burro fuso. Pronti per essere serviti, liberate i tordi della foglia di vite e della pancetta, quindi disponeteli sopra le fettine di pane rosolate (caso mai intinte, bagnate con il sugo colato nella leccarda) e portate in tavola.<br />Trippa alla massinese<br />(d) Ingredienti per 6 persone: kg 1,2 di trippa (la vendono già sbollentata), g 60 di burro, 4 foglie di basilico, g 400 di pomodori maturi, 4 cucchiai di olio di oliva, un mestolo di brodo buono, di carne g 800 di cipolla tritata, mezzo cucchiaino di spezie miste in polvere, una carota tritata, grana grattugiato a piacere, una costa di sedano tritata, sale e pepe di mulinello, <br />Lavate accuratamente la trippa e tagliatela a listarelle sottili. In una pentola grande, mettete a soffriggere il burro e l'olio, poi aggiungete il trito delle verdure, la polpa dei pomodori sminuzzata con le dita e le foglie di basilico. Il tempo che rosolano a fuoco leggero e potete calare la trippa; mescolate più volte e fate sobbollire. Ora, regolate di sale e pepe, versate il brodo caldo, profumate con le spezie, incoperchiate e proseguite nella cottura per almeno 3 ore. Servite la trippa fumante, accompagnata da formaggio grattugiato a disposizione dei commensali.<br />Trippa<br />alla <br />brisinese <br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di trippa mista (millefogli, nido d'api, rotondino), un mazzetto odoroso (alloro, rosmanno, timo ecc.) g 200 di poppa di vitella, 3 patate, tagliate a dadini, uno zampetto di maiale, un bicchierino di vino Marsala secco, g 60 di lardo pestato, un mestolino di sugo di pomodoro, una fetta grossa di prosciutto, tritata, un mestolo di brodo buono di came,g 80 di fagioli borlotti, già lessati, 3 cucchiai di olio di oliva, una carota tritata, grana grattugiato, a piacere, una cipolla tritata, sale, un ciuffetto di foglioline di salvia tritate, <br />Dopo aver pulito con cura la trippa, tagliatela a listarelle sottili. Così procedete anche con la polpa. Lo zampetto, invece, l'avete fatto spaccare dal macellaio.In una pentola grande, mettete a soffriggere nell'olio il pesto di lardo e il trito di prosciutto; calate le carni, aggiungete tutte le verdure, mescolate più volte e fate insaporire. Ora, bagnate con il vino Marsala e quando è in parte asciugato versate il brodo, poi il sugo di pomodoro; regolate di sale e pepe, coprite e lasciate cuocere adagio, per almeno 3 ore. Mezz'ora prima di spegnere il fuoco aggiungete i borlotti. Sevite accompagnato dal formaggio gratuggiato<br />Trippa con fagioli (n)<br /> Ingredienti per 6 persone: kg 1 di trippa, una cipolla tritata , g 250 di fagioli secchi, una carota tritata, un pizzico di bicarbonato, 3 patate, una costa di sedano tritata, 2 Pomodori maturi ,3 cucchiai di olio di oliva sale e pepe di mulinello. ( g 50 grana grattugiato) <br />Già la sera precedente mettete a bagno i fagioli in acqua tiepida, con una puntina di bicarbonato. Mentre lessate i fagioli, insieme alle patate sbucciate e alla polpa dei pomodori a parte preparate un soffritto, mettendo a rosolare nell'olio il trito delle verdure e la trippa, tagliata a fettuccine. Ora, in una pentola calate la trippa e il soffritto, unite i fagioli lessati e scolati, le patate lessate e quasi sfatte e la polpa dei pomodori, ricoprite di acqua, regolate di sale e pepe, coprite e fate cuocere adagio, per almeno 3 ore. Servite la trippa c<ldissima, con il macinini del pepe a disposizione. ( Si può aggiungere prima di servire del grana grattuggiato)<br />U <br />Umido semplice (b) Dopo aver affettato (o tagliato a bocconcini) le carni, mettetele in una casseruola (o in una padella ampia) con il brodo; regolate di sale e pepe, coprite e lasciate cuocere adagio. Nel frattempo, preparate il trito misto di prezzemolo, acciughe e aglio. <br />Questo, spolverizzatelo sopra la carne, mescolate più volte e terminate la cottura, dopo pochi minuti. Un attimo prima di portare in tavola la vivanda, irroratela con il succo di limone, quindi servite.<br />V <br />Vitello <br />farcito.<br /> Ingredienti per 6 persone: g 800 di polpa di petto di vitello, un tartufo nero, g 100 di coscia di vitello, macinata, un uovo, g 80 di prosciutto, in un'unica fetta, 2 cucchiai di grana grattugiato, g 40 di lardo pestato, g 30 di burro, g 40 di lingua lessata, un bicchiere di vino rosso corposo e maturo, uno spicchio di aglio tritato, un mestolino di brodo, un cucchiaio diprezzemolo tritato , sale e pepe di mulinello, <br />La polpa di petto di vitello fatevela preparare dal macellaio, taglio orizzontale, così da formare una tasca. Qui, intanto, disponetevi fetta di prosciutto. Nettate con cura il tartufo, ripulendolo con uno spazzolino leggero e umido straccetto umido. A parte, in una ciotola preparate la farcia: innanzitutto unendo la carne di vitello macinata, il lardo pestato, la lingua macinata, poi il trito d'aglio, prezzemolo e tartufo; aggiungete il formaggio grattugiato e l'uovo, regolate di sale e pepe. Aiutandovi con un cucchiaio di legno amalgamate a dovere, quindi e composto introducetelo nella tasca. Chiudete i lembi con ago e filo, poi legate il pezzo di carne. Ora, in una casseruola sciogliete il burro, calate la carne e rosolatela uniformemente, girandola spesso. Abbassate il fuoco, irrorate il vino rosso e fate evaporare; brodo, coprite e terminate la cottura. Servite l'arrosto affettato, umettato dal suo fondo di cottura.<br />Z <br />Zampetti di maiale<br />a la <br />zio Zaveri.<br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: 6 zampetti di maiale, una costa di sedano a pezzi, una cipolla steccata con 2 chiodi di garofano, 2 foglie di alloro, gambi di prezzemolo, una carota a pezzi, 2 spicchi di aglio, Per il condimento: mezzo dl di olio di oliva, 4 cucchiai di aceto, 4 cipolle tritate, mezzo bicchiere di vino bianco secco, 6 foglioline di salvia, sale. <br />Dopo aver nettato gli zampetti fiammeggiateli, strofinateli con un canovaccio e preparatevi a lessarli in pentola, immersi nell'acqua salata, profumata con la cipolla steccata, pezzi di carota e sedano, foglie di alloro,spicchi di aglio e gambi di prezzemolo. Quando la cartilagine si stacca facilmente dalle ossa, scarnite gli zampetti quindi tagliatela a dadini e questi collocateli in un piatto grande da portata. Nel frattempo, in una casseruola, soffriggete nell'olio le cipolle tritate, profumate con foglioline di salvia; regolate di sale, aggiungete il vino precedentemente mescolato con l'aceto) e lasciate sobbollire per qualche tempo. Il sughetto caldo versatelo sopra la dadolata degli zampetti, lasciate che raffreddi, quindi collocate il piatto in un locale fresco (oppure in frigorifero), lasciando marinare per qualche giorno. Servite la vivanda fredda,con spolvero di prezzemolo tritato Gustosissima<br /> Uova, frittate, frittelle, fritti.<br />Uova del<br />Zurla. <br />(n)<br /> Piatto ricco, normalmente servito alle tavole delle istituzioni. Ingredienti per 6 persone: 12 uova, g 50 di burro, un tartufo nero, un bicchiere di vino bianco secco, un cucchiaio di prezzemolo tritato, uno spicchio di aglio tritato , sale e pepe di mulinello.<br /> Pulite il tartufo, aiutandovi con uno spazzolino leggero e uno straccetto umido. In una casseruola, soffriggete in circa metà del burro il trito di aglio e prezzemolo; senza fargli prendere colore, unite il tartufo nero tritato anch'esso; bagnate con il vino e lasciate cucinare adagio. In pochissimo burro friggete le uova, rigirandole almeno una volta, quindi servitele ricoperte dal sughetto appena preparato.<br />Uova alla perpetua<br />(n) Ingredienti per 6 persone: 10 uova, un cucchiaino di zucchero (per chi lo gradisce)<br />g 30 di burro, 2 cucchiai di olio di oliva, 3 foglie di basilico sminuzzate, uno spicchio di aglio tritato, polenta, a fette arrostite 6 pomodori maturi, sale. <br />In una padella grande, soffriggete nell'olio e nel burro l'aglio tritato; il tempo di rosolarlo e potete calare la polpa dei pomodori; condite con un pizzico di sale, ma se preferite la salsa morbida, senza acidità, allora conviene aggiungere lo zucchero; profumate con pezzetti di foglie di basilico e lasciate cucinare adagio, fino ad asciugarla abbastanza. Intanto, in una ciotola avete sbattuto le uova con un pizzico di sale. Appena l'intingolo è pronto, aggiungete le uova, mescolate più volte, cercando di non cuocere troppo. Servite le uova piuttosto morbide, accompagnate da fette di polenta.<br />Uova a la zia Dominica. <br />(d)<br /> Ingredienti per 6 persone:12 uova sode ,3 Pornodori maturi , Mezzo peperoncino pestato (o tritato finemente),2 Cucchiai di Prezzemolo tritato, crostini di pane, fritti nel burro,uno spicchio di aglio tritato, sale e pepe di mulinello. Sgusciate le uova e tritate insieme tuorli e albumi. In una padellina mettete la polpa dei Pomodori tagliata a dadini, unite il trito di aglio e prezzemolo, regolate di sale e pepe, coprite ed a fiamma docile portate a tenue bollore. Ora, scoperchiate, aggiungete le uova tritate, rinforzate il sapore con il peperoncino piccante, ricoprite con il coperchio e lasciate sfumare per pochi minuti. Servite le uova insieme a crostoni soffritti<br />Uova <br />in camicia, <br />con <br />salsa.(m) Ingredienti per 6 persone: 6 uova, un cucchiaio di prezzemolo tritato, 6 Pomodori maturi, mezza cipolla tritata, 2 cucchiai di olio di oliva, di basilico sminuzzate, uno spicchio di aglio tritato sale. In una casseruola, mettete a rosolare in pochissimo Olio la polpa d ei pomodori, tagliata a dadini, insieme al trito di aglio cipolla e prezzemolo il tutto profumato dalle foglie sminuzzate di basilico. Mentre questa insaporisce a tegame coperto, preparatevi a cuocere uova in acqua bollente salata (c'è chi spiega che la vorrebbe carica di acidità, quindi di sorgente). Appena il bollore è vivace tuffatevi le uova, una per volta, e quando l'albume s'è rappreso, scolatele con una mestola forata, adagiatele nel piatto oh portata e servitele ricoperte dalla salsina ancora fumante.<br />Uova<br />a la <br />Zio Zaveri<br /> Ingredienti per 6 persone: 6 uova, un cucchiaio di capperi sotto sale, g 80 dì tonno sott'olio, un cipollotto fresco, tritato, una acciuga sotto sale, olio extra vergine di oliva, un cucchiaio di prezzemolo tritato, sale e pepe di mulinello. <br />Lavate sotto un getto di acqua corrente i capperi, poi l'acciuga, che aprite per sfilettarla e privarla della testa, della lisca centrale e della coda. Fate lessare le uova (ma non troppo); toglietele dal bollore, sgusciatele quindi tagliatele a metà, asportate i tuorli e mettete da parte le barchette bianche (gli albumi rassodati).Su un taglierino tritate finemente e insieme il tonno, i tuorli, le acciughe, i capperi, il prezzemolo e il cipollotto; versate dell'olio e impastate con cura. Con questa farcia, riempite le barchette; lasciatele riposare almeno un'ora al fresco poi servitele. Aggiungere al ripieno delle uova alcune olive verdi, snocciolate e tritate; cosi pure una puntina di senape in polvere e il succo di limone.<br />Uova <br />strapazzate <br />a la<br />Giuvanin <br />Giloo. (aceto e salvia)Ingredienti per 6 persone: 8 uova, 4 cucchiai di aceto rosso, 2 cucchiai di panna liquida,lcune foglioline di salvia, g 30 di burro, pepe nero macinato, 4 cipollotti tritati, sale, un cucchiaìo di cappetirini in salamoia.<br />In una ciotola, montate le uova insieme alla panna liquida, salate, quindi cuocetele in padella, con pochissimo burro. Intanto, a parte, avete rosolato la cipolla unitamente ai capperini. Questo intingolo aggiungetelo alle uova, mescolate continuamente e prima che l'albume si faccia bianco, rassodandosi, umettate con l'aceto di vino rosso (precedentemente scaldato e profumato con foglie di salvia); mescolate ancora, calate pepe nero appena macinato e servite le uova strapazzate<br />Uova al<br />Cirighin.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: 8/10 uova, 4 acciughe salate, g 30 di burro, mezzo peperoncino rosso tritato, un dl di olio di oliva, un cucchiaio di prezzemolo tritato, 4 foglioline di salvia tritate, un cucchiaio di aceto forte, 2 spicchi di aglio tritati, mezzo limone, il succo, g 25 di capperi salati, sale.<br />Dissalate i capperi sotto un getto di acqua corrente, e tritateli. Anche le acciughe vanno passate sotto l'acqua fredda, per togliere il sale ma sopratutto per sfilettarle, privandole delle teste, delle lische e code. Asciugati i filetti sopra un canovaccio, tritateli anch'essi. In una padella ampia, dove già frigge il burro, sgusciate le uova e friggetele, badando di non cuocere troppo il tuorlo. Intanto, in una casseruola soffriggete nell'olio il trito delle verdure (attenti a che non scurisca), dei capperi e delle acciughe; versate l'aceto e il succo di limone, mescolate un attimo, quindi versate il sugo sopra le uova appena fritte e portate in tavola<br />Terrina<br />di uova.<br />(n)<br /> Ingredienti per 6 persone: una cipolla affettata, 6 pomodori maturi , un ciuffetto di rosmarino tritato, foglie di salvia tritate, mezzo bicchiere di aceto buono, una foglia giovane di alloro, tritata, 6 uova, uno spicchio di aglio tritato, un cucchiaio di prezzemolo tritato, g 40 di grana grattugiato, un cucchiaio di basilico tritato, g 40 di pangrattato, un cucchiaio odoroso di trito misto, g 80 di fontina a fette, (timo, maggiorana, dragoncello santoreggia, menta, sale e pepe di mulinello. <br />In una padella, soffriggete burro e olio insieme al trito di cipolla e verdure profumate; il tempo di rosolare e potete aggiungere la polpa di pomodori, sminuzzata con le dita; salate e irrorate aceto buono. Dopo 15 minuti la salsa è pronta, da versare in una teglia (o pirofila) calate le uova sgusciate (e ben distanziate), salate gli albumi e pepate i tuorli. Ora, terminate la confezione spolverizzandovi sopra il trito delle verdure odorose, ancora formaggio grattugiato e pangrattato, ricoprite con fettine di fontina e passate in forno (già caldo a 180') per 2 minuti, non di più. Servite la vivanda caldissima.<br />Omelette <br />alla <br />francese. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: g 350 di fegatini (caso mai di cacciagione), g 80 di burro, mezzo bicchierino di vino bianco secco, farina, 8 uova, 3 funghi porcini, 3 cucchiaiate di olio di oliva, un cucchiaio di prezzemolo tritato, uno spicchio di aglio tritato, sale e pepe di mulinello <br />Pulite i funghi, lavateli, asciugateli e tritateli. I fegatini liberateli della sacchetta del fiele, lavateli, asciugateli con un canovaccio, quindi tagliateli a pezzettie infarinateli. In una padella, mettete a sciogliere poco più della metà del burro; quando è caldo, cucinate i funghi insieme al prezzemolo e all'aglio tritati, pepate e procedete per circa 15 minuti, poi aggiungete i fegatini, irrorate con il vino e fate evaporare. Nel frattempo, in una ciotola sgusciate le uova, regolate di sale e pepe quindi montatele con la frusta o una forchetta Ora, nella padella grande mettete a soffriggere l'olio e il restante burro versatevi le uova e cucinate la classica frittata, rigirandola almeno una volta per uniformarne la cottura. Calate l'intingolo di funghi e fegatini, ripiegate metà della frittata su se stessa e portate in tavola ancora fumante.<br />Uova <br />semplici.<br />(m) Fate dorare in una padella uno spicchio d'aglio finemente tritato. Aggiungete 4 uova sbattute con formaggio delll’Alpe (duro) e poco latte. Mescolate rapidamente, togliete dal fuoco e spolverate di prezzemolo tritato.<br />Frittata <br />d'aglio.<br />(b) Pulite e tritate 6 teste daglio morbide. Aggiungete carote e spinaci tagliuzzati, impastate e poco olio. Sbattete un uovo e, a freddo, unite le verdure cotte. Quindi cuocete il composto normale frittata.<br />Uova al pomodoro.<br />(n) Oliate una teglia da forno, sistematevi quattro sgusciate e copritele con formaggio fresco affettate il pomodoro a pezzetti. Salate, pepate spolverate con origano e aglio tritato. Infornate per pochi minuti.<br />Uova <br />con asparagi.(m) Lessate degli asparagi, Fate dorare in una padella uno spicchio d'aglio finemente. Aggiungete gli aspargi e 4 uova sbattute con poco latte fate cuocere pochi minuti togliete e spolverate di prezzemolo tritato, servitele ben calde.<br />Frittata <br />ai<br />Carciofi.(b) Una ricetta antica. Ingredienti per 6 persone:6 carciofi giovani, un limone, il succo, 10 uova g 50 di burro, noce Moscata, sale<br />Dopo aver staccate le foglie esterne più dure, Dopo aver nettato i carciofi, togliendo le foglie il torsolo, tagliando via le punte e privandoli della barbetta centrale, affettatteli finemente e metteteli a bagno in acqua acidulata con succo di limone. Ora, in una padella sciogliete poco più della metà del burro, quindi rosolate le fettine di carciofi, condite con poco sale e lasciate insaporire. Intanto, in una ciotola capiente sgusciate le uova, profumate con oro scata grattugiata di fresco, calate un pizzico di sale e con la frusta montate a dovere; a questo punto aggiungete i carciofi e mescolate più volte per intenerirli nell'uovo. In una padella capace scaldate l'olio, quindi versale composto e cuocete la frittata ' rigirandola almeno una volta per uniformarne la cottura. Asciugatela sopra fogli di carta assorbente e servitela calda, tagliata a spichi<br />Frittata rinfrescante<br /> (n) Ingredienti per 6 persone: 10 uova, g 20 di burro, 2 cucchiai di latte, 2 cucchiai di olio di oliva, un ciuffetto di foglie di menta, sale. <br />In una ciotola capiente montate le uova con una frusta insieme al lattee pizzico di sale; aggiungete le foglie di menta tagliuzzate con le forbici, mescolate ancora e preparatevi a confezionare la frittata. Nella padella grande, scaldate l'olio e il burro: qui versatevi il composto e lasciate cuocere; rigirate la frittata almeno una volta, aiutandovi con un coperchio liscio e pari, più largo della bocca della padella, così da capovolgere il tegame ed avere la frittata già nel verso giusto per riportarla in padella a finire di cuocersi. Prima di servirla, ancora fumante, asciugatela su fogli di carta.<br />Frittata alla massinese. <br />(p) Ingredienti per 6 persone:10 uova, g 25 di burro, un tartufo bianco, sale e pepe di mulinello, 2 cucchiai di olio di oliva.<br />Per prima cosa pulite il tartufo aiutandovi con uno spazzolino morbido o uno straccetto umido. In una ciotola capiente sbattete le uova con la frusta, insieme ad abbondanti lamelle di tartufo; regolate di sale e pepe e questo composto versaite nella padella grande, dove già soffrigge l'olío e il burro. Fate cuocere, poi rigirate la frittata almeno una volta, aiutandovi con coperchio liscio e pari, più largo della bocca della padella, così da capo,, gere il tegame ed avere la frittata già nel verso giusto per riporla in pade a finire di cuocersi. Prima di servirla in tavola, ancora fumante, asciugatela su fogli di carta assorbente<br />Frittata all'erba di San Pietro.<br />(n) Ingredienti per 6 persone: 10 uova, g 40 di burro,olio di oliva, per friggere, 2 cucchiai di panna liquida un pugno di erba di San Pietro (o di Santa Maria), selvatica, dal profumo aromatico,sale e pepe di mulinello <br />Dopo aver staccato le foglie dell'erba di San Pietro, lavatele, asciugatele tritatele finemente. In una ciotola capace sgusciate le uova, poi sbattetele con la frusta o una forchetta, unite la panna liquida, regolate di sale e pepe, infine aggiungete il trito di erba e mescolate con cura. In una padella, scaldate il burro insieme all'olio; appena sfrigolano versate il composto e friggete pazientemente, prima da un verso e poi dall'altro, caso mai aiutandovi con un coperchio piatto appena più grande della bocca della padella, per rigirarla senza romperla. Servitela parzialmente asciugata su fogli di carta assorbente, sia calda che fredda, tagliata a spicchi.<br />Frittata<br />alle erbe.<br />(n)<br /> Ingredienti per 6 persone: 10 uova, una foglia di pesco, tagliata con le forbici (quando è stagione), un cucchiaio di farina bianca, una cipolla tritata, 2 cucchiai di olio, uno spicchio di aglio tritato, g 20 di burro,un mazzetto di erbe selvatiche e odorose, 3 cucchiai dì latte intero sale e pepe di mulinello.<br />In una padellina, mettete a soffriggere nell'olio e nel burro le verdure affetate e affettate, lasciando prender colore. Nel frattempo, in una ciotola capiente sgusciate le uova, aggiungete na e il latte, quindi le verdure appena soffritte; regolate di sale R. mescolate più volte. Nella padella grande versatevi l'amalgama e lasciate cuocere; ík! frittata almeno una volta, aiutandovi con un coperchio liscio e 1 largo della bocca della padella, così da capovolgere il tegame ed , frittata già nel verso giusto per riporla in padella a finire di cuocere.Prima di servirla in tavola, ancora fumante, asciugatela su fogli di carta assorbente<br />Frittata con i<br />cirri della vite.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: 10 uova, g 20 di burro, 2 cucchiai di olio di oliva, un mazzetto discreto di cini giovani di vite, sale e pepe di mulinello, un cipollotto affettato sottilmente. Lessate in acqua bollente i cirri di vite, da scolare cucinati al dente asciugateli e tagliateli a pezzetti. Ora, in una ciotola sgusciate le uova, aggiungete le fette di cipolle, regolate di sale e pepe e montate il tutto con una frusta. Nella padella grande, dove già soffrigge burro e olio, versate il composto e lasciate cuocere; rigirate la frittata almeno una volta, aiutandovi il coperchio liscio e pari, più largo della bocca della padella, così da capovolgere il tegame ed avere la frittata già nel verso giusto per riporla in i a finire di cuocersi. Prima di servirla in tavola, ancora fumante, asciugatela su fogli di carta assorbente.<br />Frittata con il lardo. <br />(p) Ingredienti per 6 persone: 10 uova , un ciuffetto di rosmarino tritato, 12 fettine di lardo (condito e stagionato), 2 foglioline di salvia , uno spicchio di aglio tritato, sale e pepe di mulinello. <br />In una padella grande mettete a soffriggere per pochi minuti il lardo tagliato a dadini (o a listarelle, come preferite), profumando con il trito delle verdure odorose. Intanto, in una ciotola sbattete le uova con un pizzico di sale e pepe appe. na macinato; versate il composto in padella, ricoprendo le verdure e il lardo e cucinate come al solito, rigirando la frittata almeno una volta, aiutandovi con un coperchio liscio e pari, più largo della bocca della padella, capovolgere il tegame ed avere la frittata già nel verso giusto per riporla io padella a finire di cuocersi. Prima di portarla in tavola, ancora fumante, asciugatela su fogli di carta assorbente.<br />Frittata <br />con le<br /> lumache.<br />(p)<br /> Ingredienti per 6 persone: 10 uova, una cipolla tritata, 30 lumache (ideali se raccolte nellavigna) , uno spicchio di aglio tritato, g 40 di grana padano grattugiato, un mazzetto odoroso (tritato prezzemolo, timo, maggiorana boraggine, salvia ecc. ), 3 cucchiai di olio di oliva, sale e pepe di mulinello <br />Dopo aver spurgato le lumache (vedi procedimento, 8 gg nella crusca), scottatele in acqua bollente salata quindi toglietele dal guscio.In una ciotola ampia, sgusciate le uova, e montatele con la frusta, insieme alle verdure tritate, al formaggio grattugiato, al pepe macinato e al pizzico di sale. Nella padella grande, dove già soffrigge l'olio, versate il composto e lasciate cuocere; rigirate la frittata almeno una volta, aiutandovi con un coperchio, più largo della bocca della padella, così da capo volgere il tegame ed avere la frittata già nel verso giusto per riporla in padella a finire di cuocersi.. Prima di portarlain tavola, ancora fumante, asciugatela su fogli di carta assorbente.<br />Frittata <br />con le rane. <br />(m) Ingredienti per 6 persone: Farina, 10 uova, 3 cucchiai di olio di oliva, g 700 di rane piccine, sale e pepe di mulinello. Dopo aver pulito con cura le rane (pelate, private delle zampe e dellatesta), lavatele, asciugatele, quindi passatele leggermente nella farina; così rivestite, tuffatele in padella, dove già soffrigge l'olio. Regolate di sale e pepe e lasciate dorare. Intanto, a parte, in una ciotola sbattete le uova con la frusta, salando appena. Ora, versate il composto sopra le rane e fate cuocere allegramente, preoccupandovi di ottenere una frittata piuttosto morbida. Se le rane sono piccole e giovani, si mangeranno anche le friabili ossicine<br />Frittata di borragine.<br />(b) Ingredienti per 6 persone: 10 uova, g 60 di grana padano grattugiato, 2 michette rafferme, g 20 di burro, un bicchiere di latte intero, 2 cucchiai di olio di oliva (o una nocciola di strutto) un ciuffetto di foglie di borragine, tagliate con le forbici, sale. <br />Mettete a bagno il pane nel latte; quando è, morbido, unitelo alle uova sgusciate e alla borragine tagliuzzata, aggiungete il formaggio grattugiato, salate e montate con la frusta. Nella padella grande, dove già sofrigge burro e olio, versate il composto e lasciate cuocere; rigirate la frittata almeno una volta, aiutandovi con un coperchio l più largo della bocca della padella, così da capovolgere il tegame ed avere la frittata già nel verso giusto per riporla in padella a finire di cuocersi. Prima di portarla in tavola, ancora fumante, asciugatela su fogli di carta assorbente.<br />Frittata<br />di cipolle. <br />(b) Piatto antico, tipico dei giorni della vigilia; tanto antico che in certi ricettari si legge dell'uso d’olio di noci. Ingredienti per 6 persone: 10 uova, 2 cucchiai di olio di oliva, un cucchiaio di farina, g 20 di burro, un goccio di latte intero, 3 cipolle affettate sottilmente, un ciuffetto di foglie fresche di sedanotagliate con le forbici, sale e pepe di mulinello. <br />In una padella, soffriggete nell'olio e nel burro le cipolle affettate; aggiungete foglie di sedano tagliuzzate, regolate di sale e pepe e lasciate rosolare. A parte, in una ciotola, montate le uova insieme al latte e alla farina; condite appena con sale e pepe, quindi versate il composto sopra la cipolla e lasciate cuocere; rigirate la frittata almeno una volta, aiutandovi con un coperchio più largo della bocca della padella, cosi da capovolgere il tegame ed avere la frittata già nel verso giusto per riporla in padella a finire di cuocersi. Prima di portarla in tavola,ancora fumante, asciugatela su carta assorbente.<br />Frittata <br />di ortiche. <br />(m)<br /> Ingredienti per 6 persone: 10 uova,g 60 di grana padano grattugiato, un cipollotto affettato sottilmente, un cucchiaio di farina, 3 cucchiai di olio di oliva, 3 cucchiai di latte intero, un mazzetto di germogli giovani di ortica, sale e pepe di mulinello. <br />Prima di tutto lavate i germogli di ortica, asciugateli sopra un canovaccio di lino tagliateli con le forbici. Nella padella grande, soffriggete nell'olio le fettine di cipollotto2dorano aggiungete il trito grossolano di ortiche e lasciate insaporire. Nel frattempo, in una ciotola sgusciate le uova, unite il formaggio gratuggiato, poco latte e poca farina; regolate di sale e pepe e montate con la frusta. Questo composto versatelo nella padella e friggetelo; rigirate la almeno una volta, aiutandovi con un coperchio più grosso della padella, così da capovolgere il tegame ed avere la verso giusto per riporla in padella a finire di cuocersi. Prima di portarla in tavola, ancora fumante, asciugatela su fogli assorbente.<br />Frittata <br />di <br />peperoni.<br /> (n) Ingredienti per 6 persone: 10 uova, uno spicchio di aglio tritato, 4peperoni dolci,una fogliolina di alloro tenerissima, g 60 di grana grattugiato, 4 cucchiai di olio di oliva, un mazzetto di bietoline selvatiche, sale. <br />Dopo aver pulito i peperoni, privandoli del torsolo, dei semi e é stole, tagliateli a listarelle grossettine, quindi metteteli in padella soffriggete nell'olio, profumando con il trito di aglio e alloro. Quando sono cotte a puntino, sgocciolateli e metteteli a parte. Sotto un getto di acqua lavate le bietoline, poi tagliatele con le mettete il trito nella padella usata prima, per scottarlo. Intanto, in una ciotola capace sgusciate le uova, aggiungete il formaggio grattugiato, poi i peperoni e le bietoline; regolate di sale e pepe e messo il tutto. Questo composto versatelo nella padella e friggetelo; rigirate la almeno una volta, aiutandovi con un coperchio più grosso della padella, così da capovolgere il tegame ed avere la frittata verso giusto per riporla in padella a finire di cuocersi. Prima di portarla in tavola, ancora fumante, asciugatela su fogli è assorbente.<br />Frittata <br />di <br />prugnoli<br />(funghi) (b) Frittata di stagione; quando a primavera si raccolgono questi funghi. Ingredienti per 6 persone: 10 uova, un cucchiaio di prezzemolo tritato, g 200 di funghi prugnoli, uno spicchio di aglio tritato g 20 di burro, una michetta, la sola mollica 3 cucchiai di olio di oliva, un goccio di latte intero , un bicchiere di brodo di carne, sale. <br />Dopo aver nettato i funghi prugnoli, lavateli, asciugateli e affettateli sottilmente. Questi, metteteli a soffriggere in padella, nel burro e nell'olio; versate il brodo, incoperchiate e lasciate stufare per pochi minuti; un attimo prima di abbassare il fuoco aggiungete il trito di aglio e prezzemolo, poi mescolate piu volte. In una ciotola capace sgusciate le uova, da montare con la frusta insieme alla mollica di pane inumidita nel latte; salate e versate il composto sopra i funghi. Rigirate la frittata almeno una volta, aiutandovi con un coperchio più largo della bocca della padella, così da capovolgere il tegame ed avere la frittata già nel verso giusto per riporla in padella a finire di cuocersi.Prima di portarla in tavola, ancora fumante, asciugatela su fogli di carta assorbente<br />Frittata <br />di <br />spinaci. <br />(m) Ingredienti per 6 persone: 8 uova, g 250 di spinaci, 3 cucchiai di farina, 3 cucchiai di olio di oliva, mezzo bicchiere di latte, sale. <br />Lavate gli spinaci, asciugateli sopra un canovaccio e tagliateli a listarelle sottili. In una ciotola sgusciate le uova, quindi montatele con la frusta, insieme al latte e alla farina; aggiungete gli spinaci, regolate di sale e amalgamate il composto. Questo, versatelo nella padella per friggerlo; rigirate la frittata almeno una volta, aiutandovi con un coperchio liscio epari, più largo della bocca della padella, così da capovolgere il tegame ed avere la frittata già nel verso giusto per riporla in padella a finire di cuocersi.Prima di portarla in tavola, ancora fumante, asciugatela su fogli di carta assorbente. Una volta preparata la frittata piuttosto bassa (altrimenti d'una), tagliatela a rettangoli (di media grandezza), quindi spalmate la toma (vedi). Ripiegate i rettangoli, umettateli con altra satelí in forno (già caldo a 180') per dorarli. Questi bocconcini si fanno squisiti se ricoperti da lamelle sottilissime e trasparentidi tartufo bianco.<br />Frittata di zucchine. (m) Irigredienti per 6 persone: 10 uova, g 20 di burro, 3 zucchine, affettate sottilmente, 2 cucchiai di olio di oliva, g 60 di toma (o altro formaggio) a dadolini , timo serpillo tritato, un ciuffetto di rosmarino tritato, uno spicchío di aglio tritato, sale. <br />Nettate le zucchine, asportando le estremità, quindi affettatele sotttili.<br />Ora, passatele in padella, dove già sofrigono burro e olio, per profumate dal trito di aglio, rosmarino e timo. Intanto, in una ciotola montate le uova insieme alla dadolata di formaggio, salate e versate il composto sopra le zucchine. Rigirate la frittata almeno una volta, aiutandovi con un coperchio più largo della bocca della padella, così da capovolgere il composto ed avere la frittata già nel verso giusto per riporla in padella a finire di si. Prima di portarla in tavola, ancora fumante, asciugatela su fogli assorbente.<br />0 La frittata, asciugata e raffreddata, tagliatela a quadratini. In una casseruola di terracotta, mettete a soffriggere nell'olio e n trito di cipolla e prezzemolo, a cui aggiungete le rondelline di carota e salsiccia. Lasciate insaporire, mescolando più volte, quindi versate di pomodoro, aggiungete il vino bianco, regolate di sale e pepe bollire per qualche minuto. Unite i quadretti di frittata, mescolate ancora e preparatevi a tingolo, caldissimo.