Prefazione
Argomenti
I Capitolo
Brisino ed il suo Tarùsch o Tarùsc
Brisino ed il suo Tarùsc. Cosa è rimasto del nostro mondo contadino. (*) 1950
II Capitolo
Le norme.
Origine dei vocaboli e frasi idiomatiche. Pronomi ed aggettivi possessivi. La terminologia dei numeri. Vocaboli d’uso comune. La corretta pronuncia del Tarùsc. Particolarità ed Aggiornamenti. Glossario. Emigranti. Il dizionario etimologico. La famiglia. La Crugia, la casa. Zapin, utensili ed arredo. Gli animali, la loro casa e la cascina. Gli alimenti. L’arcumenta, l’abbigliamento. Il corpo umano. Autorità e paesi. Artusc, mestieri. L’ombrellaio. Strumenti dell’ombrellaio e del mulita. Gergo dei venditori ambulanti nei mercati. Tempo, misure e monete. Numeri. Al taruscin alla patafièta, (all’osteria). Mager e magera. Verbu e part, avverbi, particelle. Ausiliari e preposizioni. Verbi. La coniugazione dei verbi. 1958
III Capitolo
Il Dizionario
Tarùsc, Italiano, Francese e Italiano Tarùsc e Tedesco. Alcune frasi in Tarùsc. Lettera di un prigioniero di guerra del 1943. (*) 1960
IV Capitolo
Curiosità.
Un idioma, una lingua e la sua scomparsa. Un pò di storia. Perché i Mapuche.(*) 2000
V Capitolo
Pesi, misure e monete nel tempo. (*) 1968
VI Capitolo
Meteorologia (*) 1978
VII Capitolo
Brisino ieri.
Brisino e la sua storia. Brisino ieri. Precisazioni. La preistoria con un po’ di pazienza. La storia quasi vera. I documenti. La popolazione del vergante. I pastori nella comunità. Anagrafe dal 1799 al maggio 2006. Cronistoria. Statuto e storia della Pro Loco. Una storia semiseria. 1940. 1970
VIII Capitolo
Brisino oggi.
Brisino oggi, poggio sul lago Maggiore. Brisino. L’isola dei pescatori. Isola Bella. Isola Madre. Santa Caterina del Sasso. Villa Pallavicini. Mottarone. Villa Taranto. Museo dell’ombrello. Rocca D’Angera. Lago D’Orta. Macugnaga. Dal giardino dell’Alpinia. Stresa. 1990
IX Capitolo
Le feste, tra il sacro ed il profano.
Le feste tradizionali, un po’ di storia. Le feste tra il sacro ed il profano. Il 17 Gennaio. 2 e 3 Febbraio. 13 Giugno. Per golosi e neo-pagani. Il Carnevale. La quaresima. Periodo Pasquale. La vera festa del paese. San Sebastiano. 29 Giugno. La festa del paese 15 agosto. San Martino. Ogni santi ed morti. Natale. Curiosità. (*) 2000
X Capitolo
I sopranomi.
Introduzione. Paese. Famiglie. Taruscin. Luoghi di lavoro. (*) 1958
XI Capitolo
I segreti, le erbe delle nonne.
Il mondo contadino. Le erbe delle nonne, i segreti e l’utilizzo in cucina. Oltre il confino. Curiosità su curiosità. Come conservare le erbe aromatiche. Le erbe. Calendario per la raccolta. Classificazioni 1958
XII Capitolo
La cucina nei giorni di festa dal 1790 al 1990.
Ricette della mia bisnonna, della nonna, di mia madre e delle mie zie Santina e Domenica. La cucina. Introduzione. Il pane. L’aglio, il porro, lo scalogno la cipolla, nella cucina di mia madre. Gli antipasti. I primi piatti. Il riso. La pasta. I gnocchi. Turnela o polenta. Burro e salse. I secondi. Uova. Le frittelle. Fritti. Vegetali, cereali e legumi. Le insalate. Le verdure sotto vetro. Tuberi, funghi e verdure essiccate. Dolci, Caffè, liquori e tisane. Piccolo dizionario. 1972
XIII Capitolo
Le ricette di “Mamma Gin”.