<br />Frittata <br />in umido.<br />(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: una frittata, a piacere (meglio se di erbe), 3 cucchiai di olio di oliva, una cipolla tritata, g 30 di burro, una carota affettata sottilmente, un mestolino di passato di pomodoro, un cucchiaio di prezzemolo tritato, mezzo bicchiere di vino bianco, g 80 di salsiccia fresca, sgranata, sale e pepe di mulinello. <br />La frittata, ascìugata e raffreddata, tagliatela a quadratini. In una casseruola di terracotta, mettete a soffriggere nell'olio e nel burro, trito di cipolla e prezzemolo, a cui aggiungete le rondelline di carota, poi salsiccia. Lasciate insaporire, mescolando più volte, quindì versate il di pomodoro, aggiungete il vino bianco, regolate di sale e pepe e fate mi bolfire per qualche minuto. Unìte i quadretti di frittata, mescolate ancora e preparatevi a portare l’ingolo, caldissimo.<br />Frittata<br />della nonna<br />(b) Ingredienti per 6 persone: g 120 di salame, tagliato a dadini, 8 uova, un bicchiere di panna fiquida, mezza cipolla tritata, burro, per friggere, 3 foglie di salvia tritate, alcune foglioline di rosmarino tritata, sale e pepe di mulinello, g 60 di toma stravecchia, grattugiata. <br />In una ciotola capace sgusciate le uova, poi aggiungete il trito di cipolla, salvia e rosmarino, il formaggio grattugiato e il salame ridotto a dadini, versate la panna liquida, regolate di sale e pepe quindi sbattete il tutto con la frusta o una forchetta. In una padella, scaldate il burro; appena frigge versate il composto e fate cuocere pazientemente, prima da un verso e poi dall'altro, caso mai aiutandovi con un coperchio piatto appena più grande della bocca della padella rigirarla senza roniperla. Servitela parzialmente asciugata su fogli di carta assorbente, sia calda che fredda, tagliata a spicchi<br /><br /><br /><br /><br /> <br />Frittelle<br />di erbe.(b)<br /> Ingredienti per 6 persone: 3 uova intere, un mazzo, misto di spinaci e bietoline, 2 spicchi di aglío tritati (meglio se un aglietto selvatico, giovane), un mazzetto di piantine giovani di (timo, maggiorana, papaveri (se in stagione) poche foglioline di menta, 2 cipollotti tritati, 4 foglie dì vite giovani, g 60 di salame cotto, sminuzzato, 2 foglioline di pesco, un ciuffetto di foglioline di ortiche, g 60 dì grana padano grattugiato, olio, per firiggere qualche fiore di zucchetto, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, 2 foglie di erba di San Pietro tritate, sale e pepe nero di mulinello <br />Dopo aver nettato sia gli spinaci che le bietoline, lessateli in acqua salata scolateli, strizzateli e tritateli. Ora, in una ciotola ampia riunite tutte le verdure, alcune tagliuzzate con forbici, altre tritate; aggiungete salame cotto e formaggio grattugiato, poi le uova; regolate di sale e pepe, mescolate con cura e con questo composto preparate le frittelle, tuffandole a cucchiaite nell'olio bollente . Una volta dorate, scolatele, asciugatele su fogli di carta assorbente e portatele in tavola ancora caldi.<br />Frittelle <br />di fagioli. (b)<br /> Ingredienti per 6 persone: 3 uova, g 350 di fagioli borlotti secchi, una puntina di bicarbonato, g 30 di burro, olio di oliva, per friggere, una foglia di alloro, 2 foglie di menta tritate, 2 limoni, tagliati a spicchi, 2 foglie di basilico tritato, sale e pepe di mulinello. <br />Mettete a bagno i fagioli in acqua fredda già la sera precedente, con un pizzico di bicarbonato. L'indornani, tolti dal bagno, fateli lessare in acqua salata e profumata dalla foglia di alloro. Cotti a puntino, scolateli e passateli al setaccio o schiacciateli con i della forchetta. Questa crema amalgamatela con il trito odoroso di basilico e menta, aggiungete poco burro, sale e pepe appena macinato. Intanto, in una padella alta, avete messo a scaldare l'olio; appena inizia fumare, allora potete versarvi il composto a cucchiaiate, dopo averle passate nell'uovo sbattuto. Quando le frittelle si sono dorate, sgocciolatele con la mestola forellata, asciugatele sopra fogli di carta assorbente e portatele in tavola caldissime, spicchi di limone, a disposizione dei commensali.<br />Frittelle <br />di patate. (m) Ingredienti per 6 persone: g 500 di palate, noce moscata, 3 uova, olio, per friggere, un bicchiere di latte (preferibilmente caldo), sale e pepe. <br />Lessate le patate in acqua salata, quindi pelatele e passatele al setaccio o nello schiacciapatate. La crema ottenuta amalgamatela con il latte caldo e le uova, profumando con noce moscata grattugiata e condite con un pizzico di sale. Questo composto mescolatelo accuratamente, quindi preparatevi a farne frittelle, tuffandone delle cucchiaiate nell'olio bollente che già frigge in padella. Appena dorano, scolatele, asciugate su fogli di carta assorbente e servitele caldissime e fumanti.<br />Frittelle<br />di riso. (m)<br /> Ingredienti per 6 persone: ½ litro di latte (possibilmente intero), 3 uova, g 120 di riso, g 40 di farina, g 30 di burro, mezzo bicchierino di wino bianco secco, un frammento di scorza di limone, sale e pepe <br />Lessate il riso nel latte, appena salato, profumato con la scorza di limone. Cotto a puntino, spegnete il fuoco, aggiungete il burro e mescolate più volte con un cucchiaio di legno. Appena il composto è freddo, unite i tuorli, di seguito la farina e il vino, lavorate ancora e il composto ottenuto fatelo riposare per alcune ore, in luogo fresco. Pochi minuti prima di cucinare le frittelle, montate le chiare d'uovo con la frusta e incorporatele al composto; quindi con un cucchiaio, tuffatene piccole quantità nell'olio bollente, che già frigge in padella. Appena dorano, toglietele con la mestola forata, passatele sopra fogli di carta assorbente e servitele caldissime.<br />Frittelle<br />di uova. (b) Ingredienti per 6 persone: 8 uova, noce moscata, 2 fette di pane, la sola mollica, burro e olio per friggere, un goccio di latte, sale e pepe di mulinello. <br />Mettete, a bagno nel latte la mollica, quindi strizzatela. In una ciotola ampia montate le uova, insieme alla mollica, profumate con noce moscata grattugiata e regolate di sale e pepe, quindi, nella padella sciogliete il burro e portatelo,a sobbollire; ora, tuffate cuchiaiate di composto e friggete, dorando le frittelle. Toglietele dorate, sgocciolatele, asciugatele su fogli di carta servitele, spruzzate di sale.<br /> da inserire<br />Fritto<br />alla<br />Mama Irma (m)<br /> Ingredienti per 6 persone. Carni: scaloppine di vitello, animelle, bracioline di agnello, ilone (midollo spinale), fegato, sia di vitello che di maiale, salsiccia affettato, creste di pollo, piedini di maiale, crocchette di pollo, cervella, rane (tutto quello che si trova in casa).<br />Verdure: carciofi a spicchi sottili, funghi affettati o a pezzetti, cavolfiore a pezzetti, fiori di zucca, zucchine affettate, melanzane affettate. (tutte le verdure di stagione)<br />Varie: amaretti, uova, losange di semolino, pangrattato, fette di mela, burro e olio di oliva, per friggere, vino bianco, sale, farina, <br />Pulite le verdure, quindi riducetele a vostro piacimento. Animelle e cervella vanno leggermente sbollentate in acqua calda, per levarle della pellicina e disporle per la frittura. Gli amaretti conviene bagnarli (ammorbidirli) irrorandoli con vino In una ciotola ampia sbattete le uova, appena salate; in un piatto mettete la farina; sopra un foglio di carta gialla disponete il pangrattato.<br />Le carni e le verdure infarinatele, passatele nell'uovo sbattuto, rivestire di pangrattato e mettetele a friggere, in abbondante olio e burro, scaldati assieme. Appena sono dorate, sgocciolate, asciugate su fogli di carta gialla, salate e portate in tavola. Il fritto è ottimale se servito caldo, appena tolto dalla padella; quindi, conviene prepararlo dd volta in volta (e qui sta l'abilità della padrona di casa). Purtroppo chi frigge difficilmente può rnettersi a tavola insieme ai commensali, ma solo per assicurare loro il massimo del risultato<br /> <br />Asparagi al forno.(m) Lessate degli asparagi, sistemateli in una pirofila da forno e cospargeteli di aglio tritato, pane grattato, 2 tuorli d'uovo sbattuti, prezzemolo, una manciata di pinoli e un filo d'olio. Infornate per 15 minuti e servite caldo.<br />Fagioli allo yogurt.(n) Lessate i fagioli, scolateli e quando sono freddi conditeli con una salsa composta da un vasetto di yogurt naturale, uno spicchio d' aglio tritato, il succo di un limone, aneto e prezzemolo tritato.<br />Melanzane alla griglia.(m) Affettate le melanzane e fatele sgocciolare bene. Poi appoggiatele su una griglia calda e fatele arrostire da ambo le parti. Sistematele sopra un piatto e quando sono fredde conditele con olio, aceto, sale, aglio tritato finemente, prezzemolo e menta. Lasciateinsaporire alcune ore e poi servite<br />Pasticcio di verdura.(m) In una pentola di terracotta fate rosolare 4 spicchi d'aglio e due cipolle tritate in tre cucchiai d'olio. Quindi aggiungete un peperone giallo e uno verde tagliati a dadini. Dopo cinque minuti unite due melanzane precedentemente affettate e lasciate sgocciolare su un piano inclinato e mezzo chilo di zucchine. Salate e fate cuocere per 45 minuti a fuoco lento. In ultimo aggiungete mezzo chilo di pomodori maturi, un cucchiaino di timo e del basilico tritato. Cuocete per altri dieci minuti, pepate e servite caldissimo<br />Spinaci gratinati.(m) Lessate gli spinaci che vi occorrono e poi sistemateli in una teglia da forno con olio, aglio sminuzzato, prezzemolo tritato, salsa di pomodoro e un uovo sbattuto. Mescolate il tutto e cospargete di pane grattato. Infornate per 15 minuti e servite il piatto solo quando è freddo<br />Spezzatino vegetale<br />di “Mamma Irma”. Dose per 4 persone: 1 kg di patate, g400 di barbabietola essicata, 2 spicchi d’aglio, ½ cipolla, 1 carota, g30 di prezzemolo, sale 2 cucchiaini, due grani di pepe e g 10 di rafano, olio quanto basta se c’è quello di noci, 50 grammi di lardo.<br />Mettete le barbabitole essicate a mollo in acqua la sera precedente. Nella pentola di terrra cotta fate sofffriggere con l’olio, l’aglio, la cipolla, la carota tagliata a rondelle e il lardo a cubetti. Aggingete le barbabietole (conservate l’acqua che servirà per la cotttura), le patate tagliate a tocchi precedentemente scottate nell’acqua bollente per 4 minuti, Sale,Pepe e il rafano. Fate cuocere per 30 minuti a fuoco lento. Spegete il fuoco inserite per ultimo il prezzemolo. Lasciate riposare per almento due ore e poi servitelo<br />Zucca in insalata.(b) Lessate una zucca morbida, tagliatela a tocchetti e disponetela su un piatto di portata. Condite con olio, succo di limone, prezzemolo tritato e aglio sminuzzato.<br />Da inserire<br /> <br />Insalata di patate Fate lessare alcune patate, tagliatele a fette e adagiate in un’insalatiera. Condíte con olio, aglio sminuzzato, prezzemolo trìtato, olive verdi tagliate e capperi..<br />Nota:<br />• L’AGLIO NELLE INSALATE Per abituarvi al gusto intenso dell’aglio potete inizi area strofinare uno spicchio tagliato a metà all’ínterno dell’insalatiera..<br /> <br />Le verdure sotto vetro.<br />(m) Un tempo era la scorta per l’inverno. Oggi sono quei vasetti, quelle bottigliette, quelle terríne, che non devono mai mancare in frigorifero e in dispensa, poiché risolvono brilantemente e con eleganza uno spuntino imprevisto o tolgono dall'angoscía chi, rientrata tardi, o la visita di una amico non riesce a improvvisare altro se non la solita fettina con insalata.<br />Pomodori.<br /> (n) Dosi 1 kg di pomodori, aceto quanto basta a coprirli integralmente, aglio, cipolline, peperoncini piccanti, chiodi di garofano, sale, alloro. <br />Per questa preparazione si usano i pomodori piccoli a forma di ciliegia, a grappoli per conservarli appesi nei granai o in soffitta e consumarli poi in inverno: sono polposi e quasi senza acqua. Un tempo si usavano quelli coltivati vicino al lago sgraziati senza forma ma decisamente fantastici. Non trovandone, si possono sostituire con i SanMarzano essendo anche questi molto carnosi. Pulite i pomodori appena colti con un telo, soltanto se ne conoscete la provenienza; in caso contrario lavateli e poi asciugateli molto bene. Metteteli interi nei vasetti, alternando pomodori maturi ma ancora ben sodi ad altri completamente acerbi. Se usate i San Marzano sarà bene conserviate solo quelli acerbi divisi in quattro spicchi, in modo da eliminare gli eventuali semini. Mettete a bollire l'aceto a cui avrete aggiunto un po' di sale e una foglia di alloro e poi buttatelo bollente nei barattoli. Dopo quaranta giorni, colate questo aceto, gettatelo e rinvasate con altro aceto non bollito nel quale abbiano marinato per un paio di settimane, alcuni. spicchi di aglio, alcune cipolline, due o tre peperoncini, cinque o sei chiodi di garofano. Con lo stesso procedimento potrete preparare anche vasetti di peperoni o conservare boccioli e semi di capperi e di cappuccine, da accompagnare alla carne lessa<br />Barbabietole<br />Rosse <br />e Bianche. <br />(b) Dosi: 2 o 3 belle barbabietole ( oggi si comperano già cotte); olio quanto basta a riempire i vasetti, aceto sale, pepe, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 2 spicchi di aglio, 6 acciughe sotto sale <br />Spellate le barbabietole, dividetele in quattro spicchi e togliete la parte centrale filamentosa. Affettatele mettetele in una terrina. Spuntate il prezzemolo, lavatelo e mettetelo ad asciugare all'aria su un canavaccio di lino; lavate le acciughe, togliete loro le lische ricavandone filetti. Condite le barbabietole con olio, aceto, sale, pepe, i filetti di acciuga spezzettati, il prezzemolo e l'aglio che avrete prima tritati finemente scolate bene, accomodate nei vasetti e poi colmate d’olio gli spazi vuoti in modo che non circoli aria. Il giorno dopo controllate, se è necessario, aggiungete olio e poi chiudete ermeticamente e conservate al e al fresco.<br />Melanzane. <br />(n) Dosi: 8 melanzane, 1 litro di aceto, qualche costola di sedano, una manciatinadi prezzemolo, 4 spicchi di aglio, 1 peperoncino piccante, olio quanto basta, sale. <br />Scegliete delle melanzane sode, lucide e senza semi. Lavatele, asciugatele e tagliatele a dadi piuttosto grossi. Stendetele su un'asse coperta da un canovaccio, all'aria ma all'ombra per una intera giornata. Ogni tanto rigirate i pezzi in modo che possano appassire uniformemente, senza preoccuparvi se assumeranno una colorazione scura. Trascorso il tempo stabilito e ormai asciutti i cubetti di melanzana, mettete al fuoco una pentola con acqua e aceto in parti uguali. Aggiungete una manciatina di sale e, quando il liquido ha raggiunto l'ebollizione, buttate le melanzane e lasciate che si scottino non più di cinque minuti. Colatele e rimettetele ad asciugare sull'asse per altre 24 ore. Nel frattempo mondate e lavate il sedano, pulite, lavate e tritate il prezzemolo, sbucciate e affettate gli spicchi di aglio, sbriciolate il peperoncino. Sistemate le melanzane ormai asciutte nel vasetti inframmezzandole con i profumi preparati. Coprite con l'olio ma aspettate a chiudere ermeticamente un giorno, cosi avrete tempo di aggiungerne se fosse sceso troppo.<br />Aglio in vasetto. (b) Dosi: 4 o 5 teste di aglio fresco dagli molto carnosi e grossi, 2 bicchieri di aceto, 2 bicchieri di acqua, sale, olio quanto basta a riempire i vasetti.<br /> Dividete l'aglio a spicchi e togliete loro accuratamente la pellicina che li riveste. In una pentola smaltata (un tempo di terra cotta) mettete in ugual quantitativo di acqua e di aceto una manciatina di sale e portate ad ebollizione. gli spicchi di aglio e lasciateli scottare per dieci minuti. Colateli, metteteli a raffreddare non ammucchiarli troppo, e una volta freddi, disponeteli in vasetti di vetro, copriteli di olio e chiudete ermeticamente. E’ bene per questa preparazione utilizzare olio molto buono poiché, una volta consumato questo olio, con l'aggiunta di una manciata di pepe diventa un ottimo condimento per la pasta in bianco, per le insalate o per il pinzimonio.<br />Peperone in agro dolce.<br />(n) Dosi: 3 kg di peperoni, 1 litro di aceto e 1 .100 gr di zucchero e 100 gr di sale, salvia, qualche grano di pepe. <br />Portate ad ebollizione l'olio, l'aceto, il sale, lo An il pepe e l'erba salvia. Lavate i peperoni, semi e delle costole bianche e scottate le falde n to per tre minuti esatti, non tutte assieme ma la volta. Man mano che le levate dal liquido di stendetele a raffreddare senza sovrapporle, o la cottura continuerebbe e diverrebbero troppo Una volta fredde, sistematele nel vasi e ricoprite il loro liquido.<br />Zucchine.<br />(m) Dosi: 1kg di zucchine, 1 litro o più di aceto, 1 cucchiaio di sale per la cottura e 2 belle manciate qualche spicchio di aglio, per la marinatura, quaalche spiccio origano, olio fine di oliva quanto basta a coprire. Scegliete zucchine molto piccole, fresche e sane, possibilmente appena colte. Spuntatele, lavatele (se sono del vostro orto coglietele dopo un temporale così la pioggia le avrà lavate per benino e qualche ora di sole avrà fatto in tempo ad asciugarle). Tagliatele nel senso longitudinale, facendo fettine lunghe e strette dello spessore di tre o quattro millimetri. Mettete le fettine a strati in un setaccio, inframezzando ogni strato con sale da cucina. Appoggiatevi sopra un piatto tenuto pressato da un peso e lasciatele ventiquattro ore esatte. Se rimanessero di più il sale le cuocerebbe e diverrebbero troppo molli. Trascorso questo tempo, mettete al fuoco una pentola contenente aceto, fatevi sciogliere un pugnetto di sale e, quando il liquido bolle, buttatevi le fettine di zucchine, rigiratele aiutandovi con un cucchiaio di legno (fate in modo che le zucchine possano stare comodamente nell'aceto e non siano troppo ammassate) e colatele subito. Non devono assolutamente cuocere ma prendere solo una scottata velocissima. Disponetele allineate su un telo posibilmente appoggiato a una tavola di legno, in modo che l'umidità venga completamente assorbita, e giratele ogni quattro o cinque ore. Dopo ventiquattro ore disponetele in un vaso di vetro cercando di non piegarle troppo e di non lasciare troppi vuoti e intercalando alle zucchine, due o tre volte, una spruzzatina di origano e uno spicchietto di aglio. Copritele di olio che deve necessariamente essere dìoliva. Mettete in luogo fresco e buio e non servitevene prima di venti giorni<br />Carpione di Melanzane o Zucchine.<br />(b) Dosi: 4 belle melanzane, 2 bicchieri di olio, 1/4 circa di aceto, 1/2 peperoncino rosso, foglia di alloro, 2 o 3 spicchi di aglio, 1 cucchiaino.di pepe di Caienna in grani, sale.<br />Lavate le melanzane/zucchine scegliendole tra quelle più sode e lucide. Tagliatele a fette di un centimetro circa di spessore, e dopo averle abbondantemente salate, mettetele su un piatto schiacciate da un peso ad<br />espellere l'acqua amara. Dopo un'ora circa, asciugatele con un canovaccio di lino e cuocetele, poche alla volta, in olio bollente. Sgocciolatele su un telo di lino, gettate l'olio di frittura, lasciando nella padella solo quello che basta ad ungerne il fondo; unite due o tre spicchi di aglio divisi-a metà e friggeteli per qualche' minnuto. Quando l'aglio comincia a colorirsi aggiungete l’aceto, unite qualche grano di pepe, il peperoncino rosso, l'acciuga e la foglia di alloro spezzettate, e lasciate sulla fiamma fino a che l'aceto comincia a bollire. Nel frattempo le melanzane saranno state strati in un recipiente smaltato o di ceramica e su ogni strato sarà stato sparso un pizzico di sale. Versate sulle melanzane l'aceto bollente con i suoi aromi incoperchiate subito. Gustate solo dopo quando cottura e che giorno. Messe in frigorifero si conservano circa a mese. Con lo stesso procedimento potrete preparare anche una terrina di zucchine.<br /><br /><br /> <br />L’orto in casa anche <br />in iverno.<br />(b) Dosi: 1 kg di sedano,1k le 1/2 di prezzemolo, 2kg dì carote 2kg di cipolle, 1/2 kgdi basilico, 1kg di sale, lo, (mentuccia, rape, cavolfiore). <br />Scartate le foglie e le costole troppo rovinate del sedano e mettete le altre a bagno (per questa preparazione si possono utilizzare i gambi esterni dei sedani i cui cuori consumerete in pinzinionio), pulite il prezzemolo eliminando solo la parte pìù dura del gambo, raschiate le carote, sbucciate le cipolle, unite il basilico (e, se piace, la mentuccia) e mettete il tutto a bagno sotto un filo di acqua corrente per mezz'ora circa, in bacinelle separate.Trascorso questo tempo colate le verdure e mettetele fuori all'aria, ma all'ombra, ad asciugare, ben distese sopra un telo di lino da cucina. Rimuovetele, due o tre volte, soprattutto per il prezzemolo, perché possano asciugarsi completamente senza pero farle appassire. Ora passate le verdure al tritatutto.. Ora fate cadere il trito in una zuppiera non di metallo, unite il sale e mischiate bene con un cucchiaio di legno rigirando in tutti i sensi per avere una miscela ben equilibrata di verdure. Imbarattolate e coprite con un dito di olio per isolare il composto dall'aria. Il giorno dopo controllate se l'olio se è sceso ed eventualmente aggiungetene altro, poi chiudete ermeticamente e conservate in luogo ftesco e buio. Questo trito, preparato in estate quando le verdure sono fresche e costano poco è di estremo aiuto in inverno per preparare in fretta e con poca spesa intingoli e minestre. Per il minestron preparate un barattolo a parte unendo anche 800 gr di rape e altrettanto cavolfiore. Basterà unire acqua, pasta o riso e la minestra è fatta.<br />Consigli della Bisnonna.<br />- Procurate, e questo consiglio vale per tutte le preparazioni sott'olio, di fare vasetti non troppo grandi, poiché, una volta aperti, vanno consumati sigiro, di breve tempo.<br />- Per rendere più saporite le verdure da passare al burro, conviene aggiungere all'acqua in cui vengono state, una piccola parte del burro stesso. Quest'acqua cottura, ricca deì sali minerali ceduti dagli ortaggi già in parte condita, sarà un'ottima base per zuppe minestrine.<br />- Se vi piace l'aceto molto forte, mettetelo in friggrifero. (Un tempo si aspettava l’inverno e con il gelo si finiva di preparare l’aceto togliendo l’acqua e telvolta preparando anche l’aceto balsamico aggiungendo le erbe preparate a luglio). E l'acqua contenuta si porterà alla superficie e si congelerà in una crosta che butterete, mentre rimarrà allo stato liquido una soluzione di aceto più concentrato.<br /> ( oggi si trovano liofilizate, oppure congelate)<br />Particolari Tuber brumale o Tartufo nero, Tartufo d'inverno Si trovava verso i 600 m., sulle colline attorno al mottarone.<br />Caratteristiche morfologiche ed organolettiche. Fa parte della grande famiglia degli Ascorniceti ed in modo particolare dei funghi cioè sottoterra, dove che crescono ipogei, devono essere individuati per poterli raccogliere. Il carpoforo è costituito da una massa globosa nera o brunastra all'esterno con la superfici formata da tante piccole piramidi smussate, che la rendono scabra. Al taglio si nota nell'interno un aspetto caratteristico della cosiddetta gleba che si present disegnata da venature bianche in una matrice piú scura, brunastro-nera a maturazione.<br />Normalmente<br /> veniva venduto <br />al mercato Habitat. Come gran parte dei tartufi emana un odore penetrante agliaceo, persistente. Cresce Sottoterra in simbiosi con alberi di latifoglia. Spore.Ellissoidi, fortemente aculeate, brune. 2142 x 17-28 micron.<br />In cucina. E' uno dei tartufi neri con le caratteristiche organolettiche migliori e può essere usato come commestibile, non certo adatto a preparare piatti di funghi trifolati, ma come aggiunta aromatica a tante pietanze sulle quali viene messo ridotto in fettine. (pasta, riso, uova e carni)<br /> <br />Funghi<br />di tutte <br />le qualità Mondati e non lavati puliti con un panno, tagliti a fette dello stesso spessore e poi distesi su della carta da zucchero al sole. Si devono ritirare alla sera per non far prendere la rugiada. Quando sono secchi ritirateli in un sacchetto di carta appesi in un luogo asciutto. Dispensa oppure soffitta se è allestita .<br /> <br />Rafano Si raccoglie in autunno, Si monda e si pulisce e poi si lascia in un posto asciutto per essere utilizzato<br /> <br />Barbabietole <br />Bianche Pulite e mondate poi tagliate dello stesso spessore in rondelle, stese al sole durante tutta la giornata, coperitele di notte per non far prendere la rugiada. Una volta secche vengono infilate in un filo di cotone, lasciando tra una rodella e l’altra un piccolo spazio poi tenute sopra la stufa a legno o vicino al camino per almeno 15 giorni.<br /><br /> <br />Castagne e marroni. Ingredienti: 1kg Marroni, 2kg zucchero, 2hg Zucchero a velo<br />1 - Lasciare a bagno le castagne per 48 ore. 2 - Procedere con l’acqua, quanta basta per avere uno sciroppo. 3 - far bollire lentamente lo sciroppo e le castagne (3 ore), filtrare e far ribollire lo sciroppo ( 3 ore e far riposare per un’intera notte cos’ per una settimana), dopo circa una settimana lo sciroppo avrà raggiunto la giusta densità.<br />1° settimana 4 - si lascia raffreddare e si procede alla glassatura con un composto di zucchero a velo, acqua e lo sciroppo dei marroni.<br />Castagne e marroni. Le prime si prresentono "schiacciate" da un lato, con la buccia molto resistente e di colore bruno scuro; la pellicola interna aderisce alla polpa, che generalmente è molto saporita.I marroni sono più grossi delle castagne, a forma di cuore e la buccia è marrone chiaro striata. La polpa è di sapore dolce a differenza delle castagne, si stacca più facilmente dalla pellicola interna. Le castagne hanno un elevato valore alimentare poiché contengono poca acqua (60%) e molti idrati di carbonio. In gastronomia viene per lo più ìmpiegata la varietà più pregiata, il marrone. Un tempo la castagna era considerata "il cibo dei poveri" ed era consumata sotto forma dì minestre, pane, polenta. Ma era anche "piacere" dei ricchi e deì nobili: l'inserimento delle castagne nell'alta gastronomia e dei marroni nella pasticceria, soprattut to a cavallo tra 800 e 900, ha determinato la fortuna di questi singolari frutti del bosco. <br />Vizi e virtù Castagne e marroni possiedono un ampio patrimonio di sostanze nutritive che vengono assimilate dall'organismo umano'con grande rapidità. Ricchi d’amidi e zuccheri complessi, sono particolarmente indicati nella dieta di giovani e sportivi. L'alto contenuto di Sali minerali, quali fosforo e magnesio, soddisfa le esigenze di otigoelementi essenziali al nostro benessere. In particolare, sono una vera miniera di potassio, indispensabile al buon funzionamento deglì apparati cardiovascolari e neuromuscolari, in grado dì aumentare la resistenza alla fatica e migliorare le capacità lavorative. Controindicazioni? La grande presenza di zucchero, quasi totalmente saccarosio, l'elevato apporto calorico, la difficoltà dì digestione. Sono da usarsi con cutela in caso di diabete, obesità, gastriti, ulcera e malattie cardiocircolatorie.<br />Marrons glacés. Prodotto tradizionale delle Alpi piemontesi, i marrons glacés sono un'autentica prelibatezza. Ma prepararti in casa è impresa in pratica impossibile! Anche fra i pasticceri sono pochissimi quelli che affrontano tutto il procedimento, dalla canditura alla glassatura; La maggior parte acquista i marroni già canditi e procede solo alla glassatura. Infatti, il procedimento è davvero lungo e laborioso:<br />i marroni devono essere lasciati a bagno per 48 ore, affinché si dilatino e venga eliminata una parte di tannino (velenoso), Poi si inizia la lunga cottura.<br />Segue la fase delicatissima detta pelatura e della canditura in sciroppo d’acqua e zucchero. A questo punto i marroni devono essere lasciati sopra una fonte di calore e una volta al giorno si deve filtrare e bollire lo sciroppo.<br />Dopo circa una settimana lo sciroppo avrà raggiunto la giusta densità, lo si lascia raffreddare e si procede alla glassatura con un composto di zucchero a velo, acqua e lo sciroppo dei marroni.<br />Marmellata <br />di <br />Castagne.<br /> Ingredienti per 1,5 kg dí mararmellata. 1kg.di castagne, ancora meglio se sono marroni. 700hg. di zucchero, 2 Stecche di vaniglia, 700ml. di acqua, 2 Cucchiai di Marsala, 2 di Rum, 1 di Brandy, cottura da un ora a un ora e quaranta minuti. <br />Preparazìone: incidere le castagne con un coltellino affilato. Cuocetele per 10 minuti in acqua bollente e leggerente salata, poi scolatele pelatele bene. Versate l'àcqua, lo zucchero e i liquori in una pentola e e bollité fino' a quando si è addensato Togliete la pentola e lasciate raffreddare lo sciroppo ottenuto. A parte passate (o frullate) la polpa delle castagne con la polpa della bacche di vaniglia. Versate il passato, di castagne in una pentola, aggiugete lo scíroppo rafreddatoato, riaccendete il fuoco e lasciate sobbollire lentamente per 45 minuti Nel frattempo sterilizzate i vasi riponendoli vúòti in un forno a 120 gradi C per 15 minuti A fine cottura, versate subito la marmellata bollente nei vasi sterilizzati e ricoprite l’imboccatura con una pellicola trsparente. Lasciate raffreddare per qualche ora, togliete la pellicola u chidete il vasetto con il proprio coperchio.<br /> Di stagione. Normalmente per i mesi invernali si conservavano in soffitta, pere, mele, cachi, noci, nocciole, melograni, uva bianca e rossa. Solo dopo la seconda guerra mondiale si trovavano sui mercati grandi quantità di arancie, mandarini, banane ecc.<br /> . Da inserire.<br />Da molto tempo le paste hanno preso il posto dei ciambelloni delle frittelle (come quelle della candelora), delle torte ecc.<br />Cioccolatini <br />al <br />caramello<br />(m) Ingredienti per 70 cioccolatini: 400 g di burro. 65 g di sciroppo d’acero 550 g di zucchero. 450 g di cioccolato fondente, 200 g di nocciole a pezzi.<br />Preparazione: In una casseruola versate 1,1 dl di acqua, con burro, sciroppo, zucchero e fate bollire a fiamma bassa per 2 minuti mescolando con un cucchiaio di legno, abbassate il fuoco e portate ancora a bollore. Con un termometro da dolci misurate la temperatura e proseguite fino a quando raggiungerà i 149°C. Distribuite il composto in due stampi rettangolari a bordi bassi rivestiti con carta da forno e mettete in frigorifero per un’ora. Fate tostare sotto il grill le nocciole, raffreddatele e fate sciogliere a bagnomaria il cioccolato. Versatelo sopra le basi di caramello, fate riposare 15 minuti, cospargete con le nocciole tostate e fate rapprendere in frigorifero per 6 ore. Quando cioccolato si sarà indurito tagliate le lastre di croccante con l’aiuto di un coltello affilato, ricavammo tanti dolcetti rettangoli delle dimensioni di 5x2,5 cm che metterete su piccoli vassoi da portata.<br /> Per accompagnare la tradizione Alla fine si sa che sulle tavole di Natale e Capodanno trionferanno comunque sempre due dolci senza tempo: pandoro e panettone. Ecco due salse dolci veloci per renderla ancora più golosa.<br />Crema <br />di Mascarpone Ingredienti per 4 persone: 2 etti di mascarpone, 2 tuorli d’uova, 4 cucchiai di zucchero, una buccia d’arancia grattugiala. <br />Preparazione montate con una frusta a mano il mascarpone e lo zucchero, aggiungendo uno alla volta i due tuorli. Aggiungete alla fine la buccia grattugiata dell’arancia e, a piacere un cucchiaino di cognac. Mettete in trigo fino ai momento dell’utilizzo.<br />Crema <br />alla <br />nocciola<br /> Ingredienti per 4 persone: 200g di crema pasticciera, 100g di panna fresca, 20g di zucchero a velo, 30g di nocciole tostato e pelate le nocciole possono essere sostituite a seconda dei gusti anche da pistacchio cocco).<br />Preparazione mescolate la crema pesticciera con le nocciole tritate. Montate a parte le panna e incorporate lentamente Io zucchero a velo. Unite i tutto alla crema con le nocciole. Conservate in fugo,<br /> Da inserire<br />Caffè Tradizionale quando si poteva altrimenti era di orzo tostato e durante la seconda guerra mondiale si facevano tostare i semi dell’uva, macinati e fatto con la tradizionale macchinetta si bolliva l’acqua e poi si rivoltava.<br />0<br />Liquori Fatti in casa a base di alcol macerato nella frutta e zucchero, ( alla pera, melograno fichi, ciliegie e fragole sotto alcol, ecc.<br /> la grappa si usava molto fatta in casa la chiamavano “il fil da fer” tanto era forte e soprattutto talvolta anche cattiva<br />0<br />Le<br />Tisane Ogni cultura del tempo, ha sfrúttato il potere terapeutico delle erbe e delle piante per curare qualsiasí tipo di disturbo. Pur conservando sostanziali differenze da paese a paese sia per la diversa reperibilità delle erbe che per le differenti conoscenze, c'è oggi un ritorno all'uso di estratti, elisir, tonici e tisane naturali, per ridare energia a corpi e menti stanchi.<br /> Consultate per le varie Tisane il capitolo delle erbe ( il capitolo XIII), riporteremo solo alcune tisane, le più comuni.<br />Tisana<br /> per la <br />gola írritata.<br /> Scaldate due tazze d'acqua e versatevi g15 circa di radice di zenzero grattugiata e un cucchiaino di miele. Mescolate bene, lasciate raffreddare, poi aggiungete il succo di 1/2 limone. Bevete lentamente. Questa bevanda ha un ottimo effetto calmante per la gola irritata. La vitamina C del limone aiuta a combattere ro combatte l’infezione mentre lo zenzero combatte il catarro e migliora la circolazione. Il miele, com'è noto, ha un'azione emolliente.<br />Lo <br />zenzero Fra le piante più utilizzate, soprattutto nella farmacopea asiatica, la radice di zenzero, conosciuto anche col nome inglese "Ginger", è una delle più utili. Facilmente reperibile anche nei nostri super mercati 0 presso i negozi di frutta e verdura, questa radice esotica e speziata ha il potere di "riscaldare" il sistema circolatorio: ecco allora che, ai primi freddi assumere bevande a base di zenzero, può aiutare a rinforzare l'organismo e prevenire raffreddori e influenze. Lo zenzero i però, è anche un ottimo antidoto contro l'indigestione le nausee mattutine, il mal d'auto e il mal di mare o la nausea in a gravidanza. Per il suo spiccato sapore "piccante'" e per le conosciute proprietà lo zenzero era apprezzatissimo dai Rornani che lo aggiungevano alle salse e ai sali speziati che usavano per accornpagnare le vivande. Questa radice, infatti, grazie ai principi attivi in essa contenuti, stimola la secrezione degli enzimi - facilitando così la digestione - e riequilibra la flora batterica intestinale Un infusione di radice di zenzero è anche utile nel trattamento di atriti, dolori mestruali così come le tavolette di concentrato reperibili in farrnacia o erboristeria. Non c'è invece riscontro scientifico per l'uso tradizionale dello zenzero come afrodisiaco<br /> per quello che manca consultate il - Capitolo XI - sulle “Erbe della Nonna”.<br /><br />Alchechengi pianta erba e che dà piccoli fiori e frutti commestibili a forma di ciliegia e di sapore asprigno.<br />Asparago pianta erbacea con germogli commestibili che spuntano da un grosso e corto rizoma.<br />Barbabietola pianta biennale dotata di una grossa radice carnosa commestibile.<br />Cappuccina tipo di lattuga con grosse foglie tonde riunite a cespo.<br />Capperi <br />Carpione preparazione in cui verdure, pesci, o anche pollame, una volta fritti o, arrostiti, vengono messi sotto aceto con cipolla e spezie varie<br />Barba di becco pianta erbacea commestibile con infiorescenze gialle e foglie allargate.<br />Coriandolo, seme aromatico tratto dalla omonima pianta della famiglia delle Ombrellifere, usato in cucina e in medicina<br />Cotenna pelle del maiale molto usata in cucina per insaporire zuppe, minestroni e preparazioni piuttosto robuste.<br />Catalogna tipo di cícorìa,proveniente dall'onionima regione della Spagna, con fogliemolto sviluppate<br />Cavolo cappuccio varietà di cavolo caratterizzato dalla forma a palla data dalle foglie avvolte strettamente una sull'altra.<br />Ceci semi della pianta omonima appartenente alla famiglia delle Papilionacee, con foglioline dentate e fusto péloso<br />Cerfoglio pianta aromatica, simile al prezzemolo, con fiori bianchi e foglie composte.<br />Finocchiella detta anche mirride, è una pianta aromatica con foglie grandi e frutti rossi dal profumo di anice<br />Ginepro termine derivante dal latino "iuniperus" ginepro, che indica un tipo di acquavite aromatizzata con bacche di ginepro<br />Mentuccia diminutivo di menta, piccola pianta erbacea molto aromatica, dalle foglie pelose dall'intenso profumo, largamente usata in cucina, cosmesi, farmacia ecc<br />Sedano rapa varietà e sedano caratterizzata da una grossa radice carnosa e tenera.<br />Rapa pianta della famiglia i delle Crocifere le cui foglie so- e no utilizzate come foraggio e la it grossa radice commestibile è e molto usata in cucina<br />Rafano, varietà di radice piccante che porta fiori venati di viola, coltivata in molte specie e impiegata in cucina.<br />Sherry vino bianco liquoroso, prodotto in Spagna, nell'Andalusia, nella zona di Jerez<br />de la Frontera.<br />Tapinambur pianta americana, prende il nome da una tribù di pellerossa, i cui tuberi commestibili a forrna patate, hanno un sapore dolce e delicato che ricorda quello del carciofo.<br /><br />Stesura incompleta<br />1° correzione maggio 2010AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-43092051289367246002011-03-26T13:00:00.000-07:002011-03-26T13:02:20.559-07:0013 I RJMEDII DI "MAMMA GIN"XIII Capitolo<br />I Rjmedii di “ Mamma Gin ”. <br /><br />Introduzione. I rimedj. Proemio. Avvertimento. Rimedj principali. 1° Parte e 2° Parte. Calendario per la raccolta delle erbe. La classificazione delle erbe. I rimedi di campagna. I rimedi per gli animali. <br /><br /> La raccolta di ricette della mia bisnonna “Mamma Gin”, dono di matrimonio della madre (alla mia trisavola) nel lontano 1870, con varie annotazioni ed aggiunte, tramandate fino alla metà del secolo scorso, si divide in due parti: la prima per curare i mali esterni, la seconda per curare i mali interni. Le ricette non devono assolutamente essere utilizzate, sono una testimonianza della vita dei passati tre secoli, scritto in un italiano fine ‘700, non è stato modificato nulla, tranne le aggiunte di “Mamma Gin”, che saranno evidenziate con un asterisco. (*)<br />(Il testo è la fedele trascrizione degli appunti delle ricette, in un italiano antico, in seguito alle traduzioni dal francese, al piemontese, al Tarùsc e all’italiano).<br />Della raccolta di ricette. Scelte sperimentate ed approvate.<br />Per sanare con poca spesa, tutta sorte d’infirmità interne ed esterne, invecchiate, e passate fino al presente per incurabili.<br />(*) Lettera di una amica.<br />Ecco cara Amica , ch’io ti presento, finalmente quel libro dagli amici tanto aspettato, dagli avversari tanto insidiato; da gli interessati tanto temuto. Questa volta, se non sei sciocca, è il tempo di provvedere con pochi soldi, la tua Casa d’un Medico, e d’un Chirurgo, à quali potrai almeno senza arrossire, e con libertà di scoprire le tue bisogna, senza aspettazione che ti rinfaccino i tuoi disordini; senza sospetto che rivelino i tuoi segreti, e quel che meglio, senz’obbligo di pagar loro a contanti, e così vive mortificazioni. Io qui t’ho aperto una Guardaroba di ricette; un’Officina di rimedi; un emporio di salute. Se non sai prevalertene, il danno sia tuo. Sono i rimedi di Madama Fochetti: sopra la cui pietà tutto il mondo diluvi di benedizioni, è l di cui glorioso Nome regna più che mai vivo , non dirò solo nel cuore di tutta la Francia, ma anche di tutti i popoli.<br />Tenterà di darti ad intendere l’invidia di molti, che, siano Ciarlatanerie, ò pur di quei secreti, che sotto l’esca di promesse trascendenti nascondono l’inganno dei loro effetti. Tu allora come saggio so, ed avrai subito rifugio alla Perizia de’ Professori dell’Arte: ma (se non sai) Artefice tu non troverai, che sopra le altrui manifatture giudichi mai il vero. Tanto meno sopra queste ricette, fra le quali se molte non se ne trovano così curative, come preservative del veleno, posso dirti, , ch’io le rendeva in punto di cadere infelice trionfo di quell’invidia, che sputò loro in faccia rabbiosamente il veleno, Vuoi tu dunque sapere da chi solo puoi indagarne la verità?. Dalla unica Esperienza. Fuor d’essa tutti gli altri Giudici interessati, e chi è tale parli, se può, senza passione. Lo stesso havrei saputo provvederti di un Attestato della perfezione, e bontà loro; ma sai tu di chi son proprie queste fattucchiere? De Montinbanchi, (sta per saltimbanchi n.d.r.) à quali è dato di gabbar su la fede.” (…….….). E’ un dar sospetto alla propria bontà il medicarne i Testimoni, perciocché è cosa molto facile ritrovare chi dica il falso. Qual fede più bella, ne puoi tu havere, de gl’infiniti loro successi, che hanno avuto credito di miracolosi, confessati a piena bocca da quei medesimi, che ne hanno partecipato il beneficio?. <br />L’Approvazione, che loro ha dato Monsieur De Lecture Medico di Luigi e Vescovo d’Agde, figlio della stessa Fochetti con le precise parole,<br />” apres avoir juddicieusement examinè ces Recepts, la vertudes ingrediens, qi entrent en leur composition, & la nature de maux , qui les exigent; je me sens fortement obligè non feuè lement de leur donner d’exhorter ceux qui feront atteints de pareils maux de s’en feruir avec hardiesse, & confiance, & ce”,<br />non accresce il loro punto di merito, perciocché gli effetti hanno di loro meglio parlato prima di lui. Hai dunque inteso. Se fanno per te, e se per te non fanno, lasciali ad altri. Oh è pure un gran vantaggio il fabbricarsi con le proprie mani le Medicine! So che mi intendi. Non v’è pericolo, che siano adulterate. Per quello io t’ho in quel Libro imprigionato un Medico, che t’insegna la Dosa e gli ingredienti: uno spetiale, che t’insegna comporne i Rimedy: un Chirurgo finalmente, che t’insegna ad applicarli, Che Vuoi di più?. Io so che molti, ch’oggi hanno denti per lacerarle in pubblico, havranno poi lingue in secreto per lambirle. Essi saranno i primi à valersene, poi ce, è proprio di chi compra il disprezzare. Si ridono di queste ricette di chi le vilipende, perciocché gli altrui biasimi sono le glorie loro. Gracchi pur a sua posta chi vuole, che alla fine raglio d’Asino non può haver forza di guastare l’Armonia de’ cieli. Oggi il far bene al pubblico, è un acquistarsi odio particolare. Lo so, ma bada tutto purchè vinca il dovere. Intanto se mai fosti vago di porle alle prove, ricordati d’aver teco il Giudicio, acciocché al fine dell’impresa se vano ti riuscisse t’effetto, tu non habbi à condannare il Libro più, che la tua insufficienza. Ci vuol del sale à chi non vuol fare le cose insulse. Pensaci tu. Quattro parole mi rimarrebbero ancora da dirti intorno alla TRADUZIONE sopra la quale non mancherà chi tenterà di fondamentarne nuove calunnie: ma sembrami, ch’io te la dica in breve, ogni volta che la Passione è quella, che parla, non ha credito neppure la verità medesima. L’ho tradotte à contemplazione di un nuovo Esculapio dell’ Età Nostra; d’un vero Apollo del sapere. A me basta aver fecondato il Genio d’un tant’Huomo. Inoltre la traduzione è stata rigorosamente calligrafa dalla censura di uno dei miglior Chirurghi, che esercitano una tal carica nel Luogo Pio più insigne di questa regione, uomo di sperimentata dottrina, altre volte Anatomista in Paula, Francese di Nazione e perfetto possessore della nostra lingua. Se questa non ti par sufficiente, censuralo ancor tu, ma non mordere. Finisco d’attediarti coll’anteporre alla tua considerazione quell’ultima ragione. Se col prezzo che si compra dal Medico una ricetta sola, che pur non sai se valerà per sanarti, tu hai qui agio di comprarne le Centinaia; parti poco vantaggio? Ma se fra tutte queste ricette tu ne ritrovassi poi una sola , che fosse buona, pensi tu forse d’havere mal speso il tuo denaro, o pur bene, e con questo ti lascio.<br />Ab operibus corum cognoscetis eos.<br /> Su l’importanza del presente Libro. ( 1790 - 1820 – 1870 - 1939 ) <br />Fra le proprietà essenziali del BENE quelle dell’essere desiderabile, e comunicabile, ne sono senz’altro e le più nobili, e le più utili. (a) E si come la sanità del corpo è certamente il maggiore di tutti i beni eterni, poche senz’essa il possesso degli onoro, delle ricchezze, e d’ogni legittima soddisfazione è sempre imperfetto, e spesse volte noioso; Cosi ella deve senz’alcun dubbio possedere per eccellenza, queste due inseparabili proprietà, (b) il desiderio di sapere, il Principe dei Filosofi Pagani disse essere naturalissimo all’Huomo, non l’è ancor tanto, quanto quello di conservarsi in sanità; perciocché dopo la caduta del primo padre, l’intelletto, il quale prima era per se stesso sapiente, non può avere la cognizione (a) cerca delle cose, che per mezzo de’ sensi; e da quelli mal saprebbe riceverla, allor che il corpo, che gli sostiene si trovasse notabilmente alterato; ò (b) nell’aggiustatezza del suo Temperamento, ò nell’integrità delle sue parti. <br /><br />(a) = o sanitas eu maximum hominibus bonum (b) = Omnis homini à natura sore desederam.<br />Quel desiderio non solamente è naturale, ma è accompagnato da giustizia ancora; poiché la vita lunga, che per una continuazione, ed un effetto della sanità si trova autorizzata nelle sacre carte, e Dio medesimo e la promette per ricompensa nell’osservanza fedele d’uno de’ suoi Comandamenti. Ma questa Reina della virtù del corpo, non deve essere desiderabile solamente, per havere essa nella costituzione del Bene la parte migliore; ma sa di mistieri, ch’ella sia comunicatole ancora. Ed in effetto ella è tale non già per se stessa, poche non è altro, che un mero accidente: ma tale diviene, e col mezzo de’ Rimedij, e col beneficio de’ Semplici, che li compongono: dotati dall’autore della Natura d’un infinità di qualità appropriate, e convenienti per fare una importante, e necessaria diffusione.<br />Or dunque dilettissimi lettori, perchè quattro per ordinario sono le cagioni, che fanno nelle infermità cosi Interne, come Esterne trascurare i rimedij, (m’intendo da quelli, à quali viene particolarmente indirizzata l’Opera presente) cioè a dire la Penuria, la Difficoltà di prepararli, l’Avversione in prenderli, e l’Incertezza degli effetti. Eccovi un piccolo si, ma raro Dono, che una delle più illustri, più pie, e più caritatevoli Dame del Regno generosamente si sa, per superare tutti questi ostacoli, della presente Raccolta di scelte ricette: di poco cost; facili a preparare, agevoli nella loro applicazione, e sicurissime nelle loro operazione. Per mezzo loro, e coll’uso prudente chiunque se ne vorrà servire non solo si sentirà riavuto, ma vedrasi in breve libero da qualunque morbo, che lo travagli, particolarmente esteriori, fastidiosi, e ribelli, che fanno più delle volte star confinati dentro d’un letto i poveri infermi gli anni intieri, & alcune volte a fino all’ultimo de’ suoi giorni; un Dono, che vi fa, dico, una devota Donna. Perchè quantunque fra questa Raccolta alcune se ne trovino o delle mie, o di quelle, che mi sono state fedelmente partecipate da persone intelligenti, e degne di fede, nulla di meno, poche la maggior parte, le migliori, e le più considerabili appartengono a lei, Carità del nostro Illustrissimo Prelato, vero Erede delle virtù di una si degna Madre; io devo dire di Lei, e non altri vi sanno tanto Presente. Per il quale son giurato nemico di tutti coloro, che fanno professione di cumular Secreti, occultandone la comunicazione, dopo d’haver seriamente esaminate le Ricette presenti, la virtù de gl’Ingredienti, e la natura del male, a cui vanno assegnate; mi sento intieramente obbligato non solo a conceder loro la mia Approvatione, ma d’esortar coloro ancora, che di simili Infermità saranno gravati, a servirsene francamente, e con ogni fiducia. Ed oltre che la ragione approva, la sapienza stessa, che meglio di Lei, secondo Galeno, giudica delle sole sensibili, essendo stata felicemente tante volte fatte, dopo molti anni le autorizza. Quanti di ogni sesso, ed età, che per ritrovarsi in una povertà manifesta, ò in una vergognosa indigenza non son punto meno Immagine di Dio, che i più Ricchi, ed (a) quali non è punto men cara la vita, che a’ più doviziosi, l’hanno felicemente confermata con l’uso prudente di queste inestimabili Ricette.? Quanti Scabbiosi, e colmi di Tigna il Capo, ne sono stati affatto mondati?. Quanti di viso guasto, e reso difforme dalla pertinacia delle Volatiche, hanno ricuperata con ‘Applicazione di questi rari Unguenti la loro prima & intiera salute e vaghezza?. Quanti mezzi aggrinziti in qualche parte del corpo, della violenza d’un fuoco improvviso. Hanno lasciato nella virtù di questi Balsami incomparabili, l’impressione dolorosa, che la violenta attività d’un elemento cosi feroce gli havea cagionata?. Quante braccia, e gambe semimarce, e gangrenate dalle varie, delle piaghe, dalla marcia dei tumori; e dalla materia maligna delle ulcere corrose, alla di cui guarigione si è trovata difettosa la più fina Chirurgia, dall’efficacia di questi meravigliosi Empiastri sono state consolidate? E quant’altre sono state preservate da quest’ultimo grado di corruttione, il qual non può guarirti, che con la sola amputazione, o taglio della parte, con la medesima virtù loro?. In somma, s’io volessi tutte qui an noverare le Cure straordinarie, operate da questi Rimedij, la lunghezza del Proemio eccederebbe d’assai quella del Libro. Io mi persuado a dunque, benignissimi Lettori, che non facciano punto mistieri d’altri motivi per animarvi all’uso di queste fortunate Ricette, che quelli, che vengo diirui fondati sopra il Vostro proprio interesse, e che hanno obbligato uno de’ Gran Prelati della Chiesa di consegnarmele per formarne la presente Raccolta, e di dar loro nel poco tempo, che ho avuto l’ordine, che vi vedete per darle alla luce. Servineteve a dunque francamente, e confidentemente alle occasioni, le quali non vi arriveranno, che purtroppo sovente. E gli effetti miracolosi , che ne vedrete, vi insegneranno senza alcun dubbio, a mandar voti incessantemente al Cielo per la prosperità di questa buona, e Caritativa Dama. E di questo buon Prelato, per mezzo del quale queste Ricette sono pervenute nelle mie mani e che non pretendono altro per ricompensa, che per la gloria di Gesù Christo, ed il sollevamento delle sue membra, che sono i poveri. Poveri, dico, che mossi dallo Spirito Santo, e da un giusto desio d’essere liberati dalla Tirannide de’ morbi inveterati, che opprimano, parmi già, che tutti insieme, e dal profondo del loro cuore, alla carità loro indirizzino quelle amorose parole della Sposa; <br />(a) In odorm purguetorum tuorum currimus. Corretevi pure, e con molta sollecitudine, Languenti fratelli miei cari, per riceverne con certezza e felicità la salute dei vostri mali più vecchi, e più ribelli. E allor, che ricuperata felicemente l’havrete, datene, se cosi v’aggrada, qualche parte nelle Vostre preghiere a colui, che per comune beneficio s’è ingegnato di dare a questi caritativi Rimedij la forma di un Libro, nel quale se non ritrovate per avventura tutta la pompa, e l’Ornamento delle Opere de’ nostri tempi, habbiate almeno la Carità, tutto poveri, che voi siate, di perdonare alla franchigia d’una Pecorella, che non ha fatto altro, che seguire i moti del legittimo Pastore, e di scusare la riverente fedeltà di un Vassallo, che non ha obbedito semplicemente, che gli ordini del suo onoratissimo Signore.<br />De Lescure Dottore in Medicina nell’Università di Monpellier.<br />(Il Libro è stato tradotto dal francese al piemontese e in seguito all’Italiano prima edizione nel 1870 e 1920 , la versione Tarusc è manoscritta, talvolta incomprensibile).<br /> ( *) <br />In due (tre con l’aggiunta degli appunti) parti si è divisa l’Opera conforme appunto si vede fatto nel Testo Francese: e questo a cagione delle Infermità Interne, & Esterne: ponendo nella Seconda le Interne: e l’Esterne come più comuni, e che richiedono minor preparazione del Corpo, nella Prima. Le stellette in diversi luoghi osservate, non servono ad altro, che per segnare alcune ricette accresciute dell’ultima edizione Francese ( e le aggiunte di Mamma Gin, n.d.r), come pure in essa si vede fatto. Ma le Annotazioni susseguenti saranno per maggiore intelligenza di chi del presente ricettario vorrà servirsi. La terza parte manoscritta si riferisce all’uso dell’aglio e della cipolla come disinfettante, antibiotico e diuretico:<br />(Alcuni chiarimenti in merito ai nomi alle misure (A), delle medicine, delle spezie, delle erbe e degl’unguenti, (B) ecc., (C) , presi dagli appunti di Mamma Gin e quelli di mia madre(*) .<br /><br /> Misure e strumenti che bisognava possedere nella dispensa, oppure procurale al momento(*)<br />A <br />Une pinte <br />si è tradotto in <br />una pinta, Non la pinta milanese, cioè due boccali, ma uno solo<br />Boccali e Caraffe <br />di vetro <br />Lambicco Per distillare le erbe<br />Mortaio di bronzo <br />e di pietra <br />Pistone di ferro <br />un <br />Pugno brancate<br />manipoli Sono la stessa cosa<br />misure <br />Vaso, Bacino,<br />Pignatta, Padella, tazza Usate per preparare gli empiastri e/o unguenti.<br />Libra, Oncia, Dramme <br />Pignatte di terra vitrata Teglia di terracotta di tutte le misure<br />Spatole di legno <br />Stampigno <br />Soldo Quantità che si comprava per dire un pugnetto di erbe<br />Tela di cotone e di lino <br />I vegetali<br /> I vegetali furono indubbiamente il primo cibo con cui si nutrirono esseri viventi anche se, ovviamente, la crosta terrestre appena uscita dalla grande glaciazione,non poteva offrire altro che licheni. Da allora i vegetali ebbero alterne fortune: furono a volte adorati, a volte trascurati, a volte ancora considerati solo da un punto di vista cromatico: intrecciati in bouquet o ghirlande a far da cornice a trofei di selvaggina sulle mense rinascimentali. Certo è che mai furono dimenticati, poiché, da quando l'uomo esiste, sempre furono il nutrimento quotidiano di chi poteva permettersi solo quanto la terra spontaneamente offriva. Le sempre più approfondite ricerche nel settore alimentare, hanno portato a riconoscere l'importanza dell'apporto vitaminico nella nutrizione umana in ogni età. E questo apporto ci è dato per la maggior parte dal vegetali che ingeriamo. Comunemente noi consumiamo cibi e bevande,senza chiederci quali siano i loro contenuti vitaminici o minerali e senza pensare che, per le particolari proprietà che differenziano ogni vegetale, l'uso continuato della stessa sostanza, non può che portare squilibrio, cioè eccedenza di un dato sale e mancanza di altri. Variare il più possibile, anche nelle verdure di poco conto, alternando vegetali cotti, con vegetali crudi, è quindi, la prima norma da seguire. Con questo non si consiglia certo di ricorrere alle primizie; queste, oltre ad incidere economicamente, sono da sconsigliare sotto il profilo alimentare, poiché crescono in serre in modo forzato, gonfiate dai fertilizzanti chimici e oggi tutti sappiamo quanto nuociono alla salute. Con alimentazione variata si intende solo una rotazione di quanto la stagione ci offre, poiché la varietà è indispensabile all'organismo. Ecco l'utilità di avere una conoscenza, se pur superficiale, dei vari gruppi vegetali e dei loro contenuti. Tralasciamo di fermarci sulle erbe che crescono spontaneamente come il crescione, il lattughino, la barba di becco e i funghi, erbe che diventa sempre più difficile reperire non solo sul mercati ma anche nei prati; occupiamoci degli ortaggi, cioè di quelle verdure che<br /> Nella prima parte e Nella seconda parte<br />B l’Herbe, le spezie, i vegetale, le piante(foglie e corteccia) essiccate ecc., che bisognava possedere nella dispensa, oppure procurale al momento (*).<br />Provenienza <br />Nome Descrizione<br /> (*) La raccolta delle erbe deve essere fatta nel mese di luglio dal plenilunio al novilunio dall’esperto di casa sui monti dell’alto vergante. Le spezie venivano comprate alla fiera e/o al mercato. (per le erbe consultare il capitolo XI delle erbe della nonna n.d.r.)<br />a <br />Aglio Fresco e secco come antibiotico disinfettante <br />Aloe Aloe polverizzato<br />Alloro Foglie <br />Amoniaco Gomma minerale<br />Angelica selvatica <br />Acqua di Euglossa <br />Ariflolocchia <br />b <br />Biacca (calce) biacca in polvere<br />Bdelio <br />Boraggine <br />Bouton de visage Pustole del viso<br />c <br />Calamita fina di levante, <br />Cannella <br />Caffia <br />Cera gialla nova Cera d’api al naturale<br />Cipolla Diuretico e per la cura dell’urecimia<br />d <br />Dartres Volatiche<br />Dittorno bianco <br />e <br />f <br />g <br />Galbano Gomma vegetale<br />Genziana Radice la parte utilizzata<br />h <br />i <br />Infusion d’aglio Pigliare un aglio cotto nel forno, per riferirsi al vocabolo francese aillet o alliot.<br /> In realtà nel vocabolario di Cesare Oudin (1790-1840) alliot, una specie di Narciso, nella di cui Cipolla. ossia radice, meglio dell’aglio per le sue proprietà, virtù solutiva<br /><br />Iperico Ossia perforato<br />Incenso <br />l <br />Limatura d’aghi È lo stesso che limatura d’acciaio<br />Litargirio d’oro <br />Liquerizia A pezzi<br />m <br />Mirra Mirra polverizzata<br />Mastice <br />Melograno Un tempo veniva utilizzato per fare il vino.<br />Mirtillo Utilizzato per alcune tisane.<br />Mughetto Utilizzato in tisane per le malattie cardiache.<br />n <br />Noce Il gherigli è molto nutriente.<br />o <br />Oglio rosato Spremitura a macina delle noci<br />Oglio d’oliva Spremitura a macina delle olive<br />Opoponaco Gomma vegetale<br />Olibano <br />Olmo Foglie e corteccia hanno impiego officinale come cicatrizzante, depurativo<br />Ortica Le foglie macerate nell’acqua sono un ottimo antiparassitario.<br />p <br />Papavero In infusione come sonnifero.<br />Pece bianca È lo stesso che rasa e/o rafa di pino<br />Pugillo è tutto quello che si può prendere con tutta la sommità delli denti<br />q <br />r <br />Rosmarino L’erba della memoria. Un tempo si credeva che possedesse un’influenza stimolante sulla memoria.<br />Reina Foglie d’Erba della Reina, o Nicotiana, oggi volgarmente Tabacco<br />Reubarbaro Radice di rabarbaro, <br />s <br />Scudo d’oro E’ lo stesso, che dramma e l’ottavo d’un onc., cioè tre denari.<br />Santolo e santolo citrino <br />Sfilacci di tela di lino e/o cotone non trattati.<br />Sambuco Le mele si conservano meglio in strati separati da fiori secchi di sambuco<br />t <br />Trementina <br />di Venezia <br />Tiglio Per infusioni e i fiori danno un miele pregiato.<br />u <br />v <br />Verderame Utilizzato normalmente per curare la vite.<br />Viburno Arriva in Europanel 1700 - In America in passato veniva somministrato alle schiave per impedirgli di abortire i figli frutto di violenze e non desiderati, ma preziosi per il padrone: infatti contiene la scopoletina, un rilassante dei muscoli uterini, e per questa sua proprietà viene utilizzato anche per alleviare i dolori mestruali. Essendo presente anche la salicina, sostanza affine all’acido acetilsalicilico, (contenuto, per esempio, nell’aspirina), che può provocare danni al feto, in gravidanza va assunto sempre dopo aver consultato il medico. È utile anche per attenuare febbre e dolori. Il decotto si prepara facendo bollire, in una tazza d’acqua, peno minuti, due cucchiaini da tè di corteccia essiccata. La dose massima è di tre tazze al giorno. L’uso terapeutico va seguito da un medico. Il viburno, originario degli Stati Uniti, ha un portamento arbustivo nelle regioni settentrionali, ma diventa un ‘ piccolo albero in quelle meridionali. Le foglie, ovali, acuminate, hanno margine seghettato. In autunno diventano rosse e poi cadono. Tra aprile e maggio compaiono i fiori, numerosi, bianchi, riuniti in vistose infiorescenze a corimbo. In autunno l’arbusto si riempie di frutti, drupe ellittiche di colore rosa prima e nero-bluastro a maturità. La pianta è apprezzata come ornamentale nei giardini per i giochi di colore che sottolineano i cambi di stagione<br />Vitriolo <br />z <br />Zafferano La bisnonna lo coltivava e lo utilizzava come antispasmodico oltre che in cucina.<br />(*) da terminare giugno 2007 <br />Dalla raccolta delle ricette 1790 - 1820 - 1870 - 1939.<br />TAVOLA – De’ Morbj, e Rimedj principali che si contengono nelle due parti.<br /><br /> <br />Sono elencati i mali conosciuti in quel tempo ( 700, 800 e parte del 900) nelle campagne e nelle montagne piemontesi ed i loro rimedi per curarli.<br /> <br />1 2<br />De’ Morbi, e Rimedj principali che si contengono nella Prima Parte De’ Morbi, e Rimedj principali che si contengono nella Seconda Parte<br />Per sanare diverse infermità esterne………………… Note 2007 Per sanare diverse infermità interne.<br />* *<br />Per qualsiasi malanno Per qualsiasi malanno<br />A 1a A 1a<br />Accessi delle febri Accessi delle febbri v. febre.<br />Aqua catgmatica per separare gli ossi tarlati Acqua di noce, purgativa per chi patisce male alle rene, v, rene. 1a<br />Acqua celeste per i cancri. Della Reina per purgar la bile,<br />Albugini degli occhi lassativa, per ogni sorte di ostruttione, purgativa, per l’idropesia, minerale, <br />Ammaccature. Per diversi mali, dell’ospitale di Parigi<br />Antimonio, modo di prepararlo Antimonio diasoretico<br />Apostene d’ogni sorte per guarirlo, della testa o esterne o interne Appetito per conservarlo, per destarlo, per eccitarlo<br />Aperture de’ fanciulli, vedi rotture Apertura, v. rottura<br />Apoplessia. Apoplessia, Aposteme , Asma,<br />Ascelle, per lavarne il fetore. Avviso toccante la purgazione.<br />B B<br />Balsamo per diverse infermità, per ferite, d’Arceus per le piaghe Bestiame per preservarlo dal mal contagioso<br /> 1,2,<br />Bubboni pestilentiali Bevanda da pigliarsi quando v’è malignità, cordiale per la febre<br />Buboni per aprili senza lancetta. Bile, acqua per purgarla dolcemente<br />Budello di fanciullo quando esce. Bocca per lavarne il puzzone<br />Buganze Butiro, grasso,olio modo per stagionarlo<br />Bracce offese <br />C C<br />Caduco, v. mal caduco Caduco, o mal caduco<br />Calendula modo di cavarne il succo Calor di fegato, fegato cronico<br />Cadute, cagionanti, storcinanti, delle donne gravide Canna della gola, per addolcire l’asprezza.<br />Calli Capel venere, siroppo eccellente<br />Calor eccessivo di tumore per mitig delle reni Capo, testa.<br />Cancro, osservazioni per curarlo Carboni <br />Cani morsicati acciò non diventino rabbiosi Carne escrescente, v. escrescenza<br />Capelli, poveri per dissecarli. Catarro, proveniente da causa freddo <br />Carboni pestilentiali Cervello, per scaricarlo<br />Catarro Cibo per ritenerlo <br />Carne, per preservarsi, morta, putrida, per farla rinascere senza corruzione, escrescente Coliche d’ogni sorte, Renale, Biliosa, Ventosa, Nefritica<br />Cavalli per la lepra, quando sono inchiodati, quando non possono piegare per rigidezza le gambe. Costipazione <br />Cavar piombo, o ferro dalle ferita, Contagione, v. peste.<br />Cimici Cornacchina, polvere <br />Colica ventosa Costa, mal di punta.<br />Cerotto eccellente per ogni sorte di piaghe così vecchie, come nuove Crudezza di stomaco, mal di stomaco<br />per l’ulcere delle gambe, per ogni sorte di ulcere. Cuore, per le passioni, per il male<br />Cervello per purificarlo, per chi la perduto Cure, suppositorij.<br /> D<br />Cervo oglio modo di prepararlo Debolezza, per rimediarvi<br />Cicatrici per scancelarne il segno Denti per levarne il dolore<br />Contusioni Digestiva, polvere.<br />Crepatura delle labra, delle mani Dissenteria <br />Crudità Donna per partorir felicemente<br />D <br />Denti per levarne il dolore per confortarle<br />Per fermare il sangue dopo aver cavato il dente Dormire, acqua per fa dormire,<br /> E<br />Dolore di ogni sorte, per mitigarlo Ebulitioni di sangue, v sangue<br />Dolor di denti. v. denti Emoroidi <br />Dolor di testa. v. testa Ensiati <br />Dolori proveniente ds causa fredda Epilessia <br />Dolor di fianchi. Epilessia, mal caduco.