Introduzione. I rjmedii. Proemio. Avvertimento. Rjmedii principali. 1°Parte. (*) 2°Parte.(*). Calendari per la raccolta delle erbe. I rimedi di Campagna. I rimedi per gli animali. (*) 1958
XIV Capitolo
Favole e Filastrocche.
Favole Dall’ A alla Z. e le Filastrocche (*) 1948
Conclusioni (*) 2007
Ringraziamenti (*) 2007
Bibliografia 2000
(*) da terminare, ° inserito
Nota per i navigatori: vi ringrazio per un vostro eventuale commento, sono gradite sull’argomento osservazioni ed eventuali aggiornamenti, se conforme allo spirito della raccolta dei documenti. Grazie
I primi appunti risalgono al 1950. Gli ultimi aggiornamenti sono del maggio 2010. Il lavoro si divide in:
- Documenti di ricerca sul Tarùsc,
- La comunità Brisinese,
- I costumi, nei passati tre secoli della comunità .
- Gli appunti, della mia bisnonna, delle mie nonne e di mia madre, quattro generazioni e due secoli.
- Raccolta, sulle erbe, medicamenti, le favole e le filastrocche.
Troverete la storia di Brisino, il gergo, le feste, il tempo, le misure, gli usi, i costumi, la cucina, le erbe, le cure mediche, le fiabe e le filastrocche. Da dove ho incominciato, dalle storie di un vecchio lusciat e raccogliendo notizie e materiale. Vedi bibliografia, utilizzando tutto Il materiale inerente alla ricerca sul dialetto. Breve elenco di sintesi di lavori già effettuati in passato potete consultarli in archivio.
Come trovare i testi e gli argomenti trattati, andare nel sito nella pagina dell’archivio troverete l’indice per argomenti in ordine alfabetico, “archivio1.htm” e poi sul numero che vi interessa
* inseriti Questi argomenti sono trattati in sintesi e potete consultarli sotto la voce archivio.htm
Introduzione 1.I dialetti. 2.Dialetto: nome e concetti. 3.I dialetti dall’unità ad oggi. 4.I dialettalismi . 5.L’italiano popolare e i dialetti e le loro origini. archivio157.htm
1. I dialetti e le loro origini. 2. Le origine remote dei dialetti. 3. Le lingue dell’Italia pre-romana. 4. Strutture e varietà del latino. 5. Innovazione del latino volgare archivio158.htm
1.L’Italiano regionale. 2. Il concetto di Italiano regionale. 3.L’Italiano regionale negli studi scientifici. 4. Le principali varietà regionali I livelli di analisi archivio159.htm
1. Diettologia sociologica. 2. Problemi di definizione. 3. Modelli della diettologia sociologica. 4. Costrutti della diettologia sociologica. 5. L’interfaccia tra sociologia e storia. 6. La correlazione tra fatti linguistici e storici. 7. Il rapporto tra diatopia, distratia e diafasia nello studio della variazione. archivio160.htm
1. Come si fa un indagine dialettale sul territorio. 2. Modalità di raccolta delle informazioni. 3. L’Osservazione. 4. L’Intervista. archivio161.htm
1. L’antoponimia. 2. I Prenomi. 3. I Cognomi. 4.Il dialetto nei cognomi Italiani. 5. I sopranomi. 6. I sopranomi di famiglia archivio162.htm
1. Il Piemonte. 2. L’assetto linguistico nella regione. 3. La grafia piemontese. 4. Gli sviluppi diacronici. 5. Morfologia . 6. Cenni di sintassi. Elementi del lessico. 7. Cenni su antroponimia e toponomastica. 8. Cenni sulle varietà locali. 9. Testi antichi. 10. La letteratura in piemontese. 11. Le traduzioni, le pubblicazioni periodiche, i concorsi letterari e i corsi di piemontese. archivio163.htm
1. La svizzera italiana. 2. Profilo regionale. 3. Il quadro sociolinguistico archivio164.htm
1. Dialetti e scuola. 2. La ricerca di un metodo 3. L’imbratto del vernacolo e lo zelo degli insegnanti: il dialetto nei programmi ministeriali. 4. La riforma gentile: la tradizione folklorica e la traduzione. 5. La questione dell’insegnamento della lingua: dialetti tra alienazione e giacobinismo linguistico. archivio165.htm
1. Dialetto e gergo. 2. Il gergo: generalità. 3. Rapporti tra gergo e dialetti. 4. Gergalismi nella lingua. 5. Scrivere in gergo. archivio166.htm
1. I dialetti italiani nel Mondo. 2. Caratteri. 3. I dialetti italiani negli USA. 4. I dialetti italiani in America Latina. 5. Un episodio messicano: la colonia Chipilo. archivio167.htm
(*) in via di stesura. Prima correzione dicembre 2007. Riprendo il lavoro dopo 7 anni dalla pubblicazione delle bozze non corrette. La verità, speravo in un aiuto Fate sempre in tempo. La prossima correzione al termine dell’inserimento del resto degli appunti. Cliccare sul capitolo per la rapida visione.