<br />E Erisipile ,<br />Escrescenza di carne per levarla<br />Emorragia d’alcuna piaga, per fermata di naso. F<br />Emorroidi esterne ed interne Febbre di qualunque sorte, lente, putride, e per gli accessi<br />Ensiatura in qualunque parte del corpo Febre, terzana<br />de’ ginocchi, fredda, “ Quartana,<br />Erisipile “ Intermittente, fredda<br />Erpete, volatiche. “ Calda e frenetica<br />Escrescenza di carne. “ Pestilenziale<br />Febre di ogni sorte , per gli eccessi “ Maligne delle perpurate<br />intermittente, quartana. Sudorifere per le febri<br />Fegato per purificarlo Fiacchezza, debolezza. Fianchi,<br />Ferite, Oglio vulnerario, Balsamo eccellente Fior bianco, <br />Vino calibeato per fermarlo<br /> Fistole <br />Ferite superficiali, semplice di spada o di coltello, per scancellare i segni Flussioni delle braccia, acri, caldo, di freddo, polmoni della gola<br />Fettore, v. puzza Flusso epatico, di sangue.<br />Flemma per purificarla, Freddore <br /> G<br />Flussione, senza ensagione delle bracce e spalle, fredde, delle guance Gialezza, <br />Flusso grande de’ mesi Ginepro conserva,<br />Fianchi, dolore de’ fianchi Gola per levarne il male<br />Fistole, che vengono negli angoli degli occhi Gonorea, ò sia discollamento, virulenta, o no<br />Francese, vedi mal francese Gotta <br />Frenesia, v. pazzia Grassi ogli e butirro modo di conservarli.<br />Frecce penetrate per guarirle Gusto depravato, per rimediarvi<br />Foruncoli per aprirli senza lancette. Erbe vulnerarie modo di coglierle, e servirsene.<br />G H<br />Gambe, di cavallo per farle piegare, di fanciullo, che duri fatica in camminare per fortificarle. Ulcerate Humori crassi, e riscosi per dissecarli<br />Gangrene I<br />Gargaglioni, v. tumori Idropisia <br />Gengive per fermare il sangue dopo aver cavato il dente. Inchiostro per fabbricarlo<br />Glandole Indigestione<br />Giunture indurite per rammollirle Infiamazione, e degl’occhi<br />Gotta, granso, Ingrassarsi <br />Guance ensiate per flussioni. Ipotrasso per farne l’essenza<br />H L<br />Hernia acquosa e ventosa Languidezza <br />Hidropesia Lassativa , acqua eccellente <br />I Lavativo, purgativo, rifrigerente, rinfrescativo <br />Impiastro nero per ogni sorte di piaghe Lepra nascente <br />Impiastro manus Dei Letargia <br />Impiastro per le poppe delle donne, Letto, per chi orina a letto per liberarlo <br />per le ulcere delle mammelle Liquor dorato di molte virtù <br />per le flussioni fredde <br /> M<br />per il mal di matrice, per favorire e sanara i Gargaglioni, ò siano tumori, per ogni sorte di dolore Mal di stomaco , per scaricarlo da cattivi umori, per la debolezza, delle donne ancora fresche di parto.<br />per le Scrofole, Mal caduco <br />Inchiodatura dei cavalli Mali incurabili<br />Indigestione Mal di punta, senza febre<br />Infiammazioni , lacrimose d’occhi Mal contagio, per preservarne il bestiame<br />Infermità esterne pietra medicinale, per diverse balsamo eccelente, veneree, velenose. Mal Venereo<br />Intestini, v. budello Matrice per la soffocazione, per le ulcere, Melancolia<br />L <br />Labra crepate per il freddo, Membri ritirati <br />Latte delle donne di parto in troppa abbondanza Mesenterio per le ostruzioni <br />Lauro, v. oglio di lauro Mestrui ecessivi <br />Lepra de cavalli, Lividure Milza <br />M Minestra per poveri per darle il sapore<br />Macchie degl’occhi, Morsi di animali velenosi, rabbiosi<br />Mal francese, Mal di punta, falsa Mouruiglioni, v. varole<br />Mal caduco Mucillagini di seme di psilio per molti mali<br /> N<br />Malincolia per purificarlo Naso per purgarlo, per istagnarne il sangue.<br />Mamelle, v. poppe Nervi per ogni dolore , ritirati<br />Mani crepate O<br />Matrice impiastro eccellente, per la suffocatione Occhi per la rossezza e inflamazioni, <br />Mestrui per il gran flusso per il mal d’occhi acqua<br />per suppressione per l’albugine nascente<br />Milza unguento eccellente, per purificarla Odore per farne pastelli, Ogly, Grassi, e butirri.<br />Migranea <br />Morsi degli animali, per conoscerne se siano rabbiosi, Oglio di zuccaro<br />di serpenti Oppilationi di milza, di fegato <br />di bestie rabbiose e velenose <br />Morsicati, acciò non diventino rabbiosi Orina grossa, spessa, renellosa, e pietrosa, per scaricarla,<br />Moruiglioni, v. parole per orinare molto, <br />Mule, v. buganze difficoltà di orinare per levarla,<br />N per la ritenzione d’orina,<br />Nasceza sul riso de i fanciulli per chi orina a letto<br />Naso per levarne il cattivo odore Orecchie per zuffulamento <br />Naso per istagnarne il sangue Ostruzioni per rimediarvi <br /> P<br />Nate, Nervi per levarne il dolore, punti con aghi o simili Palato per levarne il male, <br />Pallori <br />ritirati o induriti, pesti amacati, v. indeboliti, tagliati per finirli. Paralisia.<br />Pastelli d’odore<br />O Perdite eccessive delle donne,<br />Occhi ricetta eccellente Peste, per preservarsi<br />per chi avesse perduta la vista, Petto, per il mal di petto, <br />Per rossore , per dolore, infiamazione lagrimose, , per flussioni, <br />per le fistole che vengono all’angolo Piaghe, vecchie,<br />Pietra<br />per le pane, macchie, ò albugini Pillole, preservative della pelle<br />Occhi poline dei piedi Pleurite, v. mal de’ punta<br />Oglio di lauro modo per preparalo, Polmone, per nettarlo, per rinfrescarlo, <br />Oglio di cervo per il sangue proveniente da esso<br />Oglio di balsamo anodino, mitigativo e vulnerario, Polvere cornacchina, della china per ogni sorte di febre, digestiva<br />Oglio di vino per ogni sorte di piaga, Poppe per ulcere,<br />Potione, v. bevande<br />Oglio eccellente per averse infirmità Ptisana, v. acqua,<br />Purga, <br />Onguento nero per ogni sorte di piaga Purgativo eccellente,<br />Pustole<br />Onguento refrigerativo per le infiammazioni, dell’erba nicotina, Putredine interne, per scacciarle,<br />Putrefationi,<br />di maggio, per i fanciulli che sono aperti per la sciatica, per i dolori freddi Puzzore della bocca,<br />verde, R<br />Orina, difficoltà di orinare Ruacedine <br />Ossi tarlati, acqua per separarli Renella <br />rotti, per cavarli Reuma, v. catarro <br />Ostruzioni, de gl’intestini, per levarle Rimedji per i poveri<br /> Reni acqua purgativa, per le ostruzioni, aggravate, <br />P Rinfrescativo , Rogna<br />Palpebre. Prurito delle palpebre, Rose tinture, rossezza per levarla,<br />Rotture de’ fanciulli<br />Pani, panicola, Gargaglioni, tumori <br />Pane degl’occhi S<br />Paralisia, inperfetta, v. granfo Sangue per purgarlo, per il flusso,<br />Pazzia corrotto, per le ebulitioni, per la perdita e per qualunque cosa<br />Peste Sanità, per confermarla,<br />Piaghe di ogni sorte, vecchie, e nuove, impiastro per sanarle Scabia,Sciatica, <br />Scottature<br />per modificarle e risolvere Secondino per farla uscire,<br />fatte col fuoco, Seme di Tiletro e sue proprietà<br />della testa per riunirle Sensi, per rinvigorirli,<br />Pidicelli Sete, straordinaria negli eccessi delle febri, per levarla,<br />Pidocchi del corpo per estinguerla nei calori,<br />Pietra medicinale per alcune infermità esterne. Siroppo, per molti mali, <br />Soffocationi, di Matrice, v. matrice<br />Piede per levarne la puzza ed il fetore, Sonnolenza, <br />Sordità, per rimediarvi <br />per scorticatura delle dita Spasimo , Suppositorij,<br />per distorcimento Sputo, difficoltà di sputare<br />Pizzicore, v. prurito Squinanzia, senza febre,<br />Pleura, v. punta Sudore, per procurarlo,<br />Polvere per dissecare i capelli, simpatica descrizione Stomaco, mal di stomaco, per fortificarlo<br />Poppe dell donne per aposteme, Sudorifero, contro le febri,<br />per i tumori e l’ulcere T<br />Modo per curarle, per le scorticature Testa, per ogni male, e dolore per purgarla, per romore,<br />Enfiate per cagione del latte Tigna,<br />per le piaghe delle stesse Tintura di Rose,<br />Porri acciò non ne nascono, Tosse vecchia, proveniente da acqua fredda, da calore,<br />Prurito delle palpebre Trachea per addolcire l’asprezza<br />Punta, v. mal di punta Tumori,<br />Punture di animali velenosi, V<br />Punture leggere di parte nervosa Vapori, al cervello per reprimerli,<br />Pustole del tifo, Varole, acciò non segnino,<br />Puzze d’ascelle, piede, naso. Veleno, Ventre, per purgarlo,<br />R <br />Rabbia, d’animali e morsi per provocarlo,<br />Renella per il flusso,<br />Reni per levarne il dolore longo ed inveterato,<br />per mitigare il calore per il dolore delle donne ancor fresche di parto<br />Reumtismo Venerei Mali, v. mali,<br />Rilaflazioni fresche Vermi <br />Rogna Vertigine, <br />Rogna maligna delle gambe Vino calibeaco<br />Rosmarino, v. ricetta <br />Rotture de fanciulli Vino per l’interno, e qualsiasi febre<br />Rotture cagionata da acqua e vento, detta hernia D’albelinge e vulneraria<br />S <br />Sangue da ferita , ò taglio da arrestarlo, dal naso per ristagno <br />delle gengive dopo tolto un dente Volatiche, <br />Scabia Vomito, <br />Sciatica massimo quando proviene da una colica renale<br />Scorpioni per le punture <br />Scorticature delle poppe delle donne U<br />Scottature d’ogni sorte, Ulcere, maligne<br />Scrosole o scrofole delle mammelle<br />Secondine per facilitarne l’uscita delle matrice<br />Serpenti per le morsicate interne,<br />Slocature <br />Simpatica, v. polvere simpatica Z<br />Soffocazione di matrice, v. matrice Zufolamento d’orecchio,<br />Spalle, offese, Zuccaro oglio<br />Spine, per cavarle dalle ferita, Zuccaro di saturno<br />Stomaco, per levarne il dolore <br />Storcimenti per cascate, di piede <br />Succo di calendule, modo <br />Supressioni di mestrui, v, mestrui <br />T <br />Tagli <br />Tela impiastrica <br />Testa per levarne il dolore <br />piagata, v. piaga, (spazio per foto)<br />Tigna de’ fanciulli, contagiosa La chiesa di Brisino<br />Tumori, che vengono alle poppe delle donne, ad nati o nati <br />per farli aprire senza lancetta <br />per risolverli, per mitigarne il calor ecessivo, pestilenziali, <br />v. bubboni, carboni non aperti <br />V <br />Valvole, acciò non segnuno, per levarne i segni, per la rossezza <br />Veleno oglio eccellente <br />Ventosità <br />Ventre per il dolore,per mantenerlo libero <br />Le ricette saranno tutte numerate e si potrà avere l’immediato riferimento, per una rapida consultazione.<br />Vermi de’ i fanciulli <br />Vergine <br />Vomitino per morsicate da bestie rabbiose <br />Volatiche, benche invecchiate <br />vive, infiammate <br />Vino, oglio di vino <br />Viso, acqua eccellente, enfiato per flussione <br />Vista per chi l’havesse perduta, per accuirla. <br />U <br />Ulcere d’ogni sorte, <br />delle poppe delle donne, <br />delle gambe, Note. Nel trascrivere il testo ci sono state delle difficoltà per l’uso della “ v ” e la “ u “, la s e la f la esse tedesca ecc., si possono<br />per nettarle, veneree, v. infermità confondere, pertanto ci potrebbe<br />Udito per acuirlo essere qualche errore.<br />Z <br />Fine<br />della tavola della prima parte. Fine<br />della tavola della seconda parte.<br /><br />Della raccolta di ricette 1790 - 1820 - 1870 – 1939 - 1990.<br />Scelte, sperimentate e approvate.<br />Da terminare maggio 2007<br />Per sanare diverse infermità esterne, molto comuni, inveterate, e difficile da guarire. Tisana di Mamma Gin.<br /> (*)<br />0 Per la digestione e per l’isonia. Salvia, Rosmarino, la punta di una pianta giovane Alloro Buccia di limone. (risolve molti problemi) una<br />foglia<br />0<br />1 Impiastro per ogni forma di piaghe, chiamato impiastro nero o l’onguento nero<br /> Ingredienti Olio d’oliva 07 lb.<br /> Pigliate Sfilacci ditela vecchia 02 lb.<br /> Biacca in polvere 02 once<br /> Litargirio d’oro 05 quarte<br /> Cera nova Mezza lb.<br /> Mirra polverizzata 01 lb.<br /> Aloe polverizzato 02 once<br /> Modo di comporlo <br />Metti in una Caldara tant’acqua quanto basta per una scodella di tisana. Quando l’acqua bolle aggiungi gli ingredienti e lasciali cuocere per due minuti. Scolala con un passino di tela in una tazza di terracotta vitrata ed aggiungere un cucchiaino di miele.<br />Mettere due libre di tela vecchia, e portile in una Caldara, gettatevi sopra le 7 libre di olio d’oliva, in modo che le pezze siano tutte inzuppate. Poi mettete il tutto sopra un fuoco di carboni, il quale non sia troppo gagliardo, acciocché non si appigli all’olio, e non abbrucci la pezza, bisogna rimescolargli dentro con una verga, ò spatola di ferro finche le pezze siano tutte disfatte, il che conoscerete mettendo un poco sopra un tondo, ò tagliero, osservando, che non vi si riconosca più filo di sorte alcuna. Fatto questo leverete la caldara dal fuoco, e quando cesserà di bollire vi getterete a poco poco, sempre rimescolando, la libra di biacca, dopo ritornerete al fuoco per un momento di tempo, poi lo lascerete, e vi metterete, ancor sempre rimescolando , le cinque quarte, cioè a dire 15 once di litargirio d’oro, havendo prima di tutto ben polverizzato. Dopo bisogna far ribollire un poco,e mettervi la mezza libra di cera non va tagliata in pezzetti, e gli darete ancora una bollita, e poi la lascerete, e vi metterete a poco poco come sopra rimescolando sempre, la libra di mirra polverizzata, e la farete ribollire ancora un poco, poi la leverete dal fuoco, e vi aggiungerete, sempre rimescolando, le due once d’Aloè ben polverizzato, e ritornerete la caldara al fuoco lasciandola pigliare due o tre ribollite: Dopo ne metterete un poco sopra un tondo per vedere se si attacca, perché se sarà troppo tenero, bisognerà far bollire ancora dolcemente, fino che sia ridotto in conveniente spessezza. Dopo che sarà fatto bisognerà levarlo dal fuoco, e metterlo sopra una tavola, o banco cavandolo con un mescolo, lasciarlo raffreddare, e quando sarà freddo lo farete in pastelle, longhetti e rotondi. Se per disgrazia nel farlo bollire vi s’appigliasse al fuoco, bisognerà aver pronto un coperchio, per subito coprirne il vaso (caldara) che così lo soffocherete, ed acciò che non vada male cosa alcuna, bisogna metter questo vaso in un vaso maggiore: E questo accorgimento deve servire per tutte le altre ricette di questa natura.<br /> Modo d’oprarlo. <br />Se la piaga e sopra la pelle bisogna applicarvi sopra l’empiastro, asciugandolo tutte le sere, e continuare così, fino che sia guarito. Se vi appare qualche escrescenza di carne, , bisogna medicarla, come havete cominciato, poiché ella si abbassa naturalmente. Se vi è della carne morta, e che la piaga sia vecchia, bisogna pigliare un pastello dell’Impiastro, metterlo in una pignatta con sei cucchiaini di d’oglio rosato, ò in sua mancanza, doglio d’oliva, e far liquefare il tutto insieme, poi pigliare dei sfilacci di tela a proporzione, metterli dentro, e farli tutti inibire : dopo metterli in un'altra pignatta, la qual diligentemente coprirete, acciocché ne conservi la virtù. Quando lo vorrete adoperare ne pigliate un poco, gli metterete nella piaga, la qual farete, che resti tutta coperta di sfilacci, e questi ve li metterete nella piaga, e questi ve le metterete senza che siano calcati, ne intortigliati, acciocché n’esca l’humore a suo agio. Questi sfilacci bisogna mutare sera e mattina, ma lo stesso impiastro può servire per un giorno, e quando anco fosse scoperto l’osso, voi metterete questa tela così preparata, e quando ben la piaga fosse nera, che leva ogni nerezza, senza che cadono gli ossi.<br /> Note<br />a che se il buco della piaga è troppo piccolo, e profondo, vi bisogna mettere un piccola benda di lino,per tema, che non si possono vedere gli sfilacci, avendo prima bagnata detta benda nell’onguento liquefatto, e guardare che non sia troppo calcata, acciò che non possa uscir l’humore<br />b che la benda non deve andar fino in fondo, per la carne, che cresce, che se la cicatrice è troppo piccola, ò che il paziente sentisse troppo incomodo,per la benda, bisognerebbe infilar nella piaga dell’onguento liquefatto,nell’oglio per poi applicarvi sopra l’impiastro.<br />c che bisogna mutar l’impiastro ogni giorno, ed ogni sera purgar la piaga<br />d che questo impiastro si può far di maggiore o minor quantità, secondo che torna più comodo, con l’accrescere, e questo avvertimento deve servire per tutte le altre ricette cos’ esterne che per quelle interne.<br />0<br />2 Cerotto eccellente per ogni sorte di piagha così vecchie, come nove.<br /> Ingredienti Oglio rosato 1. lib.<br /> Pigliate Rafa (rasa)di pino 1. lib.<br /> Cera Gialla Nuova <br /> Foglie d’erba della Reina, o Nicotiana, <br />oggi volgarmente detta Tabacco, (un manipolo) <br /> Fogli d’Iperico, o sia Perorata, (un manipolo) <br /> Trementina di venezia 10 once<br /> Vin rosso gagliardo, un bicchiere <br /> Modo di Comporlo <br />a Bisogna pigliar la libra di cera gialla, e la libra di rasa di pino, ridotta in più pezzetti, metterli in un caldaro, e farle liquefare, sempre rimescolandovi dentro. 2. Quando queste cose sono liquefatte, vi si metterà la libra di’oglio rosato, rimescolando. 3. Vi si aggiungerà il succo d’erba della Reina, e dell’Ipericon, espresso con un pannolino, havendo pestato dette erbe in un mortaro, questo succo sarà circa a tre terzi di una scodella, e lo mescolerete con le dette materie rimescolando sempre senza farle bollire. 4. Vi metterete la trementina di Venezia, finalmente vi aggiungerete il vin rosso gagliardo. 5. Quando questa mistura sarà fatta , la lascerete raffreddare: la impasterete nel Caldaro per unirla: la lascerete così in massa, ò la farete in piccoli pastella rotondi, e longhetti. 6. Il liquore che rimarrà nel Caldaro, può servire per lavar le piaghe. Il modo di usar questo impiastro è simile a quello di sopra.<br />0<br />3 Impiastri chiamato“Manus Dei“ delli suoi effetti miracolosi.<br /> Confesso veramente, che la composizione di questo Impiastro pare a prima vista difficile, che le droghe che le compongono sono molto considerabili, e che queste due considerazioni potrebbero far ritirare molti dal intraprendere la composizione: le proprietà sono miracolose, e tutte divine; e che perciò egli è giustamente chiamato “ Manus Dei”, à Empiastro Divino, ho stimato di doverle proporre per le prime, acciocché niuno si rifiuti di intraprenderlo per proprio beneficio, poiché non vi è quasi niun male esterno al quale egli non possa guarire.<br /> Proprietà di quest’Empiastro. <br />Egli modifica la piaga: la fa risolvere, e fa rinascere la carne senza cagionare alcuna corruzione. E’ buona contro ogni forma di Enfiatura (*)gonfiatura, in qualunque parte del corpo che ella sia; parimenti se qualcuno havesse la testa enfiata fuor di modo; havendo prima di applicare l’impiastro rasato i capelli. Matura e guarisce ogni sorte d’Aposteme, le Glandole, il Cancro, e le Fistole: vale contro ogni morsicature delle bestie rabbiose, e velenose … à sé insensibilmente il veleno. Guarisce le piaghe dell’Archibugiate (*) arma da sparo, & ogni altra causata dal fuoco, causa il piombo, il ferro, o altre cose delle ferite. Cura gli ossi rotti, se ve ne sono delle piaghe, e guarisce parimenti dai colpi delle frecce penetrate. Unisce i nervi tagliati, in qualsivoglia maniera, Guarisce le Scrossole, ed altre Aposteme della testa, ò interne o esterne. Giova contro la peste, e perché l’Impiastro sia applicata a tempo sopra il bubbone, o Carbone, egli non passeranno più oltre. Egli è buono contro ogni sorte di Ulcera. Contro la tigna de’ fanciulli radendo la testa prima di applicare l’Impiastro. Contro l’Emorroidi Esterne, ed interne ancora, applicandovi sopra l’Impiastro, levando quando sarà di bisogno e poi rimetterlo. Contro i Tumori e le Ulcere, che vengono alle Poppe delle Donne, con l’avvertimento che daremo qui appresso. Contro il dolore dei denti, molti se ne sono felicemente serviti, applicandolo alle tempie, o dietro l’orecchio della parte inferma. Altri sono guariti dal Raumatismo, o catarro applicandolo sopra le Vertebre del Collo, parimenti su le spalle, e braccia offese; egli può servir ancora per altri dolori del corpo. E si come questo Empiastro fortifica grandemente i nervi indeboliti, si può servirsene felicemente ancora quando sia pericolo di Paralisia. Egli è eccelente per le Fistole, che vengono nell’angolo degl’occhi, lasciandovelo per molto tempo. Per le Panne e l’Albugini degli occhi che provengono da luce troppo grande, come se si fosse cieco: Bisogna chiudere le palpebre & applicandovi per di sopra l’Impiastro per lo spazio di 15 giorni, o più. Per le fistole che rimangono dopo il taglio di una pietra. Per i tumori ad nati, ò nate, che volgarmente si dicono, lasciandovi sopra lungo tempo l’Impiastro. Arresta immediatamente il sangue d’una ferita, asciugandola bene, & e applicandovi sopra l’Impiastro caldo. Egli è eccellente per le scottature: Bisogna metter sei grani di sal trito in due cucchiai di aceto, e farlo intiepidire, acciocché si fonda, lavar subito con quello la scottatura, e poi applicandovi sopra l’Impiastro. Egli è buono a molti altri mali ancora secondo la speranza (*) di guarire, che se ne fa giornalmente, Vi molte persone, si stava in procinto di tagliare la gamba, le mani, ò i denti, che con l’applicazione solo di quest’Impiastro sono interamente guarite. Le sue virtù si estendono parimenti sino all’infirmità degli Animali, poiché egli è eccellente per la Lepra (*) Lebra dei Cavalli facendo aprire i grani delle pustole con un ferro caldo, radendo il pelo della larghezza del grano & applicandovi l’Impiastro. Egli è ancor buono per quando sono inchiodati, facendo liquefare un poco d’Impiastro in un cucchiaio, & applicandolo subito quando sarà scoperto il male.<br /> Modo di comporlo Galbano (Un oncia, e due dramme) 1 onc, 2 dr<br /> Ingredienti Amoiniaco (tre once, e tre dramme) 3 onc, 3 dr<br /> Opoponaco 1 onc<br /> Acero ben bianco 4 onc<br /> Oglio d’Oliva 2 lib<br /> Litargirio d’oro 1 lib, 1 onc<br /> Pigliare Verderame 1 onc<br /> Cera nova 20 onc<br /> Olibano 2 onc<br /> Bdelio 2 onc<br /> Mirra 1 onc,2 dr<br /> Calamita fine di levante 2 onc<br /> Incenso 1 onc, 2dr<br /> Aristolochia Bot 1 onc<br /> Prima preparazione <br /> Bisogna pigliare le prime tre droghe, le quali sono tre gomme, in pratica il Galbano, l’Amoniaco, , e l’Opoponaco, e pestarle in un mortaio di bronzo, scaldando di tempo in tempo il pistone, il qual deve essere di ferro, dopo bisogna metterle con l’aceto bianco in una pignatta di terra vittiata, che tenga in circa tre quarte, lasciandolo per lo spazio di due giorni e tre notti, rimescolandoli due o tre volte al giorno, con una spatola di legno, e se in questo tempo le droghe non si sono liquefatte bisogna lasciarle di più. Dopo che si son ben disfatte, bisogna vuotare ogni cosa in un bacino, che tenga tanto quanto la pignatta, ò più ancora acciocché non vada a male cosa alcuna nel rimescolare; e questo Bacino lo metterete sopra un poco di fuoco di carbone, come se si volesse fare un sciroppo, e fare cuocere il tutto sempre rimescolando fino a che sia consumato a metà, o in circa dell’aceto. Fatto ciò colerete ogni cosa con una stampigna, ò tela nuova in modo; dopo d’haverlo colato, lo ritornerete sul fuoco, e lo farete ribollire nello stesso bacino, fino che lasciandolo cadere una o due goccie con la spatola sopra un tagliere; conoscerete che le gomme sinspessiscono, e pigliano corpo, e che l’aceto sia tutto consumati, poiché allora voi lo leverete dal fuoco, e lo lascerete raffreddare.<br /> Preparazione seconda <br /> Fatto tutto quello che di sopra si è detto, si deve pigliare una Iibra , & un oncia dì litargirio d’oro,e l’oncia del verderame,l’un l’altro molto ben polverizzati, e setacciati, e metterli con le due libre e mezza d’oglio di oliva in un altro bacino a parte, e farli cuocere a fuoco lento, rimescolandoli continuamente con la spatola di legno , o di ferro, acciocché il litargirio non si unifica in una massa, continuando così fino a che le Droghe siano ben unite, & incorporare insieme: allora voi accrescerete il fuoco, e le farete cuocere finche vagano d’un colore d’un rosso scuro ,e quando le vedrete di questo colore metterete le venti once di cera tagliata in pezzi , e la farete liquefare nelle Droghe così cotte, sempre rimescolandole dentro: Essendo liquefatta la cera,e cotte un poco insieme alle Droghe, voi leverete ogni cosa dal fuoco, e le lascerete alquanto raffreddare. In questo mentre piglierete l’altro Bacino delle prime gomme gia cotte, e fredde, e lo porrete sopra un poco di fuoco per ritornarle a liquefare, sempre rimescolando dolcemente con la spatola, e quando elle saranno ben disfatte le vuoterete nell’ altra Bacino, il quale deve esser giù dal fuoco, & alquanto raffreddato , rimescolandole continuamente, e poi piglierete le polverii, che seguono per metterle dentro.<br /> Ultima preparazione <br /> Pigliate le due once di Calamite fina di quante ben polverizzate ( alcuni invece di due once ne mettono quattro) e metterle nel Bacino, dopo che l’havrete levato dal fuoco; perché sopra il fuoco il fuoco la Calamita farebbe subito sollevare molta schiuma le Droghe a segno, che andrebbero a male, ella va fatta scendere dolcemente da un cornetto di carta, cioè da un foglio di carta fatta a forma di scarrocci, e far scivolare dentro l’onguento sempre rimescolando. Dopo così havrete incorporato la calamita sola per lo spazio, che si direbbero due, o tre Pater noster, per meglio incorporarle piglierete le altre polveri; cioè l’oncia, e due dramme di mitra, l’oncia d’aristolochia rotonda ( alcuni ve ne mettono due once) l’oncia di mastice, le due once di Olibano, le due once di Bidellio, e l’oncia e due dramme d’incenso, e le mescolerete tutte assieme su un gran foglio di carta. Quando saranno ben mescolate le metterete su un gran corno di carta, come sopra, e le farete scendere a poco a poco dalla punta dello scarroccio, acciocché cadono così minutamente come fa la sabbia di un orologio (clessidra), intanto che un altro anderà sempre mescolando per incorporare bene, fino che, l’onguento diventerà nero e rosso. Voi conoscerete quand’egli sarà cotto bastanza se mettendone un poco sopra un assa di noce o sopra una tavola bagnata d’aceto, vedrete subito che s’indurisca. Quand’egli sarà cotto a sufficienza bisogna havere un gran tavola di noce, o di marmo, e bagnala bene d’aceto per vuotarne sopra l’onguento. E quando sarà freddo bastanza bisogna radunarlo insieme con le mani bagnate d’aceto, e farne pastelli della grandezza che si vuole, i quali ordinerete sopra una tavola parimenti spruzzata di aceto, o d’oglio, lasciandoli asciugare all’aria senza sole, e poi incartarli senza che si tocchino l’uno all’altro.<br /> Modo di adoperarlo <br /> E’ da sapere che questo Empiastro si può conservare per cinquant’anni, senza che si guasti e la di lui virtù è sempre meravigliosa. Non va adoperato prima dei tre mesi che sia fatto. Non bisogna distenderlo sopra pezze di lino, perché penetrerebbe, ma sopra un foglio, , o fustagno, con i detti bagnati d’aceto comuni, ò almeno di saliva. Non si devono mettere bende, né sfilacci di sorte alcuna nella piaga , ma quando vorrete applicarvelo, bisogna primieramente asciugarla destramente con una pezza netta di lino due,ò tre volte il giorno ,& ogni volta nettar bene l’impiastro il quale può servire per cinque , sei volte sena rinnovarlo, e più ancora: poiché raschiando la materia dell’impiastro: e lavandola con aceto ’ potrà servire per orto giorni.<br /> Note. <br />a che, se la piaga fosse troppo profonda sarebbe bene di mettervi qualche sfilaccio, o benda inverniciata, e molta ben coperta da detto Empiastro.<br />b Che, il primo Empiastro , che si applica sopra la piaga deve essere lavato in capo di ventiquattro hore, e quelli che li mettono dopo non li devono levare,che dopo dodici hore, se non è ch’ it male habbi di bisogno di Ievarle prima per la copiosa materia che ne potesse uscire<br />c Che, l’infermo, o il ferito non deve mangiare né aglio, né cipolle , perchè così guarirà in otto giorni, cosa che non farebbe in due mesi se ne mangiasse.<br />d Che, quando voi ve ne servirete per le poppe delle Donne, e per ulcere non vi fa punto mistieri da mettervi pezze, nè sfilacci, ma va semplice Impiastro all’hor che il male si è aperto, per farlo aprire bisogna prendere sei pugni d’acetosa con una cipolla di giglio e pestarle insieme, e farlecuocere in un pignattino, con tanto butiro della grossezza di un uovo, un cucchiaio di agreste, e tanto lievito quanto una noce. Quando il tutto sarà cotto bisognerà metterlo in una pignatta prenderne un poco per farne un cataplasma sera, e mattina facendolo intiepidire quando s’applica, e continuare così fin che il male si sarà aperto.<br />0<br />4 Impiastro contro ogni sorte, di piaghe, e principalmente delle poppe delle Donne.<br /> Ingredienti Grasso di Bue di quello che si trova attorno alli rognoni 1 e mezza lib.<br /> Grasso di montone 1 e mezza lib<br /> Pigliare Pece nera 1 lib.<br /> Pece di Borgogna Mezza lib.<br /> Cera nuova 1 lib.<br /> Modo di comporlo Bisogna tirare i due grassi insieme, farli liquefare, e colarli con un colatoio, o pezza di lino, dopo metterli sopra il fuoco lento in un Bacino di comune grandezza, quando saranno ben liquefatti bisogna aggiungere la cera tagliata a pezzettini, dopo la pece nera, e finalmente la pece di Borgogna, rimescolando sempre questa robbie quando vi si aggiungeranno con una spatola, o verga di ferro, o di legno. Quando il tutto sarà ben liquefatto bisogna lasciar ancora il Bacino sul fuoco alfine di lasciar cuocere gli ingredienti: Dopo bisogna lavarlo, e gettarlo sopra una tavola per farne pannelli come abbiamo gia detto negli impiastri precedenti, e e conservarlo in massa <br /> <br /><br /><br />Della raccolta di ricette 1790 - 1820 - 1870 – 1939 - 1990.<br /> <br />I rimedii di Mamma Gin.<br />Ricette raccolte, usate, e sperimentate dalla pietà della medesima Dama a beneficio de’ poveri Languenti, con le quali ha sanato un infinito numero di Morbj così interni, come Esterni, e molti dichiarati incurabili.<br /><br />Per sanare diverse infermità Interne, molto comuni, inveterate , e difficile da guarire. Scelte, sperimentate ed approvate. (*)<br />1 Dell’aqua di noce<br /> L’acqua di noce, poiché da alcuni viene chiamata fontana di vita, occuperà qui a ragione il primo luogo in effetto le di lei proprietà sono così salutari, e meravigliose, ch’io non posso far di meno di non porle per le prime, acciocché maggiormente nasca in voi il desiderio d’intraprendere la compositione. Le seguenti ad dunque sono.<br /> Le proprietà dell’acqua di noce. <br /> Primieramente è ottima al mal di stomaco, e particolarmente quando proviene da crudezza, ò indigestione, e sia ò per rimediarvi quanto si patisce, ò pure per prevenirlo quando ve ne sia occasione. Se ne deve pigliare una cuchiata con un pò di zuccaro la mattina a digiuno una, o due volte la settimana al più , e dopo non bisogna mangiare e ber per due ore. <br />Vale per sanare gli eccessi della febre pigliandone un mezzo bicchiere, con altrettanto acqua rosa, mezz’hora prima dell’eccesso. Per preservarli dalla peste, ò aria infetta, se ne deve pigliare na cuchiata a digiuno ogni mattina, mescolandovi, se si vuole un poco di zuccaro. <br />Giova grandissimamente all’Idropesia, e particolarmente per quella specie , che si chiama Anasarca, la quale è universale. Deve prenderne il paziente per ordinario due cucchiate, con altrettanto vin bianco misturare insieme la mattina a digiuno, ò in qualsivoglia altro tempo ancora, purchè siano due o tre hore, che non abbia preso cosa alcuna,e continuare così otto giorni continui. Si deve per tutto ciò aver riguardo delle forze dell’ammalato, perché se è troppo debole, se glie ne deve dar di meno e non continuate per troppo tempo, o pure intermettete alcuni giorni di riposo nel corso degli otto giorni.<br />(*) 1. Coloro che temono, ò pure che attualmente si trovano gravati dalla pietra, pigliano il peso d’una dramma di Reabarbaro in polvere, e lo mettono in infusione in un bicchiere di quest’acqua entro una caraffa di vetro, subito fatta sera, lo facciano scaldar un poco, turata prima molto bene la caraffa, lasciala così fino alla mattina, allora lo colano con un panno di lino, spremendo molto bene il Reubarbaro; poi bevono il tutto, pigliando tre ore dopo un brodo. Ciò farà urinare una gran quantità di pietre e di sabbia. Ma bisogna pigliarla solo con del zuccaro. Ella conserva sempre in appetito.<br />Se si piglierà alla mattina un poco di vin bianco,con un pugillo di zuccaro dentro, tre detti dell’acqua guarisce il mal caduto, ed ogni forte mal di testa. Ed ogni volta che si prende bisogna essere digiuno, e star tre ore senza mangiare. Notate, che ha questa proprietà meravigliosa di non guastarsi mai purchè la Caraffa, quella vien conservata sia ben chiusa.<br /> Modo di prepararla <br /> Pigliate quella quantità di noce che vorrete, così come le trovate sugl’alberi alla fine del mese di maggio, o la più tardi al principio di Giugno. Pestatele, e tenete nota del peso: pestatele in un mortaio di pietra, dopo distillatele a fuoco lento; e conservate l’acqua, che ne uscirà in una caraffa di vetro, mettendovi un poco di cannella, e di sandalo citrino a vostra discrezione a proporzione dell’acqua e turatela bene. Circa al quendice di Giugno, pigliate il medesimo peso delle noci di prima : pestatele come le altre, aggiungetevi la prima acqua distillata, che avete conservato, e confuso insieme, distillatelo con lo stesso vaso di prima, ed a fuoco lento come prima, e conservate questa seconda distillazione in un vaso di vetri ben chiuso. Finalmente verso il 10 di Luglio pigliare ancora il medesimo peso di noci di questa stagione; pestatele ancora esse; aggiungetevi la precedente acqua distillata (acqua piovana), ed essendo le due cose molto ben confuso insieme come prima distillerete di nuovo a fuoco lento nel medesimo vaso o Lambicco. Mettete poi questa ultima acqua, che ne uscirà in una caraffa, o due di vetro ben chiuse, & esponetele al sole per lo spazio di quindici giorni, o di tre settimane, e conservatela al bisogno.<br />2 Acqua di Caffia purgantina per quelli, che patiscono male alle rene<br /> Pigliate il midollo di Caffia ben monda un oncia; mettetela alla sera in un piatto; pigliate dopo un mezzo boccale di acqua; fatela bollire con un po di liquerizia, fino che cali un poco più della metà, e quella acqua così bollente versatela sopra la Caffia, e coprite bene il piatto. Alla mattina colatela, e inghiottitela.<br /> Modo di cogliere, e di servirvi dell’Herba vulnerarie, che si trovano su i monti dell’alto vergante, e i nomi . Ingredienti Quantità<br /> Pirola Si mfitto petreo, ò Consolida media<br /> Patta di leone, ò Leontapetalo Angelica selvatica<br /> Sanicula Virga aurea<br /> Sanicula minore <br /> Si deve mandare nel mese di Luglio dal Plenilulio, fino al Novilunio un buon esperto per tale effetto sopra i monti, a raccogliere di tutte lo sopradette herbe quella maggior quantità, che saà possibile, le quali le anderà mettendo in alcuni sacchi, e dopo che saranno raccolte si poteranno tosso, che si potrà, ove si vorranno far seccare,che doverà esera una camera asciutta, nella quale, mondare con molta diligenza di ogna lordura, & altre herbe, che vi fosseroraccolte insieme, si devono distendere sopra lenzuoli, ò altre panni di lino, e coperte ancora con altre lenzuoli,, accioche secchino ugualmente, e nette, e quando saranno ben frsche, secche, le mettete in sacchi di carta ben calcate, e quando, se ne vorrete servire ne dovete pigliare da ciaschedunaquanto farebbe un oncia, e mescolate tutte insieme, le tritate molto minute, e le mettete insieme con una pinta di vin bianco in una pignatta di terra cotta, ò di rame, ò di bronzo ben netta di ogni sorte du grasso, e le farete bolllire ben coperto per tanto tempo (che otesse quocere un uovo fresco ben duro); allora le leverete dal fuoco, lasciandola tuttavia così coperte nella pignatta, e quno ne vorrete pigliare, il ch’è deve essere al mattino digiuno, e due ore prima di cenare, ne colerete un piccolo bicchierino, e lo fare scaldare prima, che di pigliarlo. Si deve osservare, che quando vi è della febre,bisogna mettere la meta d’acqua per farla cuocere, e quando la necessita e è urgente, si deve l prenderala la mattina; detta portione è buona, e giovamento ogni hora, e si deve prendere più calda.<br /> Sciroppo di vino per molti mali Ingredienti Quantità<br /> Acqua di Euglossa, di Borragine, di cardo santi, di papaveri rossi, fra tutte insieme un boccale e mezzo<br /> Acquosa 1 boccale e mezzo<br /> Cannella ben pestata (mortaio di pietra) 6 once<br /> Angelica selvatica 3 once<br /> Dittamo bianco 3 once<br /> Malvasia o vin bianco 1 boccale e mezzo<br /> Zuccaro fino o di Madera 1 Libra<br /> Preparazione <br /> Vanno mondati molto bene il Dittamo, e l’Angelica e poi tagliati in pezzetti. Dopo vanno messi in un gran secchio con la Cannella pesta, e tutta l’acqua , ed il vino lasciandoveli in infusione per 24 ore dopo distillerete ogni cosa in Bagno Maria, e uscirà un boccale e mezzo di liquore. Pigliatene un mezzo boccale, e farevi dissolvere à fuoco lento mezza Libra di zuccaro, dopo fatelo bollire un poco, per dargli qualche lieve consistenza di sciroppo, il qual sarà chiaro come acqua, & dal gusto molto grato.<br /> Notare. <br />a che questa distillazione deve essere così dolce, e lenta, che ha da durar otto giorni<br />b che questo sciroppo va tenuto ben chiuso, che durerà longo tempo. Se ne deve pigliare una cucchiaiata sera e mattina. Egli è eccellente per ogni infreddamento sia freddore, catarro, tosse vecchia, per le passione del cuore, e del Cervello, spasmo, soffocazioni, veleno, contaggione, peste, varole, moruiglioni. Contro la Latargiria, per far partorire felicemente le donne, e per rimettersi in forza, chi si trovasse indebolito<br /> <br />3 (T)Prisana, ò sia Acqua cotta aperitivo temperata; eccelente per ogni qualità di persona, Fanciulli, & altri, ma particolarmente per i vecchi.<br /> Iingredienti Quantità<br /> Avena mezza misura <br /> Cicoria selvatica Un soldo (un piccolo pugno)<br /> Acqua di fiume 6 pinte<br /> Cristallo minerale una mezza oncia <br /> mele 3/4 cuchiate, tre once<br /> Si deve pigliar mezza misura d’Avena della migliore, e netta, e lavata; un soldo di cicoria selvatica colta di fresco; che sia quanto un piccolo pugno, e va fatto bollire ogni cosa insieme a 6 pinte d’Acqua di fiume per tre quarte d’ora a fuoco mediocre. E poi aggiungetevi una mezza oncia di Cristallo minerale, fino a 15, denari, e tre o quattro cucchiaite di mele da mangiare, delle migliori, che sia circa un quarte de’ peso, e tornar far bollire il tutto ancora insieme per una mezz’ora , e dopo colare ogni cosa con un panno di lino, e mettere ciò, che ne uscito in un secchio, ò altro vaso, e lasciarlo raffreddare. Di quest’Acqua ne prenderete la mattina a digiuno due buoni bicchieri,continuare così per lo spazio di 15 giorni, senz’alcun obbligo di stare a letto, ò in Casa; senza salassarsi, ne altre delicatezze,ma vivere secondo il solito. I deboli non ne pigliono che un sol bicchiere, e ne sentono molto giovamento. Quelli, che sono ripieni, ò costipati, possono cominciare con qualche lassativo, o leggera purga, acciocché il rimedio operi meglio. Questa bevanda è molto dolce, nelle sue operazioni , purga molto bene i reni: fa urinare grandemente, sputare, purgare il naso; scarica il cervello; netta il polmone; il fegato; la milza; scaccia tutte le putredine interne; ogni dolor di testa; renella; pietra nuovamente formata(calcoli); ogni febre quartana (malaria); Terzana; ancor invecchiata (recidiva); ogni forte colica; e mal de invecchiata, ogni sorte di scabia; rogna; fiacchezza di membra; sonnolenza; desta l’appetito; fa dormire; rinfresca; ingrassa; fortifica; invigorisce tutti i sensi; e mantiene in sanità. Ella è molto nutritiva,, e par, che operi ancora uno o due mesi dopo che si è pigliata. Né tempi della Canicola, opera meglio che qualsiasi altra stagione, e ripara meravigliosamente le forze, e l’esperienza fa vedere, ch’ella e un rimedio universale per ogni malattia (ricostituente). Si può pigliare ogni giorno, senza che possa far danno alcuno, fuorché nei grandi geli, e freddi, eccetto se si sta ritirati in luoghi ben caldi. Per conservarli sano basta pigliarne per 15 giorni una, o due volte l’anno principalmente nei grandi caldi. Ella non rilassa troppo l ventre, ma scarica bene ogni urina grossa, e spessa, e renellosa, e pietrosa, ed ogni altro humor peccante. Monsù di S. Caterina, Medico celeberrimo, ne pigliava tre volte l’anno, cioè à dire avanti l’invernata, verso le Palme, e nei caldi maggiori dell’estate. E con la virtù del rimedio tale è vissuto fino a 120 Anni. Ella è approvata per molti altri ancora, quali sono stati per un tal mezzo guariti da molte infermità inveterate, ed incurabili, senza l’aiuto di niun altro medicamento, ne lavativo, ne salasso. E soprattutto ella ha sanato un dolor di testa continuo, ed inveterato, creduto senza rimedio, ed alcune flussione di bracce invecchiate<br />4 (T)Prisana, ò sia Acqua cotta per purgar dolcemente la Bile, chiamata volgarmente Prisana della Reina.<br /> Ingredienti Quantità<br /> Senna <br /> Pimpinella Una brancata<br /> Cedro Uno <br /> regolizia rametto<br /> Cristallo minerale 20 grani<br /> acqua 1 bicchiere<br /> Preparazione garofoli spezie<br /> Pigliate quanto farebbe il peso di un Doppia di senna, & una brancata di Pimpinella, dopo pigliate un Cedro tagliatelo in due, e una metà tagliatala in pezzi, e dell’altra spremete il succo; sminuzzate un ramo di regolizia, ed aggiungetevi 20 Grani di Cristallo Minerale. Allora mettete ogni cosa in un vaso di terra di Faenza, mettetevi sopra un bicchier d’acqua della più leggera, vi si possono aggiungere tre garofoli, e lasciate così il tutto in infusione per lo spazio di dodici hore; se lo stomaco è debole. L’infusione si dovrà fare sopra le ceneri calde.<br />4 Altra Prisana lassativa.<br /> Ingredienti Quantità Tempo<br /> Senna 1 oncia <br /> Polipodio pestato 6 dramme <br /> Cristallo minerale 2 dramme <br /> Rose rosse selvatiche 2 dramme <br /> Regolizia 6 dramme <br /> Pugillo e/o anise due <br /> acqua Un boccale e mezzo <br /> Pigliate un oncia di Senna; sei dramme di Polipodio pestato; due dramme di Cristallo Minerale; due dramme di Rose rosse selvatiche; sei dramme di regolizia; un Pugillo o due di anise; fate stare ogni cosa in infusione con un boccale e mezzo di acqua per 14 hore; e poi colatelo. Di questa Prisana voi ne piglierete un bicchiere alla mattina, e due hore dopo un altro bicchiere, e tre ore dopo un brodo, il quale dovrà essere preso freddo<br />5 Prisana, o specie d’Hidromele per ogni sorte di ostruzione, e per guarir ancora dall’Idropisia.<br /> Ingredienti Quantità<br /> <br /> Preparazione <br /> <br /> <br /> <br /> <br /><br /><br /> <br />Per sanare diverse infermità e difficile da guarire.<br />Per una buona alimentazione. Cereali.<br />( le parti in corsivo sono state aggiunte agli appunti di famiglia.)<br />Frumento. Il frumento è ricco di minerali (calcio, magnesio, sodio. potassio, cloro, fluoro, zinco, rame ecc), e sotto forma di olio di germe contiene molte vitamine, fra cui A, D, E (utilissima per combattere qualsiasi processo di degenerazione e invecchiamento dei tessuti, e perciò ampiamente utilizzata nel settore farmacologico cosmetico). Un chicco di grano contiene dementi bendi- ci per il nostro organismo. e per questo motivo ha costituito per secoli la base dell’alimentazione, consumato ovviamente, in forma INTEGRALE. Ancora oggi. secondo alcuni, il pane ottenuto da farina integrale con lievito naturale e cotto a legna, sarebbe particolarmente indicato all’uomo. “ Parallelamente al diffondersi della dieta mediterranea, questo cereale è stato nuovamente valorizzato e sottoposto a nuovi studi. Così sono stati sfatati alcuni miti e rivalutate le proprietà del grano. <br />Ad esempio è FALSO che il frumento fa ingrassare: 100 gr di pane, ad esempio, contengono mediamente 1-1,2 gr di grassi, dei quali il nostro bisogno giornaliero si aggira sui 60 gr. E altrettanto FALSO che il pane che ci vendono come integrale faccia sempre bene: assai spesso, infatti, il panettiere si limita ad aggiungere crusca alle comuni farine bianche, già impoverite di molte sostanze. In tal caso paghiamo di più per avere un prodotto comunque depauperato, senza contare che ovviamente i fornai, artigiani o industriali, avvezzi a questo genere di sofisticazione, per aumentare i guadagni non esitano ad adoperare frumenti di qualsiasi provenienza, avvelenati dai pesticidi. Soltanto come farina integrale e cotto al forno, cioè sotto forma di pane, dolci e biscotti, è buono al 100% per sani e ammalati. La farina bianca di frumento produce muco nel corpo umano ed è perciò da evitare.”<br />Segale. Anche la segale contiene in gran quantità carboidrati, materie azotate e sali minerali (soprattutto ferro e calcio). Per questo, oltre che una proprietà fortemente energetica, ha la capacità di fluidificare il sangue e di essere quindi un efficace antisclerotico. <br />“Infatti presso so i popoli che abitualmente consumano pane di segale sono assai rare l’arteriosclerosi e le malattie cardiovascolari in genere. Tuttavia, essendo difficile digerirla, la medicina di Ildegarda la ritiene buona solo sotto forma di pane e solo per i sani. La digestione della segale può creare difficoltà alle persone ammalate o deboli di stomaco.”<br />Avena. Il suo potere calorico la rende adatta anche ai bambini in fase di crescita e più in generale a quei soggetti, piccoli o grandi, che periodica mente necessitano di un supplemento di energie: astenici e ipotiroidei, ad esempio, purché con il sistema circolatorio perfettamente in ordine. In questo senso Ildegarda afferma che l’avena ridà il buon umore. Tuttavia, dato il suo potere eccitante e l’affaticamento che procura alla circolazione, la bisnonna la considera buona solo per i sani e gli ammalati non gravi, che abbiano, comunque, circolazione e pressione in ordine. Dà buon umore, un bell’incarnato e una carne sana. Per gli ammalati e le persone con problemi circolatori non è consigliata, per cui è meglio non somministrarla neppure sotto forma di zuppa.<br />L’avena contiene numerosi sali minerali e in particolare quantità il ferro; è inoltre ricca di carboidrati, grassi, vitamine preziose quali la B1, B2, PP e D. Per questo motivo è altamente energetica (persino un po’ eccitante) ed è diventata la base alimentare in alcuni Paesi particolarmente freddi, come la Scandinavia, la Scozia e l’Inghilterra, (dove si consuma al mattino sotto forma di «porridge»: fiocchi d’avena, acqua, latte e zucchero).<br />Orzo. Dell’orzo si consuma la semenza, fondamentalmente in tre forme:<br />• come orzo mondato, cioè liberato del suo involucro;<br />• come orzo penato, ottenuto quando i semi, liberati del loro involucro, sono poi sbiancati e puliti meccanicamente;<br />• come orzo germinato, ossia malto, utilizzato poi in vari modi (tostato, è già un ottimo surrogato del caffè e non danneggia la salute); l’industria alimentare lo usa per preparare la birra.<br />Contiene numerosi sali minerali e ha molte proprietà, per cui oggi lo si consuma diffusamente; eppure Ildegarda ne sconsiglia l’uso, perché accanto ai benefici, peraltro molti, vi sono troppe controindicazioni.<br />Così ella sostiene infine che non è adatto al consumo perché porta danni sia ai sani sia agli ammalati. Nell’elenco della pagina seguente sono citati gli alimenti che, secondo la bisnonna , favoriscono la salute dell’uomo o, almeno, non la mettono in pericolo. Importante: come regola generale, fare uso solo di cibi maturi, poiché solo questi hanno avuto il tempo di sviluppare le qualità favorevoli alla salute. Importante far uso solo di cibi naturali e maturi.<br /><br /> (*) la cipolla da inserire.<br /> <br /> “(n.d.r.) Tra tutte le piante, l’aglio è una di quelle che vantano senz’altro riferimento storico antichissimo ed origini molto controverse. Alcuni studiosi ritengono che le prime specie selvatiche si diffusero nell'Asia centrale, tra le steppe del Kazakhistan. Altri però identificarono il prezioso bulbo anche in India. Ciò in ogni modo non garantisce le provenienze delle qualità coltivate tutt'oggi, l'allium sativum, diffuso nelle regioni calde (e quindi non nelle steppe!) e più adatto per i preparati terapeutici, di cui parleremo più avanti. Sicuri riferimenti all'aglio coltivato si trovano però studiando la civiltà egiziana. Sulle piramidi di Cheope, dove sono incise le spese sostenute per la costruzione dell'imponente tomba, fu infatti annotato anche l'acquisto delle cipolle e degli agli che furono somministrati agli operai autori delle costruzioni, allo scopo di fortificarli, aumentarne il rendimento professionale e preservarli dalle malattie. L'aglio era dunque considerato una pianta preziosissima, donata dagli Dei: tant'è che durante i riti al Dio Sokar gli uomini si mettevano una collana di aglio intorno al collo. Va detto però che il Dio Sokar era il dio dei morti che precedette il culto di Osiride, dunque non v'è da stupirsi se il famoso vegetale, forse a causa dell'intenso odore e delle sue insolite caratteristiche botaniche (al contrario degli altri vegetali germina in luna calante e appassisce in luna crescente), fu sempre ritenuto infernale, demoniaco. I faraoni ed i sacerdoti infatti, pur conoscendone le miracolose proprietà, non ne mangiavano, per timore d'inimicarsi le divinità. Lo stesso si può dire di Maometto, che lo escluse dalla sua dieta, e dei fedeli alla religione brahmantica che tutt'oggi lo ripudiano. Anche i Greci chiudevano fuori dai templi i consumatori di aglio, che definirono Rosa Fetida per il forte odore, ma lo somministravano in abbondanza per combattere infezioni intestinali e altre malattie. <br />Per esempio: l’aglio macerato nel vino contro la rabbia trasmessa dai cani. L’aglio arrostito e mescolato al miele per guarire herpes e malattie della pelle. L’ aglio bollito con legno di pino ed incenso per alleviare il mal di denti. Cinesi e Indiani diedero altrettanta importanza alle proprietà dell'odoroso bulbo: lo ritenevano un ottimo disinfettante e antiparassitario e soprattutto gli uomini ne consumavano in gran quantità per acquistare potenza sessuale. Dello stesso parere furono i Romani, per i quali divenne simbolo di forza e vigore, al punto che fu consacrato a Marte, dio della guerra: si riteneva, infatti, che l'aglio evidenziasse virtù militari come il coraggio e la resistenza fisica, e che esaltasse la virilità rendendo più abbondante lo sperma. Nel Medioevo tornarono però a diffondersi le antiche credenze circa l'origine infernale della pianta: le collane di bulbi intrecciati divennero quindi il più diffuso stratagemma per tenere larga demoni, malefici e persino vampíri!. Nel contempo l'aglio era l'ingrediente più ricercato per combattere la peste: il famoso "aceto dei quattro ladri", di cui daremo la ricetta nel capitolo "Medicamenti vecchi e nuovi", era considerato persino dai medici l'unica salvezza contro il temuto morbo.<br />Nota 1.<br />1 - BATTESIMO CON L'AGLIO. In Guascogna è antica tradizione battezzare i bambini sfregando sulla loro lingua uno spicchio d'aglio crudo e bagnando con una goccia di Armagnac: si ritiene che ciò dia forza e vigore. <br />2 - L'AGLIO AI TEMPI DI IPPOCRATE. Ippocrate, medico greco vissuto intorno al 400 a.C., nel volume "Corpo Ippocratico" non manca di citare l'aglio, considerandolo un valido rimedio persino contro colera e lebbra.<br />3 - RICETTE ANTICIHISSIME. Nell'antico volume "Materia Medica" del farmacologo greco Dioscoride (I secolo d.C.) si trovano interessanti rícettemedi-chea base di aglio. )”<br /><br /> da inserire<br /> <br /> <br /><br />L’aglio ha un grande potere depurativo, rinforzante e battericida per cui possiamo senz'altro trarne giovamento anche in campo cosmetico. Può apparire insolito che tale bulbo, col suo acre odore, venga associato alla bellezza ma le ricette che vi proponiamo prevedono in gran parte l'uso interno del prodotto e comunque non mancano di suggerire come neutralizzare l'odore persistente.<br />Per la pelle. Per combattere l'acne e la pelle grassa è bene ingerire regolarmente tre spicchi d'aglio al giorno (ma andranno bene anche le capsule vendute in farmacia) oppure bere una volta alla settimana una tazza di latte d'aglio preparato nel seguente modo: fate bollire una tazza di Un rimedio più rapido consiste nell'applicare durone (ma è efficace anche contro le verruche e i porri della polpa d'aglio fresca. Fermate il composto con cerotto e ripetete l'applicazione due volte al giorno dopo una settimana il callo si staccherà senza dolore.<br />Per le unghie. Se volete unghie più forti e sane avvolgere garze inzuppate di latte all'aglio (si prepara facendo, bollire tre spicchi in 250gr. di latte) e mantenete l'impacco per almeno mezz'ora. Trascorso tale tempo togliete le fasciature e per eliminare l'odore lavatevi con succo di limone o con essenza di menta.<br />Per i capelli. Contro la caduta dei capelli preparate una lozione macerando 10gr. di aglio ridotto in poltiglia in 100gr. di alcol puro, e utilizzatela per frizionare il cuoio, capelluto due volte al giorno, preferibilmente mattina e sera. Sono efficaci anche i massaggi eseguiti con succo di limone e aglio crudo o gli impacchi con succo d'aglio, cipolla grattugiata, succo di limone e poco olio. In quest’ultimo caso frizionato tutto il cuoio capelluto con tale preparato poi avvolgete la testa in un panno e andate a dormire. La mattina dopo potrete lavarvi con semplice acqua tiepida. Per eliminare la forfora, invece, ecco una russa: schiacciate tre spicchi d'aglio e metteteli in un vaso di vetro insieme a 50gr. di alcol puro e 50gr. Di acqua distillata. Attendete tre giorni, poi filtrate la macerazione e riponetela in un vaso chiuso. La lozione serve per massaggiare il cuoio capelluto tre volte la settimana, preferibilmente di sera, così che il preparato possa agire tutta la notte prima di essere lavato via la. mattina successiva.<br />Per mantenersi giovani. Se volete mantenervi sani e vitali a lungo e combattere l'arteriosclerosi, la debolezza e la depressione sperimentate questa ottima ricetta russa: in una bottiglia mettete a macerare 30gr. di grattugiato e 60gr. di alcol puro. Tappate e sistemate il recipiente al sole, oppure in un luogo caldo, per almeno due settimane. Trascorso tale periodo filtrate e assumete due gocce di tale composto ogni giorno, aumentando la dose di due gocce tutti i giorni, fino a prenderne, 26. Quindi iniziate a ridurre la cura, sempre di due gocce al giorno e infine sospendetela. Tale trattamento va ripetuto anche due o tre volte l’anno.<br />Nota. 2 <br />1 - UN OTTIMO CICATRIZZANTE Se avete ferite o piccole piaghe che stentano a cicatrizzarsi bagnatele con aceto d'aglio, preparato facendo macerare 4 spicchi grattugiati in mezzo litro di aceto per due settimane.<br />2 - PER LAVANDE INTIME Preparate un infuso di teste d'aglio immergendo 20gr. di bulbi in un litro di acqua bollente e utilizzatelo per irrigazioni vaginali disinfettanti.<br /><br />DESCRIZIONE BOTANICA <br />E COLTIVAZIONE.<br />Esistono varie specie d’aglio, commestibile e non, più o meno adatte all'uso terapeutico. L'aglio comune, che tutti quanti conosciamo, è denominato allium satívum: in celtico all significa caldo, bruciante, mentre sativum è la contrazione del termine latino seminativum, cioè seminabile, coltivabile, Si tratta di una pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle liliacee e tipica delle regioni calde.Il bulbo si divide in vari bulbilli, cioè spicchi, rivestiti divari leggerissimi involucri bianchi e di uno esterno rossastro. Lo stelo è alto circa 50 centimetri e le foglie sono strette ed appuntite. L'aglio coltivato è anche detto Allium Moly poiché, secondo la leggenda, Molí è l'erba magica che aiutò Ulisse a liberarsi dalla maga Circe. Esistono in ogni modo altre varietà d’aglio, che nascono spontanee in diverse zone e alcune delle quali son utilizzate soprattutto a scopo decorativo. Vediamole:<br />- allium coeruleum: è originario della Russia nord-orientale e ricercato per i bellissimi fiori azzurri;<br />- allium neapolitanum: cresce nelle zone temperate e ha fiori bianchi;<br />- allium roseum: ha fiori rosa oppure rosso scuro ed è molto decorativo;<br />- alliurn siculum: è abbastanza raro in Italia e cresce selvatico nei boschi;<br />- allium sphaerocephalum: i fiori sono color porpora e viene spesso utilizzato per creare siepi ornamentali;<br />- allium scordoprasum: è commestibile e conosciuto come "aglio romano" oppure "porro da sabbia". Assomiglia particolarmente ad una cipolla, cresce, tra rocce e sabbia e ha fiori color porpora. Era largamente coltivato nel secolo scorso;<br />- allium schoenoprasum: è un'erba commestibile, denominata anche "erba cipollina" a causa del tipico gusto. Cresce spontaneamente nei prati di montagna e ne vengono utilizzati sia i bulbi che le foglie per aromatizzare insalate e minestre. Ha proprietà stimolanti. digestive e antitubercolari. <br />- alllum vineale: è conosciuto come "erba delle vigne" o "pippolino". Fiorisce tra maggio e giugno ed è commestibile. E' sovente utilizzato in sostituzione dell'aglio comune per il suo gusto deciso ma non è altrettanto ricco di proprietà terapeutiche.<br />- allium victorialis: è detto anche "aglio serpentino" ed è simile ad una cipolla. Cresce selvatico e è raccolto per le proprietà medicinali. L'unguento ha potere antidolorifico mentre il decotto (3 grammi in un litro di latte) consumato nella qualità di due o tre tazze al giorno, combatte l'arteriosclerosi.<br />- allium ursinum: è noto anche come "aglio degli orsi" ed è la specie più simile a quella comunemente coltivata, cioè all'aglio sativum. Cresce in Italia nei boschi calcarei e nei sottoboschi e lontanamente può essere scambiato col mughetto. t ottimo in culinaria ma anche per approntare preparati medicamentosi. Secondo alcuni studiosi l'allium ursinum è addirittura più efficace dell'allium sativum e dunque può essere utilizzato per preparare le medesime ricette.<br />LA COLTIVAZIONE.<br /> Coltivare l'aglio non è difficile purché il clima sia adatto. l'aglio sativum infatti vive in zone calde o temperate, dove cresce rigoglioso conservando un gusto apprezzabile, talvolta dolce e somigliante a quello delle noci. Se invece il territorio è situato a nord, in zone fredde e umide, l'aglio cresce ugualmente ma il suo sapore è acre, forte, disgustoso. Esistono quindi diverse qualità anche di allium sativum, che si differenziano a seconda del terreno in cui sono state coltivate e del clima: generano infatti bulbi di diversa forma e colore e con più o meno spicchi. Per coltivare dell'aglio del vostro orto interrate in un luogo ì soleggiato alcuni grossi spicchi a circa 5 centimetri dalla superficie e distanziandoli 20 centimetri l'uno dall'altro. Innaffiate, concimate con letame ed eventualmente fertilizzate con fosforo e potassio. Il periodo migliore per la semina è l'autunno nel sud d'Italia, mentre al nord occorre ritardare fino alla primavera. Raccoglierete i bulbi dalla terra in piena estate, quando le cime delle piantine inizieranno a cambiare colore.<br />Nota 3.<br />1 - CONTRO LE GELATE. Per evitare che le gelate autunnali blocchino la crescita della pianta è bene avvolgere lo spicchio in un poco di paglia prima d’interrarlo e quindi distribuirne dell'altra sopra il terreno.<br />2 - LONTANO DA CAVOLI E PISELLI. Evitate di piantare l'aglio dove erano state coltivate altre Gigliacee, tipo porri e cipolle: meglio aspettare tre anni prima di riutilizzare il terreno. Tenete lontano l'odoroso bulbo anche da piselli e cavoli.<br />3 - LA RACCOLTA. Nelle regioni calde l'aglio si semina in autunno e si raccoglie in periodi differenti: in primavera si estirpano dal terreno i bulbi da consumare subito e in estate quelli da conservare essiccati.<br />4 - BULBI GROSSI E SAPORITI. Se volete che i bulbi diventino più grossi sradicate i fusti dalla terra quando le foglie sono totalmente seccate e quindi ritorcete il fusto alla base.<br />5 – L’AGLIO DI PRIMA QUALITA'. Per ottenere aglio di prima qualità con bulbi grossi e solidi prima di interrare gli spicchi conservateli qualche tempo in un luogo fresco (attorno a 0 gradi).<br />6 - COME UTILIZZARE LE FOGLIE. Anche le foglie d'aglio possono essere utilizzate in insalate e minestre, poiché hanno un gusto meno forte e più gradevole degli spicchi. Raccoglietele quando la pianta è alta almeno dieci centimetri e già rigogliosa,<br /><br /> (da inserire) Coltivare la cipolla non è difficile, <br /><br />PROPRIETA TERAPEUTICHE <br />E CONTROINDICAZIONI.<br />L'aglio è stato utilizzato sin dall'antichità per curare diversi disturbi. Ippocrate prescriveva questa pianta per curare lebbra e colera. Plinio la riteneva efficace contro asma, emorroidi, eruzioni cutanee e vermi. Nel Medioevo si rivelò l'unico rimedio efficace contro la peste. ( n.d.r. Gli arabi invece, utilizzavano l'odoroso bulbo come antidoto contro i morsi di scorpioni, serpenti e cani rabbiosi. Tutt'oggi in Russia si continua a ritenere l'aglio come un valido sostituto della penicillina: durante una grande epidemia d'influenza, nel 1965, fu addirittura il governo ad ordinare l'importazione di un enorme quantitativo d'aglio che venne poi distribuito alla popolazione. La fama dell'aglio, dunque, non si è estesa dall'oggi al domani ma ha origini antiche e, attualmente, fondamenta scientifiche. Dopo numerosi studi si è infatti appurato che le proprietà terapeutiche del bulbo non sono da attribuire alla grande quantità di vitamine che contiene, che comunque non è da sottovalutare, ma all'allicina principio attivo responsabile del forte odore. L'allicina non è presente nell'aglio appena raccolto, che infatti non emana alcun odore, ma nasce da una reazione chimica che avviene nel momento in cui si taglia o si schiaccia uno spicchio. allinasi e l'alliina sono infatti contenute in sezioni diverse del bulbillo che durante il, taglio vengono in contatto e formano l'allicina, cioè un potente battericida). <br />La cottura distrugge l'allinasi è fondamentale che l'aglio venga consumato crudo, allo scopo di preservare tutte quelle qualità terapeutiche che ora vedremo più dettagliatamente: <br />Nota 4.<br />1 - ANCHE LE MINIME QUANTITA SONO SALUTARI. L'allicina è una sostanza tanto potente che ha ottimi effetti anche quando è presente in dosi minime: utilizzandola diluita all'1 per mille riesce ancora a distruggere alcuni battèri.<br />2 - AGLIO PER LA BELLEZZA. L'aglio è l'ortaggio più ricco di zolfo, una sostanza che nel nostro corpo è presente nelle ossa, nei muscoli, nelle cartilagini, ma anche nei capelli, nelle unghie e nella pelle. Dunque tale bulbo può essere utilizzato anche come valido. <br />3 - SPICCHI AD USO ESTERNO. Per combattere i parassiti intestinali, soprattutto nei bambini, si può utilizzare l'aglio anche senza ingerirlo. Nel sud d'Italia si infilano collane di agli attorno al collo del malato, oppure si strofina uno spicchio sbucciato sui polsi e sulle caviglie rimedio di bellezza.)<br />CONSERVAZIONE E UTILIZZO.<br />L'aglio, solitamente, viene conservato essiccato e mantiene le sue proprietà per circa sei mesi. Si raccoglie in estate, quando la pianta è secca, e se ne fanno delle trecce molto decorative, attorcigliando i fusti e le foglie più lunghe, si appendono ad asciugare in un luogo caldo e ventilato, per almeno una settimana. La temperatura è molto importante poiché se l'aria è umida i bulbi si ricoprono di una muffa verdognola mentre se fa troppo caldo germogliano. Per qualunque ricetta in ogni modo, si utilizzano gli spicchi stagionati, che potrete conservare in cucina in quanto, se interi, non emanano alcun odore. Utile è l'agliera,un contenitore in terracotta appositamente forato per garantire una buona aerazione. Evitate assolutamente di sistemare l'aglio in frigorifero, magari dentro sacchetti di plastica. Ed ora veniamo all'utilizzo. Se in culinaria è possibile cuocere e soffriggere i bulbi, l'uso terapeutico esige solo spicchi crudi. Sappiate, inoltre, che associando l'aglio a cibi proteici, a pane o farinacei, se ne rallenta moltissimo l'assorbimento da parte dell'organismo che invece, di norma, avviene dopo circa 45 minuti dall'ingerimento.<br />Utilizzare l'aglio crudo, in ogni caso, non è cosa facile poiché il gusto è molto acre e permane nella bocca a lungo, soprattutto quando si assume a digiuno, come vogliono le più efficaci ricette terapeutiche. Ecco allora qualche suggerimento per rendere meno sgradevole la cura:<br />- mescolate gli spicchi d'aglio (di solito 2 o 3 per tre volte al giorno) all'insalata, ma badate a non accompagnarla con pane o altri farinacei; preparate una minestra con spicchi d'aglio, cipolle o porri e qualche mandorla tostata e schiacciata; grattugiate l'aglio sopra del pane tostato;<br />- schiacciate due o tre spicchi e uniteli a qualche goccia di succo di limone e ad un po' d'acqua.