Buona lettura.
1790* - 1990**.
"Al prumm dal lungon a Carpignin, a truà l'Casér senza an bergnin", "Il primo dell'anno a Carpugnino, a cercar padrone, senza un soldino".
Questa scritta è posta nella piazza della chiesa di Carpugnino il paese d’origine della mia bisnonna “Mamma Gin a pochi chilometri da Brisino”
(*1790 la nascita della mamma di mia bisnonna, **1990 la scomparsa di mia madre)
A mia moglie Rita
per l’infinita pazienza.
Ascoltami, ho una storia affascinante da raccontarti. C’era una volta un idioma per noi una lingua “il Tarùsc”, parlata dai miei vecchi. Molte delle parole che troverai le ho apprese, da mio padre, da mia madre, dalle mie zie Domenica e Santina, dagli anziani del paese, dal Tunin un vecchio saggio amico di mio bisnonno, “che non ho conosciuto”, ma che ne ho sentito parlare per le sue imprese di giovane garibaldino; giorno dopo giorno ascoltando le loro storie, nelle calde giornate estive alla fine degli anni 40 e dal cugino Mario che, oltre conoscere il Tarusc aveva una grande curiosità e conoscenza della lingue europee. Non troverai tutto, ma un piccolo vocabolario con molte particolarità, delle frasi idiomatiche ed una piccola grammatica. Il resto è la storia di Brisino, di ieri e di oggi con l'aggiunta via via i dati raccolti negli ultimi anni. I dati sono stati tratti dagli archivi della Parrocchia, dalla Biblioteca Comunale, dal museo dell’ombrello e dai molti autori che hanno scritto sulle tradizioni e sui mestieri del vergante. Il ricettario delle erbe della nonna, “oltre il confine”, perché oltre al confine, nel girovagare per l’Europa e per il mondo ho apprezzato le vecchie buone cose delle nostre tradizioni. Le ricette della nonna e la ricetta come fare il formaggio di capra. Le ricette di mia madre. La cucina nei giorni di festa. Le ricette di “Mamma Gin” la mia bisnonna, ricettario “rimedji”, per sanare con pochissima spesa tutte sorte d’infirmita Interne ed esterne, invecchiate e passate sino al presente per incurabili, in pratica come si curavano nel ’700 con le erbe, con l’aglio e la cipolla. Intanto che cos'è il “Tarùsc”. Un idioma, dei vecchi dell'alto vergante, forse sarebbe meglio dire, la lingua della sponda occidentale del lago Maggiore che va da Meina a Baveno, passando da Brisino, Gigniese, Massino, fatta rivivere ed arricchita “non solo” dagli ombrellai, in cerca di fortuna per l'Italia e nel mondo; forse solo un modo come riconoscersi, per distinguersi oppure quello che io penso il resto di una lingua/dialetto/vernacolo, scomparsa. Nel 1965 a Buenos Aires al mercato delle cose vecchie di Sant Elmo ho avuto il piacere di incontrare un anziano signore e di ascoltare il nostro idioma e l’ultima volta nel 2006 sempre a Beuonos Aires, il figlio dell’Alfredo, che aveva ereditato dal padre, la passione del Tarùsc e delle buone vecchie cose
del vergante.