<br />Questi metodi potranno esservi utili per abituarvi al sapore e all'odore dell'aglio e per portarvi a mangiare gli spicchi crudi, anche a digiuno, senza più problemi. Purtroppo, infatti, una buona cura fortificante e depurativa a base di aglio prevede che se ne mangino anche due teste al giorno, per cui vi occorrerà molta costanza e volontà per raggiungere l'obiettivo. Se il gusto permane a lungo nella bocca, non preoccupatevi: il fatto è dovuto al forte odore che impregna l'esofago e le mucose della bocca e non alla scarsa digeribilità dell'ortaggio. Solo raramente, infatti, si riscontrano casi d’intollerabilità tali da provocare dolori allo stomaco: se dovesse capitarvi, ovviamente, sospendete subito la cura. Ed ora veniamo al problema dell'alito. Incontrare delle persone dopo che si sono ingeriti degli spicchi crudi, può essere molto imbarazzante ma per fortuna esistono vari metodi per risolvere quest’inconveniente. I rimedi vediamoli: <br />- insieme all'aglio masticate delle foglie di prezzemolo;<br />- masticate due foglie di salvia;<br />- mangiate una mela cruda con la buccia, dopo averla accuratamente lavata;<br />- durante la giornata, al posto delle caramelle, succhiate dei chicchi di caffè;<br />- masticate foglie di cerfoglio o di ruta, oppure una liquerizia o dei semi d'anice;<br />- fate dei gargarismi con acqua e succo di limone; <br />- bevete un infuso di camomilla, oppure di menta, oppure di tè di lavanda;<br />- masticate e succhiate a lungo della carta pulita e poi sciacquatevi la bocca con uno degli infusi suddetti;<br />- sciogliete in bocca un cucchiaino di miele;<br />- preparate un collutorio diluendo in acqua l'uno per cento di cloramina: il cloro deodorerà la bocca e la gola.<br />Azione battericida. L'aglio svolge antisettica tanto potente da essere considerato, da molti studiosi, un valido sostituto degli antibiotici. Inoltre l'utilizzo di questo rimedio naturale non comporta alcun effetto collaterale, cosa che purtroppo non vale per i farmaci suddetti. E’ quindi indicato per combattere le infezioni dell'apparato respiratorio ma anche patologie più complesse.<br />Azione purificante e fluidificante. Da sempre l'aglio viene prescritto contro i circolatori. Esso è infatti un fluidificante naturale del sangue poiché i componenti solforati di cui è ricco, dicono l'aggregazione piastrinica, (diminuisce il rischio di trombosi e ictus), ed esercitano una potente azione vasodilatatrice su tutto il sistema vascolare. Conseguentemente è un ottimo sistema di prevenzione contro l'arteriosclerosi, poiché inibisce la formazione di placche nelle arterie.<br />Azione tonica e stomachica. E'stato rilevato che l'aglio, grazie anche al gusto intenso e persistente, riesce a stimolare l'attività digestiva negli apparati più<br />pigri. Dunque migliora sicuramente la digestione e, riequilibrando la flora batterica, previene il ristagno dei gas nell'intestino, causa di flatulenze e aerofagia. Inoltre stimola la secrezione gastrica e biliare portando beneficio in casi di insufficienza epatica ed epatite tossica.<br />Azione anticancerogena. Benché in tal senso un'approfondita ricerca sia ancora in atto, alcuni validi studiosi ritengono che disintossicando l'intestino, inibendo i fenomeni putrefattivi, e regolando la flora batterica intestinale, l'aglio possa svolgere una potente azione anticancerogena. A tal proposito, negli Stati Uniti, sono stati compiuti numerosi esperimenti su topi e cavie, ottenendo buoni risultati, anche se alcune discordanze pare siano determinate dalla diversità del terriccio in cui l'aglio può essere coltivato.<br />Controindicazioni. L'aglio non ha effetti collaterali, anche perché la tollerabilità massima dell'organismo è stata valutata attorno ai 500 grammi, una quantità che nessuno si sognerebbe comunque di ingerire! E' bene comunque che le neo-mamme ne limitino il consumo, in quanto il gusto si trasferisce facilmente al latte materno e può essere indigesto al bambino. t inoltre controindicato per chi soffre di gastrite ipercloridríca e ulcera gastrica o duodenale. Infine è stato riscontrato che in alcuni casi l'accostamento di aglio con determinati cibi provoca una reazione chimica che può ostacolare il normale processo digestivo. Si tratta di casi insoliti ma è bene comunque tenerne conto, controllando la propria tollerabilità agli accostamenti con alimenti ricchi di zuccheri (per esempio miele, latte e frutta dolce).<br />Nota 5.<br />1 - L'AGLIO DELL'ORTOLANO. Se dovete acquistare dell'aglio tastatelo e controllate che sia solido e senza macchie. Evitate teste molli, ammaccate o troppo secche.<br />2 - PER DEODORARE LE MANI Dopo aver pelato e tagliato degli spicchi deodoratele mani lavandole con bicarbonato.<br />3 - NIENTE AGLIO ALLE NEO-MAMME. Vietato l'aglio alle neo mamme, in quanto il forte odore si trasmette facilmente al bambino attraverso il latte materno, risultando indigesto.<br />4 - AGLIO IN COMPRESSE. Se non sopportate íl gusto e l'odore dell'aglio, oggi si possono acquistare in farmacia tavolette e capsule specifiche che soltanto nello stomaco, a contatto coi succhi gastrici, si sciolgono e liberano le proprietà del prezioso bulbo.<br />5 - PER SCACCIARE IL CATTIVO ODORE. Ancora per eliminare l'odore dalle mani lavatevi con acqua fredda (mai calda, poiché fisserebbe l'odore) e succo di limone, poi strofinatele con del sale fino. Infine sciacquatele. <br />6 - AGLIO ANCHE AI BAMBINI Dopo il primo anno d'età l'aglio può essere somministrato anche ai bambini, purché in dosi limitate. In passato gli spicchi più piccoli venivano addirittura utilizzati come supposte pe fortificare i ragazzini, oppure strofinati sotto le piante dei piedi per tranquillizzare i più turbolenti<br />7 - AGLIO PIU' DIGERIBILE. Se avete problemi di digestione, spremete l'aglio con l'apposito attrezzo (è preferibile quello d'acciaio a quello di plastica) e diluitolo con acqua e succo di limone. <br /><br /> da inserire<br />L’AGLIO <br />Nuovi e vecchi medicamenti.<br />L'aglio, in passato, è stato sicuramente una delle piante più utilizzate per preparare ricette medicamentose. Ce ne giungono esempi da ogni parte del mondo: dalla Russia, da Cuba, dall'Oriente, dalla Spagna e naturalmente anche da molte regioni italiane. Alcuni di questi preparati sono prescritti tutt'oggi dai fitoterapeuti o semplicemente da chi crede nel potere del bulbo, altri (per esempio le collane d'aglio) sono così insoliti che ci lasciano dubbiosi. Sperimentate le ricette che vi sembrano migliori tenendo conto, in ogni modo, che alcune sono state approntate in epoche di grande superstizione ed è normale che ai giorni nostri possano soltanto far sorridere!<br />Peste e malattie infettive. Ecco la ricetta per preparare il famoso "aceto dei quattro ladri", largamente usato nel Medioevo. Occorrono: 40 gr. Artemisia Absintìum, 40 gr. Artemisia, pontica; 40gr. rosmarino, 40gr. salvia, 40gr. menta, 40gr. ruta, 40gr. lavanda, 5gr. Acoro, 5gr. cannella, 5gr, Eugenia, 5gr. noce moscata, 5gr. aglio, 10gr. canfora, 40gr. acid acetico cristallizzato. Sciogliere la canfora nell'acido e unire gli altri ingredienti. Usare il preparato per strofinare viso e mani e per imbeverne tamponi da inserire nel naso.<br />Congestione cerebrale. Grattugiare alcuni spicchi d'aglio, farne un cataplasma e appoggiarlo sulle piante dei piedi.<br />Anemia. Pulire alcuni spicchi d'aglio e mescolarli all'insalata di lattuga, pomodori, ravanelli e olive. Condire con aceto<br />Disidratazione. Preparare una bevanda a base di succo d’aglio e succo di limone.<br />Itterizia. Con tredici spicchi d'aglio e un filo robusto fare una collana da indossare attorno al collo per tredici giorni. A mezzanotte dell'ultimo giorno recarsi all'incrocio tra due strade, gettarsi la collana alle spalle e andarsene senza voltarsi indietro<br />Tosse e raffreddore. Spellare e tritare cinque spicchi d'aglio e farli bollire per 5 minuti in una tazza di latte non pastorizzato. Filtrare, unire un cucchiaino di miele e bere caldo più volte al giorno.<br />Obesità. Mescolare il succo di 24 limoni e 350gr. di aglio tritato finemente. Mettere il composto in un vaso di vetro, coperto con un telo e lasciare riposare per 24 giorni. Assumerne un cucchiaio da tè disciolto in mezza tazza d'acqua calda tutte le sere.<br />Calli. Schiacciare uno spicchio d'aglio e mescolarlo con l'aceto, quindi strofinare il composto sopra i calli.<br />Varici e piaghe. Ridurre in poltiglia alcuni spicchi d'aglio e farne un cataplasma da applicare sulle parti doloranti.<br />Reumatismi. Pelare uno spicchio d'aglio e strofinarlo sulla dolorante.<br />Rabbia. Dopo essere stati morsi da un cane rabbioso mangia. re molto aglio crudo e molte cipolle<br />Bronchite. Preparare uno sciroppo mescolando succo d'aglio zucchero sciolto nell'acqua.<br />Polipi. Tenendo in mano uno spicchio d'aglio, fare tre segni della croce sopra l'ammalato.<br />Mal di pancia. Consumare dell'aglio crudo mescolato ad un po' di pepe<br />Reumatismi. Friggere in poco olio 3 foglie di alloro, una cipolla e qualche spicchio d'aglio. Lasciare raffreddare e aggiungere un quadratino di canfora sbriciolata. Massaggiare con questo composto le parti doloranti, più volte al giorno.<br />Sinusite. Cuocere, degli spicchi d'aglio in un poco d’olio e farne un impacco da applicare, ancora caldo, sulla fronte e sulle tempie.<br />Geloni. Pulire degli spicchi d'aglio e conservare le pellicole esterne per applicarle, dopo averle inumidite con la saliva, sopra i geloni.<br />Emorroidi. Sbucciare, degli spicchi d'aglio e utilizzarli come supposte.<br />Cataratta. Spelare uno spicchio d'aglio e strofinarlo sopra l'occhio per alcuni giorni.<br />Mal di cuore. Far macerare venti spicchi d'aglio in un litro di vino e poi berne un bicchierino prima dei pasti.<br />Nota 6.<br />1 - COLLANE PER LE PARTORIENTI Per facilitare il travaglio, si usava appende al letto della partoriente.<br />2 - CONTRO LA MALARIA. Un'antica ricetta contro la malaria prescrive cataplasmi di aglio pestato e zafferano da sistemare sotto le ascelle.<br />INDICE DEI DISTURBI<br />Qui di seguito viene elencato, in ordine alfabetico per una più rapida consultazione, vari disturbi curabili con l'aglio. Come saprete, tutti i prodotti fito terapeutici, agiscono più lentamente delle comuni medicine e ciò ovviamente vale anche per l'aglio, eccetto alcuni casi: se soffrite di parassitosi intestinale, raffreddore o catarro la cura col prezioso bulbo può dare immediato sollievo. In ogni caso ricordate che uno o due spicchi al giorno, in qualunque modo vogliate assumerli (schiacciati col succo di limone, tritati nell'insalata oppure avvolti in un'ostia) fortificheranno il vostro organismo e ne miglioreranno le funzioni.<br />Acne. Strofinate ogni brufolo con uno spicchio d'aglio tagliato a metà oppure lavatevi col latte d'aglio, secondo la ricetta già illustrata nel capitolo alla bellezza. Potete anche preparare una efficace lozione mettendo in infusione in un litro di acqua calda i seguenti ingredienti: una testa d'aglio schìacciata pizzico di fiori di camomilla, un pizzico dì foglie e fiori di bardana, un pizzico di celidonia, alcuni petali e delle foglie di malva.<br />Allergia. Le allergie possono essere curate solo dopo aver individuato le cause che le hanno scatenate poiché l'aglio spesso è ulteriormente irritante. In caso, invece, di allergia da fieno o da polline si può trarre beneficio dalla somministrazione di spicchi d'aglio crudi, la mattina a digiuno, oppure di capsule d'aglio (2 o 3 al giorno).<br />Anoressia.. Preparate una tintura macerando, per 12 giorni, 20 gr. di aglio tritato in 100 gr. di alcol a 50'. Prendetene 10 gocce prima di ogni pasto.<br />Arteriosclerosi. Mettete a macerare; una parte di aglio tritato in due parti di alcol puro. Lasciate riposare per due settimane in un luogo caldo e poi filtrate. Assumetene due gocce al giorno, aumentando progressivamente la dose (di due gocce al giorno) fino a prenderne 26. Quindi iniziate a diminuire le dosi, con lo stesso metodo, fino a sospendere la cura. Ripetete questo ciclo due o tre volte all'anno. Più semplicemente si possono prendere, ogni giorno e per circa 3 settimane, 15 gocce di succo d'aglio fresco.<br />Artrite. Frizionate le parti dolenti con olio canforato a cui avrete aggiunto dell'aglio tritato, oppure fate degli impacchi di polpa di aglio fresco. Se si formerà una vescica bucatela con un ago sterilizzato e disinfettato. E’ utile anche la tintura già illustrata al punto Anoressia.<br />Artrosi. Preparate un olio per massaggi unendo due olio canforato e una parte di aglio schiacciato e olio, utilizzate succo di limone, Per via interna è consigliabile assumere tre volte giorno, lontano dai pasti, un bicchierino di vino d'aglio, preparato nel seguente modo: fate macerare in 200gr. di alcol puro 20 gr. di foglie di ilice nera e 2 spicchi d'aglio tritati. Dopo otto giorni unite all'alcol 1 litro di vino bianco, 30gr. di dulcamara, 30gr. Di foglie di frassino, 30gr. di fiori di fumaria. Attendete otto giorni, poi filtrate e iniziate la cura.<br />Ascesso. Schiacciate 7 spicchi d'aglio, cuoceteli e cataplasma da applicare caldo sull'ascesso.<br />Asma. Acquistate in erboristeria del succo di consolida, unite del succo d'aglio e bevetene un bicchierino secondo la necessità. Più semplicemente potete aggiungere succo d'aglio ad un comune succo di frutta.<br />Bronchite. Preparate una tintura macerando, per 14 giorni, 25 gr. di aglio in 100 gr. di alcol a 70'. Prendetene 40 gocce due volte al giorno, allungando la tintura con un infuso di semi di anice lasciato riposare per un'ora.<br />Calcoli. Per alleviare il dolore fate dei cataplasmi con aglio schiacciato, farina di lino e qualche goccia di laudano. Per curarvi, invece, bollite per 10 minuti in 250 gr. di latte 3 spicchi d'aglio schiacciati. Bevete questo decotto tre volte al giorno. E anche utile l'infuso di radice di aglio. Preparatelo versando 300 gr. di acqua bollente sopra 10 gr. di radice tagliata fine. Lasciate riposare per una ventina di minuti e bevetene due tazze al giorno.<br />Carie. Può alleviare momentaneamente il dolore uno spicchio d'aglio sistemato tra dente e guancia. Oppure fate degli impacchi, da tenere anche tutta la notte, con aglio crudo<br />schiacciato, farina di lino, olio e acqua. Anche la semplice purea di aglio sopra il dente malato è efficace,<br />Cardiopatia. Ecco un'ottima tintura adatta a chi ha problemi di cuore e di circolazione. Fate macerare, per 10 giorni, 35 spicchi; schiacciati in 100 gr. di alcol a 50'. Prendetene 20 gocce due volte al giorno, allungando la tintura con un infuso. di cardiaca. Oppure macerate 20 spicchi d'aglio in un litro di vino bianco e bevetene un bicchierino prima dei pasti.<br />Cefalea.. Alternate impacchi di acqua fredda a frizioni di aglio schiacciato e mescolato con succo di limone da eseguire sulla fronte o sulla nuca.<br />Cirrosi. Vi sembrerà strano ma l'aglio riesce ad agire beneficamente sull'organo malato anche attraverso la cute. Dunque massaggiatevi la pelle, all'altezza del fegato, con un composto di miele e aglio schiacciato, oppure dì polpa d'aglio diluita con succo dì carota e succo di limone.<br />Ciste. Strofinate la ciste con uno spicchio d'aglio tagliato a metà. Ripetete il trattamento più volte durante il giorno.<br />Climaterio. E’efficace la tintura d'aglio. Preparatela, mettendo a macerare per 10 giorni 120 gr. di aglio tagliato a pezzetti in 100 gr. di alcol puro, poi filtrate e imbottigliate in vetro scuro. Assumetene 20 gocce con poca acqua una volta al giorno.<br />Depressione. Per combattere la stanchezza, la debilitazione e la malinconia potete massaggiare il fondo della colonna vertebrale con olio canforato a cui avrete aggiunto dell'aglio, schiacciato (2 parti di olio e 1 parte di aglio).<br />Diabete. Mettete a macerare per 20 giorni 200 gr. di aglio tagliato a pezzetti in 2 litri di alcol puro, agitando il vaso ogni dì. Trascorso tale tempo aggiungete 1 litro, dì vino bianco secco. Dopo un giorno filtrate e cominciate a prenderne due cucchiai prima dei pasti. Vi sarà utile, inoltre, integrare la vostra dieta con zuppe d'aglio (vedi capitolo "L'aglio in cucina. Eccone una particolarmente adatta ai diabetici: tritate 15 teste d'aglio, 2 carote, prezzemolo e sedano. Cuocete gli ingredienti, con una patata tagliata a fettine, in 3 litri d'acqua. Togliete dal fuoco, incorporate un uovo sbattuto e accompagnatela con pane integrale. E' salutare anche la tintura d'aglio illustrata al punto<br />Bronchite. In questo caso però allungherete le 40 gocce di tintura con una tisana di menta.<br />Diarrea.. Fate bollire del riso, filtrate e aggiungete all'acqua di cottura 4 spicchi d'aglio tritati finemente. E' una bevanda efficace anche per disinfettare l'intestino. In alternativa potete preparare un decotto con 150gr. di acqua e uno spicchio schiacciato. Lasciate bollire per 10 minuti, poi fate raffreddare. aggiungete due bicchieri d'acqua e fatene un clistere.<br />Disturbi renali. Preparate un decotto con 40 spicchi tritati e mezzo litro di acqua. Immergetevi delle garze e fatene impacchi caldi. La ricetta è adatta per i dolori ai reni ma anche alla vescica.<br />Emorroidi. Per alleviare il dolore fate degli impacchi con un infuso di aglio, dopo averlo fatto raffreddare in frigorifero.<br />Gengivite. Sciacquate spesso la bocca con acqua mescolata a succo d'aglio e succo di limone. Eventualmente fate anche degli impacchi con aglio crudo schiacciato, poco olio e farina di lino.<br />Infezioni. Per disinfettare la parte infetta utilizzate l'aceto d'aglio preparato nel seguente modo: mettete 2,5 litri di aceto bianco in un vaso di vetro e aggiungete 40 gr. di fiorì di assenzio, 40 gr. di rosmarino, 40 gr. di salvia, 40 gr. di menta, 40 gr. di ruta, 40 gr. di lavanda, 5 gr. di calamo aromatico (rizoma), 5 gr. di cannella, 5 gr. di chiodi di garofano, 5 gr. di noce moscata, 5 gr. dì aglio tritato e 10gr. di canfora. Lasciate macerare per 10 giorni e poi filtrate.<br />Influenza. Fate macerare, per 14 giorni, 30 spicchi schiacciati in 100 gr. di alcol a 80'. Poi filtrate e prendetene 20 gocce due volte al giorno. t efficace anche a scopo preventivo. Una cura più rapida e semplice ma altrettanto efficace consiste nel mangiare qualche spicchio d'aglio crudo durante il giorno, soprattutto la mattina a digiuno.<br />Insonnia. Poiché l'aglio crudo ha un effetto soporifero dormirete meglio se per cena consumerete delle zuppe d'aglio (vedi capitolo 'Vaglio in cucina"). Sarà utile anche bere un bicchiere di latte caldo in cui avrete immerso per dieci minuti uno spicchio schiacciato.<br />Ipertensione. Preparate un salutare elisir mettendo a macerare, per tre mesi, 500gr. di aglio tritato nella stessa quantità di alcol puro. Scaduto il tempo previsto filtrate e prendetene un cucchiaino ogni mattina, diluito in acqua.<br />Un secondo elisir, può essere preparato facendo macerare per 10 giorni in 1 litro di grappa 300gr. di aglio tritato e 160 gr. di vischio tritato. Prendetene un cucchiaio mattina e sera.<br />Oppure, preparate un infuso, con 200gr. di latte e 20gr. di aglio schiacciato: lasciate riposare per un quarto d'ora e bevetene due tazze al giorno.<br />Lombaggine. Inzuppate un panno con del succo d'aglio e fatene degli impacchi sulla parte dolorante. <br />Mal di gola.. Schiacciate una testa d'aglio in un mortaio oppure grattugiatela e diluitela in mezzo bicchiere d'acqua. Mescolate e poi fatene dei gargarismi disinfettanti.<br />Mal di orecchie. Il rimedio più semplice e veloce consiste nel sistemare nell'orecchio un tampone imbevuto di succo d'aglio, oppure uno spicchio pelato e avvolto in una garza. Per eliminare, invece, il noto "ronzio" potete preparare un olio medicinale facendo dorare 8 spicchi d'aglio sbucciati in 60 gr. d’olio d'oliva. Lasciate raffreddare e conservate in una bottiglietta. All'occorrenza versate nell'orecchio 3 gocce di olio al giorno, utilizzando un contagocce.<br />Pertosse (Vedi TOSSE). Inoltre è utile il decotto preparato con 1 litro d'acqua, 50 gr. di aglio tritato e 15 gr. di timo. Bollite gli ingredienti finché l'acqua non si è dimezzata, quindi somministratene un cucchiaino ogni tre ore ai bambini e un cucchiaio agli adulti.<br />Piaghe. Potete preparare un ottimo disinfettante (valido solo per uso esterno!) mettendo a macerare per 10 giorni 30 gr. d’aglio tritato in 500gr. di aceto.<br />Raffreddore. Tritate cinque spicchi d'aglio e fateli bollire per 5 minuti in un bicchiere di latte non pastorizzato. Filtrate, addolcite e bevetelo ancora caldo più volte al giorno.<br />Scabbia. Spalmate la parte colpita con un olio medicamentoso preparato unendo 50 gr. di olio di ricino e 50 gr. di aglio schiacciato. Oppure fate un impacco con succo d'aglio e argilla.<br />Scottature. Spalmate la parte con un olio preparato unendo 30 gr. di succo d'aglio e 30 gr. di olio d'oliva.<br />Sinusite. Fate bollire per qualche minuto alcuni grossi spicchi poi scolateli e avvolgeteli, caldissimi, in una pezza pulita. Applicate questo cataplasma sulla fronte finché è caldo, poi sostituitelo. Il sollievo sarà immediato. Sono utili anche gli impacchi con farina di lino, aglio schiacciato e latte. Se ci riuscite potete cercare anche di assorbire col naso acqua e succo d'aglio, in modo da purificare le vie nasali.<br />Stitichezza. Il metodo più rapido ed efficace per risolvere il problema consiste nell'assumere un cucchiaino di miele mescolato con dell'aglio tritato. Poiché i due alimenti sono incompatibili l'intestino reagirà subito espellendoli. Altrimenti potete preparare una tintura facendo macerare, per 12 giorni, 25 gr. di aglio schiacciato in 100 gr. di alcol a 65'. Prendetene 30 gocce a digiuno.<br />Tabagismo. Per disinfettare la bocca e la gola e decongestionare i polmoni sarebbe utile masticare a digiuno (preferibilmente la mattina appena svegli) uno spicchio d'aglio crudo. Sono utili anche i gargarismi con succo d'aglio mescolato a succo di limone e ad un goccio d'olio d'oliva. Ed è efficace anche la tintura illustrata al punto precedente: prendetene 20 gocce due volte al giorno.<br />Mal di Gola.(Tonsillite). Fate dei gargarismi con acqua e succo d'aglio in parti uguali.<br />Torcicollo. Immergete un foglio di carta assorbente nel succo d'aglio e applicatela sulla parte dolorante.<br />Tosse. Contro la tosse è efficace un infuso preparato versando 250gr. di acqua bollente sopra 80gr. di aglio tritato. Se ne assumono 10 cucchiai al giorno. Per i bambini le dosi vanno ridotte: si utilizzano soltanto 25gr. di aglio tritato e si somministrano 8 cucchiaini da tè. E per chi proprio non sopporta il gusto del bulbo è efficace anche semplice aglio triturato e zucchero. Alla mattina, per colazione, mangiate tartine di pane spalmate di burro e aglio grattugiato.<br />Vaginite. Un metodo rapido e semplicissimo consiste per curare il disturbo nell'inzuppare un assorbente interno con succo d'aglio fresco.<br />di zucchero e mescolate finché si è sciolto. Prendetene due o tre cucchiai la mattina a digiuno.<br />Vermi. Avvolgete uno spicchio d'aglio in un'ostia umida e mangiatelo alla mattina a digiuno. Oppure bevete un decotto preparato con 200gr. di latte e 20gr. di aglio. E utile anche il seguente sciroppo d'aglio: mettete in infusione in un litro di acqua bollente mezzo kg. di aglio. Quando è freddo aggiungete 1 kg.<br />Verruche. Strofinate la verruca con uno spicchio d’aglio tagliato a metà, più volte al giorno.<br />Nota 7.<br />1 - Bimbi albini. Nei bambini, l'albinismo, ossia l'incanutimento precoce, può essere curato frizionando su tutto il cuoio capelluto uno spicchio d'aglio crudo.<br />2 - Contro l'ingrossamento ghiandolare. Per combattere la tensione ghiandolare, provocata solitamente da un'infiammazione, potete preparare un oli o medicamentoso schiacciando 3 spicchi d'aglio e impastandoli con 50gr. di olio d'oliva tiepido. Il composto deve essere piuttosto denso, simile ad una pomata, in modo che vi si . possa massaggiare la parte dolente.<br />3 - In caso di febbre alta. Per fare abbassare la febbre rapidamente preparate il seguente brodo crudo, e somministratene una tazza ogni due ore. Ingredienti: 2 litri d'acqua, 12 limoni sugosi, 2 cipolle, finocchio, carote, rapanelli e molti spicchi d'aglio. Tritate gli ingredienti e versateli in una brocca insieme all'acqua e al succo dei limoni. Al momento di utilizzare il brodo filtratene la quantità desiderata e servitelo senza scaldarlo.<br />4 - mal di pancia. Se il mal di pancia è dovuto ad un eccessivo ristagno di gas nell'intestino potete cuocere nel latte alcuni spicchi d'aglio, amalgamarli e poi farne un impacco da appoggiare sopra l'ombelico.<br />5 - depurarsi con l'aglio. Poiché durante il digiuno le cellule del nostro corpo si rinnovano più rapidamente, di tanto in tanto potete praticare un giorno di digiuno a scopo disintossicante. Durante le 24 ore vi nutrirete soltanto di acqua naturale e succo d'aglio, riducendo però le vostre attività al minimo per non affaticare l'organismo. Se un giorno intero vi sembra eccessivo iniziate a digiunare dalla sera fino all'ora di pranzo del giorno successivo, mangiando di tanto in tanto qualche spicchio d'aglio crudo: è già un buon inizio!<br />6 - Se il naso sanguina. L'epistassi si può bloccare tenendola testa sollevata verso<br />l'alto e introducendo nelle narici un tampone imbevuto di succo d'aglio e aceto.<br />7 - Un benefico sale aromatico. Come saprete l'eccesso di sale fa male al nostro organismo poiché provoca la ritenzione dei liquidi e favorisce l'ipertensione,. Imparate allora ad insaporire arrosti e bistecche con un sale aromatico gustoso e benefico. La ricetta è semplicissima: frullate una modesta quantità di sale grosso a cui avrete unito alcuni spicchi d'aglio e poi erbe aromatiche a vostro piacere, per esempio salvia, rosmarino, timo e maggiorana. Lasciate essiccare il composto per 24 ore distribuendolo su un vassoio che sistemerete in un luogo secco e arieggiato e poi conservate il prodotto in un contenitore asciutto.<br />9 - Vino diuretico. Se il vostro problema è la ritenzione idrica preparatevi questo vino diuretico e bevetene un bicchierino dopo i pasti. Vi occorreranno 100 gr. di aglio tritato, 30 gr. di semi di finocchio, 20gr. di anice, 30 gr. di bacche di ginepro, 20 gr. di rosmarino. Versate gli ingredienti in un vaso di vetro insieme ad un litro di vino bianco bollente e lasciate riposare per 8 giorni. Infine filtrate e conservate in una bottiglia ben tappata.<br />10 - Contro l'arsura. Se d'estate il caldo si fa insopportabile e non sapete come placare la sete bevete un grosso bicchiere d'acqua a cui avrete aggiunto il succo di un limone e il succo di alcuni spicchíd'aglio. E un vero toccasana e bisognerebbe tenerlo presente anche durante i viaggi in luoghi caldi poiché ha un grande potere disinfettante.<br />11 - Il migliore disinfettante per i polmoni. Se l'odore dell'aglio persiste tanto a lungo nell'alito è perché le sue essenze passano rapidamente nel sangue, dopo che l'abbiamo ingerito, e quindi attraversano i lobuli polmonari impregnando le nostre esalazioni. Per la stessa ragione l'aglio è ritenuto un ottimo disinfettante delle vie respiratorie ed è quindi consigliabile in caso di raffreddore, tosse e bronchite, nonché ai fumatori incalliti.<br />12 - Antiche ricette contro il mal di testa. In un prezioso libro delle piante del 1554, non si tralascia di divulgare le incredibili virtù dell'aglio. Contro il mal di testa, per esempio, viene suggerito di strofinare le tempie con uno spicchio d'aglio crudo, o addirittura di coprirsi la fronte di sottili fettine da trattenere, tramite una fasciatura, per una intera notte.<br />12 - Per allontanare le zanzare. Se le zanzare non vi danno tregua, strofinatevi la pelle di braccia e mani con uno spicchio d'aglio tagliato a metà. Oppure appendete trecce d'aglio alle finestre, per tenere gli insetti più fastidiosi fuori di casa.<br /><br /> <br /><br />A <br />AFR0DISIACHE – crescione, dulcamara, elicrisio, luppolo, prezzemolo, salice nero, senape, verbena, CARDIOTONICHE biancospino,digitale elleboroginestra, lavanda, mughetto,oleandro<br />ANTIACIDITÀ GASTRICA - assenzio, Eufrasia, <br />liquirizia, maggiorana, patata, tiglio CARMINATIVE E ANTIPUTREFATTIVE - alloro<br />angelica, aneto, anice, camomilla, coriandolo, cumino, finocchio, lavanda, melissa, menta, salice<br /> D<br />ANTIANEMICHE – acetosa, albicocco, assenzio, cardo, carota, crescione, fragola, genziana,lichene islandico, melissa, ortica, ruta,tarassaco DISINTOSSICANTE – agrimonia, calamo, cavolfiore, carciofo, cardo, equiseto, liquirizia, melo, menta, quercia, ribes<br />ANTIARTERIOSCLER0TE – aglio, amica, cipolla, elicrisio, fagiolo, lattuga, maggiorana, marrubio, melo, noce, ortica rosa, ruta, salice, tanaceto, tarassaco, viola DIURETICHE - acetosa aglio bardana basilico,<br />betulla, biancospino bosso dente di leone, <br />dulcamara, erica fragola, giaggiolo ginepro, ginestra, gramigna, granoturco, lauro, mirtillo, mughetto, olivo, ortica, parietaria, piantaggine, rabarbaro, ribes,<br />sambuco, viola.<br /> E<br />ANTIASMATICHE - aglio angelica biancospino<br />edera iperico issopo melissa, menta, pino, <br />rosmarino, salvia, tassobarbasso, timo, valeriana ESPETTORANTI – acetosella, altea, anice, angelica, borragine, calamo,cardo,ciliegio, issopo, lichene islandico, liquirizia,malva, marrubio, menta, origano, polmonaria, viola,<br />ANTICALVIZIE – aglio, amica, equiseto, <br />maggiorana, ortica, rosmarino. EUPEPTICHE - (aperitivi e digestive), Amare,<br />angelica, arancio, assenzio, calamo aromatico,<br />cardo, centaurea, china, cicoria, genziana, luppolo, <br />tarassaco, trifoglio, verbena,<br />ANTINEVRALGICHE - Aglio, camomilla, elicrisio, felce, lavanda, menta, olmo, Passiflora, rafano, rosmarino, ruta, sambuco, valeriana Aromatiche, alloro, anice, arando, basilico, cannella, cappero, cardamomo, cumino, curcuma, finocchio, garofano, maggiorana, menta, noce moscata, origano, pepe, peperoncino, prezzemolo, rafano, rosmarino, salvia, sedano, timo, zafferano<br /> F<br />ANTINFIAMMATORIE – betulla, edera, fragola, iperico, Malva, mirtillo, ortica, olmo, rosa, salvia,sambuco, timo. FEBBRIFUGHE – agrifoglio, arancio, assenzio, <br />betulla, centaurea, dragoncello, eucalipto, Genziana, <br />magnolia, marrubio, prezzemolo, ranuncolo, susino<br /> L<br />ANTISETTICHE – basilico, cipolla, limone, <br />menta piperita, Salvia, timo LASSATIVE – altea, anicbetullae, cascara, centaurea, <br />cicoria, felce, fico, finocchio, frangola, ginestra,<br />lampone, lino, liquirizia, malva, melo, olivo, psillio, rabarbaro, ricino, senna, sambuco, susino,<br />tamarindo, tarassaco<br /> P<br />ANTIVOMITIVE – camomilla, lavanda, meliloto, melissa, menta, tiglio. PROTETTIVEDELLE MUCOSE GASTRICHE - <br />Assenzio, camomilla, equiseto, gramigna, liquirizia, <br />Malva, melissa, mirtillo, muschio d’Islanda, ortica, patata, rosmarino, salvia, salice, sambuco<br /> R<br />ASTRINGENTI – acetosa,magrimonia, biancospino camomilla, caprifoglio, eufrasia, lampone, prunella quercia, tormentilla. REGOLATRICI DELLA PRODUZIONE DI BILE - anice, carciofo, cicoria, curcuma, fiore d’arancio, genzianella, marrubio, melissa, rosmarino, tiglio, timo, valeriana<br />B <br />BATTERICIDE – (contenenti antibiotici naturali n.r.), aglio, bardana, cavolo, crescione, finocchio, limone, luppolo, mirtillo, piantaggine, porro, senape, verbasco RICOSTITUENTI – avena, barbabietola, castagna, <br />fieno greco, nocciolo, miglio, olivo, trifoglio, verbena<br />C S<br />CALMANTI ED EMOLLIENTI - (delle mucose)<br />altea, aneto, borragine, calendula, giuggiolo<br />lichene, lino, liquirizia, malva, piantaggine, tiglio, verbasco SEDATIVE – aconito, angelica, aquilegia, arancio, <br />assenzio, camomilla, cicuta, elleboro, eucalipto, <br />giuggiolo, lavanda, maggiorana, malva, melissa, <br />passiflora, tiglio, timo, valeriana,<br /><br />N.B. Già una rapida lettura di questo elenco farà meglio comprendere la predilezione per il finocchio! Esso è presente in moltissimi dei preparati, o perché direttamente curativo, o perché in grado di potenziare l’efficacia di altre erbe.<br />0<br /><br /> <br />Brisino 1890<br /><br /> PIANTA PARTE PERIODO PIANTA PARTE PERIODO<br />a Abete Gemme <br />e foglie Marzo <br />in estate m Malva Radice<br />Foglie<br />fiori autunno<br />giugno-settembre<br />aprile-ottobre<br /> Achillea intera pianta e fiori Giugno<br />Settembre Marrubio<br /> sommità fiorite<br />intera pianta in estate<br />giugno-settembre<br /> Aglio Bulbo Luglio Mela cotogna frutti fine settembre ottobre<br /> Agrimonia Foglie Maggio settembre Melissa<br /> Foglie sommità fiorite maggio-agosto<br />giugno-agosto<br /> Altea radici settembre<br />marzo Melograno corteccia, radice<br />e rami<br />frutto e buccia in primavera <br />e autunno<br />in autunno<br /> Aneto Radici <br />e foglie ottobre <br />settembre-ottobre Mento piperita foglie giugno-settembre<br /> Angelica Radici <br />e foglie agosto-settembre<br />maggio-giugno n Nocciolo foglie giugno-agosto<br /> Amica rizoma Marzo settembre o Olivo<br /> corteccia<br />foglie in autunno<br />tutto l’anno<br /> Artemisia<br /> foglie e sommità<br />fiorite luglio-settembre<br /> Olmo<br /> corteccia interna<br />dei rami in primavera<br /><br /> Assenzio<br /> foglie<br />fiori aprile-ottobre<br />luglio-settembre Origano<br /> Sommità.Fiorite<br />intera pianta in estate<br />luglio-settembre<br />b Bardana<br /> radice<br /> nell’autunno <br />del primo anno <br />di vita Ortica Radice<br />pianta agosto-ottobre<br />aprile-ottobre<br /> Basilico foglie e fiori giugno-settembre p Parietaria<br /> radice<br />foglie in autunno<br />maggio-ottobre<br /> Betulla Corteccia<br />foglie marzo-aprile<br />aprile-giugno Passiflora<br /> intera pianta<br /> luglio-settembre<br /><br /> Borragine<br /> fiori<br />foglie maggio-agosto<br />in estate Piantaggine<br /> foglie<br /> maggio-settembre<br />c Castagno foglie settembre-ottobre Pimpinella radice marzo e aprile settembre-ottobre<br /> Cicoria<br /> radici<br />foglie e fiori settembreottobre<br />giugno-settembre Prezzemolo radice <br />foglie <br />semi aprile-ottobre <br />aprile-settembre<br />luglio-agosto<br /> Cipolla bulbo maggio-agosto Pulicaria (o Psiffio) semi agosto-settembre<br /> Cumino semi cogliere i frutti tra luglio e agosto; <br />quando sono ben<br />maturi estrarre i semi Piretro romano (o Anaciclo) fiori<br /> in estate<br /><br /> Curcuma rizoma dicembre-gennaio Pungitopo rizoma settembre-ottobre<br /> Dulcamara picciolo primavera e autunno r Rafano radice agosto-ottobre<br />e Edera<br /> Foglie <br />bacche in estate<br />novembre-aprile Ribes<br /> foglie<br /> giugno-luglio<br /><br /> Elleboro nero radici in autunno Rosa canina<br /> Foglie<br />Petali<br />Frutti in estate<br />in primavera<br />agosto-settembre<br /> Equiseto intera pianta giugno-agosto Rosmarino<br /> rami e foglie fiori aprile-luglio<br />maggio-agosto<br /> Eucalipto foglie in estate Ruta sommità fiorite giugno-agosto<br /> Eufrasia erba fiorita giugno-ottobre s Salsapariglia radice in autunno e in primavera<br />f Fagiolo baccelli in estate Salvia foglie maggio-luglio<br /> Felce rizoma ottobre-febbraio Sedano<br /> radice <br />intera pianta semi alla fine del primo anno di vita estate-autunno-inverno<br /> Finocchio<br /> radici<br />semi ottobre-novembre<br />settembre-ottobre t Tanaceto fiori<br /> gjugno-settembre<br /><br /> Frangola corteccia autunno-primavera Tarassaco<br /> radici<br />foglie maggio-ottobre<br />aprile-ottobre<br />g Genepì parte fiorita luglio-settembre Tassobarbasso fiori (senza calice) luglio-settembre<br /><br /> Genziana radice agosto-ottobre Tiglio<br /> corteccia e rami fiori in primavera<br />giugno-luglio<br /> Ginepro<br /> foglie <br />Frutti<br />legno in estate <br />settembre-novembre <br />settembre-novembre Timo fusti floreali maggio-agosto<br /> Ginestra foglie e rami <br />fiori in estate<br />maggio-luglio Trifoglio<br /> rizoma <br />foglie settembre-ottobre maggio-settembre<br />i Iperico<br /> sommità fiorite maggio-settembre v Valeriana<br /> rizoma<br /> marzo-maggio e agosto-ottobre<br /> Issopo sommità fiorite giugno-settembre Verbena<br /> foglie e sommità fiorite giugno-agosto<br /><br />l Lampone<br /> foglie<br />fiori Giugno<br />in estate <br />(all’inizio della fioritura) Viola del pensiero radice<br />foglie e fiori autunno-primavera aprile-settembre<br /> Lavanda<br /> sommità fonte fiori<br />frutti giugno-settembre <br />luglio-agosto Vite foglie in estate<br /> Licopodio spore luglio-agosto Viola mammola radice <br />foglie <br />fiori autunno-primavera marzo-giugno febbraio-maggio<br /> Lino<br /> semi<br /> raccogliere i <br />baccelli a settembre Vite aquilina<br /> corteccia dei rami e del tronco tutto l’anno<br /><br />m Maggiorana erba fiorita luglio-settembre Vischio foglie e rami settembre-marzo<br /> <br /><br /> <br /> <br />L'aglio per curare gli animali.<br />I rimedi di Mamma Gin.<br />In linea di massima potremmo dire che, ciò che l'aglio cura nell'uomo, lo cura anche negli animali. Ovviamente occorre tener conto del peso corporeo dell'animale e adeguarne i preparati medicamentosi. E' importante anche ricordare che gli animali da latte, ovini e bovini, non dovrebbero mai ingerire aglio poiché l'acre odore passerebbe subito nel latte e persino nella carne, rendendoli disgustosi all'uomo e compromettendo la qualità di formaggi e burro. Solitamente si preferisce utilizzare infusi, decotti e olii per le bestie e la qualità di aglio somministrata non supera il 5%. Ecco alcuni casi in cui l'aglio può essere utile:<br /> <br />VERMI (ossiurí) dei cani preparare un decotto bollendo per 5 minuti 25 gr. di aglio in 70 gr. di acqua. Colare, lasciare raffreddare e somministrare sotto forma di clistere ogni giorno, fino alla scomparsa dei vermi. Oppure, più rapidamente, tritate uno spicchio d'aglio e mescolatelo al cibo dell'animale.<br />VERMINOSI polmonare di pecore e mucche Spremete delle teste d'aglio con l'apposito attrezzo e iniettate il succo a livello intratracheale per mezzo di una siringa.<br />ASCARIDOSI DEI POLLI<br /> Tritate finemente alcuni spicchi e mescolateli al solito pastone. 1 polli non se ne accorgeranno ma il loro intestino sarà rapidamente disinfettato. Inoltre tale accorgimento permetterà alle galline di covare meglio: il trattamento dev'essere però sospeso prima che le uova siano deposte.<br />RABBIA DEI CANI:<br /> Un’antica ricetta suggerisce di far bollire nella birra delle foglie di ruta tritate, aglio, melassa e limatura di peltro. Quindi di somministrare al cane rabbioso 6 cucchiai al giorno di tale preparato, per una settimana.<br />METEORÍSMO DEI RUMINANTI<br /> Fate macerare una testa d'aglio pestata in mezzo litro di latte freddo per alcuni giorni, in un recipiente ben sigillato. Quindi somministrate mezzo litro di tale preparazione ai bovini e una tazza agli ovini.<br />ALOPECIA<br /> sì tratta di una malattia piuttosto frequente, in cui il pelo dell'animale si stacca a chiazze. Di solito la causa va ricercata in una errata alimentazione, che sarà opportuno modificare al più presto. Nel frattempo potete strofinare energicamente la pelle chiara con un preparato a base di olio di rìcino, aglio schiacciato e acido salicilico. Ripetete il trattamento due volte al giorno.<br />PARASSITI DELLA CUTE<br /> Frizionate la cute dell'animale, dopo averla accuratamente rasata, con lo stesso unguento sopra descritto oppure con uno spicchio d'aglio crudo tagliato a metà. Ma ricordate anche che occorre disinfettare il locale dove vive la bestia per sopprimere definitivamente i parassiti.<br />PELO LUCIDO per rendere pìù lucido il pelo dei vostri animali domestici, ma anche per prevenire diarrea, parassiti e pulci, mescolate spicchi d'aglio tritati, oppure capsule dì succo, al loro cibo<br />ALTRI RIMEDI PER GLI ANIMALI.<br />Zucca (Pestati e mescolati con il latte) 50 – 60 gr. Sono un ottimo vermifugo per i cani: Il trattamento va ripetuto 2-3 giorni di seguito <br /> <br />Consultate il capitolo sulle erbe.<br /><br />Stesura incompleta<br />1a correzione giugno 2010AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-36679049570790743272011-03-26T12:57:00.000-07:002011-03-26T12:59:50.891-07:0014 FAVOLE E FILASTROCCHE DELLE NONNEXIV Capitolo.<br />Favole e filastrocche delle nonne.<br />Le favole erano per lo più imperniate sulle piante, sui vegetali e sugli animali. I vegetali vivono sulla Terra da 3-4 miliardi di anni, hanno di fatto aiutato l’uomo crescere e modificarsi. Chi li ha contati dice che oggi se ne conoscono 350.000 specie, alcune grandissime, altre piccolissime, ma tutte utili. Che faremmo senza vegetali? ( e così iniziava la favola c’era una volta ecc.), Non ci ciberemmo di pane né di frutta, verdura, dolci, cioccolato; non berremmo né vino né caffè. Senza erba e piante non esisterebbero neppure gli animali che di vegetali si nutrono, e tutti gli altri che di loro si cibano. Quindi non ci sarebbero carne, uova, latte. E andremmo in giro nudi perché mancherebbe la lana ma anche il cotone, la canapa, il lino, cioè le fibre vegetali. Avete mai pensato che la fine dei vegetali vorrebbe anche dire la fine della vita? Pensateci, e d'ora in poi dimostrate loro un profondo rispetto e un grande amore. Nelle favole e nei racconti delle nostre nonne ai nipotini, venivono incentrate sulle piante e sui vegetali, (fino alla fine degli anni 50 i bambini oltre alla cicogna nascevano per lo più sotto i cavoli, ve lo ricordate…) solo recentemente all’inizio del secolo scorso comparvero anche gli animali (Lupo, Orco ecc.). Oggi, con l’avvento della televisione si è persa l’abitudine, si preferisce delegare ad altri la fantasia dei nostri figli.<br />Di seguito alcune favole e filastrocche che normalmente seguivano le stagioni. Incominciavano sempre per c’era una volta e finivano con grandi sbadigli dei nipotini e della nonna acanto al camino o un braciere nella camera da letto. <br /><br />a Abete. L’albero che rallegra i bambini, mette allegria ed è sinonimo d pace e di i doni. Natale. <br /> Acero. <br /> Albicocco. Estate, in pieno lavoro nei campi, l’albicocca diventava un premio per i bambini. <br /> Alloro.<br /> Asfodelo.<br /> <br />b Betulla.<br /> Bocca Di Leone.<br /> Bambù , è una pianta davvero curiosa: pensate che può restare senza fiorire per molti anni, ma davvero molti, da trenta fino a cento, poi, improvvisamente, fioriscono tutti insieme in tutte le parti del mondo. Perché? I botanici non lo sanno ancora Bambù. <br /><br />Cera una volta...<br />Tanti anni fa, in un magnifico giardino, cresceva un bambù di nobile aspetto.<br />La padrona del giardino, una saggia contadina, lo amava più di tutti gli altri alberi. Anno dopo anno, il bambù cresceva e si faceva robusto e bello, perché sapeva che la saggia contadina lo amava e ne era felice.<br />Un giorno la saggia contadina si avvicinò al suo amato albero e gli disse: "Caro bambù, ho bisogno di te". <br />Il magnifico albero sentì che era venuto il momento per cui era stato creato e disse con gioia: "Eccomi sono pronto! Sono ben felice che sia venuto il mio momento, fa di me l'uso che vuoi". <br />La voce della saggia contadina divenne grave: "Per usarti devo abbatterti". <br />Il bambù si spaventò: "Abbattermi? Io... io il più bello degli alberi del tuo giardino! No, no, per favore, usami per la tua gioia: ma, per favore, non abbattermi". <br />"Mio caro bambù, tu sei l'albero più bello del mio giardino, ma se non posso abbatterti, non posso usarti". <br />A quelle parole il giardino piombò in un profondo silenzio. Anche il vento smise di soffiare. <br />Lentamente il bambù chinò la sua magnifica chioma e sussurrò: "Se non puoi usarmi senza abbattermi, abbattimi". <br />E la contadina continuò: "Mio caro bambù, sparirai, perché non solo devo abbatterti, ma anche tagliarti i rami". <br />Il bambù era rimasto senza voce e allora semplicemente, chinò il capo, come per dire: "Sì". <br />La saggia contadina abbatté il bambù, tagliò i rami, le foglie, lo spaccò in due, gli estirpò il cuore, ossia gli tolse la parte interna. Poi lo portò dove sgorgava una fonte di acqua fresca vicino ai suoi campi che soffrivano per la siccità, collegò delicatamente alla sorgente un'estremità dell'amato bambù e diresse l'altra verso i campi aridi. La chiara fresca, dolce acqua prese a scorrere nel corpo del bambù e raggiunse i campi. <br />Fu piantato il riso e il raccolto fu ottimo. Così il bambù divenne una grande benedizione. <br />Era già la pianta più bella che la saggia contadina avesse avuto nel suo giardino, ma ora era diventata la più importante: era stata trasformata per la culla dell'acqua, una canalina che portava la vita a tutte le altre piante del suo giardino. Quando era un albero stupendo viveva solo per se stesso e si compiaceva della propria bellezza. Ora che viveva per gli altri scoprì che era molto, molto più felice. <br /><br />c Cacao. <br /> Gaffe. <br /> Camelia. <br /> Carrubo<br /> Corbezzolo.<br /> <br />d Dattero. Quando si parlava di dattero era Natale. Un frutto che faceva sognare e normalmente le nonne facevano sognare con il racconto di grandi viaggi. <br /> <br />e Edera. <br /> <br />f Faggio. Nel racconto c’era sempre un fantasmino, <br /> Felci.<br /> Fico. L’albero di Giuda.<br /> Fragola<br /> Frassino.<br /> Frumento. <br /> <br />g La storia di gelsomino (a). C’era una volta una giovane beduina di nome jasmina. Era molto bella, e si copriva di veli per proteggersi dai raggi del sole. Un giorno giunse un principe ricco e bello e la chiese in sposa, il padre acconsentì e jasmina parti per raggiungere l'harem. Man mano che la carovana s'allontanava dal deserto jasmina capiva che non avrebbe mai potuto vivere tra le mura di un castello. Allora chiese al sole di aiutarla a fuggire e, pregandolo, si scoprì per la prima volta il viso. L'astro, stupito di tanta bellezza, l'aiutò trasformando jasmina in un candido fiore che ora vive libero sotto il sole e si chiama "gelsomino". N.d.r. profumo d'oriente l'essenza del gelsomino è uno degli elisir più preziosi. Il suo profumo è inebriante. Il Jasminum officínalí e il jasmínum grandíflorum sono le specie da cui si ricava l'essenza. Le donne e le ragazze arabe amano portare orecchini e collane fatti con mazzetti di gelsomino. Dobbiamo al navigatore Vasco De Gama e ai portoghesi la diffusione dei gelsomini nei giardini d'Europa. Le prime piante giunsero dall'india. Tutti i gelsomini sono circa odorosi e tutti hanno bisogno di sole, acqua e calore e cure.).<br /> <br /> Genziana.<br /> Giglio. <br /> Girasole.<br /> Glicine.<br /> Ghiandaia - Molto tempo fa la Ghiandaia aveva una moglie, ma dopo un po’ andò da Dio, per chiedergli in moglie la figlia. Dio rispose:<br />- Giacché la chiedi, non devi portarla sulla terra, deve restare qui in cielo. Perché, se la porti sulla terra, lei non può mangiare carne di zebra né di gnu né di kudu; animali grandi non può mangiarne. Se vuoi portarla sulla terra, falle mangiare soltanto animali piccoli.<br />La Ghiandaia rispose:<br />- Va bene.<br />Così la Ghiandaia ebbe il permesso di portare sulla terra la figlia di Dio. Appena arrivato sulla terra, informò di queste cose la moglie terrestre, dicendole:<br />- Dio mi ha detto che sua figlia non può mangiare carne di zebra né di gnu, né di kudu; non può mangiare nessun animale grande.<br />Disse la stessa cosa a sua madre che rispose:<br />- Va bene.<br />Ma la prima moglie era terribilmente gelosa. Un giorno Ghiandaia andò a caccia, uccise una zebra ed un giovane duiker. Quando lo portò alla prima moglie le disse:<br />- Bada bene di non dare a mia moglie la carne di zebra. Falle mangiare soltanto la carne del giovane duiker.<br />La prima moglie rispose che avrebbe fatto attenzione. Un giorno mentre Ghiandaia era fuori, la prima moglie disse alla figlia di Dio:<br />- Mangia, è il giovane duiker.<br />Non era vero era carne di zebra, infatti come la figlia l’ebbe mangiata morì. Al ritorno Ghiandaia chiese:<br />- Mia moglie di cosa è morta?<br />La prima moglie rispose di non saperne nulla. Dio però l’aveva vista e sapeva che era stata lei ad uccidere la figlia. Ghiandaia si recò in cielo per dare la notizia a Dio.<br />- Mia moglie è morta.<br />Dio rispose:<br />- Hai dimenticato gli ordini che ti avevo dato, che mia figlia non doveva mangiare carne di animali grandi? Ma laggiù sulla terra gliene hanno data. Lei l’ ha mangiata ed è morta. <br />Ghiandaia rispose:<br />- Può darsi che sia così.<br />Dio gli disse di tornare sulla terra. Quando passarono tenta giorni, Dio radunò una piccola nuvola. Poi spalancò la bocca e tuonò. Dopo scese e forzò la tomba dove era seppellita sua figlia, la tirò fuori e la portò in cielo insieme a Ghiandaia. Quando fu a metà strada scagliò Ghiandaia giù sulla terra, ma lui non arrivò mai, soltanto un mucchietto d’ossa arrivarono sulla terra. Ghiandaia morì a metà strada. Ancora oggi Ghiandaia quando vola, si lancia verso l’alto con un forte grido; quando fa per scendere muore.<br />h <br /> <br />i Incenso. <br /> Ippocastano<br /> Iris.<br /> <br />k (k) Cachi<br /> <br />l Lampone.<br /> Larice.<br /> Lavanda.<br /> Lenticchia.<br /> Limone.<br /> Lino.<br /> Liquirizia.<br /> <br /> <br />m Maggiociondolo.<br /> Magnolia.<br /> Mais<br /> Melograno.<br /> Mimosa.<br /> Mirtillo. <br /> Mughetto.<br /> <br />n Narciso.<br /> Nespolo..<br /> Noce.<br /> Non ti scordar di me.<br /> <br />o Olmo.<br /> Ortica.<br /> Orzo<br /> <br />p Papavero.<br /> Patata.<br /> Pinguicola.<br /> Pomodoro.<br /> Posedonia<br />q <br /> <br />r Ricino<br /> Riso<br /> Rododendro.<br /> Rosa<br /> Rosmarino<br /> <br />s Salice<br /> Sambuco.<br /> Segale<br /> Stella Alpina<br /> <br />t Tabacco - L’isola del tabacco. Un uomo aveva solo un figlio, un bel bambino di nome Kurusiwari. Un giorno, mentre la madre tesseva un’amaca, il bambino si attaccò alla corda sospesa, allentandola; la donna, irritata, lo spinse di lato: il bambino cadde e si mise a piangere. La madre voltò appena la testa, e continuò il suo lavoro; anche il padre sentì il bimbo piangere, ma non vi badò. Allora Kurusiwari, offeso, si rialzò e si allontanò dalla casa dei genitori. Venne sera: il bimbo non era ritornato e i genitori cominciarono a preoccuparsi.<br />- Andiamo a cercarlo – disse il padre. – E’ tanto piccolo che forse non ha saputo ritrovare la strada di casa.<br />- La colpa è mia; - si lamentò la madre – l’ ho cacciato via e non ho guardato che direzione prendeva.<br />A lungo i due genitori cercarono il bambino, ma questi sembrava essere scomparso. Era già tarda sera quando, finalmente, videro il figlio che giocava tranquillamente con un altro bambino.<br />- Kurusiwari! – gridò la madre; e, a quella voce, i genitori dell’altro bambino uscirono dalla loro casa e invitarono i due sconosciuti a entrare.<br /> L’invito fu accettato e i quattro si misero a discutere animatamente. <br />- E’ tardi, - disse alla fine il padre di Kurusiwari – moglie mia, prendi il bimbo e torniamocene a casa. <br />Uscirono tutti e quattro dalla casa chiamando i figlioli; ma non videro più nessuno; i due bambini erano scomparsi! <br />- Kurusiwari! – chiamava la madre disperata.<br />- Maturawari! – chiamava l’altra donna cercando il bambino.<br />Le ricerche ricominciarono; erano adesso quattro genitori alla ricerca dei loro due figlioli. Passò la notte, sorse il sole e i due bambini erano ancora introvabili. Alla fine le due madri gridarono insieme:<br />- Eccoli! <br />Infatti i bimbi stavano giocando tranquilli e allegri con un terzo bimbetto della loro età; sembravano riposati come dopo una notte di sonno. Alle grida delle due donne, i genitori del terzo bambino uscirono dalla loro casa e cominciarono a scambiare spiegazioni con i quattro arrivati fin lì. Quando si voltarono per cercare i bambini, questi erano scomparsi di nuovo. <br />- Kawaiwari! – gridò la terza madre. – Dove ti sei nascosto?<br />Erano adesso sei genitori che cercavano tre bambini; la ricerca durò molto a lungo. Alla fine, la seconda e la terza coppia, che avevano lasciato a casa altri figli, dovettero tornarsene indietro. Ma la prima coppia non volle desistere.<br />- Cercheremo anche i vostri bambini e li riporteremo a casa – dissero ai genitori addolorati. Così le tre coppie si separarono. <br />Per molto tempo l’uomo e la donna continuarono a cercare il piccolo Kurusiwari; ma tutto fu inutile: sembrava che i tre fanciulli fossero scomparsi per sempre. Passarono molti anni da giorno della scomparsa. Un mattino i due genitori, oramai vecchi, passeggiavano sulla riva del mare, quando videro giungere dai flutti tre bellissimi ragazzi che si tenevano per mano e ridevano felici. I tre giovinetti arrivarono davanti a loro e li guardarono con occhi ridenti. La donna riconobbe subito il figlio, benché fossero passati tanti anni: <br />- Kurusiwari, figlio mio! Finalmente ti abbiamo ritrovato! <br />- Si, - disse il ragazzo – sono proprio Kurusiwari e i miei compagni sono Maturawari e Kawaiwari. Avremo tanto desiderio di tornare a vivere nelle nostre case, ma oramai noi viviamo nel mondo degli dei e non possiamo più ritornare fra gli uomini. Però voi potrete chiamarmi ogni volta che vorrete, bruciando le foglie del tabacco. <br />Subito dopo i tre ragazzi si ripresero per mano e attraversarono il mare, scomparendo alla vista dei due vecchi. Tristi e desolati, i due poveretti tornarono finalmente alla loro casa; erano molti anni che non vi mettevano più piede, fedeli alla promessa fatta quando il loro bambino era scomparso.<br />- Foglie di tabacco! – ripeteva l’uomo. – Non conosco questa pianta dove mai potrò trovarla?<br />- Avremo capito male, - disse la donna – proviamo a bruciare altre foglie e forse finiremo per trovare quella giusta.<br />Il padre ascoltò il consiglio della donna; raccolse foglie di papaia, di cotone e di caffè: le bruciò con attenzione, ma non succedeva niente; facevano solo gran fumo e la gente intorno diceva:<br />- Poveretti! Il lungo vagabondare ha dato loro alla testa! <br />Alla fine l’uomo andò a cercare un vecchio che godeva fama di sapere tutto e di conoscere in nome di tutte le piante.<br />- Mio figlio ha parlato di foglie di tabacco, - si lamentò l’uomo – ma io non conosco questa pianta. Aiutami tu che sai tutto! <br />- Sì, - rispose il vecchio – Kurusiwari ha ragione. La pianta del tabacco esiste veramente, ma si coltiva soltanto nell’Isola delle Donne, che non permettono a nessuno di approdarvi.<br />- Che cosa debbo fare, allora?<br />- Puoi provare a mandarvi qualche uccello; se riesce a toccare terra, potrà raccogliere nel becco qualche semente di tabacco e portarlo al di qua del mare. <br />L’uomo ringraziò del consiglio, ma se ne andò avvilito, perché vedeva che molte difficoltà ostacolavano la realizzazione del suo desiderio. Tuttavia cercò un robusto airone e lo pregò di volare sopra il mare fino all’Isola delle Donne; l’uccello ebbe pietà di quell’uomo e partì subito. Passarono i giorni, ma l’airone non tornava; alla fine l’uomo si convinse che non sarebbe mai più tornato. Ben presto tutti seppero perché l’uomo cercasse le foglie della pianta sconosciuta e avrebbero voluto aiutarlo. Un giorno, un giovane andò da lui portando una gru.<br />- Forse – gli disse – l’airone non è stato abbastanza robusto per raggiungere a volo l’Isola delle Donne; ma la mia gru può volare per sette giorni senza provare stanchezza. <br />L’uomo ringraziò, commosso da tanta cortesia e aiutò la gru a cercarsi un posto comodo per dormire, proprio su uno scoglio che si protendeva sul mare. Poi tornò a casa e aspetto l’alba. Intanto sullo scoglio era arrivato un colibrì, amico della gru. Incuriosito le chiese che cosa stesse facendo.<br />- Mi sto riposando; spiegò il grande uccello – domani devo recarmi all’Isola delle Donne per prendere il seme del tabacco.<br />Il colibrì agitò le ali variopinte:<br />- L’Isola delle Donne! Ma non sai che le donne che vi stanno di guardia colpiscono con frecce chiunque osi avvicinarsi?<br />- Lo so, - rispose la gru tranquillamente – ma ho promesso di andare e andrò, qualunque cosa accada.<br />- E allora. – disse il colibrì – anch’io volerò con te fino all’Isola delle Donne. Forse potrò esserti utile.<br />Era appena l’alba, quando il piccolo uccello aprì le ali e iniziò il lungo volo; la gru dormiva ancora. Quando si svegliò, il colibrì non era più visibile. Il grande uccello si alzò in volo. Aveva già percorso metà del viaggio, quando vide il colibrì lottare con le onde del mare; il povero uccellino, stanco, era precipitato e stava per affogare. Subito la gru lo raccolse e lo posò sulle sue ali. Così in breve, arrivarono in vista dell’Isola delle Donne.<br />- Ora – disse il colibrì – tu continua a volare in tondo sopra l’isloa, senza abbassarti troppo, ma cercando di attirare l’attenzione delle donne. Io, intanto, entrerò nella piantagione e prenderò il seme del tabacco. <br />Quando videro la gru le donne levarono il viso verso l’alto, aspettando che si abbassasse per prenderla di mira. A un tratto la videro allontanarsi rapida e in breve la persero di vista. Intanto il colibrì aveva tranquillamente colto i semi del tabacco e, senza essere visto, aveva raggiunto di nuovo la sua amica, si era aggrappato alle sue ali e avevano iniziato il volo di ritorno. Si può ben immaginare la gioia del povero padre quando finalmente ebbe tra le mani i semi della prodigiosa pianta! Li seminò con ogni cura e ben presto i fuscti diventarono alti e si ornarono di grandi foglie verdi. L’uomo le raccolse, le fece asciugare al sole e, finalmente, potè bruciare e chiamare il figlio per mezzo del fumo profumato. Kursiwari, Maturawari e Kawaiwari insegnarono agli uomini molte cose riguardanri il tabacco e divennero i protettori delle piantagioni. E questa, raccontano i vecchi della Guiana, è la vera storia del tabacco e di come la pianta venne introdotta nel loro paese.<br /> Tarassaco.<br /> Tiglio<br /> Tulipano<br />u <br /> <br />v Viola.<br /> Vischio<br /> Viburno - Viburno prunifolium, Famiglia Caprifoliacee<br />UNA FIABA boema, racconta di come un giovane generoso e caritatevole, di nome Lucindo, deciso a diventare re, lasciò la famiglia per seguire un mercante ebreo. In un lontano paese desertico il ragazzo sì imbatté negli spiriti dei defunti e, mosso a compassione, diede sepoltura ai corpi delle anime tormentate. Sulle tombe crebbe un cespuglio dai fiori bianchi, il viburno, e un pettirosso fatato disse a Lucindo che quei fiori l’avrebbero reso invincibile. il giovane ne colse qualcuno e proseguì il cammino. Giunse, quindi, in un regno che aveva perduto da poco il re ed era governato da dodici savi. Su quel paese gravava però la minaccia di un terribile drago con dieci teste, al quale ogni anno andavano sacrificati dieci giovinetti. Lucindo si offrì di andare ad affrontare il drago e, fiducioso nella protezione del fiore, per dieci volte riuscì a decapitare la mostruosa creatura, con il solo aiuto di un semplice bastone. Il popolo Io acclamò con tutti gli onori e lo incoronò re. L’amico ebreo rimase al suo fianco come consigliere e insieme erano soliti prendere le decisioni importanti passeggiando in giardino adorno di viburni<br />z Zafferano.<br /> Zenzero. <br /> Zucca. <br /> <br /> SOLE E LUNA.<br />Perché il sole e la luna vivono in cielo. <br />Tanti anni fa il sole e l’acqua erano grandi amici, entrambi vivevano insieme sulla terra. Il sole andava a trovare l’acqua molto spesso, ma l’acqua non gli contraccambiava mai la visita. Alla fine il sole domandò all’acqua come mai non andava mai a trovarlo a casa sua. L’acqua rispose che la casa del sole non era sufficientemente grande, e se lei ci andava con i suoi famigliari, avrebbe cacciato fuori il sole. Poi l’acqua aggiunse:<br />- Se vuoi che venga a trovarti, devi costruire una fattoria molto grande, ma bada che dovrà essere un posto sconfinato, perché la mia famiglia è molto numerosa e occupa un molto spazio.<br />Il sole promise di costruirsi una fattoria molto grande, e subito tornò a casa dalla moglie, la luna, che lo diede ospitalità con un ampio sorriso quando lui aprì la porta. Il sole disse alla luna ciò che aveva promesso all’acqua, il giorno dopo incominciò a costruirsi una fattoria sconfinata per ospitare la sua amica. Quando essa fu pronta, chiese all’acqua di venire a fargli visita il giorno seguente. Nel momento in cui l’acqua arrivò chiamò fuori il sole e gli domandò se poteva entrare senza pericolo, e il sole rispose:<br />- Sì, entra pure, amica mia.<br />Allora l’acqua cominciò a riversarsi, accompagnata dai pesci e da tutti gli animali acquatici. Poco dopo l’acqua arrivata al ginocchio domandò al sole se poteva ancora entrare senza pericolo, e il sole rispose:<br />- Sì <br />L’acqua seguitò a riversarsi dentro. Allorché l’acqua era al livello della testa di in uomo, l’acqua disse al sole:<br />- Vuoi che la mia gente continui ad entrare?<br />Il sole e la luna risposero:<br />- Sì.<br />Risposero così perché non sapevano che altro fare, l’acqua seguitò ad affluire, finchè il sole e la luna dovettero rannicchiarsi in cima al tetto. L’acqua si rivolse al sole con la stessa domanda, ma ricevette la medesima risposta, e la sua gente seguitava a riversarsi dentro, l’acqua in breve sommerse il tetto, e il sole e la luna furono obbligati a salire in cielo, dove da allora sono rimasti.<br /><br /><br /> <br /><br />1<br />L’albero dei poveri.<br />Filastrocca di Natale,<br />la neve è bianca come il sale,<br />la neve è fredda, la notte è nera<br />ma per i bimbi è primavera:<br />soltanto per loro., ai piedi del letto<br />è fiorito un alberetto.<br />Che strani fiori, che frutti buoni<br />oggi sull'albero dei doni:<br />bambole d'oro, treni di latta,<br />orsi dal pelo come d'ovatta, e in cima, proprio sul ramo più alto,<br />un cavallo che spicca il salto.<br />Quasi lo tocco... Ma no, ho sognato,<br />ed ecco, adesso, mi sono destato:<br />nel la mia casa, accanto al mio letto<br />non è fiorito l'alberetto.<br />Ci sono soltanto i fiori del gelo<br />sui vetri che mi nascondono il cielo.<br />L'albero dei poveri sur vetri è fiorito:<br />io lo cancello con un dito.<br />2<br />L’omino di neve.<br />L’omino di neve,<br />guardate che caso,<br />non ha più naso<br />e ha solo un orecchio:<br />in un giorno di sole<br />è diventato vecchio!<br />Chi gli ha rubato un piede? È stato il gatto,<br />bestia senza tatto.<br />Per un chicco di grano<br />una gallina<br />gli becca una mano.<br />Infine, per far festa,<br />i bambini gli tagliano la testa.<br />3<br />Non per tutti è domenica.<br />Filastrocca della domenica,<br />un po' allegra, un po' malinconica,<br />malinconica vuoi dire mesta:<br />non per tutti domenica è festa.<br />Non è festa per il tranviere,<br />il vigile urbano,<br />il ferroviere, non è domenica per il fornaio,<br />per il garzone del lattaio.<br />Ma tutti i giorni sono neri<br />per chi ha tristi pensieri;<br />per chi ha fame,<br />è proprio cosi:<br />ogni giorno è lunedì.<br />4<br />Il primo giorno di scuola.<br />Suona suona la campanella, <br />scopa scopa la bidella, <br />viene il bidello ad aprire il portone, <br />viene il maestro dalla stazione <br />viene la mamma, o scolaretto, <br />a tirarti giù dal letto... <br />Viene il sole nella stanza: <br />su, è finita la vacanza. Metti la penna nell'astuccio, <br />l'assorbente nel quadernuccio, <br />fa la punta alla matita <br />e corri a scrivere la tua vita. <br />Scrivi bene, senza fretta <br />ogni giorno una paginetta. <br />Scrivi parole diritte e chiare: <br />«Amare, lottare, lavorare.<br />5<br />L’ombrello.<br />Filastrocca per quando piove: <br />chi sta in casa non si muove, <br />io che in casa divento tetro <br />esco e il tetto mi porto dietro...<br />Un piccolo tetto di stoffa nera, con tante stecche messe a raggerà <br />O che fenomeno simpatico <br />vedere un tetto con il manico! <br />Cosi me ne vado bello bello <br />fischiettando sotto l'ombrello<br />6<br />Le stagioni.