NOTA
“ Si sente ripetere che una società non possa esistere senza una memoria di quanto è avvenuto nel passato: la selezione degli elementi di questo da conservare serve a trasmettere da una generazione all'altra una storia «dotata di senso», ed in quanto tale, rileva Yosef Hayim Yerushalmi, sostiene “quel complesso di riti e di valori che costituisce per un popolo il senso della propria identità e del proprio destino”. Diventeranno oggetto di trasmissione solo quei momenti tratti dal passato che vengano sentiti come educativi ed esemplari per la hallakhah di un popolo, così come è vissuta in quel momento; il resto della "storia" cade, si può dire quasi letteralmente, fuori dal sentiero» (hallakhah è parola ebraica che indica il sentiero su cui si cammina, la strada). In tal modo l'esercizio della memoria (come e cosa ricordare) è strettamente connesso a quello dell'oblio, come sottolineava Nietzsche in un brano molto noto: “è del tutto impossibile vivere in generale senza dimenticare [...] La serenità, la buona coscienza, l'allegra attività, la fiducia nell'avvenire, tutto ciò dipende, nell'individuo come nel popolo [...] dal fatto di sapere tanto bene dimenticare al momento giusto, quanto bene ricordare al momento giusto; dipende dal sapere sentire con istinto potente quando sia necessario sentire storicamente e quando non storicamente [...] L'antistorico e lo storico sono ugualmente necessari per la sanità di un individuo, di un popolo o di una civiltà”.
E qualche anno dopo Ernest Renan, nella sua famosa conferenza tenuta alla Sorbona l'11 marzo 1882 su Che cos'è una nazione?, ricordava che «l'oblio, e dirò persino l'errore storico, costituiscono un fattore essenziale nella creazione di una nazione, ed è per questo motivo che il progresso degli studi storici rappresenta un pericolo per le nazionalità”.
Le battaglie del presente.
Ovviamente non si tratta di un'operazione indolore: “La memoria e l'oblio - ha scritto Remo Bodei - non rappresentano [...] terreni neutrali, ma veri e propri campi di battaglia, in cui si decide, si sagoma e si legittima l'identità, specie quella collettiva. Attraverso una serie ininterrotta di lotte, i contendenti si appropriano della loro quota d'eredità simbolica del passato, ne ostracizzano o ne sottolineano alcuni tratti a spese di altri, componendo un chiaroscuro relativamente adeguato alle più sentite esigenze del momento”. Inoltre, se la memoria serve a fondare una comunità dotandola di unità di passato e di comunità di intenti, questa operazione può anche compiersi con un'ossessiva ripetizione di fratture e torti che spesso affondano le radici in un tempo remoto, individuando un nemico presunto, da combattere ed espellere dal corpo sano, e identitariamente omogeneo, della nazione.
Questa lunga introduzione al numero 10/2004 di Novecento, serve a mostrare l'opportunità della scelta di dedicare un numero monografico a Fare memoria, costruire identità: rispetto al dilagare del termine e degli inviti alla memoria, ricorda il direttore Luca Baldissara nell'introduzione, la rivista ha deciso di «contribuire ad illuminare criticamente alcuni snodi concettuali e metodologici del ricorso alla memoria (sia come fonte che come oggetto dell'indagine), e di riflettere sugli usi pubblici e sulle manipolazioni politiche cui è sottoposta nell'arena del dibattito politico-culturale”.