<br />Primavera è una giovinetta <br />con in bocca la prima violetta. <br />Poi vien l'estate, <br />nel giro eterno... <br />ma per i poveri è sempre inverno.<br />Vien l'autunno dalla montagna <br />ed ha odore di castagna. <br />Vien l'inverno dai ghiacciai <br />e nel suo sacco non ha che guai<br />7<br />I 12 Mesi.<br />Gennaio, gennaio,<br />il primo giorno è il più gaio,<br />è fatto solo di speranza:<br />chi ne ha tanta, vive abbastanza.<br />Febbraio viene a potare la vite <br />con le dita intirizzite: <br />è senza guanti ed ha i geloni <br />e un buco negli zoccoloni.<br />Marzo pazzo e cuor contento<br /> si sveglia un mattino pieno dì vento: <br />la prima rondine arriva stasera <br />con l'espresso della primavera.<br />Aprile tosatore<br />porta la lana al vecchio pastore<br />spoglia la pecora e l'agnello<br />per farti un berretto ed un mantello.<br />Maggio viene ardito e bello <br />con un garofano all'occhiello, <br />con tante bandiere nel cielo d'oro <br />per la festa del lavoro.<br />Giugno, invece, è falciatore; <br />il fieno manda un dolce odore, <br />in alto in alto l'allodola vola, <br />il bidello chiude la scuola. Luglio miete il grano biondo,<br />la mano è stanca, il cuore è giocondo.<br />Canta il cuculo tra le foglie:<br />c'è chi lavora e mai non raccoglie.<br />Agosto batte il grano nell'aia, <br />gonfia i sacchi, empie le staia: <br />c'è tanta farina al mondo... <br />perché un po' di pane per tutti non c'è?<br />Settembre settembrino, <br />matura l'uva e si fa il vino, <br />matura l'uva moscatella: <br />scolaro, prepara la cartella!<br />Ottobre seminatore: <br />in terra il seme sogna il fiore, <br />sotterra il buio germoglio <br />sa che il sole domani lo scalderà.<br />Novembre legnaiolo<br />va nei boschi solo solo,<br />c'è l'ultima foglia a un albero in vetta<br />e cade al primo colpo d'accetta.<br />Vien dicembre lieve lieve,<br />-si fa la-battaglia a palle di neve:<br />il fantoccio crolla a terra<br />e così cade chi vuole la guerra!.<br />8<br />Primavera.<br />Conosco una città <br />dove la primavera <br />arriva e se ne va <br />senza trovare un albero <br />da rinverdire, <br />un ramo da far fiorire <br />di rosa o dì lillà.<br />Per quelle strade murate<br />come prigioni<br />la poveretta s'aggira<br />con le migliori intenzioni:<br />appende un po' di verde<br />ai fili del tram, ai lampioni,<br />sparge dei fiori davanti ai portoni<br /> (e dopo un momentino<br />se li prende il netturbino,..),<br />Altro da fare<br />non le rimane,<br />per settimane e settimane,<br />che dirigere il traffico<br />delle rondini, in alto,<br />dove la gente<br />non le vede e non le sente.<br />Di verde in quella città <br />(dirvi il suo nome non posso) <br />ci sono soltanto i semafori <br />quando non segnano rosso.<br />9<br />Il Treno.<br />Seimila treni tutti pieni <br />per l'Italia se ne vanno <br />tutti i giorni di tutto l'anno!<br />Vanno a Milano, vanno a Torino,<br />a Siena, Bibbiena e Minervino, <br />vanno a Napoli e a Venezia,<br />a Firenze, Bari e La Spezia...<br />A Piacenza attraversano il Po <br />senza bagnarsi nemmeno un po',<br />e a Reggio Calabria, questo è il bello, anche i treni vanno in battello!<br />Che fila farebbero, a metterli in fila <br />uno dietro l'altro tutti e seimila!<br />E su ogni treno c'è un macchinista <br />che le rotaie non perde di vista.<br />Le locomotive non vanno da sole: <br />le ferma tutte, lui, se vuole! <br />Dunque signori, per piacere:<br />non fate arrabbiare il ferroviere...<br />….<br />10<br />Il treno di frontiera.<br />La frontiera voglio passare, <br />di là dai monti voglio andare,<br />dove i francesi per dire di si <br />dicono «oui!».<br />Quando sarò di là dal confine <br />troverò bambini e bambine tutte le lingue parleranno,<br />il russo, il tedesco, il turcomanno,<br />diranno, «Buongiorno» - io non capirò-<br />e «Buonasera» risponderò.<br />Ma poi rideremo insieme felici <br />e per sempre saremo amici.<br />11<br />Il treno dell’avvenire.<br />«Presto, signori, in vettura, si parte! <br />È pronto il rapido per Marte!<br />Proseguendo, verso le nove <br />faremo tappa a Venere e a Giove.<br />Sull'anello di Saturno cena, <br />teatro e ballo notturno.<br />Il Giro del Sole potremo fare, <br />sulla Via Lattea andremo a sciare, e incroceremo, senza timore,<br />il Gran Carro dell'Orsa Maggiore».<br />Una signora arriva adesso:<br />«Che disdetta, ho perduto l'espresso!».<br />«Niente paura, cara signora,<br />ce n'è un altro fra un quarto d'ora».<br />«Oh, io vo vicino, per fortuna: <br />prenderò il filobus per la Luna».<br />12<br />Il mare. La nave.<br />«Bella nave che vai sul mare,<br />quante cose puoi portare?»<br />Posso portare mille persone,<br />cento sacchi di carbone,<br />tre scialuppe ed una lancia<br />e un capitano con la pancia.<br />Corro in men che non ti dico dalla Cina a Portorico,<br />la tempesta ed il tifone<br />mi fanno il solletico al timone...<br />Ma se un giorno del malanno<br />di bombe e cannoni mi caricheranno,<br />sai che faccio per ripicco?<br />Colo a picco!<br />13<br />Si e No.<br />Io so le parole più corte del mondo; <br />una dice si, l'altra dice no.<br />Devi saperle bene adoperare <br />perché da sole possono contare <br />più di un milione di parolone.<br />Ma non c'è orologio per segnare l'ora di dir di si e l'ora di dir di no.<br />lo come faccio? <br />Ascolto il cuore, <br />è lui il mio suggeritore: <br />ascolto, capisco, <br />e senza alcun timore gli ubbidisco.<br /><br />Stesura incompleta<br />1a correzione giugno 2010.AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-9930266592596635952011-03-26T12:55:00.000-07:002011-03-26T12:57:48.674-07:0015 CONCLUSIONILe conclusione le dedico a mio padre. Parigli e sparigli, certezze matematiche e sfumature dei numeri: la testimonianza di un grande amico. Quaranta carte contro la fortuna: guida ad una sfida impossibile. Il suo grande rammarico nell’ultimo periodo della sua vita ?. Una partita di tresette, di scopone o di briscola fumando il mezzo pacchetto di sigarette “alfa”. Se ne andato ad 63 anni, me lo ricordo, combatté come un nemico, la malattia, che cercava di adombrare la luce dei suoi occhi, dei suoi pensieri e delle sue preoccupazioni. Aveva paura di lasciar sola mia madre avevano vissuto 30 anni insieme, sposi ed amanti felici, neanche la lontananza durante la seconda guerra mondiale turbò il loro amore. Cesarin aveva imparato a giocare nella sua Brisino. Mi ricordo nella nostra casa, quando rientravo dal mio girovagare per il mondo, il parlare delle cose, dove poteva coniugare la pratica al pensiero. Con le carte mi diceva e come nella vita bisogna giocarle tutte, e mi raccontò di uno scritto mi pare di Mario Soldati che aveva letto ed lo aveva entusiasmato. “Dove sta il segreto mi diceva di questo straordinario gioco, semplice e complicatissimo allo stesso tempo?. Cominciamo da un verso di Dante: “Al poco giorno / e al gran cerchio d'ombra”. Supponiamo che il “poco giorno” aumenti, così come aumenta, a furia di giocare, la conoscenza del meccanismo dello scopone. Supponiamo che il “poco giorno” diventi progressivamente una grande, grandissima luce: ebbene, forse che, l'ombra - l'ignoranza del meccanismo scoponesco - diminuirà? Al contrario: sarà più vasta, aumenterà nella misura in cui è aumentata la luce. É così che nell'umile e complicatissimo (ma senza manifeste pretese filosofiche) gioco dello scopone, i giocatori normali si sentono senza saperlo vicini ai massimi filosofi nel problema dell'esistenza: tanto più vicini alla verità quanto più immersi nella meditazione del mistero. Guardatevi dentro e guardatevi intorno. Capirete allora che soltanto gli sciocchi si credono intelligenti. E che soltanto gli intelligenti si confessano sciocchi. Lo scopone c’insegna anche queste lezioni elementari. Molti giochi, forse tutti, partono dall'antichissima invenzione d’Ulisse, il Cavallo di Troia: una forma visibilio che ne contiene un'altra, diversa e invisibile. Il dado ha 6 facce contrassegnate da 6 numeri ben noti e visibili: ma, gettandolo, s’ignora su quale si fermerà. Le carte hanno ciascuna due sole facce: ma una é unica e le altre possono essere molte, come al lotto, dove sono 90. Nel bridge le facce ignote sono 52. Nei tarocchi 72. Nel tressette, nello scopone e nella briscola 40. La perfezione mi diceva e di chi é capace di avvicinare o addirittura di raggiungere la precisione di un calcolatore elettronico, tocca rapidamente, fulmineamente, l'estremo limite del calcolo; prima di giocare una carta avrà ridotto, in qualche istante, la propria perplessità alle semplici alternative connesse con l'invenzione di Ulisse, ossia col dato di fatto che alcuni elementi gli sono ignoti ( certe carte possono o non possono essere in mano agli avversari o al socio) e avrà fatto i suoi calcoli in ragione della minore o maggiore possibilità: dovendo scegliere la carta da giocare si affiderà alla fortuna. Questo giocatore quasi perfetto godrà dunque di un divertimento ridotto al minimo. Si reputerà fortunato se il suo socio gli è inferiore perché , se fosse bravo come lui, il nostro giocatore perfetto dovrebbe accontentarsi dallo spasso miserabile concesso allo zibidì zibidé.” Il metodo. “Proverò mi diceva, a non sentirmi una macchina, ma di riflettere in una partita di scopone l'intera vita come in uno specchio simbolico di tutte le sue avventure, sorprese, colpi di scena, astuzie, pazienze, dispiaceri, desideri, estasi e rimpianti. Alla base del semplicissimo meccanismo aritmetico secondo cui, per esempio, il 5 è sempre uguale a 5, ma è sempre uguale anche alla somma di 1+4 o di 2+3 o di 2+2+1, noi scopriamo che, aumentando le combinazioni sino a tutte quelle che si possono ricavare mescolando quattro serie identiche dei numeri dall'1 al 10, produciamo un turbine di parigli, sparigli i e riparigli necessari a far tornare i conti, come sempre tornano alla fine della mano: un turbine così vario e fantasioso che, per divenirci, non serve, anzi nuoce giocare a denari. La vittoria e la contentezza dei vincitori, orgogliosi quando credono di essere stati abili e altrettanto, se credono diversamente, orgogliosi quando credono di essere stati fortunati, dopo qualche minuto di compiacimento si mescola, e quasi si tempera, con un senso di riconoscenza e di simpatia verso gli sconfitti, insieme ai quali i vincitori si sono soprattutto divertiti e senza i quali il divertimento non sarebbe stato possibile. Analogamente, il dispiacere degli sconfitti, non va mai oltre un breve rammarico: la mortificazione che trovano davanti ai vittoriosi avversari viene presto dimenticata, superata da una certezza di fraterna parità.”L’epilogo, è che dopo una partita di scopone o di un tressette o di una briscola, si comincia subito a parlare delle vicende del gioco, che è stato così fantastico, così interessante per se stesso, indipendentemente dalla sua conclusione. Ci siamo appassionati insieme, gomito a gomito, come in una catena magica e spiritosa, non spiritica: per lunghe ore ci avvinceva tutti e quattro in una stessa, spasmodica curiosità per le sorti imprevedibili del gioco, per i nodi inestricabili che ora parevano stringersi e ora allentarsi seguendo l'una o l'altra delle loro due nature: già, perché le carte erano sempre le stesse, ma ciascuna, ogni volta, poteva essere giocata con l'aiuto della fortuna o con l'alleanza dell'abilità. Insomma, quando si parte il gioco della scopa, ossia, quando si finisce la partita di scopone, nessuno rimane dolente. Così non è stato per la sua ultima partita, l’avevo salutato prima di entrare in sala operatoria, con uno sguardo, mi aveva donato la sua vita. (Zurigo, 20 agosto 1972 ore 15.30. ). <br /><br />1a correzione maggio 2010AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-10191876839022076852011-03-26T12:51:00.000-07:002011-03-26T12:54:22.980-07:0016 RINGRAZIAMENTIUna persona può scrivere, ma sono necessari molte altre persone capaci e competenti per farti ricordare o ricordarti, per infondere vita al racconto , dargli un senso e diffonderne il ricordo. Negli anni che ho impiegato a raccogliere il materiale, ho ricevuto l'appoggio di molte persone, alcune non ci sono più, ( come la generazione dei miei genitori) alle quali sono profondamente grato hanno contribuito a fare questo testo ed hanno arricchito con i loro ricordi e consigli la mia vita. Dai primi appunti di questo testo, risalente al 1954, ho avuto la fortuna di averli avuti al mio fianco e sono profondamente grato a ciascuno di loro.<br />Mio padre. Cesarin anche te ne sei andato nel lontano 1971, Grazie per la tua incredibile dedizione che mi hai riservato e nell’avermi aiutato capire e ricordare. Mi ricordo alla Spelonca, quando parlavi in Tarusc, mi raccontavi l’esperienza dei tuoi vecchi e dove trovare il materiale per quella mia idea bislacca che era di scrivere e raccontare il Tarùsc e le nostre tradizioni, e quello che girava intorno. Grazie per aver condiviso il mio entusiasmo mentre stendevo i primi appunti. Non immagini nemmeno quanto tu sei stato indispensabile. Voglio aggiungere che sei stato il mio migliore amico, senza di te non sarei mai partito, per la mia lunga avventura della mia vita, alle 8 di sera del 16 marzo 1956, per Parigi.<br />Mia madre. Irma non ci sei più dal 1991, grazie per aver piantato i semi dai quali è nato questo libro. Sei stata la mia prima maestra e anche la migliore. Le prime curiosità sul Tarùsc, li tuoi appunti sulle tradizioni, sulla cucina, sulle erbe ed i rimedi di mamma Gin vengono da te, che gelosamente le conservavi. Non sono state solo le tue parole quanto piuttosto le tue azioni a formarmi e ricordare. Ti ringrazio per le tue preziose lezioni, per l'umiltà, la bontà e l'amore con cui me le hai insegnate.<br />Paolo ed a Teresa (che ci ha lasciato), per la raccolta di alcuni libri vecchi calendari e documenti; che mi hanno aiutato raccontandomi quello che si ricordavano sull’argomento. Paolo. Ti sono profondamente grato perché sei una delle rare persone che cercano sempre ciò che c'è di buono in ogni cosa ed in ogni situazione. Grazie Teresa per i tuio calendari, anche tu ci hai troppo presto lasciati, grazie.<br />Zia Domenica, per la tua incredibile perseveranza nel cercare di migliorare e di andare altre al passato, mi sei stata di grande insegnamento, la prima ad emigrare in una Torino non ospitale ed astiosa. Di aver condiviso il mio entusiasmo mentre stendevo questi appunti, nelle serate che ho passato con te e con zio passando per Torino. <br />Zia Santina, ti sono profondamente grato per la gioia che esprimevi quando passavamo a trovarti a Meina. Sei stata l’ultima persona con cui scambiavo qualche parola in Tarùsc quando ci sentivamo al telefono, le tue parole erono un modo per farmi sentire a casa.<br />Zio Renaldo. Sei l'amico che tutti avrebbero dovuto avere, la tua sofferenza mi ha fatto capire molte cose, eri per me una figura sempre presente e pronta a regalare un sorriso. <br />Zio Zaverio. Il primo degli zii che se ne andato. Arrivavi a Brisino con la tua Balilla e poi la Lancia, sempre sorridente ed enigmatico. Tu mi hai spinto a cercare nuova possibilità e mi hai aiutato a trasformare in realtà la mia voglia di viaggiare. <br />Linda Cerri, per l'affetto. e il sostegno che mi hai offerto con le tue lunghe telefonate dove ti chiedevo di ricordare. Linda e Felice, la vostra è stata una bella storia d’amore.<br />Linda e Franco , per avermi fornito nuove idee e per l’aiuto dato a mia madre. Franco il primo abruzzese entrato in famiglia.<br />Bruna e Jean. Ho apprezzato ed apprezzo la vostra discrezione e la dedizione che avete avuto verso mia madre, per l'entusiasmo che avete verso la vita e per la Vostra amicizia.<br />Sono profondamente grato a ciascuno di voi. So che avete fatto di tutto per rendere il mondo un posto migliore e reputo un onore avervi come amici<br />Al termine della prima stesura molte persone della famiglia non ci sono più, zio Zaverio, mio padre, Felice, Zia Domenica, mia madre, zio Rinaldo, zia Santina e MariaTeresa che ricordo con amore. <br /><br /><br />Qualunque cosa tu possa fare,/ o sognare di fare,/ incominciala /<br />l’audacia ha in se / genio, potere e magia / incomincia adesso. <br />W. Goethe<br /><br />Lettera aperta, <br />a Lara, Alessandro, Fiorella, Guido e Rosalba (o Rusina come ti chiama tua sorella) vi dedico la lettera mai inviata a Rosalba quando aveva 9 anni (era il 1999 scrivevo, domani sarà l’inizio del nuovo millennio), per gli auguri per un capodanno di cinquant’anni dopo. La dedico a te perché sei la più piccola, ma è dedicata a tutti voi. Ti mando gli auguri di Capodanno perché tu li legga e tu li conservi e le rileggierai quando saranno passati cinquant’anni da oggi, nel 2049, “ Cent’anni prima io avevo come te 9 anni. Allora era appena finita la seconda guerra Mondiale, i mezzi comuni di trasporto: la carrozza con il cavallo per i più ricchi, il treno e il bastimento con le tre classi ben distinte”. Il fascismo ci aveva portato in eredità una sconfitta e milioni di morti. Il secolo che si era chiuso è stato il secolo delle catastrofi, dei 170 milioni di morti, di due guerre mondiali, delle infinite guerre coloniali, dello sterminio degli ebrei e degli oppositori di Stalin, di Pinochet, dei regimi fondamentalisti, la questione palestinese, di 200 milioni di bambini che soffrono la fame e che forse molti di loro non arriveranno al terzo millennio. Di premi Nobel, che avevano affamato e fatto ammazzare milioni di persone. <br />Oggi tu hai 9 anni, non sai che cosa sia veramente Capodanno, non perché tu non lo capisca e che non te ne rendi conto, e mi sembra giusto, con il nuovo anno entreremo nel nuovo millennio. Non sai che in questo primo ed unica metà inizierà il nuovo secolo ed il nuovo millennio, il terzo. Quando anche questa prima metà sarà passata “ un soffio” tu avrai 58 anni, come i miei 58 anni: sarai nonna; avrai figli forse nipoti che avranno l’età che tu hai. L’augurio che la tua generazione possa superare le barbarie create dalle nostre. Sono convinto che con la tua fede di giovane, che era anche la mia, la tua fede farà una nuova storia, possa la storia non fermare la tua fede.<br />Tu potrai guardare indietro / leggere come in un libro in questo libro / per noi è chiuso / di cui appena potremo leggere il frontespizio e forse qualche pagina. <br /><br />Che cosa è stato di noi? / Dove andammo? / Tu sarai. / Voi ci sarete. / Solo pensando a te, / varcati questi cinquant’anni, / si possono dire parole di speranza: / come di chi ha varcato il fiume ed è all’altra sponda. <br /><br />(Villa Caldari Dicembre 1999).<br /><br />Stesura incompleta<br />1a correzione giugno 2000.<br />Non è vietata la riproduzione.AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-66988232002230472072011-03-26T12:50:00.000-07:002011-03-26T12:51:33.908-07:0017 BIBLIOGRAFIA.Per argomenti, culturali, dei costumi, del lavoro e dei mestieri, della società dell'alto vergante. (aggiornato al 99)<br />Anno <br />Luogo Autori <br />Titoli ed Edizione<br />(r)ristampa, (°) ricerche, *erbe, (^) statuti, (#)mestieri, () iscrizioni(cumane, leponziee retiche).<br />1716 Milano Caraccioli (°)Dizionario pittoresco e sentenzioso, 1766 (cit.da Uzanne e da Francinetti).<br />1752 Roma Paciaudi PM, De umbrellae gestatione, Roma 1752 (cit.dall'Uzanne e dalFrancinetti).<br />1801 Milano. Amoretti C. & Galasso Viaggio da Milano ai tre Laghi, Maggiore, di Lugano e Co¬mo.<br />1844 Paris Cazal M. Essai sur le parapluie, la canne et leur fabrication, (cit. da Uzanne).<br />1847 Torino Michela Ponza (°)Dizionario Piemontese - Italiano del “Michela Ponza” quarta edizione Carlo Schiepatti - Torino<br />1875 Prato De Vit V. Il Lago Maggiore, Stresa e le Isole Borromee, Prato 1875.<br />1885 Roma AA.VV. Dizionario dei Comuni del Regno d'Italia, Roma 1885..<br />1892 Paris Uzanne, O. <br />ed.Quitin Les ornements de la femme: léventail, 1892 l'ombrelle, le gant, le manchon, Quantín, Paris: <br />1914 Milano Anderloni E. (^)Corpus statutorum italicorum, vol. VI: Statuti di Arona (p. 61), Statuti del Vergante, Lesa e Meina (p. 179).<br />1925 Torino Francinetti P., L'ombrello, Anfossi, Torino 1925<br /> Roma Francinetti P,Roma 49 Voce, “Ombrello”,«Enciclopedia Treccani», <br /> Roma Aruch Scaravaglio G. voce “Ombrello”, - Enciclopedia Treccani .<br />1956 Milano Morazzoní J. Restellí C.E. L'ombrello. Contributo alla storia della moda e del costume, ed.Górlich, Milano 1956. <br />1959 Bari Ambrosini A., L'ombrello attraverso i secoli, estr., Bari 1959..<br />1960 Paris Librairie Larousse, Nouveau Larousse gastronomique; <br /> <br />1964 <br />Milano Benedek M <br />Bompiani. L'ombrello di S. Pietro di Mikszath, in «Dizionario Lettera¬rio delle Opere», vol. 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Giacornelli G., (°)I dialetti delle regioni d'Italia, Sansoni, Firenze 1972.<br /><br /><br />1973<br /> Varallo Manni E. Il Tarùsc: la parlata degli ombrellai, Varallo 1973. <br /> Magognino Buschini G Buschini G., Magognino, brevi notizie storiche, Magognino 1973¬<br /> Intra Macanco D. Cotta L.A. Molli C.A. Il Lago Verbano (a cura di P. Frigerio, S. Mazza, P.G. Pisoni), Alberti, Intra 1975.<br />r1976<br />1710 Intra<br />Milano Vagliano G.G., Le rive del Verbano, Milano 1710, rist.Anast. con premessa e note di P. Frigerio e P.G. Pisoni, Alberti, Intra 1976.<br /><br />1976 Bologna AA/VV Memorie storiche di Arona, Novara rist. anast. Ater, Bo¬logna 1976.<br /><br /><br /><br /><br />1977<br /> Milano Ferrero F., I gerghi della mala, Mondadori, Milano 1977<br /> Stresa De Vit V. Notizie storiche di Stresa, Casale 1854, ed. anast. Leone, Stresa1977.<br /> Praga Kybalova L.Herbenova Storia illustrata del co¬stume. Praga, ed. ítal. 1977. 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Zollí P. Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 1985<br /><br /><br />1987 Milano Chevalier J.Gheerbrant M. Dizionario dei simboli, Rizzoli, Milano 1987.<br /> Milano Grassi V. Ombrelli tra storia e leggenda, da «11 Sempione», 1987<br />1988 Stresa Guarneri A. Brisino documenti e sentimenti.ed. La tipografia. Stresa 1988.<br /><br /><br /><br /><br /><br />1990 Stresa Buschini G. Buschini G., Nel Vergante dal Lago alla Collina, Leone, Stresa 1989.<br /> Gignese Buttazzi G. Bordignon L. Museo dell'Ombrello e del Parasole di Gignese, <br /> Milano Biedermann E. Enciclopedia dei simboli, Garzanti, Milano 1990<br /> Milano Bordignon Elestici L., Bordignon Elestici L., Gli ombrelli, Bema, Milano 1990.<br /> Intra Grassi V. Manni C., Il Vergante, ed. Alberti, Intra 1990<br /> Pari Noguez D. Sémiologie du parapluie, La Difference, Paris 1990.<br /><br /><br />1992<br /> Intra Aghina A. 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Mainardi - Sansoni Ed., Firenze 1975.<br />1976 Parigi P. Bocuse La cuisine du marché.Flammarion ed ,Paris 1976.<br /> <br />1830 r Bologna L. Castelli Le ricette di madama F. Nella stamperia del Longi. Con licenza de’ superiori<br /><br /> <br /> <br />1994 Roma Bellaspiga L., Le iscrizioni camune delle rocce 24 e 1 di Pia' d'Ort, in "Notizie Archeologiche Bergomensi" (1994), pp. 249-260<br />1980 Roma Mancini A Le iscrizioni della Valcamonica, in "Studi Urbinati di Storia, Filosofia e Letteratura", Suppl. linguistico 2/1 1980 pp. 75-166.<br />1991 Roma Mancini A Iscrizioni retiche e iscrizioni camune Due ambiti a confronto, in "Quaderni del dipartimento di Linguistica" (1991), pp.77-113.<br />1998 Roma Morandi A Epigrafia camuna. Osservazioni su alcuni aspetti della documentazione, in "Revue Belge de Philologie et d'Histoire", 76.1 (1998) pp. 99-124<br />1965 Roma Prosdocimi A. 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M., Hirschhornvotiv mit rätischer Inschrift aus Sanzeno am Nonsberg, in "Der Schlern", 31 (1957), pp. 426-427<br /> <br /><br />Stesura incompleta<br />1a correzione maggio 2000 .<br />Non è vietata la riproduzione.AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-73446471729156716532011-03-26T12:48:00.000-07:002011-03-26T12:50:13.999-07:00Brisino. Un maialino per compagnia Storia di tanti anni fa di Giuanin Giloo, un uomo venuto da lontano, che parlava il Tarusch.“Signora Fripp”, <br />non sapevo che aveste un maiale così bello. Per Natale avrete del lardo squisito!». <br />«Dio non voglia! (...) Mi fa compagnia. Non potrei separarmi da lui, neppure se non dovessi mai più assaggiare il grasso del bacon».<br />«(...) Ma come fate a mantenere un maiale, senza ricavarne nulla?».<br />«Oh, si trova da solo delle radici, e non mi importa rinunciare a qualcosa per darla a lui. Un po' di compagnia vale bene del cibo e da bere; mi segue e grugnisce quando gli parlo, proprio come un cristiano».<br />Così scriveva George Eliot in Scene di vita clericale, dimo¬strando che, anche nell'Ottocento, per qualcuno i maiali erano animali da compagnia e non servivano solo per ricavarne costine e salumi.<br />Del resto, basta averne osservato uno da vicino per capire quanto siano intelligenti e capaci di donare affetto.”<br /><br />Sulle colline dell’alto vergante un vecchio se ne andava in giro con una piccola scrofa. Che a un tratto si metteva a scavare con il muso e le zampe. E trova il tesoro! Un bellissimo tartufo. Il padrone la trattava come una regina e lei lo seguiva fedele, senza guinzaglio. Marieta, coccolosa quanto una bimba.<br />Una prova l'ho avuta diversi anni fa, sulle colline dell’alto vergante, dove sono nato e rientravo dal collegio a passare le vacanze. Un giorno decisi di fare una passeggiata per le colline, da cui si gode di una vista uni¬ca sul lago maggiore. <br />A un certo punto vidi un vecchio sui 70 anni, era il mio amico Giunin, un tipo vispo, con tanto di barba incolta e un cappello a tesa larga in testa. Non era in giro da solo, ma con una scrofa che lo seguiva fedele, senza bisogno di un guinzaglio. Si vedeva che erano in cerca di qualcosa. Felice, grugnì e gli appoggiò le zampe sulle gambe Già, ma di che cosa? . Per capire meglio mi avvicinai. Quand'ecco che la scrofa iniziò a scavare con il muso e con le zampe anteriori nel terreno, come se avesse trovato chissà che. Dopo pochi secondi il vecchio la invitò con deli¬catezza a farsi da parte e, con l'aiuto di un van¬ghetto, estrasse dal terreno qualcosa. Ma certo, era un tartufo! <br />Dopo averlo pulito, lo infilò in un cestino. Quindi disse all'animale che era stato bravo e lo ricompensò con un pezzetto di patata cruda che tene¬va in tasca. La scrofa, felicissima, emise qualche gru¬gnito di gioia e appoggiò le sue zampe sulle gambe del padrone, come per ringraziarlo. Il vecchio, a pochi metri da me, incrociò il mio sguardo. Ah sei tu, mi diede la mano ed era Giuanin, il cercatore di funghi/tartufi più anziano del paese. Raccontò che da generazioni la sua famiglia aveva delle scrofe, con cui andava in cerca di tartufi. - Lei è Marieta, la mia preferita - , mi spiegò indicando la maialina.<br />Aggiunse vedi il tartufo bianco profuma di sesso. Perché proprio le femmine sono indicate per questa attività? Il fatto è che il tartufo bianco profuma di ses¬so: a dargli il caratteristico odore è una sostanza pre¬sente anche nei testicoli e nella saliva del verro. Giuanin mi invitò a seguirlo. Proprio al centro del paese c'era casa sua, semplice ma tenuta bene. Mi chiese di fermarmi per pranzo. - Ovviamente risotto col tartufo! Vieni, andiamo a sceglierne uno buono-, mi accompagnò in canti¬na per mostrarmi i suoi trofei. – le migliori osterie dell’alto vergante sono miei clienti -, spiegò. - Buona parte del merito va alle maialine! -. - Già, ma dove sono? - , chiesi. - Non ho visto la stal¬la...-. Mi accompagnò sul retro: qui c'era un bel recinto dove tre maiali giravano liberi. E per ripararsi avevano una casetta in legno. Altro che stalla! - Da loro dipende la mia vita, non potrei pro¬prio trattarli male - . Dopo il risotto ci sedemmo su due sedie a sdraio. Vicino a noi c'e¬ra una sedia più piccola, dove andò a spaparan¬zarsi Marieta. - Riposati, cara, te lo meriti -, le disse Giuanin. - Oggi hai fatto proprio un gran lavoro - . Continuai a frequentare il Giuanin perché oltre ad insegnarmi come guardare il sottobosco per trovare i funghi, mi raccontò dei miei nonni e bisnonni che non ho mai conosciuto. Lui era un grande estimatore di mio bisnonno Guglielmo detto il Garibaldin aveva combattuto con Garibaldi sulle colline di Varese. Conservo ancora la sua pistola che sta in bella mostra sul mio camino a Caldari.<br /><br />Porcellini puliti e fedeli come i cani Questa stanza è un porcile». Espressioni come questa dimostrano quanta poca considerazione ci sia verso i maiali. Sbagliato: hanno un'infinità di doti. Intelligenti e leali. I maiali sanno esprimere le loro emozioni con la voce e con il corpo, sono in grado di sognare e di distinguere i colori, hanno buona memoria e capacità di riconoscere luoghi e persone. Non è vero che sono sporchi: non lasciano mai i loro escrementi dove dormono o mangiano, a meno che non siano obbligati a farlo. Si rotolano nel fango solo per proteggersi dai parassiti e, d'estate, dalle scottature solari. Se addomesticati, poi, sanno essere leali e fedeli, proprio come un cane.<br />Cercatori di tartufi. Un tempo venivano usati per la raccolta dei tartufi, oggi non succede quasi più. <br />Affettuosi e socievoli. I cuccioli, a causa della loro grande capacità di donare affetto, sono spesso usati per la pet-therapy, che prevede l'uso di animali per la cura di disturbi fisici e psicologici.<br />Una moda da bocciare. Tra i maiali più socievoli c'è il nano vietnamita. In alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, averlo è quasi una moda. Ma bisogna tener presente che può raggiungere i 70 chili, quindi in appartamento può risultare ingombrante. Oltretutto ha bisogno di un giardino dove scorrazzare. Gli hanno aperto la porta di casa la scrittrice Danielle Steel e il divo George Clooney.AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2097222240885715228.post-83102763243680139462010-05-16T02:59:00.000-07:002010-05-17T03:15:00.663-07:00<p class="MsoNormal"><span class="apple-style-span"><span style="line-height: 115%; "><b><span class="Apple-style-span" style="font-family:arial;"><span class="Apple-style-span" style="color:#FF0000;"><span class="Apple-style-span" style="font-size:large;">Al Turusch,</span></span></span></b></span></span></p><p class="MsoNormal"><span class="apple-style-span"><span style=" line-height:115%;Verdana","sans-serif";font-family:";font-size:10.0pt;color:black;"><span class="Apple-style-span" style=" line-height: normal; font-family:Georgia, serif;font-size:16px;"><span style="line-height:115%; Verdana","sans-serif";font-family:";font-size:10.0pt;color:black;">trattasi di un idioma, di una lingua storica, dell'alto vergante tra la provincia di Verbania e Novara, un idioma scomparso parlato fino al 1960, l'ho imparato da Giunin e da Tunin Leon intorno al 1950</span> quando io ero bambino. Un idioma, una lingua, codificata scritta con tanto di vocabolario proprio di alcuni paesi dell'alto vergante, in particolare la fascia che va da Stresa, Levo, Gignese, Vezzo, Nocco, <span style="mso-spacerun:yes"> </span>L'Alpino, Brisino, Magognino, Stroppino, Carpugnino, Graglia, Brovello, Massino ( dove esiste un monumento all’ombrellaio), Nebbiuno, Colazza, <span style="mso-spacerun:yes"> </span>ecc., chiamata TARUSCH , una lingua speciale messa insieme in 500 anni dagli ombrellai che da li si muovevano per tutta l'Europa fino alla Russia ed in Sud America(alcuni anni fa mi è capitato di parlarlo con un antiquario di origine di Brisino al mercato di Sant'Elmo a Buonos Aires) è un misto di lingue e con l'italiano non ha niente o poco da spartire, purtroppo quando la mia ultima zia ci ha lasciato non lo parlo più, uso ancora poche parole con mia moglie quando sono estremamente allegro. Al Tarusch non credo sia più vivente (a parte alcuni frequentatori del museo dell'ombrello a Gignese) e che nessuno utilizza il Tarusch comunemente è un vero peccato... </span></span></span></p>AL TARUSCH da BRISINhttp://www.blogger.com/profile/09344919491947900960noreply@blogger.com1