Scelta quanto mai necessaria, quella di restituire complessità e spessore critico al termine, al di fuori di ogni ingenua od entusiastica sua proposizione. La memoria è sì un discorso del passato, ma che interagisce sempre con il presente, con l'attualità nella quale vive il testimone (sia esso un soggetto individuale, una comunità nazionale, una nazione, o anche un insieme di popoli che si tende a legare in un'identità sopranazionale, come nel caso dell'Europa): un'osservazione espressa con grande efficacia da Ascanio Celestini, nella bella intervista rilasciata a Luca Baldissara e Andrea Rapini sui rapporti fra il suo teatro, la storia e la memoria: “A me interessa molto di più il peso che ha oggi la memoria per le persone. A me interessa quello che succede oggi. E' chiaro che chi intervisto mi spiega il presente attraverso il passato, ma è del presente che parla! [...] Il passato sta lì perché altrimenti non riuscirebbe a gestire le immagini che ha oggi nel presente, ma è del presente che parla». E anche Enzo Traverso, nel suo saggio su Storia e memoria. Gli usi politici del passato (che insieme a quelli di Fabio Dei su Antropologia e memoria e di Emanuela Fronza su Diritto e memoria compone la prima parte, di metodo, del numero), ricorda che «la memoria, sia individuale che collettiva, è una visione del passato sempre mediata dal presente”.
Del resto già da tempo gli storici hanno iniziato a parlare di un «eccesso di memoria» (Charles Maier), di un «boom della memoria” (Jay Winter), di un'«era del testimone» (Annette Wieviorka); alcuni, come Pierre Nora, curatore della monumentale opera su Les lieux de mémoire, hanno strettamente contrapposto la memoria e la storia, in quanto la prima «è un assoluto», mentre “la storia conosce soltanto il relativo”.
Una contrapposizione questa che peraltro non condivide Enzo Traverso: egli è ben consapevole che «la memoria singolarizza la storia. La sua percezione del passato è irriducibilmente singolare. Là dove lo storico vede una tappa di un processo, un particolare di un quadro complesso e mobile, il testimone può cogliere un avvenimento cruciale, lo stravolgimento di una vita». E tuttavia Traverso non solo ritiene che si sottovalutino i rischi di manipolazione e «sacralizzazione» che appartengono anche alla scrittura della storia, ma recupera l'utilità di un serio confronto degli storici con la memoria - individuale o collettiva che sia - purché questa venga ricondotta al suo «contesto più generale[...], inscrive [ndo] questa singolarità dell'esperienza vissuta in un contesto storico globale, tentando di illuminarne le cause, le condizioni, le strutture, la dinamica d'insieme».
La memoria infatti ha una sua specifica «temporalità», che lo storico può utilmente ricostruire andando a chiedersi per quali motivi, in quali circostanze, sotto quali influssi determinate memorie si impongano come egemoni ed altre vengano invece emarginate, se non definitivamente cancellate. Si riprenda ad esempio la stessa memoria della Shoah, che si è ormai imposta come elemento centrale di riflessioni sul Novecento (tanto da suscitare perentorie affermazioni sull'unicità di quell'evento che per lo storico o sono scontate, in quanto ogni evento è unico e particolare, o sono devianti, in quanto bloccano i meccanismi di comparazione così importanti per la narrazioni storica in quanto consentono di smontare gli avvenimenti, cercare connessioni non immediatamente percettibili e scontate, ricostruire genealogie): ebbene, fino agli anni Sessanta la consapevolezza di quell'evento era ben debole nella coscienza mondiale, tant'è che un lavoro fondamentale come quello di Hilberg su La distruzione degli ebrei d'Europa, uscito nella sua prima versione nel 1960, solo con gli anni Ottanta diventò opera di riferimento (in Italia è stato pubblicato, da Einaudi, solo nel 1995).
Storicizzare la memoria apre perciò importanti campi d'indagini per lo storico, certamente a patto che questo eviti di diventare “un semplice avvocato della memoria” e di perdere di vista il contesto generale, ma dando comunque per scontato che, “ a meno di riproporre una visione obsoleta (e illusoria) della storia come scienza positiva”, "assiologicamente neutra", si è ben costretti a riconoscere che tutto il lavoro storico veicola anche, implicitamente, un giudizio sul passato». Verso la stessa conclusione, in una singolare coincidenza d'analisi e di sensibilità, si muove anche Fabio Dei per quanto riguarda gli antropologi: al termine di un denso saggio, egli rileva che “ partecipare alle pratiche di costruzione della memoria pubblica e del patrimonio culturale, restando consapevoli dei complessi meccanismi che li costituiscono retoricamente e politicamente nel presente, è il difficile compito che accomuna oggi, a me pare, storici e antropologi”.
Traverso conclude il suo saggio ricordando che “ l'intrecciarsi della storia, della memoria e della giustizia è al centro della vita collettiva”, e che “ al punto di intersezione tra storia e memoria, c'è la politica “. Ma questa osservazione, che condivido, complica ulteriormente il quadro, perché la politica è una grande manipolatrice della memoria, la utilizza per raggiungere i propri fini, definisce i criteri di selezione tra le varie memorie che si confrontano in uno spazio ed in un tempo definito, stabilisce, a volte anche con leggi, l'obbligo a ricordare, incoraggia una memoria del passato che rafforzi le identità necessarie a sostenere i progetti del presente.
Come ricorda Emanuela Fronza nel suo saggio su Diritto e memoria. Un dialogo difficile, «tra le modalità di intervento giuridico che generano un'intersezione con la memoria, in particolare dei fatti che hanno caratterizzato la seconda guerra mondiale, possono individuarsi due tipologie principali: da un lato, l'adozione di legislazioni sul piano nazionale che istituiscono giornate per invitare le popolazioni a ricordare; dall'altro, delle normative adottate sul piano sopranazionale e nazionale, che puniscono la negazione, la minimizzazione o la giustificazione della Shoah». Sulla seconda operazioni l'autrice solleva giustamente seri dubbi, in quanto con essa si promuove «a ufficiale una e un'unica di quelle infinite interpretazioni» sempre possibili sui fatti storici.
Costruzioni identitarie.
Ma anche la scelta di un invito dall'alto alla memoria, a mio avviso, non è esente da rischi: se nessuno contesta, almeno apertamente, la scelta della Shoah come elemento da commemorare il 27 gennaio (e si tratterebbe comunque di capire quali specifiche conoscenze e interpretazioni della Shoah inducono le innumerevoli iniziative intraprese da enti pubblici e scuole in occasione di quella scadenza), una volta intrapresa la strada di stabilire per legge cosa è opportuno ricordare si aprono comunque delicati problemi, ad esempio quando si decide di estendere quell'invito ad avvenimenti più controversi o legati a specifiche situazioni di storia nazionale (si pensi ad esempio alla legge italiana 30 marzo 2004, n. 92, che istituisce un "giorno del ricordo" in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale”). In ogni caso i rischi di manipolazione istituzionale della storia - e di ritualizzazione e svuotamento di significato della memoria - sono elevatissimi, e dovrebbero spingere a giudicare con grande prudenza l'istituzione di giornate della memoria, quale che sia il contenuto del ricordo che si vuole imporre per legge.
La costruzione identitaria è del resto sempre un'operazione complessa e necessariamente manipolatoria: lo dimostrano i saggi sull'Europa e sull'utilizzazione del discorso storico nel definire lo spazio europeo di Luca Scuccimarra, Stefano Petrungaro e Patrick Hyder Patterson o, su un altro versante, quello di Raya Cohen sul discorso pubblico israeliano, nel quale si sottolinea la cancellazione del passato europeo dalla storia ebraica insegnata in Israele, a tutto vantaggio del discorso sionistico e dell'esperienza della Shoah, lo evidenzia infine l'intervento fortemente polemico di Hans - Ulrich Wehler contro l'adesione della Turchia all'Europa: tra le varie argomentazioni che l'insigne storico tedesco porta a favore della sua tesi, quelle di carattere economico, sociale, politico si mescolano ad una forte valutazione del differente passato storico, per cui “ per circa 450 anni il musulmano Impero ottomano ha quasi ininterrottamente condotto guerre contro l'Europa cristiana portando addirittura il suo esercito alle porte di Vienna»: un esempio di come la memoria di un passato remoto possa orientare gli individui anche davanti a scelte strategiche relative all'oggi. “...
Stesura incompleta
Ultimo aggiornamento dicembre 2010
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